Lo Sportello del Neomaggiorenne, per diventare adulti felici

Il progetto della Fondazione San Giuseppe per gli adolescenti cresciuti lontano dalle loro famiglie
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«Ahmed, cosa significa diventare adulti?»

«Viaggiare nel mondo, assumersi le proprie responsabilità, prendere delle decisioni anche senza i nostri genitori perché abbiamo lasciato la nostra casa e siamo cresciuti lontano dalla nostra famiglia. Tutto questo significa per me diventare grandi»

Ahmed, 18 anni, è egiziano. È arrivato in Italia come minore straniero non accompagnato, cioè senza un adulto responsabile insieme a lui. Il padre gli aveva chiesto di accompagnare in Italia il fratello tredicenne. È stato accolto inizialmente nella casa per le emergenze “Amarkord” a Rimini e poi a “Casa Clementini”, comunità educativa per minori. Ora vive in un gruppo appartamento per neomaggiorenni della Fondazione San Giuseppe. Ha ottenuto il diploma di terza media e sta terminando un corso di formazione professionale.

Sono 1814 i ragazzi attualmente accolti in strutture residenziali nella sola regione Emilia Romagna. Di questi circa la metà ha più di 15 anni e molti di loro spegneranno 18 candeline in struttura. Ed è principalmente ai ragazzi che stanno per compiere 18 anni, o a coloro che li hanno già compiuti, che si rivolge lo Sportello del Neomaggiorenne. Per coloro che vivono fuori dalla famiglia d’origine il raggiungimento della maggiore età significa anche la fine della presa in carico da parte dei servizi sociali. Rappresenta un passaggio delicato, doloroso e spesso denso di angoscia, con un forte rischio di rottura rispetto ai fragili equilibri che sono stati a fatica costruiti prima di quel momento.

Cosa sarà dei ragazzi che compiono 18 anni in comunità? Il progetto di questi "ex minori" come può avere una continuità, così che sia sempre più significativo rispetto alle loro traiettorie di vita? Quali punti di riferimento possono essere loro offerti? Non sono certamente risposte facili quelle che si cercano.  L’accompagnamento all’autonomia è un tema molto caro alla pedagogia e a tutti coloro che si interessano di educazione, ancor più se si considera quella sfera speciale che si occupa di infanzie e adolescenze vulnerabili. Racconta del continuo muoversi in un precario equilibrio fra l’essere passivi rispetto ad una storia che non si è scelta e il divenire attori del proprio percorso, così come dei rischi connessi ad una forzata e prematura assunzione delle responsabilità della vita adulta, che risultano sproporzionate rispetto alle proprie forze, soprattutto perché soli nell’affrontarle.

Lo Sportello del Neomaggiorenne s’indirizza a questi ragazzi, molto diversi tra loro per storia personale, risorse e bisogni. Vuole assumere le sembianze di un luogo di ascolto e supporto informale e presente al contempo, anche riguardo a temi molto semplici, quotidiani, ma per i quali non è possibile fare riferimento ai propri genitori perché non ci sono, oppure sono molto fragili. Lo Sportello è aperto un pomeriggio a settimana ed è accessibile anche tramite una pagina Facebook che cerchiamo di rendere il più possibile attiva e rispondente alle richieste dei ragazzi.

Abbiamo chiesto a Julian cosa significhi per lui diventare adulto e felice. La risposta è secca: «Diventare felici da grandi vuol dire avere una casa e un lavoro. Ma un’altra cosa importante è avere qualcuno a fianco a noi»

La nostra speranza è che sempre più ragazzi possano cercare e costruire risposte concrete ed efficaci per essere liberi di progettare una vita autonoma e soddisfacente. Questo non può prescindere dal sentire di avere delle persone su cui poter contare. Ci auguriamo anche che gli stessi ragazzi possano diventare i futuri operatori dello Sportello. Perché quella catena di reciprocità e vicinanza diventi una realtà sempre più tangibile a partire proprio da coloro che ne hanno avuto bisogno.

Il brano seguente è tratto da un romanzo di Fabio Geda, scrittore ed educatore in una comunità di accoglienza. Nel raccontare la fuga di due minori dalla comunità, ci pone di fronte alla loro ricerca di un punto di riferimento con il quale poter affrontare il domani:

«Tu non pensi a tua madre?»

«Ogni istante, il meno possibile.»

«Perché ci è capitato questo?»

«Cosa?»

«Perché non abbiamo avuto una casa normale, dei genitori normali, una vita normale.»

«Guarda che questa è la normalità. È la nostra normalità»

[…] L’uomo-montagna ha questo: dice a Corrado che cosa fare, e basta. Glielo dice e si aspetta che lui lo faccia, senza pensarci troppo, senza parlare troppo, e a Corrado piace fare cose senza pensare troppo. È per questo che l’uomo-montagna gli va a genio.

«Io potrei restare a vivere qui?» domanda Corrado a un certo punto. «Magari ti serve un aiutante.»
(Geda, F. L’esatta sequenza dei gesti, 2012)

 

Per saperne di più:www.sangiuseppe.org

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