Sos Donna: dare voce al silenzio per uscire dalla violenza

Intervista all'associazione SOS Donna di Faenza

Antonella OrianiIntervista ad Antonella Oriani, presidente dell’associazione Sos Donna a Faenza che aiuta e sostiene donne vittime di violenza...

Come è nata l’associazione?
L’associazione è nata nel 1994 a Faenza ad opera di un gruppo di donne che si sono attivate per dare supporto alle donne vittime di violenza a seguito di due casi di omicidio sul territorio: due donne uccise dai loro compagni.
I primi centri antiviolenza come il nostro, tutti composti da personale femminile, sono nati negli anni ‘60 con il movimento delle donne nei paesi anglosassoni; la prima casa rifugio in Europa è stata costruita a Londra negli anni ‘70. Grazie al passaparola ha iniziato ad accogliere sempre più donne. In Italia i centri si sono diffusi verso la fine degli anni ‘80.

Quali sono i servizi che offre l’associazione?
L’associazione è cresciuta nel corso degli anni, inizialmente in maniera “clandestina”, nel senso che aveva poca visibilità: il problema della violenza alle donne specie in famiglia è sempre stato celato, anche se più del 90% delle violenze avviene in ambito domestico.
Il primo servizio che offre l’associazione è quello di accoglienza alle donne -sostegno psicologico, legale, counseling sociale per mettere la donna in grado di operare delle scelte anche in ambito lavorativo nel caso lo voglia…Il tutto, ovviamente, nel rispetto della sua privacy, come in tutti i centri. Si tenta insieme di compiere un percorso, una vita lontana dall’uomo che la maltratta. Le accompagniamo anche presso le forze dell’ordine o presso il Pronto Soccorso se lo desiderano.
Da quest’anno abbiamo istituito anche uno Sportello di orientamento e accompagnamento al lavoro, una sorta di spazio riservato per fare emergere nella donna le sue potenzialità, e stimolarla a svolgere attività più consone alle proprie abilità. In questo senso collaboriamo in stretto contatto anche con il Centro per l’Impiego di Faenza.
L’associazione si occupa anche di provvedere all’emergenza abitativa -quando una donna con i suoi figli si rivolge a noi e ed è in pericolo in vita rimane in una residenza ad indirizzo segreto al riparo per qualche giorno per continuare il suo percorso con l’associazione. Quest’anno su 115 casi di donne maltrattate abbiamo accolto 5 emergenze abitative.
Da quest’anno inoltre abbiamo aperto un giorno la settimana lo Sportello legale con 5 volontarie avvocate dove si può avere consulenza gratuita e una prima informazione per conoscere i propri diritti.
Lavoriamo anche molto sulla prevenzione. Dal 2000 SOS Donna, in convenzione con il Comune di Faenza per la gestione del servizio Comunale Fenice, svolge interventi psico educazionali presso le scuole superiori e medie secondo diversi moduli. Alle superiori sono previsti due moduli distinti: il primo sulla violenza psicologica e rivolta alle donne, il secondo sulle differenze di genere per sollecitare i ragazzi a riflettere sugli stereotipi di questo tipo. Alle medie il modulo riguarda invece l’educazione alle differenze. E’ un progetto nel quale crediamo molto, l’anno scorso abbiamo raggiunto più di 70 classi. Crediamo che la prevenzione sia la cosa più efficace affinché si attui un reale cambiamento culturale.
Come Servizio Fenice attiviamo in media una volta o due all’anno anche il corso di autodifesa che raccoglie moltissime iscrizioni -56 donne sono già in lista d’attesa per il prossimo. Organizziamo anche gruppi di auto aiuto e di autostima, incontri sulla dipendenza affettiva, e altre attività di formazione come quello di quest’anno alle forze dell’ordine. FFOCAVD, si chiama così, è un progetto regionale che prevede 14 moduli formativi – terminerà a febbraio 2008 con un seminario e auspicabile firma di un protocollo d’intesa tra associazione e forze dell’ordine. Ogni anno svolgiamo formazione per le nuove volontarie, abbiamo anche una convenzione con la Facoltà di Psicologia per i tirocini, nonché formazione esterna a nuovi centri che si stanno costituendo. Inoltre facciamo parte del Coordinamento regionale dei centri antiviolenza e della Rete nazionale dei centri, con possibilità di azione politica e scambio di buone prassi.

