Chi aiuta le badanti?

Intrevista all'associazione Badanti Nadiya di Ferrara

Molti italiani non vogliono stranieri in Italia. Però spesso li accolgono in casa ad accudire i propri genitori. Una contraddizione? Sembra di sì, ma a quanto pare il nostro paese ha un bisogno estremo di badanti e pure il governo ha riconosciuto questa necessità per gli over-60 e per i loro figli emanando la recente sanatoria per regolarizzare le straniere che esercitano questa professione. Un respiro di sollievo per chi non vuole avere guai con la legge e tenersi in casa un aiuto per mamma e papà. Ma loro, le badanti, quando lo tirano un sospiro di sollievo?

Chi è Nadiya - A Ferrara esiste un’associazione che si prende cura di chi si prende cura. Si chiama “Nadiya”, che in russo vuol dire speranza, ed è un’associazione Onlus nata nel 2002 per badanti. Sì, perché così come gli italiani hanno bisogno delle badanti, anche le badanti a volte hanno bisogno di aiuto.
Donne di nazionalità diverse, soprattutto provenienti da paesi extracomunitari, non più giovani, che sono venute in Italia anni fa per trovare lavoro e per aiutare le proprie famiglie, possono trovare in Nadiya un luogo d’incontro, un posto dove poter parlare con altre compaesane, oppure con altre persone con cui condividono non solo la lingua ma anche problemi, preoccupazioni e lo stesso destino da migrante.
Per alcune è un posto dove trovare un appoggio e un aiuto, per altre è anche un alloggio dove poter finalmente trovare riposo. Perché a volte capita che anche le badanti si ammalino e abbiano bisogno di assistenza. Sembra strano, visto che sono soprattutto loro a occuparsi di noi, ma è anche vero che nessuno è invulnerabile, specialmente loro che spesso lavorano instancabilmente da anni.
Svetlana, vice-presidente dell’Associazione Nadiya, una bella signora russa, lo dice un po’ ridendo e un po’ no: “lavoriamo finchè non crepiamo” e si riferisce a molte delle 1.500 iscritte, ma soprattutto a quelle donne dell’est europeo, che sono venute in Italia da anni, come lei, e che ora hanno sui 50/55 anni.
Infatti il target è quello delle donne migranti, ma l’associazione raccoglie soprattutto adesioni da parte di moldave, polacche, ucraine, tutte di una certa età. Donne mature, come spiega Svetlana, che non si aspettano di rimanere qui a vita, ma che non hanno neanche bisogno del ricongiungimento familiare visto che i loro figli sono ormai grandi. Donne che a volte si ammalano, come tutti noi, ma sono lontane da casa.

Perché un’associazione - Svetlana spiega come è nata Nadiya: “Eravamo un piccolo gruppo di 25 donne e abbiamo sentito la necessità di dirigere, aiutare questo fiume di badanti come noi”. Una professione “nuova” in quegli anni, quella della badante, che ha portato in Italia migliaia di donne dall’est Europa, donne scappate dalla povertà dei loro paesi di provenienza in cerca di una vita migliore. Dopo qualche anno passato in Italia, dopo i vari problemi affrontati all’ufficio immigrazione, dopo tutte le preoccupazioni per il contratto di lavoro, per regolarizzare i documenti di soggiorno, hanno sentito il bisogno di organizzarsi, di mettersi insieme per poter dare una mano l’una all’altra, per imparare dalle esperienze altrui. Così è nata Nadiya. Nel 2004 l’associazione viene registrata e nel 2006 viene riconosciuto un proprio statuto. Oggi, dopo 7 anni conta circa 1.500 persone iscritte e ha 3 sedi:a Ferrara, a Bondeno e a L’Viv in Ucraina.

