Speranze e difficoltà nel nuovo millennio: gli anni 2000

11.07.2018

Gli anni 2000 si aprono con la firma di un nuovo Trattato per l'Unione europea. La grande stagione dei Trattati europei degli anni '90 non sono sufficienti per preparare il terreno al più grande allargamento della storia dell'integrazione europea.

Con la caduta dell’impero sovietico nel 1989 molti paesi dell’est europeo vogliono entrare nell’orbita europea e fanno richiesta di adesione, insieme a Cipro e Malta. Negli anni '90 vengono avviati negoziati di adesione che si concluderanno con il grande allargamento del 2004, l’ultimo allargamento del 2007 ed infine, l’arrivo della Croazia nel 2013.

Con la firma del Trattato di Nizza l’11 dicembre 2000 ci si voleva preparare al più grande allargamento che l’Unione abbia mai concepito, adattando il funzionamento delle istituzioni europee per consentire loro di accogliere nuovi Stati membri. In poche parole si voleva fare un ulteriore passo in avanti per rendere più facile prendere le decisioni in una Unione che stava per accogliere dieci nuovi paesi. Un sistema nel quale l'unanimità era la regola e il voto a maggioranza l'eccezione si sarebbe immediatamente inceppato.

Il Trattato di Nizza in particolare introduce:
  • una nuova ponderazione dei voti nel Consiglio dell’Unione europea
  • la modifica della composizione della Commissione europea,
  • l'estensione della procedura di codecisione e la modifica del numero di deputati al Parlamento europeo per ogni Stato membro
  • l'estensione del voto a maggioranza qualificata per una trentina di nuovi titoli.
  • una riforma per rendere più flessibile il sistema delle cooperazioni rafforzate
  • una nuova ripartizione delle competenze tra Corte e Tribunale

Nell’ambito del Consiglio europeo di Nizza è stata solennemente proclamata la Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea, che però non è entrata a far parte del trattato.  Il lavoro sulla Carta dei diritti fondamentali intendeva dare un'anima a questa nuova Europa, un'anima fondata come per ogni stato nazionale democratico, sui diritti e doveri dei propri cittadini.

Nel primo decennio degli anni 2000 sembra però che l’Europa fatichi a stare al passo con i tempi. Le contraddizioni che sono nate con la fine della guerra fredda ed i nuovi assetti mondiali che ne sono scaturiti rendono consapevoli i governanti europei della necessità di compiere scelte importanti.

In un pianeta globalizzato ma al contempo frammentato, l’Europa deve assumere le proprie responsabilità nella gestione della globalizzazione, vale a dire cercare di avere un ruolo nella sua organizzazione e nel suo funzionamento.

Il ruolo che l’UE deve svolgere in nome di 500 milioni di cittadini è quello di una potenza che si oppone alla violenza, al terrore e al fanatismo, che è cosciente delle ingiustizie che esistono nel mondo e che passa all’azione. Favorendo la cooperazione internazionale, l’UE deve avere un ruolo importante nella modifica dei rapporti nel mondo affinché si producano benefici per tutti. I valori fondanti dell’UE non possono che portare ad un impegno europeo per iscrivere la mondializzazione entro un quadro etico ancorato in un contesto di solidarietà e di sviluppo sostenibile. Queste sono le parole che si trovano scritte in tutte le strategie politiche dell'UE di quel periodo.

Ma non è così facile. L’Ue si trova di fronte ad un ritardo nel processo di semplificazione a ammodernamento delle proprie istituzioni, a difficoltà crescenti nella definizione di nuove politiche che rispondano ai bisogni emergenti. L’Unione europea si presenta divisa di fronte alle grandi scelte di carattere internazionale. Significativo l’atteggiamento dei paesi europei nella 2° guerra del Golfo iniziata il 20 marzo 2003 con l'invasione dell'I­raq da parte di una coalizione formata da Stati Uniti d'Ameri­ca, Regno Unito, Australia, e Polonia, con contributi minori da parte di altri stati, tra cui l'Italia. Altri paesi, come la Germa­nia, la Francia, la Spagna erano fortemente contrari. Ma l'Unione è anche in difficoltà nel produrre nuove strategie necessarie per lo sviluppo futuro dell’Europa. In realtà non manca la consapevolezza della necessità di costruire nuove politiche, ciò che non si riesce a trovare è l’accordo fra gli stati membri e, quando si trova, non si ha la forza di essere conseguenti sul piano interno. Un esempio emblematico è la cosiddetta Strategia di Lisbona (da non confondersi con il Trattato di Lisbona, nell’UE c’è l’abitudine di dare a strategie, Trattati ecc… il nome della città in cui l’accordo viene firmato o la strategia decisa in sede di Consiglio europeo…).

