La Biblioteca vivente: "leggi" un libro e togli un'etichetta

Intervista alla Biblioteca Vivente del Punto antidiscriminazione di Modena

logo biblioteca viventeSi può prendere in prestito qualsiasi libro presente nel catalogo. L’incaricato lo ordina e se è libero, lo si può consultare subito, magari seduti ad un tavolino a bere qualcosa. Si possono fare domande e il libro risponderà, a meno che non venga urtata la sua sensibilità. E’ vietato danneggiare il libro, strapparlo o macchiarlo, bisogna restituirlo dopo 30 minuti e trattarlo con rispetto. Questo il regolamento della biblioteca vivente, una biblioteca sui generis dove i libri non sono di carta e servono -come dovrebbero fare tutti i libri- ad aprirci la mente, ad abbattere i nostri pregiudizi e a scoprire che dietro agli stereotipi, così come dentro le pagine di un libro, si nascondono una persona e una storia.

Il catalogo è questo…- Miles Gualdi, coordinatore del Punto d’ascolto anti-discriminazione del Comune di Modena che organizza la Biblioteca vivente in collaborazione con il Centro Arci Milinda, mi allunga il catalogo con i titoli dei libri e un breve riassunto della presunta “trama”.
Sfoglio. Ecco “il rifugiato irakeno” che approfitta dell’asilo politico per venire qua in Italia, “la mudnesa” chiusa, antipatica e provinciale, “l’albanese” che si riconosce da come si veste e che ha imparato l’italiano dalla tv ,“la donna con il velo” che non è integrata e non parla italiano, “la suora” che da piccola era tutta casa e chiesa, “la ristoratrice cinese” che cucina i gatti... Il catalogo è vasto: più o meno una trentina di libri consultabili. Libri che non sono fatti di carta, ma sono persone in carne e ossa: il lettore sceglie con chi parlare, ci si siede di fronte e fa domande. In questo modo scoprirà che la trama nel catalogo è appunto solo presunta, che non è vero che la donna dell’est viene in Italia per rubare gli uomini alle italiane, o che la figlia di immigrati ha sempre problemi a scuola e che il gay segue molto la moda. Capirà che dietro la presunta trama c’è una storia, diversa da persona a persona, spesso molto lontana dal pregiudizio comune.
Spiega Miles mentre sfoglio il catalogo: “L’anno scorso abbiamo organizzato la Biblioteca vivente all’interno dell’evento Le città visibili, quest’anno invece in occasione del Festival Ethicae del 24 e 25 maggio. Eravamo in Piazza Grande sotto un tendone e c’erano una trentina di persone –i libri- con questa maglietta bianca con il logo e la scritta Io sono un libro per cui richiamavamo molto l’attenzione. La gente passava, alcuni sapevano già di cosa si trattava o avevano partecipato l’anno scorso, addirittura una signora è arrivata con il catalogo già stampato da Internet dicendo-vorrei leggere questo e questo libro- oppure semplicemente passavano per caso, ci guardavano incuriositi, cominciavano a studiare il catalogo e prendevano un libro in prestito”.
“Abbiamo avuto un’affluenza impressionante quest’anno. Il sabato in 4 ore di apertura sono venute 50 persone, la domenica più di 100. Rispetto alla scorsa edizione (che si svolgeva in unico pomeriggio e penalizzava la gente che passava e non poteva fermarsi) la maggior parte delle persone ha chiesto in prestito più di un libro, addirittura 4 o 5”.
In effetti, come racconta Miles, c’era una gran fila che attendeva il proprio turno per leggere il libro scelto dal catalogo. Quando non era disponibile, si accontentava anche di un altro, visto che comunque tutti i titoli erano curiosi. Rispetto alla scorsa edizione il catalogo era molto più vasto e comprendeva alcune figure “nuove” interessanti soprattutto per un pubblico composto non solamente da cittadini modenesi, ma anche stranieri. E così ecco “la mudnesa”, “la signora in carrozzina”, “la volontaria”, “la fidanzata italiana”, “la precaria”, “la vicina di casa ebrea”, “il carcerato”…
“In questo modo abbiamo avuto lettori stranieri –già l’anno scorso avevamo pensato di evitare la formula noi italiani stiamo a guardare loro stranieri e quindi tra i libri c’erano la suora e il prete. Quest’anno però abbiamo aggiunto nuovi titoli e così abbiamo avuto 4 lettori stranieri di cui un gruppo di signore marocchine: non sembrano molti su 100, ma abbiamo almeno in parte abbattuto quella passività che a volte si crea tra stranieri”.
E i libri più richiesti? “ I libri più richiesti quest’anno sono stati il ragazzo irakeno e la donna con il velo –ce l’aspettavamo in realtà- , e, a sorpresa, la suora, il buddhista e anche l’ex alcolista e il carcerato”. Che… lo sapevate? Non ha tatuaggi e non fuma.