Ascolto, formazione e assistenza - Obiettivo principale dell’associazione quello di offrire ascolto, formazione e assistenza alle badanti. Ascolto perché le donne qui si riuniscono, e a Ferrara l’associazione è conosciuta come punto di riferimento per chi esercita questa professione. “Noi” specifica Svetlana “non siamo ancora mediatori di lavoro. Ma diamo consigli per chi cerca lavoro, siamo in contatto con la realtà sociale del territorio. Diamo indicazioni giuste sui costumi italiani”.
E poi formazione, in collaborazione con il CSV, la UIL, Royal e altre associazioni ed enti locali. “Facciamo corsi di italiano, corsi di cucina italiana, di ginnastica specifica per badanti, ma soprattutto di prevenzione sanitaria”. Svetlana è molto precisa su questo punto visto che in Russia lavorava al Ministero della Salute e Previdenza sociale.
“Da noi, in Russia, non si lavora sulla prevenzione sanitaria. Nonostante i nostri medici siano bravissimi, l’approccio è diverso. Noi andiamo da un medico quando già stiamo male e non si può fare più niente. Non abbiamo la cultura del curare prima la nostra salute... lavoriamo finché non crepiamo e questa è la vita. Finita.” Ride, ma è un riso amaro. Per questo alle donne che vengono qua in Italia a lavorare si cerca di dare una diversa prospettiva. Si organizzano seminari a scopo informativo e preventivo in collaborazione con altre associazioni medico-sanitarie che insistono sull’importanza dell’igiene personale, sulle principali malattie femminili e sulla sicurezza sul lavoro. Molte associate sono infermieri e medici e vengono organizzati anche incontri personali presso l’associazione per chi volesse ricevere informazioni sulle strutture ospedaliere presenti nel territorio.
E infine l’associazione offre assistenza. E qui viene il capitolo più triste, ma che sottolinea forse il grande impegno di Nadiya. “La nostra cosa più grande” dice Svetlana. Dal 2005 l’associazione gestisce 5 appartamenti per l’accoglienza di donne straniere ammalate, invalide o indigenti in collaborazione con l’Assessorato alla Sanità, i servizi sociali per anziani, l’ufficio di mediazione culturale dell’ospedale e il CSI per l’immigrazione. Le donne straniere che si sono ammalate o sono in una fase terminale della loro malattia e purtroppo non riescono più a lavorare, non possono restare in ospedale a vita. Nadiya offre loro vitto e alloggio, case dove possono sostare un attimo, smettere di lavorare, riposarsi dalla malattia. Ci sono donne segnalate dai servizi ospedalieri, ma anche indigenti segnalate dai servizi sociali: ucraine, russe, moldave, rumene, etiopi, tunisine, camerunensi e marocchine. In tutto sono 8 i posti convenzionati con il Comune, ma l’associazione offre vitto e alloggio a proprie spese anche a 5 donne senza permesso di soggiorno che pure sono malate e che non possono usufruire di aiuti statali, o che sono senza lavoro in estrema povertà. Non hanno alternativa. Spesso non hanno soldi per tornare nel proprio paese o come sostiene Svetlana, sperano sempre di farcela a riprendersi, anche quando non si reggono sulle gambe. Datori di lavoro da tutta Italia telefonano all’associazione e chiedono accoglienza per le loro donne badanti malate. “Noi alla fine scarichiamo dal datore di lavoro questo problema morale e anche economico.”
Svetlana riconosce che molte donne dell’est non smettono comunque mai di lavorare. “Loro sempre si rialzano quando possono e vogliono lavorare, tornano a fare il loro dovere”.