La strategia di Lisbona nasce nel Consiglio europeo di Lisbona del marzo 2000 ed ha l’obiettivo di fare dell’Unione europea l’economia più dinamica e più competitiva del mondo entro il 2010. Per raggiungere gli obiettivi fissati nel 2000 è stato stabilito un elenco di obiettivi quantificati. Poiché le politiche in questio­ne rientrano quasi esclusivamente nelle competenze attribuite agli Stati membri, è stato messo in atto un metodo di coordina­mento aperto che comprende l’elaborazione di piani d’azione nazionali e la rendicontazione annuale dei risultati raggiunti.

E’ evidente che i risultati della Strategia di Lisbona non sono stati raggiunti, oggi l’UE non è certamente l’economia più competitiva al mondo. Perché non ha funzionato? In realtà gli Stati hanno preso congiuntamente degli impegni comuni a li­vello europeo e poi a casa loro hanno fatto ciò che volevano o potevano fare (per ciò che riguarda gli stanziamenti sulla ricer­ca, sull’istruzione e la formazione…).

Non esistendo meccanismi di garanzia per quanto riguarda il raggiungimento dei risultati stabiliti a livello europeo il risulta­to complessivo non è stato raggiunto. E’ vero che alcuni paesi o alcune regioni hanno preso molto sul serio la strategia, tant’è vero che chi ha raggiunto i risultati stabiliti si è trovato di fronte alla crisi economica in una posizione relativamente migliore, ma è l’Unione europea nella sua interezza che ha fallito l’obiettivo, e questo ha avuto ricadute a lungo termine su tutta l'Unione.

Dopo Nizza comincia un lungo percorso per dotare l’Unione europea di istituzioni che siano in grado di governare una unione non più di 15 stati ma prima di 25 e poi di 27 e soprattutto di quasi 500 milioni di abitanti. Non è un percorso facile. A fronte di una dimostrata fortissima attrazione del modello europeo, l’Europa sconta una grande difficoltà ad adeguare le proprie istituzioni e a far capire agli europei l’importanza di questo processo.

Il 29 ottobre 2004 i 25 paesi dell’UE firmano un trattato che istituisce una Costituzione per l’Europa. L’obiettivo è di semplificare il processo democratico decisionale e la gestione di un’Unione di 25 e più paesi. Prima di entrare in vigore, il trattato deve essere ratificato da tutti i 25 paesi.

Il percorso di ratifica però si arresta. La Costituzione viene respinta con un referendum prima in Francia (29 maggio 2005) e poi nei Paesi Bassi (1 giugno 2005). Le istituzioni europee interrompono il percorso e decidono che occorre cercare un dialogo con i cittadini europei e lanciano il Piano D (Democrazia, Dialogo, Dibattito) con l’intento di lanciare a livello europeo un dibattito fra i cittadini sul futuro dell’Unione europea.

Nel frattempo gli Stati membri ricominciano un percorso di rinegoziazione a livello europeo per uscire dall’empasse. Il tempo però stringe. Se oramai è certo per tutti i paesi europei che l’Europa resta per tutti una scelta indispensabile, è vero che non è possibile pensare di fare fronte ai grandi problemi europei con il vecchio sistema di adozione delle decisioni e con un deficit democratico che, seppur mitigato con il progressivo aumento dei poteri del Parlamento europeo, certamente continua a persistere.

Il processo di riforma è stato quindi sospeso per un periodo di 18 mesi fino alla negoziazione, nel corso del 2007, di un nuovo trattato, che è stato firmato dai capi di Stato e di governo dei paesi dell’UE nel dicembre 2007. Gli stati membri hanno però rinunciato ad alcuni elementi importanti, pur di trovare un accordo che, nello spirito funzionalista, permettesse di andare avanti pur facendo un passo più piccolo di quello che inizialmente si voleva fare.

