Sentenza n. 61 del 2024

SENTENZA N. 61

ANNO 2024

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta da:

Presidente: Augusto Antonio BARBERA;

Giudici: Franco MODUGNO, Giulio PROSPERETTI, Giovanni AMOROSO, Francesco VIGANÒ, Luca ANTONINI, Stefano PETITTI, Angelo BUSCEMA, Emanuela NAVARRETTA, Maria Rosaria SAN GIORGIO, Filippo PATRONI GRIFFI, Marco D’ALBERTI, Giovanni PITRUZZELLA, Antonella SCIARRONE ALIBRANDI,

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nel giudizio di legittimità costituzionale dell’art. 13, comma 1, della legge della Regione Lombardia 27 dicembre 2021, n. 24, recante «Disposizioni per l’attuazione della programmazione economico-finanziaria regionale, ai sensi dell’articolo 9 ter della l.r. 31 marzo 1978, n. 34 (Norme sulle procedure della programmazione, sul bilancio e sulla contabilità della Regione) - Collegato 2022», promosso dal Presidente del Consiglio dei ministri con ricorso notificato il 25 febbraio 2022, depositato in cancelleria il 4 marzo 2022, iscritto al n. 22 del registro ricorsi 2022 e pubblicato nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 15, prima serie speciale, dell’anno 2022.

Visto l’atto di costituzione della Regione Lombardia;

udito nell’udienza pubblica del 20 marzo 2024 il Giudice relatore Stefano Petitti;

uditi l’avvocato dello Stato Giancarlo Caselli per il Presidente del Consiglio dei ministri e l’avvocato Andrea Manzi per la Regione Lombardia;

deliberato nella camera di consiglio del 20 marzo 2024.

Ritenuto in fatto

1.– Con ricorso notificato il 25 febbraio 2022 e depositato il successivo 4 marzo (reg. ric. n. 22 del 2022), il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, ha promosso questioni di legittimità costituzionale dell’art. 13, comma 1, della legge della Regione Lombardia 27 dicembre 2021, n. 24, recante «Disposizioni per l’attuazione della programmazione economico-finanziaria regionale, ai sensi dell’articolo 9 ter della l.r. 31 marzo 1978, n. 34 (Norme sulle procedure della programmazione, sul bilancio e sulla contabilità della Regione) - Collegato 2022», in riferimento all’art. 117, secondo comma, lettere e) e s), della Costituzione.

1.1.– Il ricorrente riferisce che l’articolo impugnato ha modificato l’art. 47 della legge della Regione Lombardia 12 dicembre 2003, n. 26 (Disciplina dei servizi locali di interesse economico generale. Norme in materia di gestione dei rifiuti, di energia, di utilizzo del sottosuolo e di risorse idriche), introducendo una serie di previsioni relative alla delimitazione degli ambiti territoriali ottimali (ATO) per lo svolgimento delle attività del servizio idrico integrato (SII).

In particolare, l’art. 47 della legge reg. Lombardia n. 26 del 2003, come modificato, prevede oggi che gli ATO non coincidano più necessariamente con i confini amministrativi delle province lombarde e della Città metropolitana di Milano (comma 1), e che questi possano essere «perimetrati con riferimento ai confini amministrativi delle comunità montane, anche su proposta dei comuni, al fine di migliorare la gestione del servizio idrico integrato secondo criteri di efficienza, efficacia ed economicità» (comma 1-bis), anche tenuto conto di alcuni parametri elencati nello stesso comma. Le ulteriori previsioni introdotte dalla disposizione impugnata disciplinano, poi, i contenuti della proposta di individuazione del nuovo ATO, su cui si pronuncia, con deliberazione, la Giunta regionale (comma 1-ter) e gli adempimenti posti a carico dell’ufficio d’ambito neocostituito, in vista dell’indennizzo cui questi è tenuto, a favore del soggetto gestore del servizio nel territorio dei comuni transitati nel nuovo ATO, per gli «investimenti effettuati nei predetti comuni per la parte non ancora ammortizzata dagli introiti tariffari» (comma 1-quater).

