Il seminario sull’insegnamento della lingua italiana all’estero

Si è svolto durante la Consulta e vi hanno partecipato le Regioni e il Cgie. Presto l'incontro con il Governo
Il seminario sull’insegnamento della lingua italiana all’estero

un momento della Consulta svolta a Bologna

“Vogliamo capire qual è la strada migliore per qualificare e razionalizzare l’insegnamento della lingua italiana all’estero e mettere insieme le poche risorse esistenti”. E’ stato questo  lo scopo del seminario che Silvia Bartolini ha inserito nella seconda giornata della Consulta, invitando a parteciparvi le Regioni italiane. Oltre all’Emilia-Romagna, erano presenti il Friuli Venezia Giulia con Bruna Zoccolin, coordinatrice degli interventi per i corregionali all’estero, la Provincia Autonoma di Trento con Cesare Cornella, direttore del Servizio emigrazione, il Veneto con il dirigente Massimiliano Ferrati, le Marche con Emilio Berionni, presidente del Consiglio dei marchigiani all’estero e il dirigente della cooperazione territoriale europea Sandro Abelardi, il Molise con Maria Tirabasso, responsabile dell’Ufficio molisani nel mondo; per imprevisti dell’ultimo momento non hanno partecipato Luigi Scaglione, consigliere regionale e vicepresidente dei lucani nel mondo, e Nicola Cecchi, vicepresidente dei toscani nel mondo, con il quale la nostra Consulta collabora da tempo.  

“La nostra riflessione – ha detto Silvia Bartolini presentando l’incontro – parte da due considerazioni: la prima, è che l’insegnamento della lingua italiana è fondamentale per promuovere la cultura nazionale nel mondo e mantenere i collegamenti con i discendenti degli italiani; la seconda, è che i corsi di italiano all’estero hanno subito tagli ‘geometrici’ del 70 per cento che non consentono di pagare gli insegnanti”.

“La nostra idea – ha spiegato la presidente Bartolini – è di mettere insieme Regioni, Cgie e Governo per fare un’analisi precisa dei costi, dell’entità dei finanziamenti, delle modalità con cui sono erogati e dei soggetti destinatari, al fine di economizzare e razionalizzare gli interventi. Con il Cgie abbiamo proposto al Governo di istituire una fondazione o un’agenzia che abbia lo scopo di qualificare l’offerta dei corsi di italiano all’estero in un momento critico come l’attuale. Il Governo – che incontreremo a breve – si è impegnato a costituire sul tema un gruppo di lavoro”.

Il confronto con gli altri paesi è impietoso: “la Germania – ha affermato la consigliera del Cgie Silvana Mangione – spende annualmente 640 milioni di euro per diffondere la lingua tedesca nel mondo, cento volte più dell’Italia, che sulla propria lingua e cultura investe solo briciole: sei milioni”. Così accade – come ha riferito Daniela Costa Tuffanelli, esponente Cgie di Canberra, che “in Australia prendano il sopravvento le lingue asiatiche, che sono le più agguerrite”.

Tutti d’accordo i rappresentanti delle Regioni sulla necessità di operare insieme e fare massa critica, perché “l’insegnamento della lingua è trainante per il sistema Italia”. Ma occorre anche il controllo di qualità dei diversi enti gestori – è stato detto – perché molti corsi sono svolti da persone prive delle necessarie competenze linguistiche.

Alcune Regioni, come il Molise, organizzano i corsi all’estero in collaborazione con le proprie Università. Altre, come il Friuli Venezia Giulia, insistono sugli scambi come veicolo di promozione culturale e ospitano i giovani discendenti per il periodo necessario a imparare l’italiano. Il Trentino, oltre ad avere un programma di borse di studio, finanzia tre delle scuole in lingua italiana del Cile.