Qualche progetto in corso?
Adesso stiamo svolgendo un progetto che dovrebbe realizzarsi entro aprile del 2008, legato al sostegno della genitorialità. Abbiamo già elaborato una piccola indagine sulla violenza assistita, che poi è la violenza non subita, ma vista dai minori all’interno di un nucleo familiare altamente conflittuale, raccogliendo dati nazionali, comunitari, regionali e locali e con le azioni e le politiche locali su questa tema. L’indagine ci servirà ad aiutare quelle donne che si rivolgono a noi manifestando questa problematica.

In che modo vi siete fatti conoscere dalla vostra rete?
Siamo iscritte al portale “Pace e diritti umani” dal 2005. Attraverso il sito, che è utile anche per la diffusione della conoscenza delle realtà del settore che operano in Emilia Romagna, chiediamo alla redazione di diffondere le iniziative che l’associazione organizza.
Facciamo parte del Tavolo della Salute e del Tavolo della Donna della Consulta del Volontariato faentino che ci permettono di metterci in relazione con altre associazioni con le quali lavoriamo insieme affinché la “rete sociale” sia sempre più efficace.
Ci rendiamo visibili nel contesto cittadino con manifestazioni, banchetti, conferenze, rassegne cinematografiche, concorsi fotografici e altri eventi diffondendo l’informazione su queste iniziative anche grazie ai mass media.

Che tipo di utenza si rivolge a voi?
In base ai dati dell’Osservatorio Regionale emerge che le donne che si rivolgono ai centri antiviolenza in Emilia Romagna appartengono a una fascia d’età compresa tra i 29 e i 45 anni, sono occupate, hanno una scolarizzazione medio-alta e non appartengono a nessun contesto sociale specifico. Tuttavia bisogna anche tener conto che, secondo l’ultima indagine Istat, solo il 28% delle donne si rivolge a centri antiviolenza. Negli ultimi 5 anni è aumentato il numero di donne extracomunitarie e neocomunitarie arrivando ad una percentuale pari al 30%. Questo non perché gli uomini extracomunitari siano più violenti, ma perché le donne straniere solo ultimamente hanno avuto la possibilità di entrare nel territorio dei circuiti sociali e possiedono quindi una maggiore informazione dei servizi presenti sul territorio.

