Gian Paolo Roffi

Bologna 1943

img346.jpgVive e lavora a Bologna.

Proviene, per studi e attività, dall’area letteraria, alla quale continua a fare riferimento.

Ha scritto testi  per  spettacoli  musicali  (Con  gli  occhi  di Simone, cantata dedicata alla scrittrice e militante rivoluzionaria Simone Weil, 1978; Ricordando Milly, 1981). Venuto a contatto, sul finire degli anni settanta, con l’area della “Poesia Totale”, ha collaborato intensamente con Adriano Spatola fino alla sua scomparsa. Ha pubblicato le raccolte di poesia Reattivi (1984), Madrigali (1986), Perverba (1988) nelle edizioni di “Tam Tam”; e Contesti (Riccardi, 1997).

Attivo nel campo della poesia sonora, ha partecipato a numerose rassegne ed è presente in antologie-cassetta, LP e CD in Italia e all’estero. Nel 2009 ha raccolto la sua produzione sonora nell’album di 2 CD “Vox” (Edizioni d’Arte Félix Fénéon).

E’ stato redattore delle riviste “Tam Tam”, “Baobab”, “Dopodomani”. Ha fatto parte del gruppo di poesia sonora “Baobab” e del gruppo d’intervento artistico “I Metanetworker in Spirit”. Nel 2008 assieme a tre musicisti ha formato il “Jazz Poetry Quartet”.

Come poeta visivo, ha realizzato la serie di tavole “L’immagine del respiro” (1986-87) e le successive “Schizografie” (1988-89 e oltre); ha pubblicato Voli, testo verbo-visivo (Edizioni Colombo, 1991), Segni & Segni, poema visuale (Il Navile Edizioni, 1997), Letterale (Ed. Offerta Speciale, 2000), Della Luna (Edizioni d’Arte Félix Féneon, 2008), Syncrasies (Edizioni d’Arte Félix Fénéon, 2011), Sintassi dei frammenti (Campanotto Editore, 2013), Recovered Words (Edizioni Peccolo, 2016). Ha tenuto numerose esposizioni personali e ha partecipato ad esposizioni collettive in molti paesi del mondo. Il collage, l’assemblaggio, il libro-oggetto sono le forme prevalenti del suo lavoro artistico, sempre legato al fenomeno del linguaggio e alla visualizzazione della scrittura.

Nel 2016 Pasquale Fameli dedica un volume monografico all’artista “Gian Paolo Roffi. La quadratura del cerchio” per Campanotto Editore.

Così scrive: «Nonostante l’idea del volo possa suggerire le più spericolate circonvoluzioni, Roffi la ripropone in segmenti rettificati, sotto matematizzazioni e schematismi rigidi: così le tondeggianti “c” si alternano a riquadri di cielo, le “o” rimano col sole al tramonto tra due rettangoli, e le “i” le “t” e le “s” si stringono in rapide combinazioni per simulare il fruscio di un battito d’ali dal morbido piumaggio. Proprio come per le Schizografie, anche per i Voli il materiale fotografico è materiale “rubato”, quasi col piglio appropriazionista di un Richard Prince, e proveniente da riviste di fotografia, turismo, ecologia, residui di certe unità significanti fruste e stereotipate. Come già notava Eugenio Miccini, si tratta infatti di «un bello che non ci sorprende, perché troppo abusato, troppo connotato dai media»: per questo Roffi «lo ritaglia dal mondo, ne isola delle parti interrompendone la continuità, introducendovi il vuoto», con i grafemi come «segni della differenza, dell’antiphisis». L’infinitamente grande dei cieli tersi o nuvolosi viene miniaturizzato e congelato nell’infinitamente piccolo dei frammenti fotografici, mentre le minute lettere, viceversa, sembrano ingigantirsi, poste di fianco a questi dettagli    di infinito. Il lessico si dissolve nell’aria, si vaporizza, giungendo alla più totale rarefazione del senso. Parole   al vento, forse, o metafore visuali di una cultura ormai in grado di ridisporre i termini di un’antica massima, scripta manent verba volant, per cui se le parole restano, grazie alle tecniche di registrazione audio, la scrittura può “volare” liberandosi dalle zavorre del significato. Scripta volant, dunque, in queste tavole costruite lungo le traiettorie del non-senso».

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Voli 1991 collage e letterfix su carta cm 70x100