2.– Secondo il ricorrente, le disposizioni introdotte dall’art. 13 della legge reg. Lombardia n. 24 del 2021 violerebbero i parametri costituzionali di cui all’art. 117, secondo comma, lettere e) e s), Cost., cui questa Corte avrebbe costantemente ricondotto la materia in questione, perché si porrebbero «in contrasto con la disciplina nazionale e, in particolare, con i presupposti di applicazione della deroga delle dimensioni definite dalla legislazione statale», come attualmente disciplinati dall’art. 147 del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152 (Norme in materia ambientale) e dall’art. 3-bis del decreto-legge 13 agosto 2011, n. 138 (Ulteriori misure urgenti per la stabilizzazione finanziaria e per lo sviluppo), convertito, con modificazioni, nella legge 14 settembre 2011, n. 148.

Secondo tale normativa, l’individuazione degli enti di governo d’ambito dovrebbe avvenire «con delibera» delle regioni (art. 147, comma 1, cod. ambiente), ma queste non sarebbero «del tutto libere di modificare gli ambiti territoriali a loro piacimento», sia perché la dimensione degli ATO «di norma deve essere non inferiore almeno a quella del territorio provinciale» (art. 3-bis del d.l. n. 138 del 2011, come convertito), sia perché l’eventuale deroga dovrebbe rispettare i criteri costituiti dall’unità del bacino idrografico, dalla unicità e dall’adeguatezza delle dimensioni gestionali (art. 147, comma 2, cod. ambiente). In tal caso, le regioni dovrebbero pur sempre motivare la scelta «in base a criteri di differenziazione territoriale e socio-economica e in base a principi di proporzionalità, adeguatezza ed efficienza rispetto alle caratteristiche del servizio, anche su proposta dei comuni» (art. 3-bis, comma 1, d.l. n. 138 del 2011, come convertito).

Se pure alle regioni, quindi, fosse consentito derogare alla disciplina statale sulle dimensioni ottimali degli ambiti territoriali, ciò dovrebbe comunque avvenire «nel rispetto del modulo procedimentale e dei criteri fissati dalla legislazione stessa, motivando la scelta compiuta in modo da garantire la controllabilità della discrezionalità esercitata nelle competenti sedi giurisdizionali» (è richiamata la sentenza di questa Corte n. 173 del 2017).

Il legislatore lombardo, con le disposizioni impugnate, avrebbe invece finito per assimilare, in linea generale, le comunità montane alle province, quale ambito preferenziale per la gestione del servizio idrico integrato, con il rischio di frammentarne le condizioni di svolgimento, in contrasto con l’apprezzamento operato dal legislatore statale. Quest’ultimo, infatti, ha individuato la dimensione ottimale dell’ATO nel livello provinciale, in vista sia del perseguimento di obiettivi di tutela ambientale, sia di apertura al mercato in ragione del contenimento dei costi di gestione (sono richiamate le sentenze di questa Corte n. 160 del 2016 e n. 134 del 2013).

Inoltre, per il fatto di aver previsto una «fattispecie del tutto innovativa» di portata generale, consistente nell’ATO delimitato territorialmente con riferimento ai confini amministrativi delle comunità montane e di averne assoggettato l’istituzione a un «apposito procedimento amministrativo svolto caso per caso», la Regione avrebbe invertito il rapporto tra regola ed eccezione previsto dalla normativa statale, «codifica[ndo] […] la possibilità di modificare la delimitazione degli ATO nei territori montani, individuandone di nuovi, aventi dimensione anche diversa, e verosimilmente inferiore, rispetto a quella provinciale».

3.– Con atto depositato il 21 marzo 2022, si è costituita in giudizio la Regione Lombardia, in persona del Presidente della Giunta regionale, chiedendo che le questioni siano dichiarate inammissibili e, comunque, non fondate.

3.1.– Il ricorso sarebbe, innanzi tutto, inammissibile per genericità, carenza e contraddittorietà della motivazione.

Nella ricostruzione del quadro normativo statale e regionale e nell’illustrazione dei motivi di doglianza, infatti, il ricorrente non avrebbe né chiarito se le disposizioni statali assunte a parametro interposto consentano o meno alle regioni di delimitare gli ATO su base diversa dai confini provinciali, né avrebbe adeguatamente esplicitato le ragioni della presunta illegittimità costituzionale delle disposizioni impugnate. Tali carenze, peraltro, non sarebbero rimediabili per effetto del richiamo alla sentenza di questa Corte n. 173 del 2017, attesa la diversità tra la fattispecie in esame e quella allora scrutinata.

