Agroalimentare. Gibertoni: ripensare in chiave pubblica e non privata il progetto Fico

Possibili ripercussioni ambientali e sociali dell’opera, enti locali “espropriati” dei loro poteri pianificatori

16/10/2017 12:54

Ripensare in “chiave pubblica” l’intero progetto F.I.CO. (Fabbrica Italiana Contadina) valutando delle “possibili alternative”. È l’interpellanza che la consigliera Giulia Gibertoni (M5s) rivolge alla giunta regionale.

Il progetto consiste nella realizzazione di un parco tematico riferito all’agroalimentare italiano all’interno del “Polo funzionale Caab”. La Regione Emilia-Romagna è il terzo socio di Caab dietro alla Cciaa e al Comune di Bologna, socio di maggioranza con l’80,04% di azioni.

La consigliera Gibertoni riporta come sul progetto ci siano state “riserve” formulate dai tecnici del servizio urbanistica e attuazione della Provincia: “rispetto alle aree cedute, si rileva che nella quota di verde pubblico sono state conteggiate alcune parti ricadenti all’interno di rotatorie”, “si chiede di riconsiderare l’assetto del comparto anche in termini di riduzione del dimensionamento, al fine di assicurare il rispetto degli standard e dei parametri legati alla sostenibilità ambientale e territoriale del comparto”.

Ai tecnici però era “sfuggito”, dice la consigliera, quanto già dichiarato nell’accordo di programma per la realizzazione di Fico che consente alla legislazione regionale la possibilità di “ricorrere a procedure speciali per facilitare la realizzazione di progetti privati”. I soci pubblici (Comune e Regione) oltre al patrimonio edilizio, evidenzia la consigliera, “ci mettono non soltanto gli immobili, ma soprattutto il potere dell’ente regolatore di cambiare le destinazioni d’uso delle zone e la garanzia di un percorso amministrativo senza ostacoli”.

La consigliera Gibertoni punge la giunta su questo punto chiedendo se “non ritenga la vicenda del progetto F.I.CO. pienamente anticipatrice del futuro governo del territorio e dell’urbanistica in questa regione” con l’iniziativa che rischia di essere affidata pienamente nelle mani dei privati. Gli enti locali rischieranno di essere “espropriati dalle loro proprie competenze di pianificazione ed impossibilitati a qualsiasi atto programmatorio”.

Serve anche una reale valutazione dell’impatto ambientale, dice Gibertoni, visto che “la procedura di screening del progetto ha escluso la necessità” di farla ma comunque si “prevedono 6.676.000 di visitatori all’anno di cui il 64% in auto” su un area “molto ristretta” di 5km. Nel complesso “è stato stimato un aumento di 8,8 tonnellate annue” di ossidi d’azoto e 1,6 di polveri sottili.

In conclusione la consigliera analizza anche l’impatto sociale e occupazionale che potrà esserci sul territorio, dalla “ulteriore desertificazione del centro storico” alla creazione di posti di lavoro a discapito di quelli che verranno “distrutti”.

(Giacomo Barducci)

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