Una “vita normale”: Santa Cecilia e Famiglie in Rete insieme per i bambini

I progetti della cooperativa ‘Paolo Babini’ per un nuovo protagonismo dei cittadini
babini-articolo

Tutto è nato così, dieci anni fa, dalla sensazione di ingiustizia che si è fatta strada dopo aver accolto in Comunità educativa un altro bambino ferito nel corpo e nell’anima da quegli adulti che avrebbero dovuto proteggerlo. Certo le Comunità educative sono preziose per “buttare fuori” la rabbia, la paura, la disperazione, e per aiutare i bambini ospiti a rendersi conto che al mondo ci sono anche adulti capaci di prendersi cura di loro e di recuperare la fiducia nel mondo dei grandi, ma le comunità non possono pretendere di poter soddisfare tutti i bisogni dei bambini da sole.

Nella primavera del 2001, per la prima volta, la Cooperativa sociale Paolo Babini ha ricevuto la richiesta di accogliere due bambini piccolissimi, rispettivamente di 15 giorni e di un mese, che per gravi motivi dovevano essere immediatamente allontanati dalle famiglie d’origine. Con un po’ di incoscienza e tanto entusiasmo, la nostra realtà ha accettato la richiesta: abbiamo subito riadattato un piccolo appartamento all’interno di una delle nostre Comunità educative e individuato tre educatrici che, a turno, coprivano l’intera giornate e la notte. E’ stata un’esperienza molto bella e intensa, che ci ha fatto riflettere sull’utilità e sulla possibilità di strutturare un progetto di accoglienza per bimbi da 0 a 6 anni provenienti da situazioni familiari di forte disagio. Oggi la Comunità sperimentale “Santa Cecilia” (chiamata così in riferimento alla Santa patrona della musica) ha un volto diverso da quello iniziale: pur mantenendo la finalità di offrire un contesto caldo, accogliente e familiare ai bimbi ospitati, si avvale non solo della professionalità delle educatrici - nel frattempo diventate cinque - ma anche del supporto fondamentale delle “famiglie accoglienti”.

Come funziona questa Comunità sperimentale? Per ogni bambino che arriva viene individuata una “famiglia accogliente” all’interno della quale il bambino può fare esperienza di un ambiente familiare sano. I piccoli sono ospiti delle famiglie, durante la sera e la notte, nonché nei fine settimana e nei giorni festivi. Durante il giorno, dal lunedì al venerdì, dalle 8 alle 18, i bambini sono accolti in struttura, in attesa di una decisione del giudice del Tribunale dei minori.

babini-articolo-2

Tutte le “famiglie accoglienti” fanno parte di un progetto più ampio, chiamato “Famiglie in Rete”, e sono adeguatamente formate e accompagnate nel loro percorso di accoglienza. L’idea guida del progetto è questa: la Comunità è un grande “luogo di bene”, ma non è una famiglia esclusiva, e col tempo ci siamo resi conto del fatto che ai piccoli ospiti servono anche case vere e persone adulte che li prendano per mano e li accompagnino nella “normalità” della vita. In questo modo è possibile offrire ai ragazzi accolti, che provengono da famiglie conflittuali, disgregate, a volte maltrattanti o abusanti, la possibilità di vivere un altro modello di famiglia e di respirare aria di “normalità”. Così è nato il progetto “Famiglie in Rete”, dal desiderio di mettere insieme un po’ di gente che - per il tempo a loro disposizione - apra le porte della propria casa, e prima ancora del proprio cuore, per essere un po’ mamme e papà, fratelli e zii, dei nostri ragazzi di Comunità.

Queste di cui parliamo non sono “super-famiglie”, ma famiglie normalissime che hanno il desiderio di aprire all’altro non solo la loro casa, ma prima di tutto il loro cuore. Certamente si tratta di un impegno gratificante, ma altrettanto faticoso. E’, dunque, possibile riuscirci? L’esperienza di questi anni e la voce delle nostre famiglie ci fa rispondere decisamente di “sì”: è possibile riuscirci perché è un’avventura che si vive insieme, una strada che il bambino, la famiglia e le educatrici percorrono tenendosi per mano.

Oggi, a oltre dieci anni di distanza dalla nascita, il progetto “Famiglie in Rete” è più vivo e partecipato che mai: sono circa 70 i nuclei familiari del territorio forlivese che ne fanno parte, che accolgono o accompagnano i ragazzi secondo le proprie possibilità di tempo e risorse, e che si incontrano periodicamente per condividere la propria esperienza. Perché la rete è anche luogo di ascolto, di sguardo reciproco, di domande che mantengono vigile l’attenzione sulla realtàe su se stessi.

babini-articolo-3

L’esperienza delle “Famiglie in Rete” è un’esperienza di relazione, ed è sulle relazioni- ne siamo convinti - che dovrà scommettere il welfare dei prossimi anni se non vorrà tradire il suo spirito universalistico e continuare ad avere come obiettivo il benessere di tutti i cittadini, sotto tutti i punti di vista.  La rete di famiglie è, a buon diritto, una di quelle forme di aggregazione di persone dove  la parola d’ordine è “non prestazioni, ma relazioni”. Lavorare e investire sulle relazioni aiuta a migliorare la qualità della vita incrementando, nel territorio, fiducia e solidarietà. E’ il protagonismo dei cittadini nella comunità locale, in cui  persone diverse si riuniscono intorno a esigenze concrete  per scambiarsi idee ed esperienze e ricominciare a fare le cose insieme, attraverso opportunità di incontro e spazi autogestiti, senza aspettare che tutte le risposte arrivino dall’alto.

Quando questo accade, nel territorio, si moltiplicano i percorsi e le iniziative, si valorizzano le competenze presenti e si crea una “diversa normalità”. Una normalità in cui prendersi cura degli altri non è qualcosa da delegare a persone di buona volontà o a servizi specialistici, ma una responsabilità e un impegno quotidiano che accomuna tutti,  che diventa una cultura diffusa e un progetto politico condiviso.

 

Per saperne di più visita il sito www.paolobabini.it

Azioni sul documento