La nuova lotta europea a povertà ed esclusione sociale

Al lancio la nuova strategia UE contro la povertà

famiglia in stradaNon solo il clima, non solo la crisi finanziaria: latente come la prima e resa più urgente dalla seconda, l’agenda europea per la lotta contro la povertà deve essere rapidamente rilanciata. E con questa idea si è svolta la due-giorni marsigliese degli scorsi 15-16 ottobre: una conferenza internazionale su “povertà ed esclusione sociale” e, il giorno successivo, un Consiglio dei ministri competenti.

Parlano i dati: la ricca Europa, madre dei migliori stati sociali (Welfare State), contava già nel 2006, data dell’ultimo rilevamento, il 16% di poveri (di cui il 19% bambini) tra i propri cittadini. E non solo tra i nuovi paesi membri, così come non solamente nei suoi “vari sud” storici o nelle “varie periferie”, ma anche nelle cosiddette città con un alto tenore di vita.

Si deve poi considerare che questi valori si basano su un criterio per cui viene considerato povero colui il cui reddito risulta inferiore al 60% della media europea dei redditi procapite. Questo significa che l’ingresso dei nuovi paesi membri, mediamente più poveri seppure in crescita, ha determinato un “effetto statistico” che taglia fuori coloro che per tanto tempo nei nostri paesi, e con riferimento ai nostri standard di vita, son stati considerati poveri e che ora si trovano poco al di sopra del livello “ufficiale” di povertà.
L’Eurobarometro infine enfatizza come i cittadini europei percepiscano con preoccupazione la povertà come un problema diffuso, cioè che una persona su 3 (29%) versi in condizioni di povertà e 1 persona su 10 sopravviva in condizioni di estrema povertà.

E’ un problema che va oltre la Coesione e la Politica Regionale, dato che attraversa, taglia e divide la società europea e non è solo legato a dimensioni geografiche o locali. Un problema distinto da quello dell’immigrazione illegale, dato che è specificamente riferito ai cittadini europei. In sintesi, un problema che invoca soluzioni sistemiche, il più possibile ampie e strutturali, per consentire non solo a tutti gli Stati di crescere nel loro insieme, ma anche di prevenire e snidare le sacche di povertà in tutta la UE.

Esiste una strategia, datata 2006 e orientata al 2010, anno europeo per la lotta alla povertà. Consiste di tre pilastri: garantire un reddito minimo, promuovere l’inserimento nel mercato del lavoro e favorire l’accesso a servizi sociali di alta qualità. La somma prevista ammonta ad almeno 26 milioni di euro, di cui 17 milioni costituiti da finanziamenti UE ed i restanti provenienti da ONG, donatori e autorità locali. L’impegno dell’UE incoraggia standard elevati basati su obiettivi fissati di comune accordo mentre ciascun paese può attuare le politiche più adatte al suo contesto nazionale.

Tuttavia, le situazioni assistenziali sono molto diverse di paese in paese, dal nord scandinavo ai dispendiosi welfare mediterranei di Italia e Francia (non a caso promotrice dei dibattiti di questo mese). Ma il problema della sostenibilità e la grama congiuntura economica non devono far retrocedere o ritardare. Si ha la consapevolezza, in piena logica liberale “à la Keynes”, che la chiave per la ripresa stia proprio nella capacità di garantire la partecipazione lavorativa (cioè produttiva e contributiva), quindi sociale (cioè da “consumatori” e da “cittadini”) a una fascia sempre più ampia di concittadini.

Ma non basta: il coordinamento e della fissazione di obiettivi comuni, fatte salve le prerogative nazionali per l’implementazione, sono definiti congiuntamente già dal 2000. E se il successo dell’iniziativa rimane legato alla “buona volontà” dei singoli Stati, il coordinamento aperto delle politiche nazionali ha portato tutti e 27 gli Stati membri a piani d’azione nazionali pluriennali, prima vigenti in soli tre Paesi membri. Nel frattempo, grazie alla riforma del bilancio, il Fondo sociale europeo (FSE) ha raggiunto una dotazione pari al 10% del bilancio UE ed investe annualmente in tutti gli Stati membri circa 10 miliardi di euro per valorizzare capacità e meriti degli individui.

Intanto, proprio in questi tempi di crisi, sono previste ulteriori importanti iniziative per la fine del 2008 ed in vista del 2009, preannunciato da più parti come anno di recessione. La Commissione proporrà infatti un nuovo regolamento, secondo quanto proposto nelle linee guida votate recentemente dal Parlamento europeo (ma che la Commissione può decidere di non considerare). Due le principali novità che potrebbero entrare in vigore entro il 2010. Tra queste, la partecipazione dei governi alle erogazioni fino al 25%, fatto che potrebbe incidentalmente portare ad altri vantaggi, come l’approvvigionamento di alcuni beni alimentari, quali ad esempio il pesce, non distribuiti per problemi tecnici dall’Unione. Quindi, il passaggio dagli stanziamenti annuali a piani triennali di sostegno, che permetterebbe una migliore pianificazione della gestione delle risorse e delle attività

SL - ottobre 2008

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