Stereotipi e etichette- L’iniziativa della Biblioteca vivente nasce proprio per coinvolgere l’intera comunità e spezzare i pregiudizi che inevitabilmente si creano al suo interno. Quanto più infatti essa si allarga, tanto più le persone si racchiudono in gruppi diversi che vengono categorizzati, bollati sotto nomi differenti. Etichettati. E così spesso si perde l’individualità e la persona è nascosta da un’etichetta più grande del suo volto.
La Biblioteca vivente vuole togliere queste etichette. “Noi realizziamo questa cosa perché crediamo sia importante, perché se si tappezza tutta la città con cartelloni che dicono Discriminare è brutto e cattivo si ottiene poco. Se invece si dà la possibilità ai modenesi, ai cittadini, di sedersi di fronte ad una persona e di confrontarsi, l’impatto è diverso”.
L’idea della Biblioteca vivente è nata nel 2000 grazie all’associazione danese “Stop alla violenza” ed è stata ripresa dal Consiglio d’Europa all’interno della campagna “Tutti uguali e tutti diversi” contro le discriminazioni. Si tratta di un format che si ripete e viene usato in modo diverso dai vari enti ed associazioni europee.
A Modena il Comune ha lavorato in collaborazione con l’associazione Arci Milinda, che, grazie alla vastissima rete di collaborazione e al forte radicamento sul territorio, è riuscita a coinvolgere quante più persone possibile, indispensabili non solo per pubblicizzare l’iniziativa, ma anche per reclutare i libri.

Il reclutamento dei libri- “Penso che se avessimo chiesto all’associazione di trovarci un marziano loro sarebbero stati in grado non solo di individuarlo e conoscerlo, ma anche di coinvolgerlo” scherza Miles. E in effetti i libri sono stati reclutati anche grazie a Milinda che è riuscita a trovare persone che potessero, e soprattutto volessero, raccontare la loro storia. Alcuni invece, come ad esempio la ragazza nomade, provenivano dal Centro stranieri del Comune di Modena dove lavora Miles, ed altri ancora da diverse associazioni di Modena.
“Abbiamo iniziato a pensare a una possibile lista di libri che avremmo voluto avere. I libri che non riuscivamo ad individuare al Centro stranieri o grazie a Milinda sono stati contattati tramite altre associazioni. Ad esempio nel caso della “donna ebrea” abbiamo telefonato e presentato il progetto alla comunità ebraica di Modena. In alcuni casi poi il coinvolgimento è stato molto informale, si è anche basato sul passaparola”.
Ovviamente il reclutamento prevede una preparazione per l’evento. Spiega Miles: “Le persone reclutate per essere libri vengono incontrate una prima volta individualmente. Poi si organizzano incontri di gruppo: dovrebbero essere solo 1 o 2, ma alla fine sono sempre 3 o 4. In queste occasioni diamo un vademecum con consigli su come comportarsi. E’ importante che capiscano che sono loro a mettere in gioco la propria esperienza, e che non devono dare risposte standard. Il gay è lì non per rappresentare la categoria degli omosessuali, ma per raccontare la propria esperienza. Ovviamente però, quando si mette in gioco la propria esperienza, è anche necessario mettere dei paletti. Ad una persona può non dare fastidio parlare di alcuni argomenti, ad altri sì -ad esempio: il carcerato della scorsa edizione non voleva spiegare i motivi della sua carcerazione, quello di quest’anno invece non ha avuto problemi a farlo.”
Proprio perché si parla di storie e di persone è più semplice toccare sensibilità altrui, ma d’altronde il gioco è proprio questo. Andare aldilà della superficialità dell’apparenza e sfiorare, anche per un attimo, la profondità dell’essere. Miles spiega che durante gli incontri preparatori venivano anche dati consigli su come rispondere a domande troppo imbarazzanti. “Abbiamo detto di non pensare che se qualcuno fa una domanda irriverente voglia per forza essere irriverente. E poi abbiamo consigliato di dare risposte ironiche quando non si ha voglia di rispondere, tipo: -Questo capitolo finisce qui- oppure -La pagina è stata strappata-. La tutela del libro deve essere massima”.
Ma durante il festival non ci sono stati problemi in questo senso. Le domande sono state molto varie e nessun libro ha avuto problemi.
Forse il momento più delicato è stata la costruzione stessa del catalogo, l’ideazione di titoli e presunte trame infarcite di pregiudizi. I titoli vengono concordati proprio con i libri per non partire col piede sbagliato. Il problema è che si tratta di un passaggio un po’ controverso, come spiega Miles. “Noi coinvolgiamo i libri e li chiamiamo in piazza per dire ad esempio che non esiste “la precaria”, ma ci sono persone che hanno questa concezione. Nello stesso tempo però chiediamo loro di partire proprio da qui, da questi stereotipi e non è semplice per tutti. Alcuni entrano subito nel gioco, lo capiscono - ad esempio il prete e la ragazza zingara ci dettavano loro i pregiudizi- altri fanno fatica a capire questo percorso. Il loro lavoro nel tempo è stato proprio quello di de-costruire i pregiudizi nei loro confronti e risentirli, accettarli, non è semplice. Già hanno problemi a definire il loro titolo –che deve essere forte, di rottura, incuriosire e attirare l’attenzione. Poi quando si arriva alla definizione di stereotipi, noi li buttiamo lì e loro dicono “no, non è vero” per cui far loro capire che è ovvio che non è vero e che si sa, però è quello il punto di partenza per dimostrarlo.. è un passaggio difficile, delicato”.

