Un palloncino bianco per il Premio Sacharov 2012

Il regista Jafar Panhai vincitore del premio Sacharov 2012

immagine del filmE’ il 21 marzo in Iran e nelle strade di Teheran c’è grande fermento per il Capodanno che inizierà esattamente tra 1 ora e 20 minuti. Una bambina di 7 anni, Razieh, a passeggio con la madre vuole comprare un pesciolino rosso, simbolo di buon auspicio per il nuovo anno.

La madre non acconsente, è tardi, costa troppo e poi ne hanno già tanti nella vasca di casa, ma alla fine giunta a casa, stanca, si lascia convincere e la bambina, ottenuti i soldi, torna felice al mercato per comprare l’agognato pesciolino, insieme al fratello.

La strada verso il negozio di pesci sarà davvero lunga: tra tentazioni di incantatori di serpenti, dialoghi con i passanti e con un soldato fino alla perdita della banconota in un tombino e il recupero grazie a un semplice palloncino bianco offertole da un povero afghano, venditore ambulante.
E si chiama proprio così “Il palloncino bianco”, la travagliata storia dell’acquisto del pesciolino rosso, narrata nel film dell’iraniano Jafar Panhai. Una storia che forse non è solo quella della bambina capricciosa ma qualcosa di più.

Nel film, che ha vinto la Camera d’Or a Cannes nel 1995, ci sono alcune scene proibite per la società iraniana: gli incantatori di serpenti che sulle strade di Teheran mettono in scena uno spettacolo taboo, la bambina che parla col soldato – in Iran gli uomini non possono parlare con le donne per strada - e anche con il profugo afghano - il poveraccio, ai margini della società, quello che escogita la soluzione al problema. Il film termina proprio con la sua figura al centro della scena: non ha più il suo palloncino bianco ed è rimasto solo.
E solo è probabilmente anche l’autore stesso del film, Jafar Panhai attualmente condannato a 6 anni di reclusione dal 2010 con il divieto assolutodi dirigere, scrivere e produrre film, viaggiare e rilasciare interviste all’estero e in Iran per 20 anni.

Prima però il regista è riuscito a girare altri lungometraggi: “Lo specchio” sulla difficile condizione femminile in Iran, “Il cerchio” sulla storia di otto donne incarcerate, e “Offside” sempre su un gruppo di ragazze che cercano coraggiosamente di assistere ad una partita di calcio.
E proprio per i suoi film che mettono in luce i problemi e le contraddizioni della società iraniana e che gli fanno scontare il carcere, Jafar ha vinto il Premio Sacharov 2012, istituto dal Parlamento europeo per difendere la libertà di pensiero, insieme a Nasrin Sotoudeh, un’altra iraniana avvocatessa “colpevole” di aver difeso alcuni attivisti iraniani, in carcere pure lei.

Jafar in questo senso ha fatto un film emblematico, un film che è anche la sua storia, oltre che la storia della società attuale - una società individualista dove pochi fanno la differenza e la fanno a proprie spese. Ne “il palloncino bianco”, i personaggi che la bambina incontra per le strade ai quali chiede aiuto per recuperare la banconota sono tutti piuttosto indifferenti alla sua richiesta, presi comprensibilmente più dalla festa che da lei. Alcuni si mostrano più disponibili, ma tutti in fondo la lasciano perdere col suo desiderio egoistico e anche un po’ infantile. La stessa bambina non fa compassione, il suo è, in effetti, solo un capriccio.
Le strade di Teheran sono mosse da forte individualismo e sano egoismo: l’incantatore di serpenti, la signora, il soldato, la stessa bambina capricciosa.
L’unico che si distingue in questa schiera di personaggi è il profugo afghano che alla fine offre il suo ultimo palloncino bianco, compra una gomma americana – senza sottrarla biecamente al cieco - e recupera così la banconota.
E, paradossalmente, lui è proprio l’unico che non viene trattato con riconoscenza dalla stessa bambina e dal fratello. Lui fa davvero la differenza. Eppure viene lasciato solo, senza neanche più palloncini.

Speriamo che la storia di Jafar sia diversa. A quanto pare, nonostante il divieto e il carcere, il regista è comunque riuscito a far uscire un suo nuovo film all’interno di una torta. Il titolo? “Questo non è un film”.

Francesca Mezzadri - novembre 2012

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