Diritti umani: a che punto siamo?

La relazione del Parlamento europeo sulla situazione dei diritti umani nel mondo nel 2008

E’ appena stato accolto dal Parlamento europeo il report sulla situazione dei diritti umani nel mondo nel 2008 che spiega cosa è stato e non è stato fatto in questo campo dall’Unione europea, cosa si sarebbe potuto fare e quali sono le priorità per il 2009. Qualche successo, qualche amarezza e qualche critica. Comunque un passo in avanti.

I diritti umani nel mondo nel 2008 - Il Parlamento europeo ha approvato questo mese la relazione di Raimon Obiols Germà sulla situazione dei diritti umani nel mondo. Come scritto nella relazione il Parlamento riconosce che nel 2008 sono stati registrati sviluppi positivi nel campo della tutela dei diritti umani, tuttavia è ancora lunga la strada da fare per garantire un futuro di pace e stabilità.
Giusto per inquadrare la situazione, vale la pena tenere presente l’ultimo documento (e forse il primo) che parla di diritti fondamentali nell’Unione europea: la Carta dei diritti fondamentali che dimostra come l’Unione non sia solo economica e politica ma anche sociale.
Nel testo – del 2000 - alcuni dei principi fondamentali che riguardano i cittadini europei: su dignità, libertà, uguaglianza, solidarietà, cittadinanza e giustizia, principi imprescindibili per fare parte dell’Unione europea. Nel rapporto vediamo come e se essi sono stati rispettati nell’Unione europea e nel resto del mondo.

“Nessuno può essere condannato alla pena di morte, né giustiziato”(art 2, Carta dei diritti fondamentali UE, 2000). Esiste ancora un Paese in Europa – che infatti non fa parte dell’Ue - che la applica: è la Bielorussia che nel 2008, nonostante le condanne degli altri paesi, ancora non cambia la sua posizione in merito. E alcune critiche sono state fatte in proposito anche a Italia, Polonia, Lettonia e Spagna che hanno firmato ma ancora non ratificato il protocollo 13 della Convenzione sulla salvaguardia dei diritti dell’uomo che vieta la pena di morte in ogni circostanza (in caso di guerra, o circostanze eccezionali).
Considerando anche altri paesi extra europei, secondo il rapporto, un piccolo passo in avanti è stato fatto in Iran: il Parlamento ha accolto infatti con favore il progetto di codice penale in Iran che proibisce la pena di morte per lapidazione, anche se ovviamente la situazione è comunque grave. L’Iran è infatti l’unico paese al mondo che giustizia minori, nonché il secondo, dopo la Cina, con il più alto numero di esecuzioni.

“Nessuno può essere sottoposto a tortura o a trattamenti inumani o degradanti” (art.4, Carta dei diritti fondamentali UE, 2000). Il rapporto precisa che nell’anno 2008 la lotta alla tortura è stata una priorità per l’Unione europea. Gli Stati membri sono stati invitati, anche per il 2009, ad astenersi dall’accettare accordi diplomatici con paesi sospettati di praticare ancora tali atti. D’altronde clausola condizionante della politica europea di cooperazione allo sviluppo è proprio il rispetto di tali diritti: l’Ue garantisce aiuti e cooperazione solo a quei paesi che ne garantiscano il rispetto.

“E’ vietata qualsiasi forma di discriminazione fondata, in particolare sul sesso, la razza, il colore della pelle o l’origine etnica o sociale (…) (art 21 Carta dei diritti fondamentali UE, 2000). Parlando di razzismo non si può fare a meno di pensare alla Durban II, la conferenza contro razzismo e discriminazione razziale promossa dall’ONU, che si è tenuta pochi mesi fa a Ginevra. Italia, Germania, USA e Polonia non hanno partecipato poiché il testo di introduzione conteneva dure accuse nei confronti del governo israeliano. E purtroppo anche durante la stessa conferenza che nasceva con lo scopo di adottare una strategia comune contro la discriminazione razziale, le parole che il presidente iraniano ha usato nei confronti di Israele, hanno contraddetto lo spirito stesso della conferenza, lasciando un forte senso di amarezza e delusione. Nonostante il Parlamento condanni queste parole e lo scarso spirito di cooperazione e unità, il documento finale della conferenza lascia uno spiraglio di speranza riconoscendo il diritto alla libertà d’espressione, e ribadendo l’appello alla tutela dei migranti.

