Donne migranti nel mercato del lavoro europeo

Trovare lavoro nel mercato dell'Ue non è semplice per le donne migranti...

donna migrante in ufficioDonne e migranti sono entrambe categorie svantaggiate nel mercato del lavoro europeo: cosa vorrà quindi dire essere sia donna che migrante? Questo il tema al centro del seminario “Il ruolo delle donne migranti nel mercato del lavoro: situazione attuale e prospettive future” tenutosi a Bruxelles durante il mese di marzo. Il seminario è stato organizzato dalla DG lavoro, affari sociali e pari opportunità della Commissione europea con la partecipazione della RAND Europa che ha presentato il suo report sul topic.

Disoccupazione - Gli autori del report rivelano due diverse difficoltà riguardanti le donne migranti nel mercato europeo del lavoro: lo svantaggio dato dalla condizione di migrante nei vecchi paesi di accoglienza (Francia, Belgio, UK etc..), e lo svantaggio dato del genere per i nuovi paesi (Portogallo, Spagna, Grecia).
Infatti, mentre nei primi paesi il tasso di disoccupazione delle donne migranti è di due ma anche tre volte superiore rispetto a quello delle donne native e il gap del tasso di occupazione tra immigrati e nativi è lo stesso sia per uomini che per donne, nei “nuovi”paesi del Sud Europa non si riscontra una così grande differenza. Il mercato del lavoro meridionale è invece caratterizzato da una notevole differenza di genere con il 15% del tasso di disoccupazione uguale sia per le donne del posto che per quelle migranti e meno del 10% tra nativi e uomini migranti. Si tratta quindi di una disoccupazione dettata più dal genere che dalla condizione di migrante.
Premesso ciò, Hubert Krieger dalla Fondazione europea per il miglioramento delle condizioni di vita e di lavoro, durante il seminario, ha anche considerato le diverse condizioni della popolazione migrante dei vari Stati membri. Ad esempio, in Svezia solo il 10% dei migranti sono lavoratori , e quindi non sorprende che questo paese registri un basso tasso di occupazione di questa fascia di popolazione. Invece alcuni paesi del Sud europeo favoriscono la migrazione economica e di manodopera grazie alle domande specifiche dei loro mercati interni (ad esempio nel campo casalingo/domestico) e ad una legislazione in materia più restrittiva nei confronti di flussi migratori che non siano di natura economica.

Distribuzione occupazionale - Lo stato di impiego delle donne migranti riflette la loro posizione svantaggiata nel mercato del lavoro. Innanzitutto esse coprono in larga parte la fascia di lavori precari – temporanei e part time. Secondariamente, il 62% di loro sono concentrate solo in 5 settori in condizioni però meno soddisfacenti per quanto riguarda salari, garanzie, impiego, sindacati.
Infatti in questi settori sono già impiegate il 55% delle donne native e il 43% degli immigrati uomini. Inevitabilmente rimangono quindi meno opportunità per le donne migranti che si devono accontentare di una minore qualifica.
Inoltre la segregazione in lavori poco qualificati è particolarmente alta soprattutto per la categoria di donne che sarebbe più qualificata. Nonostante il trend positivo che prevede che le donne con più alto livello di istruzione siano meno inclini al pericolo di disoccupazione (il tasso di disoccupazione per donne con alto livello di istruzione è del 10% contro il 13% delle donne mediamente istruite e il 19% delle donne con un basso livello di educazione) esiste il cosiddetto problema della “sotto-occupazione”.
Così, solo meno della metà delle donne migranti con alto livello di istruzione (45%) sono impiegate in lavori qualificati, contro il 53% delle donne native e il 60% degli uomini migranti. Mentre il 32% di loro sono impiegate in lavori mediamente qualificati (contro il 38% delle donne native e solo il 15% degli uomini migranti) e il 22% è costretto ad accontentarsi di impieghi di bassa qualifica (contro il 9% delle donne e ben il 25% degli uomini migranti).

Essere donna migrante rappresenta quindi un doppio svantaggio.Già essere migranti vuol dire dover affrontare diversi ostacoli legati al differente background – la lingua, la familiarità con il mercato del lavoro del paese ospite etc...Senza contare le barriere innalzate da molti paesi dell’Ue contro l’immigrazione: gli episodi di discriminazioni razziali ed etiche sono tuttora frequenti.
D’altra parte anche il genere rappresenta un ostacolo e infatti anche le donne native continuano a dover fronteggiare difficoltà nel campo del lavoro.
Concludendo, si può affermare che difficilmente politiche e misure focalizzate su donne migranti avranno successo se non si adotta un approccio su larga scala che affronti il duplice problema immigrazione/genere.

Halina Sapeha - marzo 2008

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