Il valore di un giusto salario in una società moderna: l'Europa per l'equità retributiva
Ci sono ancora delle questioni annose che faticano ad essere superate nel mondo del lavoro. Tra queste, le differenze di retribuzione tra uomini e donne. Uno strascico di tempi lontani che resiste alle dichiarazioni ufficiali sul trattamento equo dei due generi e alle aumentate possibilità di accesso ai medesimi impieghi.
Gli svantaggi della non-equità - La non-equità retributiva rimane uno dei baluardi del maschilismo nascosto delle nostre società, che alla tradizionale umiliazione di non riconoscere il ruolo essenziale della donna come centro del nucleo familiare e lavoratrice a pieno titolo, aggiunge un forte disincentivo all´impegno al suo esterno, alla realizzazione personale, al riconoscimento del merito, che si presume la base delle nostre società moderne e evolute.
Eppure le donne continuano testardamente nella loro strada, lo fanno da tempo, ed hanno accelerato negli ultimi decenni questa rincorsa alla parità nei rapporti con i colleghi maschi. Molti risultati sono stati raggiunti, ma ancora molto meno di quelli desiderati e doverosi. E benchè sia inutile dire che una vera parità sarà inesorabilmente raggiunta prima o poi, per il momento, se aumentano l´impiego e i tassi di istruzione femminili, le donne continuano a trovare accesso principalmente in settori sottopagati (sanità, istruzione e pubblica amministrazione) e sono spesso escluse da autentiche possibilità di carriera dirigenziale. Così la nostra società spreca un esercito di donne preparate e competenti e in più dotate di quegli innegabili talenti peculiari, distintamente “femminili”, che sono ugualmente preziosi per il successo di un´azienda o di un´istituzione.
La campagna EqualPay - L´Unione Europea vuole incastrare un altro sassolino sulla diga che intende arginare queste residue infiltrazioni di discriminazione. L´8 marzo scorso, in coincidenza della festa della donna, la Commissione ha lanciato EqualPay, una campagna che intende far riflettere sui motivi della disparità salariale e sui modi di superarla, alla luce del motto “stesso guadagno per un lavoro dello stesso valore”.
D´altronde, la complessità delle cause che si celano dietro questo problema richiede un intervento su più livelli, che la Commissione ha il privilegio di poter stimolare e coordinare meglio di altre istituzioni locali o nazionali e coinvolgendo in maniera più ispirata e stimolante anche quegli attori privati, come i datori di lavoro e le associazioni di categoria, assieme con i sindacati, che sono gli intermediari e interlocutori inevitabili e legittimi in questo settore.
Uno slancio in questo senso risponde anche a esigenze più profonde che coinvolgono l´intero sistema economico attualmente in crisi.
Garantire un quadro remunerativo giusto e incentivante garantisce la mobilitazione e l´attrazione dei migliori talenti e delle migliori risorse. In più, il “17% mancante” nelle mani del 50% della popolazione lavorativa potrebbe contribuire ad una ripresa dei consumi in maniera molto più fluida e orizzontale di qualsiasi intervento mirato i governi nazionali intendano attuare.
Equità, ieri e oggi - La storia di questa idea risale d´altronde alla nascita stessa di questa istituzione. Già i Trattati di Roma del 1956, nel momento in cui stabilivano il Mercato Comune, individuavano l´equa remunerazione per prestazioni lavorative identiche come uno dei valori fondanti dell´intero progetto appena varato. Seguì poi la direttiva del 1975 che proibiva qualsiasi discriminazione tra uomini e donne in tutti gli aspetti legati alla retribuzione per lo stesso lavoro o per un lavoro avente lo stesso valore. La nuova strategia dell´UE invece segue la linea individuata dalla Comunicazione 0424 del 2007 sulla disparità retributiva.
Nonostante le persistenti difficoltà, è proprio la UE che ha storicamente svolto il ruolo maggiore: è grazie all’efficacia della sua legislazione che sono diminuiti i casi “semplici e visibili” di discriminazione diretta, come le differenze salariali tra uomini e donne che svolgono esattamente lo stesso lavoro, hanno esperienza e competenze identiche e danno le stesse prestazioni.
Quelle che oggi sopravvivono sono le forme più dissimulate di discriminazione. Così, gli esiti sono spesso paradossali: una cassiera di un supermercato, per esempio, guadagna di solito meno di un collega magazziniere. Tra le conseguenze negative di questo differente trattamento vi è anche la povertà. La disparità salariale, infatti, riducendo reddito e pensioni durante la vita attiva delle donne, causa poi povertà in età avanzata. Il 21% delle donne di oltre 65 anni d’età rischia la povertà, contro il 16% degli uomini.
Stefano Lodi - marzo 2009
Per saperne di più
Sito Web della campagna sulla disparità retributiva (“Pay gap campaign”)