Il Nuovo Patto UE sull’Immigrazione

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Il tema dei flussi migratori è da anni al centro dei dibatti istituzionali a livello europeo, con un accento in particolare sulla necessità di riformare il quadro comune in materia di asilo e protezione internazionale.

Durante il suo discorso sullo stato dell’Unione dello scorso 16 settembre, la Presidente Von der Leyen ha annunciato rinnovata attenzione al tema dell’immigrazione, attraverso l’elaborazione di un ‘nuovo patto’, e invitando ‘anche gli Stati membri a collaborare’ con risolutezza.

Il Nuovo Patto sull’Immigrazione, presentato oggi come ‘una soluzione europea per ripristinare la fiducia tra gli Stati membri e la fiducia dei cittadini nella nostra capacità, come Unione, di gestire la migrazione’, intende dunque affrontare in modo radicale i problemi relativi a questo tema.

Cosa prevede il Nuovo Patto sull’Immigrazione? Ma, prima ancora, perché l’Unione Europea ne ha bisogno?

Il contesto: la crisi migratoria

A partire dal 2015, un numero esponenziale di richiedenti asilo o protezione internazionale ha iniziato a raggiungere il territorio UE, in particolare le coste Europee del Mediterraneo. Secondo alcuni studi, si tratta di 1.2 milioni di persone.

Gli Stati membri sono stati colti impreparati, dando così luogo ad un’emergenza - poi diventata crisi - non solo umanitaria, ma anche politica.

Infatti, mentre alcuni Governi hanno accolto i rifugiati, altri hanno chiuso le frontiere, negando supporto ai vicini sempre più in difficoltà. La situazione si è dunque sempre più esacerbata, e si protrae fino ad oggi nonostante - o forse proprio a causa - delle normative e politiche migratorie.

Il Regolamento di Dublino

Sin dal 1997, l’Unione Europea ha avuto un quadro normativo in materia di immigrazione che nel tempo è diventato un regolamento: il Regolamento di Dublino.

Esso definisce i criteri di determinazione dello Stato membro che è responsabile dell’esame delle domande di asilo. Il criterio principale è il Paese di primo ingresso: nel concreto, è responsabile della gestione delle domande di asilo l’autorità competente del primo Paese in cui un rifugiato è giunto. Questo ha causato notevoli asimmetrie nei meccanismi di gestione dei flussi migratori, poiché è logico che i Paesi responsabili sono necessariamente quelli alle frontiere esterne, nello specifico Italia, Grecia e Spagna.

Dopo il picco del 2015/2016, negli anni seguenti il numero di richiedenti asilo, pur abbassandosi, è comunque rimasto alto, e così quello delle domande che le autorità nazionali devono ancora gestire. Nonostante i numerosi tentativi di riforma del Regolamento (ad oggi nella sua III formulazione), la crisi permane.

Quali sono le cause della crisi migratoria?

Il tempo ha reso evidente che il criterio di Dublino summenzionato non riflette due valori fondamentali dell’Unione Europea: la solidarietà e la cooperazione fra Stati.

Gli Stati membri hanno infatti affrontato i flussi migratori individualmente, senza un aiuto reciproco né una politica migratoria comune. Da tempo i Governi di Italia e Grecia domandano a gran voce la riforma del Regolamento di Dublino, con la sostituzione del criterio di primo ingresso con un meccanismo più solidale, attento anche alle modalità di accoglienza e trattamento degli immigrati spesso condannati a condizioni di vita degradanti.

Tuttavia, fino ad oggi gli Stati membri non hanno ancora agito in questo senso, dimostrando la mancanza di volontà di cooperare attivamente per la risoluzione delle due crisi.

Una nuova strategia comune? Il Nuovo Patto sull’Immigrazione

Le richieste di riforma sembrano aver finalmente ricevuto ascolto, nondimeno anche a seguito della drammatica vicenda avvenuta nel campo per i rifugiati di Moria, sull’isola greca di Lesvos. Come ammesso dalla stessa Vicepresidente per la Promozione dello stile di vita europeo Margaritis Schinas, ‘È giunto il momento di mobilitarsi a favore di una politica comune europea in materia di migrazione. Il patto fornisce gli elementi mancanti del puzzle per un approccio globale alla migrazione’ e alla sua base c’è proprio la tanto auspicata cooperazione fra Stati.