Infine, benché il ricorso sia rivolto contro l’intero contenuto dell’art. 13, comma 1, della legge reg. Lombardia n. 24 del 2021, le censure specificamente formulate dal ricorrente investirebbero unicamente i nuovi commi 1-bis e 1-ter, introdotti dalla disposizione impugnata nel corpo dell’art. 47 della legge reg. Lombardia n. 26 del 2003.

3.2.– Nel merito, la difesa regionale evidenzia come, con le disposizioni impugnate, nel rispetto di quanto previsto dalle norme di principio statali, la Regione Lombardia non abbia individuato con legge nuovi ATO sub-provinciali, non essendo stato «attratto alla sfera legislativa – con una previsione di carattere particolare e concreto – quanto affidato dalla disciplina statale ad atto deliberativo della Regione quale autorità amministrativa competente in merito».

La previsione di parametri regionali ad hoc per l’istituzione di ATO in aree montane si giustifica, pertanto, alla luce dell’opportunità di adeguare in modo dettagliato alcuni profili organizzativi del servizio al contesto territoriale di riferimento, in vista del miglioramento della gestione del SII secondo i medesimi criteri di efficienza, efficacia ed economicità previsti dall’art. 147, comma 2, cod. ambiente.

Ciò dovrebbe ritenersi consentito sia in ragione della possibilità, per le regioni, di tutelare più intensamente la concorrenza (è richiamata la sentenza di questa Corte n. 231 del 2020), sia, soprattutto, perché la dimensione minima del nuovo ATO così individuato (75.000 abitanti) dovrebbe ritenersi sufficiente a scongiurare la frammentazione del servizio e, di conseguenza, l’efficienza della relativa gestione.

Alla luce del richiamo, nelle disposizioni impugnate, ai principi e ai criteri contenuti nella normativa statale interposta, la difesa regionale osserva che quella introdotta dal legislatore lombardo non sarebbe una «nuova tipologia di deroga/gestione autonoma del servizio idrico integrato», trattandosi di una possibilità di delimitazione di nuovi «ATO montani», la cui individuazione resterebbe affidata a una delibera della Giunta regionale che, per il fatto di dover motivare la scelta compiuta, non pregiudicherebbe la possibilità del controllo in sede giurisdizionale della discrezionalità esercitata nel corso del relativo procedimento.

La scelta di perimetrare gli ATO solo in contesti montani, inoltre, risponderebbe alla necessità di contrastare gli squilibri demografici, sociali, economici e territoriali, che affliggono le zone montane, coerentemente con le finalità indicate dalla legge della Regione Lombardia 15 ottobre 2007, n. 25 (Interventi regionali in favore della popolazione dei territori montani), senza con ciò frammentare la gestione del servizio idrico.

Al contrario, osserva ancora la difesa regionale, la disposizione impugnata mirerebbe proprio a «garantire il superamento definitivo della frammentazione del servizio», ovvero la cessazione del perdurare di gestioni in economia da parte dei comuni. Il criterio della perimetrazione su base provinciale, infatti, sarebbe previsto unicamente dall’art. 3-bis del d.l. n. 138 del 2011, come convertito, relativamente alla generalità dei servizi pubblici locali a rete di rilevanza economica, mentre l’art. 147, comma 2, lettera a), cod. ambiente, con specifico riguardo agli ATO cui è demandata la gestione del SII, adotterebbe un «criterio di perimetrazione sulla base della morfologia idrografica del territorio».

Ne deriverebbe, secondo la Regione, che la prevalenza del criterio di perimetrazione su base provinciale andrebbe verificato alla luce dei «[p]rincipi sulla produzione del diritto ambientale», di cui all’art. 3-bis del d.lgs. n. 152 del 2006.

3.3.– Con una prima istanza depositata il 16 dicembre 2022, successivamente riproposta il 15 maggio 2023, la Regione Lombardia ha chiesto che venissero rinviate le udienze pubbliche fissate, rispettivamente, per il 10 gennaio e per il 20 giugno 2023, al fine di consentire la definizione delle interlocuzioni che la stessa Regione aveva già avviato con il Governo e che avrebbero condotto alla stesura di una modifica della disposizione impugnata. La successiva udienza pubblica è stata pertanto fissata per il 20 marzo 2024.

