Un grande serbatoio di memoria collettiva

Naturalmente, molte altre sono state le vie e le ragioni che hanno portato gli emiliano-romagnoli ai quattro angoli del mondo, a lavorare nei campi di cotone o nelle miniere dell’Illinois, nelle miniere del Belgio o nel deserto australiano. Molti di loro, nelle situazioni più estreme, hanno fatto ricorso alle risorse dell’intelligenza e dell’inventiva, come Girolamo Carandini, il conte modenese che portò lo spettacolo operistico in Australia. Basta la messinscena a Sydney nel 1846 dell’Attila di Giuseppe Verdi, ad appena un anno dal debutto a Venezia, a riassumere il senso di una vita: la magnificenza dell’opera italiana portata in dono a un pubblico di rozzi farmers, minatori, coloni inglesi e discendenti di galeotti.

Le attuali 110 associazioni all’estero sono ciò che rimane, in termini di memoria collettiva e forza numerica, di quel grande flusso migratorio che dal 1876 al 1976 strappò all’Emilia-Romagna circa un milione e 163 mila persone, oltre un quarto dell’attuale popolazione della regione. Queste le partenze suddivise per periodo:

- 220.745 dal 1876 al 1900
- 469.429 dal 1901 al 1915
- 189.955 dal 1916 al 1942
- 222.020 dal 1943 al 1961
- 61.125 dal 1962 al 1976.

Oggi i corregionali che hanno conservato la cittadinanza italiana, e sono dunque i principali destinatari delle attività della Regione e dei nostri sodalizi all’estero, sono - come abbiamo già detto - tra i 109 e i 138 mila, che rappresentano circa il 3% della popolazione residente in Emilia-Romagna: in pratica una città come Ferrara. Questa comunità multiculturale è presente, con la forza delle proprie idee e con il valore della propria testimonianza, all’interno della comunità regionale, come ha recentemente riconosciuto il nuovo Statuto della Regione Emilia-Romagna.