La pandemia sull'altra sponda del Mediterraneo. I contagi e le vaccinazioni

Una panoramica della situazione socio sanitaria dei Paesi mediterranei, partner fondamentali dell’Unione Europa, e di quelli a basso e medio reddito in generale, in cui a causa della carenza di vaccini la situazione pandemica resta critica.

La situazione dei Paesi nel Mediterraneo meridionale e orientale

A circa 10 anni dall’inizio delle Primavere Arabe, gli Stati a sud e a est del mediterraneo devono fare i conti anche con gli effetti della pandemia che ha aggravato enormemente la già precaria stabilità dei loro sistemi. In questi territori l’estate del 2021 è stata segnata da record di contagi e centinaia di decessi giornalieri e tutt’oggi, mentre l’occidente riparte grazie alle vaccinazioni, a poche centinaia di chilometri dalle nostre coste, separati solamente dal Mar Mediterraneo, i Paesi arabi e del vicino oriente sono ben lontani dall'ottenere e somministrare un numero di dosi di vaccino necessario al rallentamento della pandemia.

I maggiori picchi di contagi si sono concentrati quest’estate nella regione Nordafricana a causa della commistione tra variante Delta e assenza di vaccini, in particolar modo in Tunisia, Egitto e Marocco, per poi spostarsi verso il Levante, dove i Paesi mediterranei stanno rivivendo i difficili momenti di blocco delle attività e insufficienza di posti, strutture e strumenti sanitari per la prevenzione e la cura del covid-19 che, come abbiamo imparato fin troppo bene, si ripercuote sull’incapacità di gestione anche delle patologie ordinarie.

Ad aggravare il quadro si aggiungono i contesti sociali e politici di gran parte di questi Paesi, che spesso non hanno istituzioni sufficientemente forti da poter gestire tali disordini ed emergenze e che, non a caso, hanno anzi visto aumentare notevolmente il livello di instabilità, come avvenuto in Tunisia, dove il nuovo governo si è insediato timidamente dopo una lunga e dura crisi istituzionale, o in Libano, dove è in corso la più profonda crisi economica e politica dai tempi della guerra civile, per arrivare a situazioni come quella libica, dove la crisi sanitaria sembra quasi essere un problema relativo rispetto al violento conflitto dovuto al vuoto istituzionale che va avanti da diversi anni.

Un dato rilevante è che anche i Paesi balcanici non UE mostrano tassi di contagi più alti e numeri di vaccinati significativamente più bassi rispetto ai Paesi dell'UE, a dimostrare certamente l'efficacia del piano di acquisto e distribuzione dei vaccini da parte dell'UE tra i suoi membri, ma anche la poca efficienza dei meccanismi di ripartizione tra i Paesi ricchi occidentali e quelli a basso e medio reddito. 

L’Unione Europea conosce a fondo l’importanza strategica di tutta la regione mediterranea e della stabilità dei Paesi che ne fanno parte, e per questo continua a spingere sulla politica di cooperazione per accompagnare questi sistemi verso una graduale ripresa dalla pandemia e nei processi di transizione e sviluppo economico e sociale. Oltre al piano vaccinale infatti, l'Alto rappresentante per gli affari esteri Borrell e la Commissione UE hanno proposto a inizio anno una nuova ambiziosa Agenda per il Mediterraneo che, coinvolgendo tutti i Paesi dell’area e lavorando in un’ottica di cooperazione e reciprocità, possa trasformare le sfide comuni in occasioni di diffuso guadagno e sviluppo per tutti. Nell'ambito del nuovo strumento di vicinato, cooperazione allo sviluppo e cooperazione internazionale dell'UE (NDICI), per il periodo 2021-2027 verrebbero assegnati fino a 7 miliardi di € per l'attuazione dell'Agenda, importo che potrebbe mobilitare fino a 30 miliardi di € di investimenti privati e pubblici nella regione nei prossimi dieci anni.  Una decisione che sembra estremamente adatta al periodo e al bisogno di collaborazione evidente per sconfiggere definitivamente la pandemia globale ma che, se non attuata al più presto, potrebbe non riuscire ad impedire la detonazione di crisi internazionali ed emergenze politiche e umanitarie persino maggiori di quella dell'ultimo anno e mezzo.

I meccanismi internazionali di sostegno per i Paesi a basso e medio reddito

È oramai chiaro come la crisi sanitaria sia una sfida globale, da cui sembra si possa uscire definitivamente solo attraverso una vaccinazione massiccia e totale di tutta la popolazione mondiale. Proprio in questa direzione si propongono di agire meccanismi come Il COVAX (COVID-19 Vaccines Global Access), il programma internazionale che ha come obiettivo l'accesso equo ai vaccini anti COVID-19 e l’ACT-Accelerator, il meccanismo di collaborazione globale per accelerare lo sviluppo, la produzione e l'accesso equo a nuovi diagnostica, terapie e vaccini COVID-19. Gli Stati più ricchi si sono impegnatiad acquistare grandi quantità di vaccini e donarli, o concederli a prezzi agevolati,ai Paesi con maggiore necessità e minori possibilità economiche. L’Europa, che persegue la linea della cooperazione e dell’esportazione del vaccino, contribuisce con quasi 3 miliardi di euro a questi due strumenti. La presidente della Commissione Europea Ursula Von Der Leyen, in occasione del Discorso sullo Stato dell’Unione di settembre 2021, ha ricordato che: “Siamo stati gli unici a condividere la metà della nostra produzione di vaccini con il resto del mondo. Abbiamo consegnato più di 700 milioni di dosi agli europei e più di 700 milioni di dosi al resto del mondo, in più di 130 paesi.”

Questi due strumenti dovrebbero aiutare a fornire ai Paesi e basso e medio reddito le dosi sufficienti di vaccini per la prevenzione della diffusione della pandemia. Il divario tra le percentuali di vaccinati nei Paesi ricchi e il resto del mondo -  al 30 settembre era il 59,4% della popolazione adulta vaccinata contro l’1,3% - ha raggiunto infatti livelli esorbitanti, che rischiano di divenire incolmabili per poi ripercuotersi nuovamente anche sulle zone più ricche del mondo. I risultati sono quindi ancora insoddisfacenti. Il Covax ha avuto sin dall’inizio molte difficoltà ad acquistare e distribuire le dosi promesse ai diversi Paesi bisognosi, in particolare dopo il blocco delle esportazioni da parte dell’India, e ad oggi dei circa 4 miliardi di vaccini inoculati in tutto il mondo solamente il 2% circa è proveniente da tale strumento e le dosi consegnate fin'ora corrispondono a poco più del 10% rispetto a quelle promesse. Ciò significa che vi è un gran divario tra gli impegni e le azioni intraprese che, come questa pandemia ci ha insegnato, potrebbe costare caro non solo a tutti i Paesi meno fortunati, ma anche a quelli più ricchi.