4.– Con memoria depositata il 16 febbraio 2024, la difesa regionale ha dato conto dello ius superveniens costituito dall’art. 19 della legge della Regione Lombardia 14 novembre 2023, n. 4 (Legge di revisione normativa ordinamentale 2023), che ha modificato significativamente la disciplina della materia contenuta nell’art. 47 della legge reg. Lombardia n. 26 del 2003, sostituendo, in particolare, i commi 1-bis e 1-ter della medesima disposizione.

Alla luce della mancata applicazione medio tempore delle disposizioni oggetto di impugnazione e del fatto che lo ius superveniens avrebbe avuto «efficacia satisfattiva rispetto alle ragioni del ricorrente», la difesa della Regione Lombardia ha pertanto chiesto a questa Corte di dichiarare la cessazione della materia del contendere.

La richiesta è stata reiterata nel corso dell’udienza pubblica del 20 marzo 2024 e ad essa ha aderito l’Avvocatura generale dello Stato.

Considerato in diritto

1.– Con ricorso notificato il 25 febbraio 2022 e depositato il successivo 4 marzo (reg. ric. n. 22 del 2022), il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, ha promosso questioni di legittimità costituzionale dell’art. 13, comma 1, della legge reg. Lombardia n. 24 del 2021, in riferimento all’art. 117, secondo comma, lettere e) e s), Cost.

1.1.– Secondo il ricorrente, la disposizione impugnata, per il fatto di consentire che il perimetro degli ATO per lo svolgimento del servizio idrico integrato in Lombardia sia fissato, in alternativa al criterio corrispondente ai confini del territorio delle province e della Città metropolitana di Milano, sulla base dei confini amministrativi delle comunità montane, contrasterebbe con i richiamati parametri costituzionali e, in particolare, violerebbe i parametri interposti costituiti dall’art. 147, comma 2, cod. ambiente e dall’art. 3-bis del d.l. n. 138 del 2011, come convertito.

Infatti, la prefigurazione di un criterio di delimitazione degli ATO incentrato sul perimetro delle comunità montane non rispetterebbe le disposizioni statali richiamate e, più specificamente, si porrebbe in contrasto con i presupposti di applicazione della deroga alle dimensioni territoriali degli ambiti in questione, che di norma coincidono con i confini amministrativi delle province. Tale scelta, da un lato, favorirebbe la frammentazione del servizio e, dall’altro, potrebbe vanificare l’effetto utile della gestione unitaria di territori di dimensioni adeguate.

2.– Prima di esaminare le eccezioni di inammissibilità del ricorso avanzate dalla difesa regionale e di entrare, eventualmente, nel merito delle censure, è necessario vagliare la portata e gli effetti sul presente giudizio dello ius superveniens rappresentato dall’art. 19 della legge reg. Lombardia n. 4 del 2023, con cui è stata interamente sostituita la disciplina introdotta dalla disposizione impugnata.

2.1.– L’art. 13, comma 1, della legge reg. Lombardia n. 24 del 2021, impugnato nel presente giudizio, aveva modificato l’art. 47 della legge reg. Lombardia n. 26 del 2003 introducendo un criterio alternativo di delimitazione territoriale degli ATO del servizio idrico integrato in Lombardia, incentrato sulla tendenziale compresenza, a fianco di ambiti perimetrati sui territori delle province e della Città metropolitana di Milano, di specifici ATO corrispondenti ai confini amministrativi delle comunità montane.

L’affiancamento di questo duplice criterio di localizzazione territoriale si evinceva chiaramente dal tenore letterale della disposizione impugnata, allorché questa, innanzi tutto, aveva modificato il primo periodo del comma 1 del richiamato art. 47, stabilendo che, da quel momento in avanti, gli ATO del SII in Lombardia corrispondevano solamente «di norma» ai confini amministrativi delle province lombarde e della Città metropolitana di Milano.

La disciplina introdotta ai commi 1-bis e seguenti della medesima disposizione dimostrava ulteriormente come i criteri e i presupposti per l’individuazione dei nuovi ATO montani, pur se finalizzati a «eccezionalmente modificare, nei territori montani, le delimitazioni degli ATO di cui al comma 1», prefiguravano in verità un meccanismo alternativo di individuazione, affidato a requisiti di portata generale quali i «criteri di differenziazione territoriale e socio-economica», i «principi di proporzionalità, adeguatezza ed efficienza rispetto alle caratteristiche del servizio», nonché i parametri legati al numero minimo di abitanti nel nuovo ATO e in quello che residua dallo scorporo (75.000) e il «non pregiudizio per l’assetto e la funzionalità dell’ATO».

