Il convegno sulla mafia organizzato da ConCittadini. Saliera: "Qui non nascondiamo la polvere sotto il tappeto"
24.10.2017
Studenti di tutte le età, concentrati e silenziosi. Blocchetto degli appunti e cellulare in mano per fare foto. Perché di fronte a loro, nella facoltà di Giurisprudenza di via Belmeloro, c’erano magistrati di fama nazionale (e non solo) che parlavano di mafie. Ma al nord, nelle nostre città, non solo al sud. “Lavorare con i giovani è un grandissimo privilegio ma c’è anche una responsabilità: quella di formare cittadini onesti. Anche per questo siamo qui”, ha detto il rettore di Bologna Francesco Ubertini.
Il convegno intitolato “Il tuo comportamento favorisce le Mafie” organizzato da Concittadini dell’Assemblea legislativa dell’Emilia Romagna e Associazione antimafia Cortocircuito, ha visto tra i relatori, oltre alla presidente dell’Assemblea Simonetta Saliera, anche Elia Minari di Cortocircuito e autore di inchieste sulle mafie in Emilia, Gian Carlo Caselli, già procuratore capo a Palermo e poi a Torino, Giuseppe Gennari (giudice del Tribunale di Milano), Gaetano Calogero Paci (procuratore della Direzione Distrettuale Antimafia di Reggio Calabria), Stefania Pellegrini, docente universitaria di Bologna e il colonnello dei carabinieri Valerio Giardina.
Il primo pensiero, quando si parla di mafie nella nostra regione, va subito al processo Aemilia che si sta svolgendo a Reggio Emilia. “Con questo processo -ha detto Saliera- abbiamo capito come funziona il sistema ‘mafia’ e l’Emilia è una terra che da tempo ha capito di non essere immune. Ma la forza della nostra regione è soprattutto una: non aver nascosto la polvere sotto il tappeto. Abbiamo voluto che il processo si svolgesse a Reggio Emilia e non in un’aula bunker di un’altra regione perché se ne parlasse quotidianamente”. Una Regione, l’Emilia Romagna, che “il 28 ottobre 2016 ha approvato -ha sottolineato la presidente- la legge regionale che prevede un osservatorio regionale su usura, racket e giochi d’azzardo”.
L’importante, per combattere le mafie, è comunque non negare. “Perché il negazionismo -ha detto Caselli- c’è. E c’è persino tra i magistrati. La mafia esiste da due secoli, ma per vederla riconosciuta serviva la legge sul 416 bis del 1982. Stupirsi dell’esistenza delle mafie al nord è come stupirsi dell’esistenza della pioggia: assurdo”. Ma nonostante le inchieste fatte, le mafie persistono e insistono: “La ‘ndràngheta ha capacità di esternalizzare dal territorio calabrese, dove rimangono i punti di riferimento -ha spiegato Paci- e bisogna svelare tutte le ipocrisie che coprono questi fenomeni, altrimenti facciamo il loro gioco”.
E per capire quanto sia “arrogante e supponente il loro modo di fare”, come hanno spiegato tutti quanti, basta pensare che molti, soprattutto giovani, si vantano sui social network di ciò che fanno: “Si vantano delle rapine -ha raccontato Minari-, mettono su Facebook immagini di roghi, di auto incendiate, postano foto di arsenali senza titubanze e senza nascondersi”. Ed esistono audio in cui alcuni imprenditori, poi finiti nel processo Aemilia, festeggiano per il terremoto del 2012, “felici perché sapevano già quanto guadagno avrebbero ottenuto dalla ricostruzione”.
“Associazioni mafiose, queste -ha detto Gennari- che hanno una grande abilità a infilarsi nel tessuto sociale”. E per farlo capire ancora meglio, racconta la storia dei furgoncini che vendono panini nei parcheggi. “A Milano, dei carabinieri hanno provato a fingersi venditori, ma chi si trovava lì, vessato da organizzazioni mafiose, ha provato in tutti i modi a cacciarli parlando di regolamenti interni”. Per questi motivi, “il processo Aemilia -ha detto il colonnello Giardina- deve essere un punto di partenza e non di arrivo”. Perché “la mafia viene qua per investire e per rendere operativo il frutto di attività criminali. Ed esiste molta violenza in questo sistema, tanto che molti testimoni poi ritrattano”. E per lottare con ancora più forza, secondo Caselli bisognerebbe “aggiornare la 416 bis. E non delegate mai agli altri, perché poi gli altri fanno ciò che vogliono”.
(Margherita Giacchi)