Guantanamo, l'UE e i diritti umani

La chiusura del centro di detenzione di Guantanamo entro un anno in nome dei diritti umani

L´ordine esecutivo per la chiusura della base militare di Guantanamo è arrivato puntuale dal neo presidente Barack Obama il 20 gennaio 2009, il giorno dopo il suo insediamento. Fra gli applausi scroscianti e i visi compiaciuti dei burocrati di Washington, le telecamere e i giornalisti di mezzo mondo ci hanno testimoniato la riabilitazione del primato dei diritti. E la richiesta di aiuto di Obama a cui l´Europa ha risposto. Ma non così fermamente come ci saremmo aspettati.

Il centro di detenzione “speciale” di Guantanamo - La risoluzione approvata a larga maggioranza il 3 febbraio dal Parlamento europeo conferma l´apprezzamento dei deputati europei per la coerenza delle promesse elettorali del neo presidente americano. In effetti, dal gennaio 2002 - quando i primi prigionieri vennero deportati nella base americana a Cuba - i governi europei non hanno mancato di indirizzare critiche all´amministrazione Bush per le violazioni dei diritti fondamentali che si stavano perpetrando a Guantanamo.
Il centro di detenzione di Guantanamo si è trasformato in questi sette anni in un simbolo straordinariamente forte della strategia americana nella lotta contro il terrorismo internazionale.
Per la comunità internazionale, un monito della determinazione americana a sconfiggere al Qaeda. Per i terroristi impuniti, un messaggio dal sapore vendicativo veicolato dalle immagini crude e disumane dei detenuti. Per le famiglie americane vedove dell´11 settembre e dei loro ragazzi andati a morire in un lontanissimo oriente, la giustificazione da offrire come rimborso del loro dolore. I prigionieri di Guantanamo sono il bottino umano di una guerra totale, combattuta al di là delle definizioni storiche di conflitto tradizionale, il risultato tangibile di un impegno militare smisurato e costosissimo, sia in termini di risorse belliche che di vite umane. Ma il governo americano ha fatto di più: ha trasformato Guantanamo in un rodato sistema di propaganda politica e di autodeterminazione giuridica. I detenuti di Guantanamo non sono equiparati né a prigionieri di guerra né a detenuti in attesa di giudizio: per loro il governo americano ha appositamente creato lo status di “combattenti nemici illegali” così da poterne sottrarre la giurisdizione dalle norme del diritto internazionale che configura specifiche tutele giuridiche per i detenuti “tradizionali”.
Per i prigionieri di Guantanamo non è stato creato solo uno status giuridico originale, bensì anche:

- una cattura speciale in circostanze casuali o del tutto arbitrarie come nel caso documentato dei tre protagonisti di “Road to Guantanamo”;

- una prigione ad hoc e fuori dai confini dove è avvenuta la cattura;

- un tribunale speciale: creato dal governo americano per aggirare la giurisprudenza della Corte suprema a favore delle istanze degli avvocati difensori dei detenuti, il Tribunale di revisione dello status dei combattenti è un organismo amministrativo che però non prevede l´assistenza legale per i suoi imputati;

- leggi speciali: il Detainment Treatment Act approvato nel 2005 limita l´esercizio di abusi e torture sui detenuti ma lascia evasa la possibilità di adire le corti americane, riaffermando la “eccezionalità” dello status dei prigionieri combattenti;

- procedure speciali: a seguito di una dialettica sempre più conflittuale fra il governo Bush e la Corte federale, il Military Commissions Act del 2006 salvaguarda il sistema paralegale di gestione dei detenuti, sublimando la prerogativa militare su quella tradizionalmente amministrativa.

I numeri di Guantanamo - Grazie all´impegno di attivisti dei diritti umani e di giornalisti internazionali, è possibile ricalcare una mappatura ideale delle dinamiche della super-prigione: l´articolazione della base militare è sofisticata e pensata apposta per gestire i diversi livelli di pericolosità dei detenuti.
In sette anni sono transitati per Guantanamo 781 detenuti, 525 sono stati scarcerati, 5 i decessi di cui almeno 4 suicidi, 250 circa ancora i reclusi. La maggior parte dei detenuti è yemenita ma sono rappresentate più di trenta nazionalità (comprese Australia e gran Bretagna); la loro cattura è avvenuta in oltre dieci paesi diversi e da un censimento sui circa 500 detenuti è emerso che soltanto il 5% di loro è stato catturato direttamente da militari statunitensi mentre l´85% è stato catturato dalle forze dell´Alleanza del Nord in Pakistan e in Afghanistan e trasferito a Guantanamo sotto custodia statunitense, dopo essere transitati nelle prigioni segrete della CIA sparse nel versante meridionale del Mediterraneo.
La base è suddivisa in campi che rispondono ai diversi livelli di pericolosità dei suoi “ospiti”: circa l´80% dei prigionieri è detenuto in isolamento nei Campi 5, 6 e nel Campo Echo. Il Campo 6 è l´area della prigione con condizioni di detenzione più estreme, dove i detenuti rimangono in isolamento per almeno 23 ore al giorno in celle individuali prive di finestre.
Le accuse verso i detenuti variano dalla diretta affiliazione ad al Qaeda, alla partecipazione ad attacchi terroristici degli ultimi dieci anni (alle ambasciate americane in Kenya e Tanzania), fino al diretto coinvolgimento negli attacchi dell´11 settembre.
A Guantanamo, i detenuti sono privati dei diritti umani fondamentali, del diritto a un processo equo, sono stati oggetto di tecniche d´interrogatorio estreme, quali il waterboarding, considerato una forma di tortura, e di trattamenti crudeli, inumani o degradanti. Non sono stati informati delle accuse mosse nei loro confronti. Senza un regolare processo, nessuno sapeva quando e se sarebbe stato liberato.

