Simone Iemmi Chéneau

Nota biografica

Simone Iemmi ChéneauSimone nasce nel 1940 a Drancy, pochi chilometri a nord di Parigi, nei pressi dell’aeroporto del Bourget. Un luogo che parve ideale al padre Biagio - un operaio delle “Reggiane”, esule politico antifascista, per organizzarvi il proprio laboratorio di meccanica di precisione. Simone tiene molto alla memoria di questo padre, con una vita tanto tribolata (era nato nelle grandi tenute a zucchero brasiliane, patendo una condizione da schiavi) e un cuore altrettanto grande. Fu lui a farle amare, per primo, la Fratellanza Reggiana; e fino alla sua morte continuò a preparare per tutta la famiglia i cappelletti in brodo nelle feste “comandate” del Natale e del Primo di Maggio. La mamma di Simone si chiamava Teresa Salvarani, proveniva da Villa Mancasale, alle porte di Reggio Emilia, dove tuttora vivono dei cugini. Raggiunse il marito nel ’23, adattandosi bene alla vita di un esule che aveva dalla sua un buon mestiere e un buon carattere. Simone rappresenta il frutto tardivo, quando nessuno più se l’aspettava, di questa bella unione. Solo che i tempi erano difficili: tra i suoi primi ricordi vi sono le bombe e il Campo di Drancy, da cui partivano i convogli diretti nei campi di sterminio nazisti. Dal primo viaggio in Italia - compiuto con il papà, nel 1946 – Simone è diventata per i cugini italiani la “francesina”. E sempre a Reggio è ritornata volentieri, rinnovando ad ogni Natale e Capodanno le letterine con gli auguri ai parenti di famiglia; tra questi, ma lo ha scoperto da grande, c’era Bruno Fortichiari, cugino del padre, esponente bordighista nel primo gruppo fondatore del partito comunista italiano. Come di tendenza “rossa” erano un po’ tutti gli amici del padre, raccolti attorno alla attivissima colonia della “Fratellanza Reggiana”, in maggioranza operai meccanici per estrazione professionale. La condizione di “maestro” riconosciuta dalla Camera dei Mestieri di Parigi ha senz’altro favorito la massima apertura mentale nell’educazione di Simone, a cominciare dalla scelta di un marito francese, Serge Chéneau. Allo stesso modo, da donna di costumi emancipati, ha investito molto nella professione: terminati gli studi superiori, Simone si è impiegata nell’amministrazione comunale di Drancy, dove è salita fino al grado di dirigente dei servizi demografici. Ma sempre ha mantenuto un impegno sociale e sindacale a 360 gradi. Tuttora presta ore e attività al “Secours Rouge”, un’associazione nata per fornire assistenza agli esuli politici e oggi vicina ai senza tetto. Quanto al suo impegno nella “Fratellanza Reggiana”, di cui è diventata la presidente, lo ha spiegato con parole di grande sentimento: “Ed ora io, già nonna, più francese che italiana, ho ricevuto in eredità, fra tante altre cose, l’immagine indelebile di una Reggio “ideale”; inventata, certo, ma nata dai racconti dei miei genitori, arricchita con i miei propri ricordi e trattenuta dai contatti con i numerosi cugini rimasti al paese. Immagine di quella Gerusalemme “celeste” che portano in sé, fino alla morte, tutti gli ebrei - erranti o no - separati dalle loro radici. Tutto ciò non veicola nessuna nostalgia, nessun falso sogno di ritorno al paese; ha soltanto il fascino di un certo esotismo e nello stesso tempo il volto rassicurante del luogo dove rimane la vecchia casa del nonno, la culla, la sorgente della mia vita. E mia figlia, mamma, ancor più francese, avendo bisogno - come ciascuno - di riferimenti circa le sue origini, si è creata anche lei, lo so, la sua Reggio ideale. E forse suo figlio, un giorno...”.

 

Luogo di provenienza: Luzzara (Provincia di Reggio Emilia).

Principale luogo di destinazione: Drancy (Francia).

Nota a commento

La scelta di una memoria transnazionale in una persona che rappresenta per il sociologo la seconda generazione migratoria. Ovvero, come tradurre la cura della “Fratellanza Reggiana” nella lingua franca della fratellanza universale.

Fonte: Numerosi colloqui registrati con Antonio Canovi, dicembre