Dare il giusto peso: Medici senza Frontiere contro la malnutrizione
Sembra quasi impossibile pensare di morire di fame al giorno d’oggi visto che gran parte del cibo che produciamo, viene gettato nell’immondizia o scartato, eppure succede così. Soprattutto nei paesi in via di sviluppo, circa 1/3 dei bambini sotto i 5 anni sono malnutriti: questo vuol dire che potrebbero morire o avere problemi per il resto della loro vita.
La malnutrizione non va confusa con la fame o con la scarsità di cibo. La malnutrizione nasce da una situazione di povertà e insufficienza alimentare ma colpisce silenziosa e abbatte le difese immunitarie, impendendo la crescita e lo sviluppo.
Senza cadere nella retorica o tirare in ballo la carità, bisognerebbe invece chiedersi: diamo il giusto valore a quello che mangiamo? O piuttosto, non ci rendiamo conto di quello che abbiamo nel piatto?
Forse no, visto che non riusciamo neanche a pensare che in alcuni casi, il pianto di un bambino può essere un segnale positivo...
Proprio per chiarirci le idee siamo andati in un centro nutrizionale di Medici Senza Frontiere, ricostruito ad hoc a Bologna in occasione della campagna lanciata dall’associazione sulla malnutrizione “Starved for attention”, su modello dei veri centri nutrizionali MSF presenti in più di 33 paesi: in Africa, America e Asia.
Ci ha accompagnato nel nostro “viaggio” in questo container, Letizia, che lavora per Medici Senza Frontiere dal 2008 e ha seguito 8 progetti in Ciad, in Camerun, a Gibuti e a Lampedusa come infermiera. Per un anno intero ha lavorato anche come coordinatrice di progetto nella Repubblica Democratica del Congo in un centro nutrizionale che accoglie i bambini malnutriti.
Innanzitutto, cosa vuol dire malnutrizione: quale bambino può definirsi malnutrito?
Ci sono 195 milioni di bambini affetti da malnutrizione e ogni anno circa 8 milioni di loro muoiono. Non muoiono perché manca il cibo, ma a causa di tutte le patologie associate alla malnutrizione. Ad esempio in Congo, si produce moltissima manioca, ma non ha tutti i nutrienti (proteine, carboidrati, sali minerali) e quindi il bambino non assimila nulla e si ritrova a 2-3 anni a non avere il necessario per crescere.
Si tratta perciò di bambini molto debilitati con un sistema immunitario quasi inesistente e la malaria o la febbre emorragica, tipiche della loro zona, ma anche la febbre o la tosse possono essere fatali per loro.
Cosa succede appena un bambino entra in un centro nutrizionale di MSF?
In ogni centro nutrizionale c’è una prima fase di accettazione dove i bambini arrivano di solito accompagnati dalle loro mamme:l´utilizzo di un braccialetto, chiamato MUAC, che viene posizionato tra il gomito e la spalla ci permette in modo rapidissimo di vedere se è malnutrito. Il braccialetto ha diversi colori: se l´indicatore è verde il bambino non è malnutrito, quindi siamo abbastanza tranquilli. Giallo è già un campanello di allarme. Arancione siamo già sulla malnutrizione ma moderata; il bambino viene ammesso al centro nutrizionale ma ha una priorità secondaria rispetto a quelli che risultano nella zona rossa.
È impressionante vedere la circonferenza di questo braccialetto rispetto alle braccia dei bambini di 2-3 anni a cui siamo abituati noi.
Quindi ricoverate tutti i bambini che hanno il braccialetto arancione o rosso?
Nei centri nutrizionali ci prendiamo cura dei bambini dai 6 mesi ai 5 anni. Tuttavia ci sono due forme diverse di malnutrizione: i bambini marasmici, che sono quelli proprio scheletrici, magari con la pancia gonfia ma con gli arti molto sottili, e invece quelli edematosi, la cui malnutrizione si chiama kwashiorkor. In questo secondo caso utilizzare il braccialetto non ha molto senso poiché le braccia sono le ultime ad assottigliarsi a causa degli edemi.
Dopo la fase di accettazione, come si procede?
Una volta accertate tutte le misure e i valori del bambino, si passa in un´area che noi chiamiamo di terapia intensiva, non perché assomigli alla terapia intensiva dei nostri ospedali ma perché intensivo deve essere il trattamento visto che la malnutrizione è comunque una malattia che deve essere trattata urgentemente.
