Teresa Marzocchi: due punti (anzi tre) sull'accoglienza in Emilia-Romagna

Intervista all'Assessore politiche sociali della Regione Emilia-Romagna, Teresa Marzocchi

Teresa marzocchiCome vivono gli immigrati in Emilia-Romagna? E, con i nuovi sbarchi dal Nord Africa, come è stata gestita la situazione in Emilia-Romagna? La nostra è davvero una regione così accogliente come sembrano mostrare anche i dati del recente Report sugli immigrati appena pubblicato, oppure viviamo in una società dove predominano discriminazioni e pregiudizi? Lo chiediamo a Teresa Marzocchi, Assessore regionale alle politiche sociali dal 2010, da sempre attiva nel campo del sociale e impegnata in prima linea per l’accoglienza dei profughi dalle coste maghrebine.

Dopo le rivoluzioni del Nord Africa, scoppiate in Tunisia, Egitto e in seguito in Libia, un grandissimo numero di africani si è imbarcato verso l’Italia e molti di loro sono arrivati anche in Emilia-Romagna. Ad oggi si contano 1.630 migranti accolti in regione. Si è appena conclusa la seconda fase di accoglimento e a breve inizierà la terza fase, ovvero nuovi profughi nel nostro territorio...

TM: "Siamo arrivati a 25mila persone. Il governo ci aveva detto che il massimale sarebbe stato 50mila e poi è passato il criterio di suddivisione equa sul territorio (fatta eccezione per l’Abruzzo), strategia vincente perché ogni regione deve rendere conto a se stessa.

Da noi in Emilia-Romagna il tavolo di regia è coordinato dalla Presidenza, dall’Assessorato alle politiche sociali e dalla Protezione civile: in questo modo abbiamo unito le nostre professionalità lavorando insieme sia per l’urgenza che per il dopo".

Quindi, come vengono gestiti i nuovi arrivi e, in generale, che cosa succede per l’accoglienza dei migranti?

TM: "Per quanto riguarda le politiche di immigrazione e, più in specifico, la gestione dei profughi del Nord Africa, dopo l’accoglienza immediata e momentanea condivisa con la cabina di regia, abbiamo deciso di destinare piccoli gruppi in molti territori, individuando quelli più idonei. Quando arriva un gruppo di persone (max 50), viene accolto dalla protezione civile assieme ai funzionari del servizio immigrazione. Ovviamente sia per i minori che per gli adulti è sempre previsto un mediatore che può facilitare un inserimento mirato.

L’accoglienza deve essere integrata con l’interazione e con un forte rapporto con la sanità. Il cosiddetto Patto per l’accoglienza stabilisce tutto ciò che deve essere garantito tramite gli enti e le strutture accoglienti: accompagnamento al percorso legale, servizi sanitari e scolastici, asilo, soggiorno, corsi di lingua... Vogliamo innanzitutto che queste persone siano integrate tramite la lingua. Le informiamo riguardo i doveri, come quello di partecipare e integrarsi, e sulla possibilità di fare attività di inclusione sociale (volontariato, tirocini di orientamento negli enti…). Il Patto è controfirmato dal migrante, dalla struttura che gestisce il percorso e dall’ente locale.

E’ come se fossero dei modelli minimi di assistenza. E hanno funzionato, le testimonianze pubblicate sui giornali dimostrano che nella maggior parte dei casi si tratta di esperienze positive.

Insomma, cerchiamo di trovare nella sfida una risorsa. Perché l’immigrazione è una risorsa".

Quali sono le criticità e i problemi che sono emersi?

TM: "Il nostro è appunto un modello all’avanguardia, o almeno così dicono di noi, ma il processo è difficile e quindi è inevitabile incontrare qualche criticità. E’ difficoltoso ad esempio il rapporto con la burocrazia e con la parte normativa. Questo non per colpa, ovviamente, delle prefetture, ma per carenza di risorse: ad esempio la Regione può concedere il tesserino sanitario solo dopo che sia presentata la domanda di richiesta d’asilo, altrimenti non parte nulla, ma le prefetture hanno bisogno di tempo. Purtroppo mancano risorse umane ed economiche e i tempi si allungano. A questo si aggiunge il drammatico contesto di crisi economica ed occupazionale che rende ancora più difficili i percorsi di inserimento lavorativo".