Due storie - Un forte rigore e senso morale caratterizzano anche Nina, una delle utenti dell’associazione, una delle pioniere, che però sta bene e lavora. Nina ha circa 50 anni, viene dalla Moldavia, vive da 9 anni in Italia. “Avevo un’amica che abitava a Ferrara” racconta con un forte accento dell’est, ma con un tono dolce e calmo, quasi sussurato “ e lei mi ha aiutato a venire qui”. Durante questi anni ha sempre lavorato come badante nelle famiglie italiane: ne ha cambiate 5. È contenta perché non ha mai avuto problemi di lavoro, “ho sempre lavorato perché non ho avuto mai pretese. Dove c’è lavoro io vado”. Anche se abita lontano dalla città di Ferrara, in un paese un po’ sperduto con la signora che cura, nell’ora della pausa viene tutti i giorni alla sede dell’associazione con la sua bicicletta, mezzo preferito dai ferraresi ma a quanto pare anche dalla sua componente straniera. Si sente come in famiglia fra le altre donne con le quali condivide non solo la professione, ma anche interessi e spesso problemi e preoccupazioni.
Torna a casa solo una volta all’anno, d’estate. Va a trovare i figli che sono già grandi, 31 e 26 anni, e che lavorano all´est. Ma tra i suoi progetti c’è quello di farsi un po’ di soldi e tornarsene a casa.
Nadia, una piccola signora sorridente di una cinquantina d’anni, ucraina, è invece in Italia da 5 anni, e torna molto più spesso a casa. Ogni 3 /4 mesi: forse per il figlio, più probabilmente per il nipote di 14 anni.
“L’associazione mi ha aiutato molto” ammette. “Ho seguito molti corsi” aggiunge con una punta d’orgoglio “ho avuto anche il diploma di badante”.
Ma non ci sono solo i corsi di formazione, c’è anche il coro, la cineteca, i corsi di cucina che aiutano a distogliere per un attimo il pensiero della famiglia lontana. “Qui mi sento come a casa”, dice Nadia “ho amiche, e mi piacciono i viaggi che si organizzano, ma soprattutto i concerti…mi fanno sentire un pò rilassata”.
Nadia e Nina, come altre signore del centro, vanno a trovare in ospedale e nelle case di accoglienza le donne malate che conoscono. Nadia, che tempo ha avuto un incidente in bicicletta, è stata una delle prime vittime sostenuta anche economicamente dall’associazione e ne è ancora grata.
Nadia e Nina sono di paesi vicini ma non si erano mai viste prima. Ora, in Italia, sono vicine, un po’ come in famiglia.

Progetti e famiglia - “Noi ci occupiamo delle necessità minime,” sorride Svetlana “Salute, lavoro…”.
Cose di famiglia, appunto. E poi ci sono i progetti futuri. Come quello di organizzare tirocini internazionali. “Il tirocinio permette di frequentare un corso di formazione per badanti, compreso quello di lingua, e trovare datori di lavoro disponibili a tenere la persona in prova per 6 mesi e dopo assumerla”. E’ una possibilità anche per le donne che già stanno qui e che magari non sono state ancora regolarizzate. A proposito, chiediamo a Svetlana cosa ne pensa della recente sanatoria e quante donne, che lei sappia, sono già state regolarizzate. “Ancora è presto per sapere, ma secondo me molte. Spero.” Anche se le persone senza permesso di soggiorno sono ancora numerose e sono sempre a carico dell’associazione che lavora su base volontaria.
“Il più grande sogno è quello di creare un’impresa di donne migranti e fondare una casa di cura. Ma ci vuole tempo” sospira Svetlana. In realtà, nel dicembre del 2008 è già nata la cooperativa sociale “Badanti Nadiya” proprio con il fine di creare una micro-impresa specializzata nell’assistenza anziani. Un primo passo è già stato fatto e, constatando la grande forza di volontà di queste donne, non si può escludere che magari presto qualcosa del genere nascerà. La determinazione non manca.
Sono venute in Italia da sole, a cercare un lavoro per sostenere economicamente la propria famiglia e lo fanno ormai da un decennio: sono soprattutto le donne dell’est che hanno scelto questa strada di migrazione. Una strada difficile, portata avanti per anni. Donne come Svetlana, Nadia e Nina, che si sono sempre arrangiate pur essendo sole e lontane dal proprio paese, ma che, in tutti questi anni, non sono mai state a casa. La presenza di un’associazione come Nadiya, rappresenta come il nome stesso, una speranza; la speranza di trovare una famiglia anche qui, che badi un po’ anche a loro.

Intervista a cura di Francesca Mezzadri e Sofia Rapi - settembre

 

Associazioni Badanti Nadiya ONLUS
Piazza San Nicolò 1/d
44100 Ferrara
tel e fax: 0532 768368
e-mail: nadiya2004@libero.it
www.assbadantinadiya.com

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