Il Trattato di Lisbona - 2009

Il Trattato di riforma firmato a Lisbona entra in vigore il 1/12/2009. Esso recepisce gran parte delle innovazioni contenute nella Costituzione europea, pur eliminando alcuni elementi in essa contenuti. E’ stato eliminato ogni riferimento esplicito alla natura costituzionale nel testo: non più quindi una "Costituzione europea" ma un "Trattato di riforma"; si rinuncia ai simboli dell’Europa (inno, bandiera), si è ritornati alla vecchia nomenclatura per gli atti dell’UE: tornano "regolamenti" e "direttive" al posto delle "leggi europee" e "leggi quadro europee"....

Si abbandona inoltre l’idea di sostituire tutti i trattati precedenti con un unico testo di livello costituzionale. Il risultato finale è che ora l’ordinamento comunitario trova le sue fondamenta nel nuovo Trattato sull’Unione europea (TUE) e nel Trattato sul funzionamento dell’Unione europea (TFUE).

Abbandonata l’idea di sostituire i precedenti Trattati con un unico Trattato costituzionale, il Trattato di Lisbona modifica sostanzialmente il Trattato di Maastricht assumendo la denominazione di Trattato dell’Unione europea (TUE). Modifica inoltre profondamente il Trattato delle Comunità europee dandogli un taglio più operativo, raccogliendo tutte le disposizioni volte a regolare e delimitare le competenze e il campo di azione dell’UE e modificandone anche la denominazione in Trattato sul funzionamento dell’Unione europea (TFUE).

Rispetto al precedente Trattato nel TFUE vengono introdotte delle novità importanti, fra le quali:

  • nuovi obiettivi: fra i quali la pace, la piena occupazione, lo sviluppo sostenibile, la tutela delle diversità culturale, la solidarietà, la coesione e la protezione dei cittadini
  • sono estesi i settori nei quali si può votare a maggioranza qualificata
  • quasi tutti gli atti europei sono presi con la procedura di codecisione (nuova procedura legislativa ordinaria)
  • si chiarisce la distinzione fra atti legislativi ed atti non legislativi
  • è introdotta la clausola di recesso dall’Unione

Il trattato sull’Unione europea contiene una disposizione che consente la revisione dei trattati: l’articolo 48 prevede che qualsiasi Stato membro, il Parlamento europeo o la Commissione possano sottoporre al Consiglio progetti intesi a modificare i trattati. 

Quale Unione europea abbiamo dopo il Trattato di Lisbona?

Il Trattato di Lisbona è da tanti europeisti considerato un passo indietro rispetto al testo della cosiddetta Costituzione europea, ha però alcuni pregi.

Il primo è che esiste. In quegli anni in tanti pensavano che i paesi europei avessero talmente perso la propria forza di coesione da non riuscire a trovare un accordo per attuare quella riforma dei Trattati tanto attesa e necessaria. Il Trattato di Lisbona invece è stato approvato e ratificato dai paesi europei. Il secondo è che, nonostante tutto, ha portato in avanti di un altro passo il processo di integrazione europea, cercando anche di porre qualche rimedio ad alcuni deficit rilevati nei precedenti Trattati. Dopo 10 anni si può probabilmente rilevare che di fronte alle nuove sfide che l'Unione europea si è trovata ad affrontare, sia dal punto di vista economico che geopolitico. Le novità introdotte dal Trattato di Lisbona probabilmente non sono state sufficienti a garantirne il buon funzionamento e il superamento di problemi quali il deficit democratico, la coesione politica ed economica degli stati membri, la capacità di affrontare le emergenze e le sfide nuove con un'unica voce e con uno spirito solidale.

La grande stagione delle riforme dei Trattati europei, sviluppatasi nel corso di 20 anni ha cambiato notevolmente il volto dell'Europa. Ha portato l'UE da 15 a 28 paesi, ma non ha concluso il progetto di integrazione europea. Siamo ancora a metà del guado. 

I cambiamenti iniziati alla fine dello scorso secolo ci consegnano un pianeta diverso da quello che conoscevamo solo pochi decenni fa. Il futuro è carico di opportunità e di grandi pericoli per il percorso di costruzione europea. Le scelte che verranno fatte avranno grande peso per il livello di benessere, sicurezza e democrazia di cui potranno beneficiare i popoli europei.

 Approfondimenti:

Storia d'Europa: Carta europea dei Diritti fondamentali (Europarl video 4,28 minuti)

Storia d'Europa: Convenzione sul futuro dell'Europa (Europarl video 5,37 minuti)

Storia d'Europa: la Francia contro la Costituzione (video Europarl 2,55 minuti)

Relazione della Commissione europea sulla cittadinanza dell'UE 2017