In questa costruzione abbiamo cercato di ricreare un ideale di come si presenta questa zona nei nostri centri: c’è la zanzariera poiché nei paesi in cui agiamo ci sono spesso patologie portate da vettori come gli insetti e quindi bisogna proteggersi. Poi una coperta termica perché appunto i bambini malnutriti non hanno termoregolazione per cui non riescono a capire o a piangere se fa freddo o caldo e quindi vanno controllati.
E poi c’è un sondino gastrico perché spesso i bambini sono così malnutriti che non hanno neanche più lo stimolo della fame. Si è portati a pensare che un bambino malnutrito abbia fame e quindi se può mangiare mangi, e invece no, anche i bambini di 5 anni devono essere trattati come dei neonati e aiutati perché non hanno più energie neanche per avere fame. Attraverso il sondino diamo loro questo latte terapeutico.
Quanti bambini ci sono in ogni centro?
Dipende da ogni centro, dai progetti e dalle situazioni. Ce ne possono essere 35, ma anche 500. Io ho lavorato in un centro con 120 pazienti.
E dopo la terapia intensiva, come si capisce se stanno per guarire?
Una volta introdotto il sondino e se le altre patologie associate sono curate (si danno pillole per la tosse o viene curata la diarrea) la cura per la ri-alimentazione può durare 24-48 ore e grazie ad essa il bambino riprende un po’ le energie.
Se il bambino inizia a piangere è un segnale positivo perché significa che comincia a reagire. Ricordo che quando ho cominciato a lavorare, la prima cosa che mi ha sorpreso entrando in questa tenda è che c’erano 50 bambini e nessuno piangeva; allora ho pensato “o le mamme sono bravissime oppure non hanno neanche la forza per piangere”. A questo punto si può togliere il sondino e i bambini iniziano a muoversi, o a giocare e possono passare nella fase successiva. Quando iniziano a giocare è un buonissimo segno: li vedi entrare così deboli, poi col passare del tempo li vedi completamente diversi!
Come si nutrono nella fase di ri-alimentazione?
In questa fase si dà un latte che si chiama F75, più leggero di quello della terapia intensiva. E´ questo sacchettino a essere una rivoluzione perché contiene circa 500 calorie, costa 16 centesimi (quindi veramente poco) ed è a base di burro d’arachidi. È un integratore, c’è tutto dentro. Per un bambino di 2 anni, due sacchettini coprono l’intera giornata. Poi ai bambini piace da morire perché sembra una merendina al gusto di noccioline.
Una volta che i bambini vengono dimessi dall’ospedale viene data una razione per una settimana che consumeranno a casa, senza neanche bisogno di diluirlo, spiegando bene alle mamme anche tutte le norme di igiene che sono comunque difficili da applicare in certi contesti.
I bambini verranno monitorati e dovranno tornare al centro finché non avranno raggiunto il peso ideale. E’ necessario perché magari le mamme hanno altri 5 bambini a casa di cui occuparsi, quindi non possono restare troppo a lungo nel centro. Una volta raggiunto il peso ideale, i bambini usciranno dal programma.
Succede frequentemente che ritornino?
Sì. È difficile riuscire a mantenere anche in seguito il livello di nutrizione, perché comunque lì ci si abitua a 1.000 calorie al giorno, che da un giorno all’altro non ci sono più. È anche vero, però, che se curi le malattie associate alla malnutrizione, il corpo è più forte, quindi magari si ammaleranno meno. E poi stiamo facendo molti programmi di prevenzione per vedere se questa può aiutare, ma è ancora in fase di sperimentazione.
Com’è il rapporto con la popolazione locale?
Noi di Medici Senza Frontiere abbiamo comunque una posizione imparziale, nel senso che siamo lì con l’obiettivo di aiutare. Inoltre la maggior parte del personale è del posto e sono loro che mandano avanti tutti i progetti, grazie anche a una formazione supplementare fornita da MSF. È chiaro comunque che bisogna collaborare con i governi locali, e chiedere i permessi necessari; in certi paesi è difficile e i tempi sono lunghi.
E poi bisogna collaborare anche tra noi... Ad esempio questo integratore viene prodotto in Francia, ma adesso anche in altri paesi come in Etiopia. Non viene utilizzato solo da MSF, ma anche da altre organizzazioni. In realtà la ricetta originale era stata fatta per fini sportivi.
Insomma anche se è difficile, è vero che se fatta bene una buona collaborazione porta a degli ottimi risultati. Conviene a tutti.
Intervista a cura di Francesca Mezzadri e Tamara Tisminetzky - settembre
Per saperne di più:
Il sito di Medici Senza Frontiere
Speciale malnutrizione di MSF