Associazione “Il Borgo”, progetto “Le interviste della legalità: storie di impegno per la giustizia tra passato e presente”

La forza della coscienza. L’eredità di Don Pino Puglisi a trent’anni dalla sua scomparsa” è il titolo dell’incontro che si è tenuto il 21 marzo scorso nel Polo Universitario Penitenziario presso il Giardino Botanico di Parma.  
Il luogo dell’evento è emblematico dello spirito che sorregge l’iniziativa: un contesto che cerca di “creare ponti”tra la città e il carcere, spazi di incontro, presentazione reciproca e de-stigmatizzazione. 

L’evento s’inserisce nel ciclo di seminari «Le interviste della legalità. Storie di impegno per la giustizia tra passato e presente», una serie di iniziative, che si inscrive nell’ambito di conCittadini, frutto della collaborazione tra il circolo culturale Il Borgo, promotore dell’iniziativa, e l’Osservatorio Permanente Legalità dell’Università di Parma.

Il progetto nasce con lo scopo di far conoscere a studentesse e studenti i “mestieri della legalità”, offrendo loro una prospettiva inedita sulle funzioni degli operatori della giustizia. Gli incontri si aprono con il racconto di storie emblematiche della lotta alle mafie a cui segue, per analogia, la testimonianza di uno o più professionisti che, attualmente, operano nella promozione della legalità; in altre parole, degli eredi chiamati a portare avanti il ricordo e i principi di azione della vittima di mafia ricordata.  

In occasione dell’evento hanno portato i loro saluti Monica Cocconi, Responsabile Scientifica dell’Osservatorio Permanente Legalità e Professoressa di Diritto amministrativo, Francesco De Vanna, Assessore ai Lavori Pubblici e alla Legalità del Comune di Parma, e Vincenza Pellegrino, Professoressa associata di Sociologia dei Processi Culturali e Comunicativi presso l’Università di Parma e Delegata del Rettore per le attività del Polo universitario penitenziario.  

L’incontro ha voluto far conoscere ai giovani la storia di Don Pino Puglisi, che è stato un esempio di straordinaria dedizione ai più bisognosi, ai marginali, a coloro che chiedono aiuto e spesso non hanno la voce e la forza per ottenerlo. Don Pino Puglisi ha iniziato la sua lotta alla mafia cercando di far capire ai giovani che si può essere rispettati anche senza essere mafiosi, credendo nei propri ideali.  

«È importante parlare di mafia, soprattutto nelle scuole, per combattere la mentalità mafiosa, che è poi qualunque ideologia disposta a svendere la dignità dell’uomo per soldi» affermava Don Puglisi, che nelle sue omelie si rivolgeva spesso ai mafiosi, che lo consideravano un ostacolo e decisero di ucciderlo, avvertendolo con una serie di minacce di cui Puglisi non parlò con nessuno. 

Il 15 settembre 1993 il sacerdote fu assassinato, nel giorno del suo cinquantaseiesimo compleanno, dai clan di Brancaccio. Ucciso per il suo impegno antimafia poco appariscente ma concreto in cui ogni giorno lavorava per rendere vivibile un rione ostaggio della mafia, per educare le persone a non sottomettersi e a rivendicare i propri diritti. 

Nel 2013, tra le centomila persone che affollavano il Foro italico di Palermo per partecipare alla beatificazione di don Puglisi, «martire» di mafia, uno striscione riportava una delle frasi che era solito ripetere: «Se ognuno di noi fa qualcosa, allora si può fare molto».

 

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