La chiusura di Guantanamo - Con la firma del decreto esecutivo per la chiusura entro un anno, il presidente Obama ha esplicitamente ammesso l´anomalia giuridica rappresentata da Guantanamo, ricordando che gli Stati Uniti non praticano la tortura e rispettano i diritti umani. Un atto dovuto, anche verso gli alleati europei, che per sette anni hanno flebilmente sussurrato al presidente Bush il loro disappunto sulle violazioni dei diritti dei prigionieri della base cubana.
Obama non si è limitato ad accontentare parte dell´elettorato ed alcuni governi europei: coerentemente con il motto della nuova amministrazione - gli Stati Uniti non impongono più nulla, ma ascoltano e collaborano - ha chiesto formalmente all´Unione Europea la collaborazione per lo smaltimento della “pratica Guanatanamo”, spina dolente dei rapporti atlantici. E non è un caso se il battesimo delle relazioni fra l´Europa e la nuova amministrazione americana si celebra proprio sul terreno minato del simbolo alla lotta al terrorismo.

L’UE e Guantanamo - La commissione speciale americana considera scarcerabili (perchè in assenza di prove) 60 dei 245 sospetti terroristi ancora imprigionati a Guantanamo, e sono proprio questi imputati ad essere candidati al trasferimento in Europa.
Il dibattito al Parlamento europeo del 3 febbraio ha trasversalmente accolto in modo positivo il nuovo corso americano, ma non ha mancato di ricordare che “la responsabilità principale per l´intero processo di chiusura del centro di detenzione di Guantanamo e il futuro dei suoi detenuti spetta agli Stati Uniti”. Alexandr Vondra, ministro ceco della presidenza di turno dell´UE, sulla possibilità di accogliere ex-detenuti di Guantanamo ha ammesso le difficoltà di giungere ad una posizione comune, a causa della differenti tradizioni giuridiche e dei diversi approcci alla lotta al terrorismo intrapresi dagli Stati membri. In effetti, l´accoglienza di ex-detentuti in Europa apre una serie di problemi giuridici, prima ancora che politici.
Il problema principale riguarda lo status giuridico da riconoscere ai detenuti. Si tratta di soggetti potenzialmente pericolosi ma nessuno di loro è stato accusato formalmente da un tribunale legittimo. In Italia, ad esempio, questa ipotesi determina la scarcerazione immediata.
In secondo luogo, i detenuti dichiarati non pericolosi non possono essere rimpatriati nei loro paesi di origine non solo perchè alcuni di essi sono apolidi ma anche perchè la Convenzione di Ginevra del 1951 vieta il rimpatrio in Paesi dove si pratica la tortura.
I Paesi membri, quindi, potrebbero intraprendere le procedure per il riconoscimento dell´asilo politico, ma questa ipotesi lascia inevaso il problema della loro scarcerazione. Nel caso in cui i detenuti non abbiano i requisiti per accedere alla protezione internazionale prevista dal diritto comunitario, c´è la possibilità che venga loro concesso un permesso di soggiorno per motivi umanitari, ma ancora una volta resta da chiarire la limitazione della loro libertà.
Il problema è che la creatività giuridica dell´amministrazione Bush ha determinato un´anomalia talmente ingarbugliata che il diritto internazionale ora non riesce a risolvere. E non possono essere certamente gli stati europei a prendersi singolarmente questa responsabilità. La disponibilità a rimarginare il vulnus giuridico creato da Guantanamo è una questione di volontà politica che alcuni stati hanno dimostrato di voler intraprendere, ma nel rispetto delle leggi che valgono erga omnes.
I governi europei difficilmente potranno declinare la richiesta di Obama: non solo il dovere morale di accogliere i detenuti innocenti fino a prova contraria - coerentemente con le posizioni espresse in questi sette anni - ma anche la delicata tessitura di rapporti solidi e amichevoli con Obama renderebbero diplomaticamente imbarazzante una risposta negativa.

Gli innocenti fra i detenuti di Guantanamo, oltre alle attenzioni di un gruppo di giuristi, magari, si meriterebbero anche delle scuse. Di quelle, però, ancora nessuna traccia.

Claudia Coppola - febbraio 2009

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