Indagine su una cittadinanza al di sopra di ogni sospetto

Intervista a Tamara, apolide fino ai 19 anni

foto di TamaraTamara ha 25 anni ed è diventata cittadina italiana la settimana scorsa. Anche se ha studiato qui in Italia e ha sempre vissuto in Lombardia, fino alla settimana scorsa non aveva ancora la cittadinanza italiana, e fino ai suoi 19 anni era addirittura apolide, ovvero senza cittadinanza.

Cosa vuole dire non avere cittadinanza?
Mi sono resa conto di cosa significa veramente la parola cittadinanza solo alle superiori e soprattutto dopo che ho compiuto 18 anni. Io ero apolide, perché ero nata in Turchia (dove vige lo ius sanguinis) ma i miei genitori sono argentini (dove vige lo ius soli) e quindi mi sono trovata a non avere nessuna cittadinanza. Nel concreto ha significato non avere gli stessi diritti e opportunità del gruppo dei tuoi coetanei con cui sei cresciuto e con cui ti riconoscevi pienamente.

Per quanto tempo hai vissuto in Turchia?
Io sono nata a Istanbul perché la mia famiglia era lì per motivi di lavoro, e quando ho compiuto 9 mesi, siamo tornati in Argentina (sempre per motivi di lavoro). Da allora ho messo piede in Turchia solo altre due volte andandoci in vacanza. Per quanto sia affezionata in qualche modo a quella terra, non posso certo dire di sentirmi turca.

Perché non ti hanno concesso subito la cittadinanza italiana visto che hai vissuto e studiato in Italia? La risposta è molto semplice: burocrazia. L’iter burocratico è stato infinito e ogni volta che mi recavo in qualche ufficio pubblico mi scontravo con persone che spesso non sapevano neanche bene cosa diceva la legge su tale argomento e la mia storia (mi rendo conto, un po’ diversa dal solito) li mandava in confusione. Ma legalmente, non c’era alcun motivo per cui io non dovessi ottenere la cittadinanza italiana, avendo risieduto legalmente in Italia per 23 anni (la legge prevede un minimo di 5 anni per gli apolidi e un minimo di 10 per gli stranieri).

Quante lingue parli?
Sono madrelingua italiana e spagnola, e poi ho studiato inglese, francese e tedesco.

Da che età hai iniziato a richiedere la cittadinanza?
Diciamo che avrei potuto chiederla quando avevo 8 anni, ma ci hanno consigliato di aspettare (a torto) che fossi maggiorenne. Quindi ufficialmente l’ho richiesta nel dicembre 2007, quando avevo 19 anni.

Come è stato il tuo iter burocratico?
Infinito. Inizialmente devi raccogliere un’enorme quantità di documenti originali ma puoi stare certo che ogni volta che li presenti ne manca sicuramente qualcun altro, oppure qualche timbro di chissà quale ufficio.

Una volta presentati tutti i documenti in prefettura mi chiamavano regolarmente per dirmi che alcuni erano scaduti: il fatto è che nel momento della consegna erano validi, ma se la pratica viene lasciata da parte, poi ci sono dei documenti che hanno una validità limitata nel tempo, come ad esempio i carichi penali pendenti, che durano 3 mesi. Credo di averne presentati 5 o 6, pagando ogni volta la commissione per il documento in più. In seguito, quando la tua pratica arriva nelle mani del ministero dell’interno, ne puoi controllare lo stato di avanzamento sul suo sito ufficiale. Anche se la legge prevede un obbligo di risposta da parte del ministero entro 2 anni, quello stato di avanzamento è rimasto uguale per almeno 4 anni, senza che vi fosse alcuno sviluppo.

Una volta laureatami, ho deciso di attivarmi personalmente perché non si trattava più solo di una questione di principio o di un diritto di voto negato, ma mi sono trovata delle porte chiuse nel mondo del lavoro solo perché non avevo la cittadinanza. E così ho iniziato a contattare avvocati, inviare lettere di diffida al ministero e mi sono persino recata di persona al Viminale. Sono stati momenti di frustrazione ma per fortuna, sono poi riuscita a sbloccare tutto e la cittadinanza mi è arrivata.

Conosci persone, amici o familiari, che hanno vissuto simili situazioni?
La mia famiglia ha dovuto vivere più o meno la mia stessa situazione, anche se il loro iter burocratico è durato meno. Sono invece venuta a conoscenza di migliaia di ragazzi nella mia stessa situazione informandomi su internet e guardando il documentario “18 ius soli” e venendo a conoscenza del forum www.tuttostranieri.it

A cosa hai dovuto rinunciare?
La rinuncia più grande per me sono stati dei concorsi per un lavoro nelle istituzioni europee, a cui non ho potuto accedere perché non ero cittadina comunitaria. Questo, e il diritto di voto.

Ora che cosa pensi di fare, quali sono i tuoi progetti?
Per ora ho fatto domanda per un master sulle relazioni internazionali tra Europa e America latina, finito il quale spero di poter realizzare finalmente il mio sogno di lavorare all’interno delle istituzioni europee.

Intervista a cura di Francesca Mezzadri - dicembre

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