Passando dall’emergenza profughi alla situazione degli immigrati stabili in Emilia-Romagna… I dati del Report statistico sull’immigrazione del 2010 appena pubblicato indicano una buona accoglienza e validi progetti di integrazione qua in Regione. Tuttavia, ci saranno problemi da risolvere anche in questi casi?

TM: "È un tema delicato. In questo contesto l’accoglienza dell’“altro” è sempre difficile perché spesso è comodo considerarlo come usurpatore, specialmente in momenti di crisi. Ad esempio nel caso dell’assegnazione della casa: tutte le fasce più deboli sono penalizzate e si può innescare una lotta tra poveri difficile da gestire. Comunque dobbiamo constatare il fatto che, in tutta Italia, le nascite aumentano anche e soprattutto grazie ai migranti"…

A proposito di bambini immigrati: esiste il fenomeno della ghettizzazione nelle scuole?

TM: "A livello di nidi e scuole di infanzia i percorsi sono perfettamente integrati, alla pari.
Le difficoltà possono riguardare le disparità negli accessi, dovute alle differenti culture. In certi casi ad esempio la donna è quasi costretta a rimanere a casa e questo rappresenta un ostacolo per i bambini piccoli.

Invece per le altre scuole il problema riguarda la mancanza di strumenti adatti ad accogliere bambini e ragazzi che hanno difficoltà di lingua o che hanno bisogno di aiuto.

E poi c’è il problema più generale della legittimazione delle diverse culture, dell’inclusione culturale. In questo caso bisogna lavorare soprattutto sugli adulti, perché sui giovani è più semplice intervenire grazie alla scuola".

Purtroppo però i fondi alla cultura vengono tagliati e questo può essere un problema considerando le grandi sfide che ci attendono...

TM: "Io posso dire quello che noi vorremmo fare, ma quando qualche giorno fa ho annunciato che “non abbiamo più niente” significava che noi “non abbiamo più niente”. C´è bisogno di una base minima per poter fare qualcosa nel campo delle politiche sociali.

Io non smetto di dirlo perché non mi voglio arrendere, per cui continuo a programmare e ragionare nello stile di questa Regione con una nostra comune politica di resistenza e riprogettazione.
La regola fondamentale da seguire è: noi non vogliamo fare servizi per gli immigrati ma vogliamo rendere accessibili i nostri servizi alle persone che vengono da altri paesi.

Abbiamo 3 punti nel piano di intervento che per ora confermiamo.

Innanzitutto la lingua, indispensabile per una buona integrazione e per evitare “ghetti”. Abbiamo sottoscritto un accordo con le prefetture, ANCI e UPI, che sono i rappresentanti degli enti locali, in modo da costruire un patto territoriale per cui sia data a tutti la possibilità di imparare l´italiano. Non bisogna programmare corsi a caso, ma offrire corsi di lingua finalizzati al superamento dell´esame entro il primo anno dall’arrivo e fare in modo che nessuno ne resti escluso, soprattutto le donne che spesso rimangono a casa.

Questo è il nostro sogno e la mia sfida.

Il secondo punto è la mediazione culturale. Abbiamo una rete di 300 mediatori culturali che fino ad oggi si sono occupati anche della lingua ma che d´ora in poi dovranno lavorare principalmente sulla mediazione delle culture, e cioè cercare di fare in modo che persone adulte si capiscano, si comprendano, siano curiose di scoprirsi e non si facciano la guerra. Questa cosa sta già succedendo, basti pensare a come si affronta oggi la questione delle moschee. Altro strumento importante e da affiancare ai mediatori sono le “reti”: abbiamo creato la rete interculturale delle donne, la rete dei giovani, la rete della comunicazione interculturale, etc. Bisogna lavorare per reti, perché non esiste un singolo o un’entità che detiene il sapere, ma è tutto “circolare”.

Il terzo punto riguarda l´antidiscriminazione, in maniera prioritaria rispetto all´etnia, alla religione e al genere. Gli sportelli, che sono all´interno dei classici sportelli sociali, non si occupano solo di discriminazione, ma hanno anche il difficile compito di vigilare sull´assegnazione delle case.

