A Bologna la mostra “L'ingannevole deformazione del tempo”

Espone il filmaker e fotografo Filippo M. Prandi, bolognese di nascita e newyorkese di adozione
A Bologna la mostra “L'ingannevole deformazione del tempo”

Fino al 31 marzo è possibile entrare nella spettacolare Home Gallery Museo Orfeo, in via Orfeo 24 a Bologna, dove il visionario filmaker e fotografo Filippo M. Prandi espone le sue opere più importanti. L’artista, classe 1983, bolognese di nascita e newyorkese di adozione, si è specializzato nella tecnica del light painting, scattando le sue fotografie a lunga esposizione, scattate in pellicola 35mm portando luce sui soggetti tramite una semplice torcia elettrica. Il risultato è talmente affascinante che sono numerose le celebrità, attinenti al mondo culturale, che hanno voluto farsi ritrarre da questo strepitoso artista. All’interno della mostra, tra le altre, saranno esibite le foto di Pupi Avati, Gianfranco Lelj, Patrick McGrath e Antonio Monda. A testimonianza della tecnica effettuata, tutte le fotografie saranno esposte con il negativo.

Riportiamo uno stralcio dell’intervista di Chiara Giglio (autrice del testo critico) all’artista.

Lavori in una città capitale mondiale dell’arte contemporanea. Qual è il tuo rapporto con la città? E cosa ti ha spinto ad andartene dalla tua città natale Bologna?

Non credo di essermene "andato", da Bologna, per quanto viva a New York da 8 anni (dopotutto sto tornando per questa mostra). Una volta ottenuta la laurea presso il DAMS di Bologna (cinema e arti visive), sono venuto a New York per frequentare la New York Film Academy. Dopo pochi mesi dall'inizio dei corsi, sapevo già di voler restare in questa città e di tentare la mia fortuna, quale filmmaker, negli Stati Uniti. Come molti altri prima di me, sono stato sedotto da questa pazza, caotica e strepitosa città! Terminato il programma alla NYFA, ho lavorato presso la stessa scuola, come assistente alle lezioni di pellicola 16mm. In seguito sono stato assunto come video editor e sound designer presso la compagnia Optic Nerve (ho collaborato al montaggio di spot televisivi e web). Dopo i primi - difficili - anni, ho trovato un agente letterario e, di fatto, sono uno sceneggiatore della WGA (sindacato, nonché albo degli sceneggiatori d'America).

Se tu dovessi fornire ad un visitatore - che non conosce le tue opere - una chiave d’accesso per la loro comprensione, cosa gli suggeriresti?

Suggerirei ai visitatori di dimenticare quanto visto finora, preparandosi a qualcosa di nuovo. Bisogna che si lascino cullare dalle immagini e, dopo essersene inebriati, osservare i negativi (prova tangibile di quanto rende le mie foto uniche). Vorrei che pensassero “wow” dopo essersi resi conto che, al contrario di molti lavori esposti oggi, gli effetti non sono stati "photoshoppati". Al giorno d’oggi c’è troppo ritocco, la fotografia sconfina nell’ambito della grafica e questo non mi piace. C’è una foto di cui vado molto orgoglioso, “Ghost From the Pond”, il manifesto della mostra. Come un mago, non rivelo mai i miei trucchi ma mi limito a suggerire che, sopra lo stagno, dove dovrebbe trovarsi la modella, c’è un’area più scura: quella bellissima imperfezione, ed il suo segreto, mostra che non ho ritoccato la foto al computer.