Natalia Estemirova che scriveva della Cecenia

La giornalista che combatteva per i diritti umani è stata uccisa in Cecenia

Un’altra giornalista che combatteva per i diritti umani è stata uccisa. Tutti sanno chi era Anna Politkovskaja. Forse meno persone conoscono Natalia Estemirova. Anche lei russa e giornalista, attivista per l’ONG Memorial per la difesa dei diritti umani, è stata rapita il 15 luglio di quest’anno, il suo corpo ritrovato poche ore dopo in un bosco nella repubblica dell’Ingushetia.

Chi era Natalia Estemirova - Natalia Estemirova era sia russa sia cecena, di sangue misto. Nata a Saratov in Russia nel 1959, dopo aver frequentato l’università a Grozny (Cecenia), nel 1999, quando scoppia la seconda guerra cecena, si distingue per la sua battaglia in difesa dei diritti umani. L’anno successivo diventa una vera e propria attivista iniziando a lavorare per il Memorial Human Rights di Grozny– associazione riconosciuta in tutto il mondo per l’impegno nella condanna della violazione dei diritti umani, ma anche archivio, centro di documentazione, memoria storica delle repressioni politiche in URSS nel XX secolo.
Il lavoro di Natalia è quello di scrivere e documentare tutti i rapimenti, le scomparse, le torture e le uccisioni avvenute dopo la seconda guerra cecena, senza esimersi dal denunciare le colpe del governo ceceno filo-russo, portando le testimonianze delle minoranze oggetto di soprusi. Per i suoi scritti e il suo impegno vince il Right Livelihood Award (Premio “Diritto alla Vita”) e la medaglia Robert Schuman rispettivamente nel 2004 e nel 2005, mentre nel 2007 vince il Premio “Anna Politkovskaya” dall’associazione RAW in WAR (che si occupa di donne nei conflitti). E d’altronde Natalia conosceva bene Anna Politkovskaya -giornalista uccisa nel 2007 per i suoi articoli un po’ troppo scomodi sulla Cecenia.

Il coraggio di Natalia Estemirova - Erano amiche, Natalia e Anna. Su di lei Natalia aveva anche scritto un articolo “Il coraggio di Anna Politkovskaya” dove aveva descritto l’inchiesta della giornalista contro il poliziotto Sergey Lapin, responsabile di numerosi delitti, torture e detenzioni in un centro per sordi in Cecenia. Diceva Natalia di lei “No, Anna, non era temeraria. Era del tutto cosciente della gravità della situazione. (…) Io avevo paura quando gli sconosciuti l’avvicinavano in strada per parlare con lei. Ma lei non aveva paura a stare con me, nel mio appartamento, anche se non aveva vetri nelle finestre e anche se la porta era stata distrutta più volte dalla polizia russa e non era più spessa di un guscio d’uovo”.
Ma se Anna era coraggiosa lo era anche Natalia che scriveva di lei e, come lei, sulla situazione in Cecenia.
Natalia era infatti impegnata sui casi caldi del paese. In una sua recente intervista, rivendicando le sue doppie origini russo-cecene, aveva ricordato: “La Ceceniaè parte dell´Europa, non potete dimenticarci".
Lei non dimenticava nulla, anzi. Per lei la guerra in Cecenia non era finita, come invece era stato dichiarato dal presidente Mevdev il 16 aprile scorso. Anzi, i rapimenti erano in aumento (come infatti documentano le fonti: da 42 nel 2008, a 35 nei soli primi mesi del 2009). Nelle sue inchieste dava voce alle minoranze, a chi subiva quotidianamente soprusi e torture e non era ascoltato.

Le inchieste di Natalia - E’ di qualche anno fa l’inchiesta sui rifugiati Avars scacciati dai loro villaggi in Cecenia dalle truppe russe. Natalia aveva fatto parlare genitori, figli e famiglie che avevano denunciato rapimenti, violenze e crimini ad opera dei soldati. E, recentemente, Natalia aveva indagato su un incendio doloso di un villaggio ceceno, raso al suolo, dove abitavano i parenti dei guerriglieri.
La sua ultima inchiesta, che risale al 7 luglio scorso, una settimana prima della sua morte,cerca di fare luce sulla fucilazione pubblica di un uomo sospettato di conoscere i guerriglieri, fucilazione avvenuta ad opera delle forze armate di sicurezza cecene nel villaggio di Akhinciù Borzoi, vicino al feudo del presidente ceceno Ramzan Kadyrov. E se questa inchiesta pare che abbia irritato i militari ceceni, l’associazione Memorial sostiene anche una complicità dello stesso presidente, nonostante Kadyrov neghi qualsiasi coinvolgimento.
Ciò che è certo è che il corpo della giornalista rapita da casa sua è stato ritrovato con due proiettili in corpo in un bosco al confine con la Cecenia.
L’anno scorso Natalia si era già sentita minacciata. Secondo quanto riferiscono i suoi colleghi, Kadyrov le aveva espressamente detto: “Non c’è posto per te qui. Sì, le mie mani sono sporche di sangue, ma non me ne vergogno. Ho ucciso gente malvagia, i nemici della Cecenia”. Dopo queste parole Natalia aveva trascorso un periodo all’estero, in Gran Bretagna. Ma era tornata, a marzo del 2008, e aveva appunto ripreso la sua attività fino al giorno del rapimento.
“In Cecenia non c’era più nessuno come Natalia” riferisce un collega della giornalista al Sunday Times “Per questo l’hanno uccisa. Ora non sentiremo più parlare di crimini del genere”.
Irene Khan, segretaria generale di Amnesty International, commenta così la sua morte: "Le violazioni dei diritti umani in Russia e in particolare nel Caucaso del Nord non possono più essere ignorate. Coloro che si battono per i diritti umani hanno bisogno di protezione”. Perché qualche voce si levi ancora.

Francesca Mezzadri - luglio 2009

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