Appuntamenti in Biblioteca- E i lettori invece? Anche loro, testimonia Miles, sono stati parecchio eterogenei: in Piazza Grande quel sabato e quella domenica di maggio sono venuti a “leggere” anziani, adulti, coppie, famiglie e giovani, persino giovanissimi. “Trovare lettori con meno di 25 anni è difficile, ma quest’anno è venuto un gruppo di scout che ha preso un sacco di libri ed è rimasto tutto il pomeriggio di sabato, e poi ha passato parola ad un altro gruppo di ragazzi di 12/13 anni che è venuto a leggere il giorno dopo”.
I lettori hanno chiesto di tutto: dai consigli culinari –alla ristoratrice cinese-, alle storie di vita, alle curiosità sui paesi lontani –come al rifugiato irakeno. E tutti sono rimasti soddisfatti. Lettori e libri.
Alla fine del prestito il lettore doveva infatti compilare un scheda di feed-back e quest’anno i voti sono stati tutti molto alti. Inoltre rispetto all’anno scorso, i lettori, entusiasti dell’esperienza, hanno segnalato nella scheda anche altri consigli e suggerimenti e si sono sbizzarriti a pensare ad altri libri. Questo testimonia un livello di partecipazione ancora più alto che porterà senza dubbio il Comune di Modena a ripetere l’esperienza.
“A ottobre la Biblioteca vivente verrà riorganizzata a Sassuolo dal Centro servizi per il Volontariato e si spera che anche il prossimo anno il Comune di Modena la possa organizzare all’interno della successiva edizione del festival Ethicae”.
E’ un peccato, in effetti, che la Biblioteca non sia sempre aperta, ma sarebbe molto difficile riuscire a mettere in piedi una cosa del genere in modo stabile. E forse, come suggerisce Miles, la soluzione migliore è proprio quella di inserire la Biblioteca in un contesto più ampio e di passaggio.
“Da sola questa iniziativa non riuscirebbe ad avere il successo che ha ora in questo spazio più ampio. La piazza principale della città funziona. Forse anche all’interno di una biblioteca-vera funzionerebbe, ma sarebbe difficile trovare libri sempre disponibili”.
Oltre a Città visibili ed Ethicae il Comune di Modena quest’anno ha organizzato una versione ridotta della Biblioteca vivente anche all’interno di Libranch’io, iniziativa promossa dall’Assessorato all´Istruzione e Memo per spronare i giovani alla lettura. “In questo caso”, spiega Miles, “abbiamo portato solo 4 libri: l’immigrato meridionale, la donna musulmana, la mudnesa e la donna con il velo e, in un contesto del genere - con i ragazzi delle scuole- il piccolo gruppo ha funzionato. Alla fine la versione integrale viene organizzata solo una volta all’anno ed è giusto così. Quando ci contattano altri Comuni o associazioni forniamo una sorta di consulenza esterna, ma nulla di più. Anche perché credo che questa iniziativa debba nascere in loco, non ha senso che Modena la organizzi per Cesena o Fidenza. Serve per costruire nuove reti locali e sviluppare nuovi rapporti sul posto”.
Non solo. Si crea anche uno scambio: molti libri fanno infatti amicizia tra loro. “Quest’anno la figlia di immigrati, che è una studentessa delle superiori molto in gamba, ha conosciuto la precaria e la ragazza musulmana, e hanno creato un gruppetto che è ancora in contatto”. In questo modo si creano dinamiche che è utile che si sviluppino soprattutto a livello locale.
E alla fine quelli più entusiasti, sono forse proprio loro, i libri. Che si mettono in gioco, in tutti i sensi, e che scoprono il piacere di essere letti e sfogliati, per una volta non giudicati dalle etichette –anche se a partire da quelle.
“Incredibile…Dopo ore in piazza, stanchi morti, i libri ci chiedono –Beh, allora quando lo rifacciamo?”.
Noi lettori dovremo aspettare il prossimo anno, ma intanto potremo cominciare a togliere qualche etichetta anche noi… ascoltando un pò più le storie e un pò meno le voci.

(Francesca Mezzadri)
giugno 2008

La Biblioteca vivente
Punto d’ascolto Anti-discriminazione del Comune di Modena

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