Nel concreto, saranno rafforzate e velocizzate le procedure amministrative di identificazione e gestione, in modo da rinvigorire la fiducia. Inoltre, si propone di introdurre l’obbligo per gli Stati membri di agire in modo responsabile e solidale: ognuno dovrà contribuire alla solidarietà nei periodi di forte sollecitazione per contribuire a stabilizzare il sistema generale, sostenere gli Stati membri sotto pressione e garantire che l'Unione adempia ai propri obblighi umanitari attraverso un sistema di contributi flessibili. Infine, la promozione di ‘partenariati su misura e reciprocamente vantaggiosi con i Paesi terzi, al fine di affrontare le sfide comuni del traffico di migranti e riammissione’. 

Da ultimo, viene proposta una governance comune per la migrazione, un sistema comune UE per i rimpatri, e un monitoraggio rafforzato dei flussi migratori.

Prossime tappe

La parola passa adesso ai co-legislatori UE, il Consiglio e il Parlamento, che dovranno valutare la proposta della Commissione e tradurre in legge questo Nuovo Patto sull’Immigrazione.

In base alle esperienze passate, si prevede un duplice approccio alla proposta legislativa. Il Consiglio dell’Unione Europea tenterà di rendere ancora più ampi e flessibili i meccanismi di sostegno che uno Stato concede all’altro, mentre gli Europarlamentari lavoreranno per affermare ulteriori salvaguardie per i richiedenti asilo, le quali sembrano essere venute meno nella proposta di nuovo patto rispetto al quadro normativo vigente.

 

Criticità della proposta di Nuovo Patto sull’Immigrazione

Una delle maggiori problematiche attribuite alla proposta della Commissione Europea è, appunto, la previsione di un sistema di “solidarietà flessibile” tra Stati membri nella gestione dei flussi di richiedenti asilo e protezione internazionale - problematica poiché la solidarietà tra Stati membri è uno dei valori fondativi dell’Unione (come ricorda l’articolo 2 del Trattato sull’Unione Europea) e, come tale, deve essere sempre assicurata, senza che ci possano essere ‘scappatoie’. Invece, la possibilità per un Paese di evitare l’accoglienza di immigrati attraverso il supporto (“sponsor”) al rimpatrio sarebbe non solo contraria all’articolo 2, TUE, ma anche al diritto di asilo.

Infatti, flessibilità si traduce anche nella possibilità per lo Stato di scegliere di quale nazionalità si intende “sponsorizzare” il rimpatrio, e questo potrebbe finire per creare ulteriori squilibri all’interno dell’Unione.

Un altro punto critico del Nuovo Patto sarebbe, qualora fosse cristallizzato in legge, la propensione a cooperare con i Paesi terzi per favorire i rimpatri, piuttosto che rafforzare la solidarietà interna all’Unione. Infatti la volontà di creare ‘partenariati su misura...con Paesi terzi’ sembra celare l’intenzione dell’Unione di spostare la responsabilità dell’accoglienza degli immigrati all’esterno, e venire meno agli obblighi internazionali in materia.

In sostanza, queste previsioni non solo non risolverebbero il vero nodo della questione - ossia la mancanza di rispetto del valore della solidarietà - ma priverebbero della ragion d’essere il diritto di asilo, poiché i Paesi terzi potrebbero non essere luogo sicuro di ricollocazione, e perché l’Unione Europea sembra concentrare i suoi sforzi sul controllo delle frontiere e sulla ricollocazione, piuttosto che sul rafforzamento dei sistemi interni di reinsediamento[1].

Infatti, nel Continente molti Stati dispongono di sistemi di asilo inadeguati, se non totalmente irrispettosi dei diritti umani e del diritto umanitario. L’attenzione dunque dovrebbe essere posta anche su questo aspetto, in modo tale da assicurare il rispetto degli obblighi dell’UE e di ciascuno Stato membri derivanti dal diritto internazionale.

 

Comunicato stampa sul Nuovo Patto sull’Immigrazione e l’Asilo: https://ec.europa.eu/commission/presscorner/detail/it/ip_20_1706

Regolamento di Dublino: https://eur-lex.europa.eu/legal-content/IT/ALL/?uri=CELEX:32013R0604 

Eurostat, Numero record di oltre 1.2 milioni di richiedenti asilo per la prima volta nel 2015, https://ec.europa.eu/eurostat/documents/2995521/7203832/3-04032016-AP-EN.pdf/790eba01-381c-4163-bcd2-a54959b99ed6.

Le nostre infografiche

Patto sulla migrazione in 4 punti (png, 434.1 KB)

[1] reinsediamento significa trasferire un richiedente asilo da uno Stato membro a un altro; ricollocazione invece significa trasferire il medesimo soggetto da uno Stato membro a uno Stato terzo.