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La deriva populista pericolo per l’Europa

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La deriva populista pericolo per l’Europa

Ci sono problemi che l’Europa non può più ignorare e tanto meno continuare a prendere sottogamba. Uno di questi è l’immigrazione. Che vuole dire non solo gestione di flussi apparentemente incontenibili ma anche, e soprattutto, governo di società destinate a diventare sempre più multirazziali e sempre meno omogenee. In breve, diverse.

L’una e l’altro per ora restano due monumentali tabù che però alimentano dovunque i partiti dello scontento antagonista, la crescita di formazioni anti-sistema, anti-euro, anti- Europa e anti-immigrati. Con i partiti tradizionali che o si rifugiano nella politica dello struzzo o fanno melina parlando molto ma agendo poco, i cittadini non sembrano più disposti a stare a guardare incassando i sermoni buonisti del politically correct. Tendono sempre più a votare, invece, chi li sta a sentire e promette di farsi interprete delle loro istanze e frustrazioni.

Il nuovo segno dei tempi appare ogni giorno più sonoro e invadente nella vita disorientata di quasi tutte le democrazie. Aveva avuto il grande exploit alle europee dell’anno scorso infliggendo il primo shock all’europarlamento ritrovatosi, per un quarto abbondante, euroscettico.

Da aprile in poi è stato un crescendo alle elezioni legislative, regionali, locali o presidenziali che si sono susseguite in Finlandia, Gran Bretagna, Spagna, Polonia, Germania. Domani sarà il turno della Danimarca. In autunno, Portogallo e ancora Spagna e Polonia. Dovunque c’è stata o si attende l’avanzata delle forze che vedono nell’Europa il problema e nella nazione la soluzione, ovviamente corredata da tutte le chiusure del caso, cominciando dalla questione migratoria.

Dall’europarlamento ieri è arrivato un secondo scossone. Decisamente inatteso. Marine Le Pen, leader del Front National, ha annunciato a Bruxelles la creazione del gruppo di estrema destra “Europa delle Nazioni e della Libertà” (Enf), 37 eurodeputati, provenienti da 7 diversi Paesi come da regolamento, tutti accomunati da riflessi nazionalistici, pulsioni anti-europee, anti-moneta unica e anti-immigrati.

Tra i suoi membri, prima seduti nelle fila dei Non iscritti, il partito della Libertà dell’olandese Geert Wilders, la Lega di Matteo Salvini, l’austriaco Fpo, l’ungherese Jobbik. Più un inglese e un polacco. Avere un gruppo a Strasburgo significa poter contare davvero, partecipando ai lavori delle commissioni, disponendo di maggiori tempi di parola e di fondi (circa 30 milioni nella spazio della legislatura). In concreto significa che d’ora in poi, e diversamente da quanto accaduto finora, il gruppo lepenista avrà peso e influenza nei dibattiti e nelle decisioni euro-parlamentari, anche perché potrà provare a fare squadra con gli altri euroscettici. Che abbondano e sembra stiano imparando bene il mestiere.

Tra l’EFDD di Nigel Farage, cui aderisce l’M5S di Beppe Grillo, 46 deputati, l’ECR capeggiato dai conservatori inglesi, 73 parlamentari, almeno metà dell'estrema sinistra Gue, 52 presenze tra cui il greco Syriza e lo spagnolo Podemos, e i residui 14 non iscritti, la fronda dei contestatori dell’Europa che c’è o che non c’è occupa quasi il 30% degli scranni (751).

Visto che i popolari, il gruppo maggiore, hanno perso la coesione interna che li caratterizzava e i socialisti, profondamente divisi, hanno perduto l’anima appiattendosi sulle politiche neo-liberiste dei loro rivali Ppe, estrema destra ed euro-scettici potrebbe presto avere un’influenza sui lavori parlamentari anche superiore alla loro forza effettiva. Tanto più perché, contrariamente ai loro antagonisti, vedono crescere il consenso elettorale e sono quindi in grado di condizionare, direttamente o indirettamente, anche l’azione dei Governi a livello nazionale.

Anche per questo, se restasse a lungo priva di risposte coerenti e credibili, la questione migratoria potrebbe diventare una bomba ad orologeria per il futuro delle democrazie europee. Con conseguenze che andrebbero ben oltre il balletto sulle quote di rifugiati da redistribuire. Responsabilità e solidarietà sono le due parole chiave, hanno ripetuto ieri a Lussemburgo Francia e Germania, per superare un’emergenza che rischia di durare troppo. Finora in Europa, come in Italia, si è visto poco dell’una e dell’altra.

Ma quando gli estremismi crescono in fretta dovunque, perché hanno saputo prima degli altri mettersi all’ascolto di problemi e disagi accumulati dai cittadini ma quasi sempre trascurati dai loro Governi, è il momento di cambiare linea, imparare dai propri errori e agire. Senza perdere altro tempo.

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