“La parità tra uomini e donne deve essere assicurata in tutti i campi, compreso in materia di occupazione, di lavoro e retribuzione (…)” (art.23, Carta dei diritti fondamentali UE, 2000). Anche se siamo lontani da un’effettiva parità tra uomini e donne, nell’UE ci stiamo comunque avvicinando alla meta. Ancora la differenza media di stipendio negli stati europei tra uomini e donne a parità di lavoro si aggira sul 15%. Ma, soprattutto in campo extra-europeo, l’anno è stato caratterizzato da grandi obiettivi per la tutela delle donne. La presidenza francese ha posto la problematica situazione delle donne come nuova priorità dell’azione comunitaria nel campo dei diritti umani. La necessità di porre un freno ai fenomeni di violenza nei confronti delle donne, femminicidi che si verificano in molti paesi extra-europei, ha portato allo sviluppo di nuove strategie comunitarie per migliorare la sicurezza delle donne, specialmente nei paesi colpiti dai conflitti. C’è comunque ancora molta strada da fare soprattutto per quanto riguarda azioni e politiche. Tra le proposte di emendamento al rapporto anche quella, respinta, di incentivare la campagna dei diritti in materia di salute sessuale e riproduttiva per ostacolare la lotta all’HIV/AIDS e che condannava le parole di papa Benedetto XVI che ha bandito l’uso del preservativo. Parole reputate dannose alla lotta contro l’HIV/AIDS che gli stati stanno portando avanti. Ma la proposta non è stata accolta.

“I bambini hanno diritto alla protezione e cure necessarie per il loro benessere (…)“ (art.24, Carta dei diritti fondamentali UE, 2000). Il rapporto si concentra in particolare sulla condizione dei bambini nei paesi extra-europei. In molti paesi come Ciad, Iraq, Sri Lanka, Birmania, Filippine, Somalia, Congo e Burundi, i bambini sono arruolati come soldati nei conflitti armati: nel 2008 l’Ue ha adottato nuove strategie per conoscere e combattere il fenomeno. Conoscere è infatti una prima tappa necessaria per sconfiggere la pratica e per farlo sono state redatte da ambasciatori incaricati dall’UE hanno raccolto informazioni sul reclutamento e uso dei bambini in 13 paesi prioritari. Da non dimenticare altri problemi che affliggono anche numerosi paesi europei, come gli abusi e lo sfruttamento sessuale dei minori: il Parlamento accoglie la richiesta di una maggiore cooperazione internazionale per ostacolare il fenomeno.

“L’Unione rispetta la diversità culturale, religiosa e linguistica.” (art.22, Carta dei diritti fondamentali UE, 2000). La multiculturalità avanza e con essa, anche le manifestazioni di odio e discriminazione in molti stati europei. Il Parlamento esorta alla creazione da parte dell’Assemblea generale delle Nazioni Unite di una dichiarazione sui diritti delle popolazioni indigene per promuovere la lotta alla discriminazione nei loro confronti.
Il 2008 ha visto come protagonisti di grandi discriminazioni soprattutto i Rom. Il primo vertice europeo a loro dedicato è stato organizzato recentemente dall’UE. Pochi ne hanno parlato. Ma è stato comunque un passo avanti. Il prossimo sarà quello di sviluppare una strategia quadro a livello europeo per i Rom che coinvolga stati membri, candidati e partecipanti alla politica di stabilizzazione. Numerose campagne contro l’odio razziale sono state promosse in diversi Stati membri come in Italia con la campagna nazionale “Non aver paura” che si riferisce sentimento di paura nei confronti di tutto ciò che è diverso, sentimento che deve essere combattuto in una società multiculturale. Come? Lo slogan della campagna è “Apriti agli altri, apri ai diritti”. E forse è proprio questo che ognuno di noi dovrebbe fare per muovere i primi passi.

Francesca Mezzadri - maggio 2009

 

Nella foto: una delle immagini vincitrici della mostra Good 50X70: "Captivity" di Ahmet Erdogan

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