Ci racconti un successo o una storia che l’ha particolarmente colpita
Abbiamo avuti tanti successi, gli altri non li considererei insuccessi… Anche quando la donna si rivolge a noi, spesso non è pronta a lasciare il maltrattante proprio perché sussiste una sorta di sudditanza psicologica. Spesso le donne vengono da noi, fanno una serie di colloqui, ma poi sentono di non farcela, di non riuscire a vivere slegate dall’uomo. Con gli anni abbiamo acquisito competenza, svolgiamo continuo aggiornamento professionale, però ci sentiamo soprattutto in un’ottica di confronto tra donna e donna. Anche le psicologhe che lavorano con noi riconoscono delle vere e proprie dinamiche all’interno del rapporto di coppia...quindi capita che alcune donne non tornino più, o che tornino dopo un anno. Dobbiamo poi tener conto che la sopportazione di ogni singola donna è diversa. Basti pensare che fino all’anno scorso il 33% di donne era capace di vivere in una situazione di violenza per oltre 10 anni, ora sono diminuite al 28%.
Ricordo con piacere tutte le donne che si sono rivolte a noi, alcune ci “appartengono” più di altre. Mi viene in mente questa donna che è venuta in 3 riprese diverse al centro, facendo colloqui anche di consulenza legale. L’ultimo anno abbiamo fatto il percorso più lungo: da febbraio a dicembre. Si trattava di una donna che lavorava, con un’indipendenza economica, una figlia complice che l’appoggiava e tuttavia non ce la faceva a uscire dal clima di violenza. Poi finalmente è scattato qualcosa, anche grazie all’azione di emporwement, la continua forza che abbiamo cercato di darle, sollecitandola a riconoscere le sue potenzialità. E dopo un periodo molto lungo lei è riuscita con l’aiuto dei carabinieri a cacciare quest’uomo di casa, un uomo che tutti i giorni la picchiava e controllava i suoi tempi, cronometrando il minimo ritardo. Ricordo che era una donna splendida che ho avuto particolarmente a cuore. Ha ricostruito la sua vita, dopo tanti anni, aveva 40 anni quando era venuta..Ora va a ballare, fa nuove amicizie, si è sistemata i denti - la prima cosa che ha fatto dopo averlo lasciato, cosa che lui non le aveva mai permesso di fare prima. Ricordo che mi chiamava quando era al Pronto soccorso e spesso non si faceva neanche curare perché aveva paura di arrivare in ritardo a casa ed essere ancora picchiata.
In realtà ci si rende conto lavorando al Centro che spesso i casi si somigliano perché c’è una dinamica all’interno del rapporto di coppia, cicli specifici. E le donne che vengono al centro confermano come questo ciclo avvenga anche all’interno della loro coppia. Non è un problema di uomini pazzi - sicuramente si tratta di uomini con problemi relazionali, ma che in realtà appaiono “normali”- quanto un problema di questa società ancora patriarcale dove spesso l’uomo considera la donna come oggetto di sua proprietà.
Tante indagini di vittimizzazione dimostrano che quando la donna tende ad abbandonare l’uomo, la violenza sia aggrava, poiché l’uomo si sente sfuggire la situazione. Questo è il momento più critico, e anche noi al centro lo segnaliamo alle donne, anche se poi alla fine sono loro che devono scegliere. Attraverso alcuni indicatori, come il metodo elaborato in Canada sul rischio di recidiva SARA, cerchiamo di capire il livello di pericolosità delle varie situazioni, per sollecitarle a riflettere e proteggersi attraverso un Piano di Sicurezza. Spesso la loro situazione è pericolosa e non se ne rendono conto.

Un messaggio a chi ha bisogno di SOS Donna e ancora non si è rivolto a voi...
Il problema è che ci vuole coraggio a farlo. Noi possiamo dire che ci siamo, che le donne vengono accolte, ascoltate senza alcun aspetto giudicante e si cerca di elaborare insieme il percorso di uscita dalla violenza e di un’eventuale riprogettazione di vita. L’importante è che sia proprio la donna a voler fare questa scelta, noi la supportiamo solo.
“Libera dalla violenza” è uno slogan così come “Per non sentirti sola” che ben inquadra lo scopo della nostra associazione, perché spesso le donne vittime di violenza vivono in totale isolamento, senza contatti amicali o familiari, impediti dal loro uomo. Manca il confronto con l’esterno e proprio per questo la donna spesso rimane nella situazione di violenza.
Noi sappiamo che per le donne è molto difficile, ma sappiamo anche che quando vengono da noi hanno fatto il 70% del percorso. Dare voce a questo silenzio vuol dire cominciare ad uscire dalla violenza.

(intervista a cura di Francesca Mezzadri e Claudia Coppola)
dicembre 2007

 

SOS Donna
Via Laderchi 3, Faenza
lunedì e venerdì dalle 14:30 alle 18:30
martedì, mercoledì e giovedì dalle 9:00 alle 13:00
Tel: 0546 22060
Fax: 0546 21504
E-mail: info@sosdonna.com
www.sosdonna.com

Azioni sul documento