European Youth Event 2018 - Reddito minimo universale: il ritorno di Robin Hood?

Venerdì (Giorno 1) 17:00 - 18:30

BASIC INCOME: Return of Robin Hood?

Link webstream per il dibattito: http://web.ep.streamovations.be/index.php/event/stream/20180601-1730-eye17

 

Relatori:

• Harro Boven, addetto alle questioni economiche degli Young Democrats (Olanda)

• Aurélie Hampel, Segretaria di Unconditional Basic Income Europe

• Ilkka Kaukoranta, Capo Economista della Central Organisation of Finnish Trade Unions (Finaldia)

• Daniel Zamora, Sociologo post-dottorato, Università di Cambridge e Università Libera di Bruxelles

Modera: Petra Prešeren, TV Reporter, RTV Slovenija

Durante il dibattito, si discute se il reddito minimo universale è un modo per affrontare la globalizzazione e le sue conseguenti disuguaglianze nella distribuzione della ricchezza, oppure se si tratta di una semplice tassazione dei redditi alti per ridistribuire ricchezza ai meno abbienti della società. Vedremo in Europa quali esperimenti sono in atto e quali riflessioni stanno suscitando.

Petra Prešeren introduce l’argomento spiegando che il 25% della popolazione dell'Unione europea, di circa 120 milioni, risulta a rischio di povertà o di esclusione sociale. Introdurre un’elargizione periodica di contanti a tutti in modo incondizionato è un modo per eliminare la povertà oppure è un'idea utopica che gli Stati non si possono permettere?

Oggi, il reddito minimo universale è diventato un tema attuale soprattutto a causa della sempre maggiore perdita di posti di lavoro dovuta alla tecnologia e all’automazione dei processi di produzione. Entro il 2025, si prevede che fino a un quarto dei lavori saranno rimpiazzati da nuovi lavori “smart” o da robot. Entro il 2030, fino a 800 milioni di lavoratori nel mondo perderanno un impiego a causa della tecnologia. Le grandi aziende mondiali del tech sono ormai fra le prime a sostenere che l’introduzione di un reddito minimo universale si renderà necessaria nel futuro.

Nel biennio 2008-2009 un test è avvenuto anche in Namibia: qui il reddito minimo universale ha aumentato nei beneficiari l’iniziativa imprenditoriale, il potere d'acquisto immobiliare e l’autonomia della donna dall'uomo. Diversamente, nel 2016 in Svizzera un referendum ha visto bocciata con il 77% di voti negativi la proposta di un reddito minimo universale di circa 2.600 dollari al mese a ogni adulto e 650 dollari ai minorenni.

L’Unione europea come si sta muovendo sull’argomento? L'anno scorso il Parlamento europeo ha bocciato la proposta di raccomandare il reddito minimo agli Stati come misura di compensazione per la disoccupazione causata dall’automazione del mercato del lavoro. La Commissione parlamentare per l'occupazione e gli affari sociali ha comunque invitato tutti gli Stati membri a introdurre misure di reddito minimo o di aggiornare quelle esistenti. Forme di sostegno al reddito in generale esistono infatti già nella maggior parte dei paesi, in forma di sussidi per l'infanzia o per la disoccupazione, ad esempio. Queste forme di welfare già esistenti potrebbero quindi spianare la strada in futuro per l’introduzione del reddito minimo. È questa la risposta giusta per affrontare la disoccupazione oppure è un invito indiretto ad abusare dei sussidi sociali? L’Unione europea dovrebbe prendere in considerazione l’introduzione del reddito minimo a livello europeo? È anche solo possibile?

