Solfo e carbone, minatori e speleologi nella Romagna Orientale
L’odore acre dello zolfo, il nero del carbone su tutto il corpo, la fatica, il sudore, gli incendi e le tragedie. Storie ordinarie di un mondo, quello delle miniere, che ha accompagnato l’uomo nelle epoche, ha segnato il cammino dell’Italia e il vissuto delle popolazioni della Romagna-orientale.
Un mondo raccontato dalla mostra "Solfo e carbone, minatori speleologici nella Romagna orientale", creata per celebrare le tante persone che hanno lavorato nei giacimenti della provincia di Rimini o che proprio da quel territorio, quando l’industria solfifera decadde, si sono spostati verso altri paesi come il Belgio.
La mostra ha raccontato il parallelismo tra la pericolosità delle miniere di zolfo, ricche di gas, scavate in rocce fragili, facili all’incendio e le miniere di carbone che presentavano rischi identici. Pericoli divenuti reali nella funesta storia estrattiva della miniera di Perticara (Rimini) che, come anche quelle limitrofe, ha assistito a crolli, esplosioni innescate da esalazioni di metano e incendi. Disastri simili a quelli avvenuti nelle miniere di carbone in giro per l’Europa. Luoghi di lavoro distanti geograficamente ma resi vicini non solo dall’alto livello di pericolosità ma anche dall’emigrazione di lavoratori romagnoli in Belgio di cui quattro, ricordati dalla mostra, perirono nel disastro di Marcinelle (Belgio 1956).
La mostra ha anche voluto mettere l’accento sulla necessità di non perdere la memoria di chi ha lavorato in queste miniere e le ha lasciate per andare a lavorare in altre dove ha perso la vita. Una memoria strettamente legata alla sopravvivenza delle miniere di zolfo che si stanno distruggendo, abbandonate da ormai più di 50 anni.