Diritti inviolabili e doveri inderogabili di solidarietà

15.04.2013

Diritti inviolabili e doveri inderogabili di solidarietà

Sulla cura. Intervista a Daniele Lugli, Difensore Civico della Regione Emilia-Romagna

Il Difensore civico si prende cura dei diritti dei cittadini ma anche del buon funzionamento della pubblica amministrazione, ed è proprio intorno a questo duplice focus che vorrei sollecitare il suo intervento.

Lo Statuto della Regione mi affida entrambi i compiti. I cittadini hanno diritti riassunti nel “diritto ad una buona amministrazione” e le leggi non mancano, dalla Costituzione ai codici deontologici.

A garanzia dei diritti e del rispetto delle leggi ci sono i giudici. Il Difensore civico ha senso se è capace di tenere collegati diritti dei cittadini e buon funzionamento con l’analisi, le proposte, il miglioramento delle relazioni tra cittadini e amministrazione.

I nuovi “Percorsi di cittadinanza” tratteranno della cura di minori, famiglie, ristretti, persone percepite come “diverse”. In che modo il Difensore si occupa di loro?

Sono fasce deboli sulle quali la legge regionale richiama la mia attenzione. Un aspetto è quello di vigilare per un eguale trattamento. Da ciò la collaborazione con la Rete Antidiscriminazioni e la realizzazione del Codice, a ricordare della tutela già assicurata dal diritto.

Ma le leggi trovano un’applicazione, ed è su questo che può essere richiesto il suo intervento.

Come diceva un vero federalista spesso richiamato a sproposito, Carlo Cattaneo, “qui non fa d’uopo leggi, qui occorre porre mano amministrativa”.

Il concreto intervento che traduce i diritti in azioni, in politiche, in pratiche condivise configura lo stato sociale, cioè l’assieme dei diritti sociali che si sono aggiunti a quelli civili e politici riempiendo di contenuti la cittadinanza italiana ed europea. Essi sono oggetto di restrizioni ed attacchi che vanno sotto il nome di riforme, per motivi, si dice, di compatibilità economica. La piccola voce di Difensori civici o altri Garanti ha una possibilità se sorretta da cittadini che osservano la Costituzione e i suoi doveri, in primo luogo quello di contribuire secondo le proprie capacità economiche e personali al buon funzionamento. Un compito anche più preciso e specifico spetta a chi lavora, come amministratore eletto o come dipendente, nella pubblica amministrazione.

Sulla base della sua esperienza, quali passaggi la pubblica amministrazione dovrebbe compiere per prendersi cura in modo migliore dei cittadini che serve?

La pubblica amministrazione è fatta di persone e delle loro relazioni. L’usuale espressione “macchina amministrativa” lo ignora. Meglio sarebbe, allora, procedere alla completa meccanizzazione dei servizi, con appropriati algoritmi.

Il funzionario, eletto o dipendente, non è aiutato ad assumersi fino in fondo la propria responsabilità. Nel suo ambiente bene si muovono corrotti e corruttori, abili ad aggirare o utilizzare norme che avrebbero lo scopo di ostacolarli. Molti sono indotti ad assumere un atteggiamento di “amministrazione difensiva”: non voglio avere guai, non mi assumo responsabilità. L’amministrazione tende alla paralisi: chi non fa non sbaglia. Senza la riscoperta della dignità di servire l’interesse pubblico, nessuna iniezione di aziendalismo ha effetti migliorativi.

Quale reazione vede nei cittadini, e quale le parrebbe necessaria?

I cittadini vivono, ciascuno portando la sua quota, differente, di responsabilità, una situazione di crescente insoddisfazione. La tolleranza per una diffusa illegalità, dall’evasione fiscale agli abusi di ogni genere, ha segnato profondamente il nostro costume senza una vera reazione finché si è accompagnata a una, sia pur differenziata, crescita del benessere per la maggioranza. Quando questo aspetto è in discussione, l’attacco di molti è nei confronti di un sistema al quale era fin qui parso conveniente rapportarsi in termini di favori e privilegi, non certo di diritti e doveri. Parallelo è il disinteresse, quando non l’esplicita richiesta di discriminazione, nei confronti delle fasce deboli nel timore di condividerne le sorti.

Una risposta è nella nostra Costituzione: diritti inviolabili e assieme doveri inderogabili di solidarietà.

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