La parola passa ad Aureline Hampel, segretaria di Unconditional Basic Income Europe, la rete europea degli attivisti sostenitori della causa, che conta membri da 25 paesi. La ragione fondamentale per cui promuovono il reddito minimo è che garantirebbe a tutti una “rete di salvataggio” a prescindere dalle vicissitudini della vita, offrendo maggiore autonomia ai beneficiari. L’utilità di questo si manifesterebbe ad esempio nel caso di situazioni di coppie violenta o di famiglia problematiche: in questi casi, il componente vittima di abusi potrebbe rendersi indipendente senza ritrovarsi per la strada. Il reddito minimo subisce spesso il pregiudizio di essere un incoraggiamento all’ “apatia sociale” e alla pigrizia. Secondo Hampel è invece uno strumento per trasformare la società. La relatrice invita a una distinzione tra impiego e il lavoro, perché ci sono varie forme di lavoro che sono indispensabili nella società e che non sono veramente riconosciute. Gli operatori ecologici, ad esempio, fanno un lavoro fondamentale per l’ordine urbano ma sono pagati molto male. Con il reddito minimo le persone non accetterebbero questo tipo di impiego, perché avrebbero comunque una garanzia in termini di reddito. Questo sarebbe costruttivo anche all’interno di un sistema capitalistico come il nostro perché darebbe un sostegno a tutti quegli “impieghi” che non sono riconosciuti come lavori, come ad esempio i genitori o i nonni che si prendono cura dei bambini. Per chi si trova in una condizione di lavoro precario, un reddito minimo garantito produrrebbe maggiore possibilità di flessibilità perché rafforzerebbe il potere negoziale, liberando dal bisogno di accettare qualunque retribuzione pur di avere un reddito. Promuove inoltre l'imprenditorialità, in quanto una base economica garantita incoraggia a lanciare un proprio business con meno paura di perdere il denaro investito, permettendo così ad una società di attingere al potenziale creativo delle persone.

Interviene Harro Boven di Young Democrats, l’associazione social-liberale olandese che è l’organizzazione politica giovanile che conta il maggior numero di membri a livello nazionale. Boven argomenta la sua idea secondo cui l'attuale sistema di welfare diffuso nella maggior parte dei paesi vede numerosi malfunzionamenti. Da un lato risulta burocratico, perché richiede il lavoro di innumerevoli impiegati statali che devono verificare nel dettaglio la condizione sociale dei potenziali beneficiari di sussidi economici. In più, disincentiva le persone dal lavorare: al momento, chi riceve sussidi in molti paesi li perde automaticamente nel momento in cui trova un impiego. Questo significa che un disoccupato che riceve, ad esempio, 1100 euro al mese dallo Stato, potrebbe perderli nel momento in cui accettasse un lavoro part -time pagato 500 euro al mese (rimettendoci quindi 600 euro mensilmente).

L’introduzione del reddito minimo universale, invece, secondo Boven, permette di proteggere coloro che in una società risultano più vulnerabili e di sradicare la povertà, effetti che lo rende apprezzato dalla sinistra politica. D’altro canto, è però anche liberista, perché taglia la burocrazia necessaria per verificare chi è destinatario di una forma di sostegno al reddito.

Boven porta l’esempio del suo paese. In Olanda i legislatori si sono prefissati in partenza alcune aspettative da raggiungere per considerare la sperimentazione un successo: che sradicasse la povertà (chi vive da solo avrebbe ricevuto 1200 euro al mese), che fosse elargito incondizionatamente dallo stato di impiegato o disoccupato, e che l’aliquota contributiva massima fosse abbastanza contenuta. Boven valuta l'obiettivo di sradicare la povertà come raggiunto. Il tutto è stato finanziato per il 75% assorbendo nel reddito minimo universale tutte le forme di welfare esistenti precedentemente, mantenendo inoltre attivo un sussidio di prestazione per la prima infanzia di 300 euro. Il restante 25% è invece stato coperto da una modesta tassa sulla ricchezza per i redditi oltre i € 50.000 l'anno e con una tassa sull'inquinamento.

