Per l'emergenza del Nord Africa ecco l'esperienza di “Villa Aldini”

Un luogo dove chi è profugo o migrante può trovare opportunità di formazione, lavoro e relazioni
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Il 12 giugno del 2011 ventotto profughi, tra Tunisini, Nigeriani, Bengalesi, Ciadiani, Ghanesi e Somali arrivarono a Villa Aldini, a bordo di mezzi della protezione civile che da Lampedusa li destinava ai vari centri di accoglienza sparsi sul territorio nazionale.

La maggior parte di queste persone era in Libia da anni e svolgeva attività lavorative di vario genere, alcuni di loro già profughi dalle loro terre natali per questioni politiche, religiose o private.

Sarti, parrucchieri, saldatori, insegnanti, giornalisti, autisti, impiegati, agricoltori; una vasta varietà di culture, religioni, interessi ed esperienze che nei giorni a seguire aumentò fino poi ad incontrarsi anche con altre realtà del territorio.

Ad accoglierli l'equipe, anch'essa multi etnica e multi culturale, del consorzio Indaco fatta di operatori/educatori sociali e mediatori culturali a cui il Comune di Bologna aveva affidato la struttura, ex casa di riposo per congiunti di caduti in guerra, adiacente alla Villa Napoleonica che si affaccia sulla città dalla cima del Colle dell'Osservanza.

L'inizio di questa esperienza fu, per tutti, carica di aspettative vista l’attenzione dedicata a questa importante ondata migratoria che venne definita 'Emergenza Nord Africa'.

La Protezione Civile mise infatti a disposizione, per circa 18 mesi, un forte sostegno nella gestione dei centri di accoglienza come questo, prevedendo la copertura delle spese di gestione, del personale impegnato nel supporto ai profughi e nella ricerca di risorse per garantire percorsi di inserimento, nonché l'erogazione mensile di buoni pasto specifici per l'acquisto di beni primari, tabacchi e biglietti per i mezzi.

Numerose associazioni si sono avvicinate al centro d'accoglienza in fase iniziale e alcune hanno continuato a dare supporto anche successivamente: Al sirat, Ya-basta, G.V.C. Onlus, Primavera Urbana, Le Fucine Vulcaniche, Avvocato di Strada, Naufragi, per menzionarne alcune.

I contributi sono stati vari: dai corsi di lingua italiana alla consulenza legale, il supporto alla stesura delle storie personali da presentare alla commissione territoriale, l'organizzazione di feste di accoglienza e iniziative culturali, i laboratori all'interno della struttura e il coinvolgimento dei profughi nei progetti delle associazioni stesse.

Con queste realtà si è scelto di mantenere una fitta collaborazione e questo ha fortemente contribuito ad arricchire di possibilità il percorso degli ospiti e di poterlo allietare con momenti conviviali e collettivi nei quali i profughi stessi hanno potuto raccontare le proprie storie e la propria cultura potendo così più serenamente gestire anche momenti molto intensi e difficile legati alla transizione.

Il centro di accoglienza di Indaco, insieme ai servizi del territorio, hanno cercato di garantire ai profughi l’accesso alle cure sanitarie, ai beni di prima necessità e l'accompagnamento alla regolarizzazione giuridica.

La scelta di Indaco è stata quella di ospitare i profughi in una struttura accogliente e funzionale in cui la presenza 24 ore su 24 degli operatori ha garantito una quotidianità dignitosa, nel rispetto degli spazi e delle necessità di tutti e delle differenze.

Nonostante le grosse difficoltà, numerosi obiettivi sono stati raggiunti.

All'arrivo dell' udienza presso le commissioni territoriali molte cose erano state fatte per porre le basi di un inserimento su cui continuare a lavorare.

La chiusura del progetto di Emergenza, dopo 18 mesi, però ha costituito un varco che non tutti i rifugiati hanno potuto superare con facilità. Al termine del progetto, i profughi erano divisi tra chi ha ottenuto lo status di rifugiato, protezione sussidiaria o semplicemente di permesso di soggiorno umanitario.

Successivamente, nell’aprile scorso, le Prefetture, hanno indicato tre possibili strade perseguibili dopo la chiusura dei centri di accoglienza:

  • ottenere un contributo una tantum di 500 euro a sostegno dell’integrazione, nulla più potendo richiedere ai servizi del territorio;
  • richiedere il rimpatrio assistito nel proprio paese d'origine, dove non vi fossero problematiche di persecuzioni, con lo stesso contributo di 500 euro;
  • ed infine, tutte le persone rientranti nella categoria definita 'i fragili' per problematiche sanitarie, difficoltà psichiche o fisiche, nuclei famigliari con minori e rifugiati riconosciuti dalle commissioni, avrebbero ancora fatto riferimento ai servizi e alle risorse individuate ad hoc attraverso percorsi individualizzati.

É questo ultimo il caso di due nuclei familiari che, a chiusura ufficiale della struttura d'accoglienza, Indaco ha accolto in un appartamento per avviare un percorso di accompagnamento e sostegno.

S., proveniente dal Ghana, in Libia era elettricista e sua moglie F., nigeriana, lavorava in un negozio dopo aver terminato la scuola. Arrivati in Italia, F. scoprì di essere incinta. Dopo alcuni mesi, presi dall'impazienza, si allontanarono dall'Italia verso la Svizzera dove nacque la loro figlia e dove sono stati per poco tempo. Rientrati in Italia S. ha cominciato a lavorare alcune ore nel fine settimana con il progetto di Riscio Taxi nel centro di Bologna, già avviato con alcuni profughi dall'associazione Primavera Urbana, con cui tutt'oggi collabora. F. sta iniziando un tirocinio formativo presso un’impresa di pulizie. Entrambi frequentano i corsi di italiano anche se, il bassissimo livello di scolarizzazione, rende l’apprendimento molto difficile. La piccola frequenta il nido e sta bene.

A. e J., nigeriani entrambi, saldatore e parrucchiera in Libia, invece si conobbero proprio a Villa Aldini e nel 2012 nacque la loro figlia, che nonostante le difficoltà vollero tenere. A. ha seguito tramite Villa Aldini un corso certificato per saldatore e sta per iniziare un tirocinio presso un fabbro. J., già dai primi passi di questo percorso, grazie al riconoscimento dello status di rifugiata, ha potuto usufruire di varie risorse e ha potuto svolgere un tirocinio presso un albergo. Ora sta ha iniziato un percorso presso un’impresa di pulizie.

Ad oggi molti degli ex ospiti di Villa Aldini attendono il rinnovo del permesso di soggiorno umanitario e nel frattempo cercano di orientarsi tra le iniziative o le possibilità che emergono.

Per chi ha avuto un'esistenza costellata di difficoltà, continui spostamenti, conflitti e fughe con il mare alle spalle, famigliari lontani, senza disponibilità economica, risulta molto difficile trovare la strada in una realtà complessa e a volte incoerente come quella che ci circonda. Ma siamo convinti che è solo attraverso le relazioni costruite nella vita comunitaria che svanisce l'amarezza e rimangono la ricchezza delle esperienze e delle persone.

 

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