Questi sono i tre punti fondamentali sui quali vogliamo costruire la nostra politica di integrazione, una politica che si deve accompagnare ad uno sforzo di iniziare a ragionare in maniera diversa, raccogliendo buone prassi e mettendole in risalto, senza concentrarsi esclusivamente sulle esperienze negative".

E per quanto riguarda il discorso della cittadinanza e della partecipazione?

TM: "Quest´anno la giunta regionale ha assunto un’altra importante decisione, ovvero quella di sostenere la campagna per il diritto di voto e di cittadinanza, esprimendo parere positivo ad un progetto di legge della regione Toscana per permettere il voto amministrativo.

Inoltre continuiamo ad sostenere, attraverso il Comune di Reggio Emilia, anche lo Ius Soli insieme all´Assessorato all´Istruzione, alla Cultura, all´Ufficio Scolastico e all’ANCI regionali. Abbiamo comprato e promosso un film nelle scuole superiori della regione che si intitola “18 Ius Soli”. Il film viene proiettato nelle classi quarte di tutte le scuole superiori, anche perché i ragazzi che vogliono la cittadinanza hanno 12 mesi di tempo dopo il compimento del 18esimo anno di età e in questo modo si cerca di stimolare un dibattito sulla cittadinanza consegnando anche una copia della costituzione italiana. Si tratta quindi di un “pacchetto unico” che coinvolge ragazzi stranieri e ragazzi italiani e diverse istituzioni, con l´obiettivo di riflettere e parlare della cittadinanza e promuovere integrazione.

Penso che questa sia una strada vincente. Dobbiamo capire che noi abbiamo bisogno degli immigrati, perché abbiamo bisogno di crescere e produrre reddito, perché abbiamo bisogno di cittadini che sostengono il nostro paese. Tutti i dati demografici ci dicono che se la popolazione non cresce, noi andiamo in crisi di sostenibilità ed il fatto che in regione si sia arrivati ad una percentuale dell´11% di persone immigrate deve essere considerato da tutti un fatto positivo".

Il Commissario per i diritti umani del Consiglio d’Europa ha appena stilato un rapporto sull’uso piuttosto allarmante di slogan razzisti in Italia in contesti politici, facendo riferimento a manifesti elettorali dispregiativi nei confronti di rom e sinti. Secondo lei è possibile rompere questo circolo vizioso di una politica che cavalca pregiudizi e paure per un pugno di voti?

TM: "Io mi vergogno di questo. Da cittadina mi vergogno. E siccome non sono solo una cittadina ma sono anche un amministratore, vergognarsi non basta. Quindi in qualità di cittadina contrasto questo tipo di politica nei modi che ritengo più opportuni, e in qualità di amministratore cerco di creare gli spazi per il dialogo.

Quando c´è stato a Novi di Modena il caso dell’uomo pachistano che ha ucciso la moglie che si opponeva alla nozze combinate della figlia (vedi articolo), il giorno dopo noi eravamo lì. I cittadini, le associazioni e gli immigrati di Novi hanno avuto la forza di aiutare a reinserire la ragazza nella società.

Questo è il senso delle nostre politiche. Non si deve pensare ad un atto di carità, ma è la nostra collettività che deve rispondere e affrontare le situazioni. Poi è chiaro che la collettività deve essere messa nelle condizioni di agire, perché se chi amministra manda messaggi di chiusura e di non accoglienza, la cittadinanza risponderà di conseguenza.

Io penso che molto stiano facendo anche i giovani, che hanno il compito di cambiare il modo di pensare delle loro famiglie. Portando amici a casa, dandosi il tempo e lo spazio necessari per capire, allora le cose cambiano.

La gente pensa che i tossicodipendenti siano delinquenti, ma se la realtà colpisce la propria famiglia allora si cambia la visione delle cose e il tossicodipendente diventa semplicemente una persona che ha bisogno di aiuto (nota: l’assessore ha fondato nel 1984 il Centro accoglienza “La Rupe” comunità per tossicodipendenti, ora cooperativa sociale ed è componente della Consulta nazionale degli operatori e degli esperti per le tossicodipendenze.)..
Dunque occorre che ci sforziamo tutti di conoscere meglio persone e situazioni per combattere pericolosi pregiudizi".

Intervista a cura di Alessio Vaccaro e Matteo Perrottelli
settembre 2011

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