Africa: 53 paesi, una strada
“La pace nel continente africano, non riguarda solo il futuro dell’Africa ma quello di tutti noi.”
Con queste parole Romano Prodi apre la prima conferenza di un summit internazionale partito proprio a Bologna, questo mese, sull’Unione Africana. Africa intesa non solo come paese dei prossimi Mondiali di calcio, ma realtà frammentata, in guerra, uscita da pochi anni dalla colonizzazione, ancora dipendente da aiuti europei ed extra europei. E però un’unione comprendente di fatto 53 paesi, costituitasi nel 2002.
“Noi europei siamo stati i primi a sostenere finanziariamente un’Unione africana dalla sua nascita e non è stato facile: non tutti erano d’accordo”, spiega Romano Prodi, ex-presidente della commissione europea e ex primo ministro da sempre sensibile e attento a tutto quello che riguarda il secondo continente più vasto del mondo, e non per nulla, uno dei relatori al summit tenutosi a Bologna il 21 maggio scorso.
Frammentarietà nell’Unione - Ma 53 paesi con tutte le loro identità, storie, religioni, e interessi diversi non rappresentano un’armonica Unione di fatto. “Solo superando l’attuale frammentazione politica ed economica dell’Africa, essa potrà procedere ulteriormente verso la pace, il progresso e la prosperità.”
Pace e progresso. Due termini che Romano Prodi ha utilizzato spesso durante il suo discorso proprio perché sono gli obiettivi del summit internazionale – che proseguirà a Washington nel 2011 e ad Addis Abeba (capitale dell’Unione) nel 2012 e che ha riunito a Bologna rappresentanti dell’Unione europea, Onu, Africa, Cina, Stati Uniti e capi di stato e leader africani. Quest’anno 23 paesi africani su 53 festeggiano i 50 anni di indipendenza dalla colonizzazione, quest’anno è anche l’anno del Sudafrica dove si disputeranno i Mondiali di calcio, eppure molti problemi non sono ancora stati risolti.
La pace e il progresso non sembrano tappe così vicine, se ancora i conflitti all’interno del paese persistono e se ancora non esiste una reale integrazione. Inoltre la frammentarietà non è solo politica – non si tratta solo di paesi con regimi politici, religioni e lingue diverse, ma anche con infrastrutture e industrie povere, dal punto di vista del commercio, dell’energia e dei trasporti.
Certo, come sottolinea lo stesso Prodi, molti progressi sono stati fatti in questi anni, e numerosi leader africani e comunità economiche regionali hanno creato importanti istituzioni comuni e hanno tentato di sviluppare nuove idee.
Partire da strade già tracciate - E infatti bisogna partire proprio da qui. Da questi progressi e dalla strada fatta fino ad ora insieme agli altri stati europei ed extraeuropei.
4 sono i principi cardine indicati dall’ex ministro all’Unione africana perché continui la strada intrapresa:
- investire soprattutto sulle strutture già esistenti e sulle loro capacità, piuttosto che crearne di nuove;
- non concentrasi su una singola linea politica, ma al contrario cercare di precedere contemporaneamente su diversi fronti nel campo dei diritti umani, civili e politici;
- creare relazioni più flessibili con gli stati europei ed extraeuropei basate sul commercio ed investimenti a larga scala piuttosto che sull’aiuto in denaro;
- porsi obiettivi concreti in modo che i progressi siano effettivamente misurabili.
In queste tappe il cammino degli africani deve ovviamente procedere di pari passo al nostro – in quanto paesi europei - con i quali, appunto, instaurare un rapporto che non sia solo di aiuto, ma di collaborazione e cooperazione.
“La maggior parte dei paesi sviluppati ha una grande responsabilità per la situazione attuale, avendo avuto rapporti con gli stati africani su basi strettamente bilaterali e non prestando alcuna attenzione ad un approccio continentale” sottolinea Prodi “ Ora è il momento di sviluppare un comune approccio tra Unione europea, Stati uniti, Nazioni Unite e paesi emergenti quali India, Cina, Russia e Brasile.” Non si tratta di inserire l’Africa in un mercato globale, ma di promuovere il suo commercio all’interno del continente, valorizzando le differenze.
Integrazione sociale - Infine, sottolinea Prodi, parlando di integrazione, non bisogna tralasciare neanche gli aspetti più sociali che riguardano la salute, l’educazione, la partecipazione, la cittadinanza, la povertà, e i diritti umani – chiavi dello sviluppo a lungo periodo. Anche in questo caso è necessario sviluppare un’azione integrata che, secondo il professore, risulta molto più efficace di quelle basate sugli sforzi autonomi degli stati nazionali.
“Alla fine i 53 paesi dell’Unione Africana risiedono già in unico continente. L’obiettivo non è l’eliminazione di questi paesi, ma la trasformazione delle relazioni tra di essi, così che tutti ne possano beneficiare”.
Unità a partire dalla differenza, dunque. Un cammino progressivo verso lo sviluppo che coinvolge tutti gli altri paesi mondiali. Per questo “la pace nel continente africano, non riguarda solo il futuro dell’Africa ma quello di tutti noi.”
Ne riparleremo a Washington.
Francesca Mezzadri - maggio 2010
Per saperne di più:
Strategia Ue-Africa