"Il patrimonio dell'umanità: la cultura dei diritti umani"

patrimonio umanità"Il patrimonio dell'umanità: la cultura dei diritti umani"

Pubblicato dall'Associazione UDI -Unione Donne in Italia di Ferrara, il volume illustra un progetto svolto con il liceo "G. Cevolani" di Cento (FE) negli anni scolastici 2004/2005 e 2005/2006 sui temi della pace e dei diritti umani.

INTRODUZIONE
Educare ai diritti umani nella scuola

Il percorso, nato dalla collaborazione tra l’Archivio Storico dell’UDI di Ferrara ed il Liceo Cevolani di Cento, inizia con una proposta rivolta al Liceo da Ansalda Siroli dopo la partecipazione ad un incontro di presentazione del progetto “Scuola incontra scuola. Un ponte per un dialogo tra le culture”, promosso dall’Università La Sapienza di Roma e dall’UNESCO ed aperto a tutte le scuole italiane.
Così è nato il programma dell’attività svolta nel Liceo Cevolani che ha mantenuto il tempo di attuazione di due anni scolastici ed un calendario regolato dalle scadenze, comunque rispettate, da eventuali cambiamenti, da novità impreviste e da altri occasionali impegni, via via verificatisi. Si è andato trasformando, ampliando, precisando nel corso dei mesi in rapporto alla possibilità di mettere in atto nuove proposte coerenti e significative. Le collaborazioni sono state spontanee, gratuite, attive, innovative, sporadiche, tante altre volte sono state continuative, costanti ed hanno tutte una loro storia, una loro identità rilevante, perché motivate da un interesse autentico. (...)

Si può adattare al percorso e al senso del progetto una frase di Walter Veltroni: “Accade spesso che ai più giovani – molte volte più generosi e più intolleranti dell’ingiustizia – invece che un aiuto ad orientarsi in una realtà sempre più complessa e multiforme si offrano semplificazioni unilaterali e generiche, il più delle volte svianti. Schematismi e giudizi sommari ne sono la logica conseguenza”.
Abbiamo cercato di evitare le semplificazioni e gli schieramenti, abbiamo preferito introdurre e prendere in esame problematiche contemporanee, proprio adesso che l’analisi del presente sembra esaurirsi nell’impossibilità di una chiara presa di coscienza a causa della manipolazione, del livellamento e della privazione di una parte delle informazioni della nostra storia.
Abbiamo cercato di dare una risposta alla strategia del colonialismo, della guerra e del terrore attraverso i diritti, rintracciando l’importanza di una società civile che non può essere riservata solo ad una parte limitata della popolazione mondiale. Tanto più che ora, secondo il pensiero globale, i sostenitori dei diritti umani potrebbero confluire in un solo movimento cosmopolita per una convivenza pacifica transnazionale, perché nel momento in cui si afferma il rispetto per i diritti umani, si promuove l’ideale della pace.

Il nostro lavoro ha forse la presunzione di costruire la consapevolezza che la società civile costituisce un soggetto centrale ed autonomo, aperto all’interrelazione cosmopolita. È di certo un piccolo contributo per evitare di mettere indietro l’orologio della storia della democrazia, per rifiutare di cadere nella tentazione di reagire all’insicurezza minando le regole della civile convivenza tra i popoli e di discriminare il confronto tra il cittadino e la propria comunità.
Il lavoro si è svolto tra i giovani delle scuole, di quella italiana e di quelle etiopi, è stato rivolto loro, quindi l’aspettativa dei riceventi ci ha fatto procedere con convinzione nella ricerca dell’appartenenza e della condivisione di una morale contemporanea adatta al secolo XXI.
Abbiamo cercato di fare della solidarietà la nuova sfida etica, secondo l’affermazione di Zygmunt Bauman: “Su questo pianeta dipendiamo tutti gli uni dagli altri, e niente di ciò che facciamo o ci asteniamo dal fare è irrilevante per il destino di ciascuno. Da un punto di vista etico, ciò ci rende tutti responsabili gli uni degli altri. Tale responsabilità è un dato di fatto, l’inevitabile frutto della rete d’interdipendenza globale, sia che intendiamo o meno riconoscerne l’esistenza sia che decidiamo o meno di farcene carico […]. Un mondo globale è un luogo in cui, una volta tanto,il desiderio di responsabilità morale e gli interessi della sopravvivenza coincidono e si fondono”. (...).

Permettetemi di presentare brevemente il lavoro, costruito con tante piccole grandi storie che sono state raccontate agli studenti e raccolte insieme in questa pubblicazione perché mantengono una stretta relazione con il territorio centese, pur non riguardandolo direttamente. Le loro realizzazioni si svolgono in luoghi sparsi per il mondo, prevalentemente in Africa e in Etiopia. Il più delle volte si tratta di piccoli luoghi: aule scolastiche, missioni, centri di assistenza e ospedali.
Quando abbiamo ascoltato le testimonianze, ci siamo preoccupati di capire ciò che rende irripetibile quel luogo e quella persona. La piccola dimensione dei rapporti sociali in luoghi reali ci ha permesso di capire che le trasformazioni, anche lievi, sono difficili, ma di grande importanza.
Ci sono voci piccole per l’età, se pensiamo ai bambini di Adwa. Ci sono voci di straordinaria ricchezza che meriterebbero una maggior risonanza: sono le voci di chi si è volontariamente fatto carico del compito impegnativo di capire, assistere ed aiutare i poveri ed i più poveri tra i poveri. Alle tante voci di chi ha voluto agire, affrontando le incomprensioni, pur di entrare in relazione con gli altri, abbiamo avuto la fortuna di unirne altre, ancora più intense, perché di solito ascoltate da un publico molto più vasto. Sono quelle di Dacia Maraini e di Don Luigi Ciotti. La sensibilità di sentirsi legittimamente impegnati per risolvere i problemi degli altri accomuna tutti i narratori e le narratrici. Senza il contributo di tante voci individuali, parlare di diritti nella scuola non sarebbe stato facile perché, all’ascolto, il senso di questo termine viene recepito in modo immediato e superficiale come la ritualizzazione di un sapere comune e collettivo, sempre più distaccato dall’esperienza, quindi sempre meno efficace e sempre più incapace di stimolare pensieri e azioni.

E gli studenti? Qual è stata la loro risposta? A nostro avviso, i ragazzi sono portatori dentro di loro di una grande certezza: sono sicuri che tutti possediamo l’identità fondamentale di esseri umani, l’identità insostituibile del valore della persona e della dignità sociale. Inoltre cercano di stabilire relazioni di accordo e di pace con i loro coetanei e con gli adulti. Poi spesso, quando nella realtà ricercano questo senso della loro appartenenza al presente, notano segnali inaspettati. Accanto al senso di uguaglianza e di giustizia di cui sono portatori a livello emotivo, i ragazzi sanno con altrettanta sicurezza che nel presente si presta attenzione più a se stessi che agli altri. In ogni caso, questo lavoro sembra aver fornito una prima risposta. Forse i nostri studenti sono diventati i portatoti di un’idea di progresso, se abbiamo raggiunto il piccolo obiettivo di pensare di poter capire i bisogni ed i diritti degli altri.
Spero, insieme ai colleghi, di avere trasmesso il senso di un futuro che si realizza e si sviluppa nella contaminazione tra le culture, nella permanenza delle differenze e delle varietà.

Oretta Testi
Coordinatrice dei docenti del liceo G. Cevolani

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