Interviene Daniel Zamora, che illustra alcuni possibili effetti negativi del reddito minimo universale. La destra politica apprezza del reddito minimo il potenziale di sburocratizzazione dovuto dall’eliminazione delle forme di sussidio differenziate. Questo provoca inevitabilmente un aumento delle disuguaglianze, perché il welfare attuale si adatta alla situazione di ogni persona, mentre con il reddito minimo standard disabili e disoccupati, ad esempio, potrebbero finire per veder diminuite le proprie entrate. Esiste un’altra versione di reddito minimo che non smantella bensì completa il sistema di sicurezza sociale. Nel Regno Unito, Guy Standing è uno dei principali proponenti del reddito minimo e propone l’elargizione di 300€ che non sostituiscono sussidi esistenti ma che si inseriscono in quelli che il cittadino già riceve, trasformandone una parte in reddito minimo. Se si ricevono 1000€ di sussidio di disoccupazione, ad esempio, 300€ di questi risulterebbero elargiti a titolo di reddito minimo universale. Attraverso alcune simulazioni universitarie, risulta però che non viene sradicata la povertà in età lavorativa e che la misura diventa molto costosa (6% del PIL). Non è conveniente: se uno Stato elargisce forme di sostegno al reddito differenziate per portare il cittadino fino al superamento della soglia di povertà, solitamente serve il 3% del prodotto interno lordo. Inoltre, si avrebbe un effetto negativo sugli stipendi: se si può scegliere di non lavorare, perché si riceve un reddito minimo con cui si può vivere, i datori di lavoro probabilmente non accetterebbero più di negoziare sugli stipendi, giustificandosi con la scusa che il lavoratore è comunque già sostenuto economicamente dal reddito minimo.

Ilkka Kaukoranta, addetto all’economia dell’organizzazione nazionale dei sindacati finlandesi, illustra l'esperimento che sta avendo luogo in Finlandia. Nel gennaio 2017, il governo finlandese ha iniziato a pagare a un campione casuale di 2.000 disoccupati di età compresa tra 25 e 58 anni un contributo di 560 euro al mese. Non vi è alcun obbligo né di cercare né di accettare un impiego durante i due anni di durata della sperimentazione, e chiunque venga assunto continuerà ugualmente a ricevere lo stesso importo.

Kaukoranta definisce il reddito minimo una “bellissima utopia”. Il suo scetticismo è dovuto alla sua convinzione secondo cui finirebbe per deteriorare il livello dei sussidi sociali e dei servizi pubblici. In un sistema di welfare con basse disuguaglianze di reddito, gli incentivi economici per lavorare sono sempre scarsi. Una bassa disuguaglianza dei redditi significa che la differenza di reddito tra gli occupati e gli inoccupati deve essere ridotto, in modo che il beneficio finanziario di diventare occupati sia ugualmente limitato. La soluzione per questo è stata la condizionalità. In tutti i welfare states, i sussidi sono condizionati alla ricerca di lavoro o formazione, all’attivarsi per migliorare le proprie possibilità di guadagnare un salario dignitoso. Con il reddito minimo universale i sussidi non sono più condizionati dall’accettare impieghi e le persone hanno la scelta se lavorare non lavorare, ma per finanziare questo uno Stato necessita un'occupazione alta, in modo che le tasse vengano pagate anche per finanziare il reddito minimo. Siccome con il reddito minimo si perde invece la condizionalità, gli incentivi finanziari sono l'unica cosa che rimane a promuovere l'impiego. Concentrarsi sugli incentivi finanziari significa che i governi dovrebbero provare a incentivare le persone che lavorano tagliando sussidi o le tasse: entrambi causerebbero un’aumentata disuguaglianza di reddito così come tagli ai servizi pubblici. Il governo finlandese ha comunque già deciso di non rinnovare il progetto al termine del biennio, in favore di altre forme di welfare che sono in corso di studio. Nel 2019 verrà pubblicato il risultato di questa sperimentazione.

 

Riccardo Cucconi

Vincitore del Premio di Laurea “L’Europa che sarà” dell’Assemblea Legislativa dell’Emilia-Romagna