2.2.– A seguito dell’entrata in vigore dell’art. 19 della legge reg. Lombardia n. 4 del 2023, che al comma 1, lettera b), numeri 2) e seguenti, ha sostituito i commi 1-bis e 1-ter e modificato il comma 1-quater dell’art. 47 della legge reg. Lombardia n. 26 del 2003, originariamente introdotti dalla disposizione oggetto delle odierne censure, il legislatore lombardo ha optato per una diversa soluzione legislativa nella materia in questione.

Per un verso, infatti, ha ripristinato l’originaria formulazione del richiamato art. 47, eliminando l’inciso «di norma» quanto alla corrispondenza degli ATO del SII con le province e la Città metropolitana di Milano, che torna pertanto ad essere il criterio ordinario di delimitazione degli ATO lombardi.

Per altro verso, e conseguentemente, il nuovo comma 1-bis del medesimo art. 47 non detta più una procedura volta a consentire, in linea generale, l’istituzione di appositi ATO montani, ma provvede direttamente a modificare il perimetro di uno specifico ambito territoriale, quello di Brescia, così da istituire l’ATO di Valle Camonica, «coincidente con i confini amministrativi della Comunità montana di Valle Camonica» e a regolarne le procedure istitutive e i presupposti di operatività.

3.– A fronte di tale novum legislativo, non oggetto di impugnazione ai sensi dell’art. 127 Cost., la difesa della Regione Lombardia ha chiesto che venga dichiarata la cessazione della materia del contendere, atteso che le modifiche apportate all’art. 47 della legge reg. Lombardia n. 26 del 2003 avrebbero carattere satisfattivo delle pretese avanzate dal ricorrente e la normativa oggetto di impugnazione non avrebbe avuto applicazione durante il periodo della sua vigenza.

3.1.– Entrambi i requisiti, richiesti dalla costante giurisprudenza di questa Corte affinché venga dichiarata la cessazione della materia del contendere (sentenze n. 223 e n. 80 del 2023, n. 222 e n. 92 del 2022; ordinanza n. 96 del 2023), devono ritenersi effettivamente sussistenti.

Non può dubitarsi, innanzi tutto, che le disposizioni oggetto di impugnazione non abbiano avuto applicazione durante il periodo della loro vigenza, come è dimostrato dal mancato avvio del procedimento amministrativo volto a consentire il distacco di un ATO montano da uno già esistente, ai termini e per gli effetti di cui al comma 1-bis dell’art. 47 della legge reg. Lombardia n. 26 del 2003, come introdotto dall’art. 13, comma 1, lettera b), della legge reg. Lombardia n. 24 del 2021. Che tali procedimenti non siano stati avviati è comprovato, inoltre, dalla nota del 5 febbraio 2024 della Direzione generale enti locali, montagna, risorse energetiche, utilizzo risorsa idrica della Regione Lombardia, depositata in giudizio dalla Regione e il cui contenuto non è stato contestato dal ricorrente.

Né sussistono ragioni, poi, per ritenere che le modifiche legislative sopravvenute non abbiano carattere satisfattivo rispetto alle specifiche doglianze contenute nel ricorso introduttivo.

A fondamento di quest’ultimo, infatti, vi era la constatazione che il vulnus apportato ai dedotti parametri costituzionali e interposti originava dalla scelta del legislatore lombardo di individuare un criterio alternativo, di portata generale, per l’individuazione del perimetro degli ATO del servizio idrico integrato, tale – secondo le parole stesse del ricorso – da «assimilare le stesse comunità montane alle province per quanto concerne l’applicazione delle relative disposizioni».

Venuto meno tale criterio di portata generale e introdotta, al suo posto, una specifica e puntuale previsione, di carattere sostanzialmente provvedimentale, volta all’istituzione dell’ATO di Valle Camonica, deve ritenersi che anche le originarie doglianze governative siano corrispondentemente venute meno, attesa la strutturale diversità tra le due discipline e, con essa, il sostanziale soddisfacimento delle pretese avanzate col ricorso introduttivo.

Del resto, l’Avvocatura generale dello Stato ha aderito, in udienza, alla richiesta della difesa regionale.

4.– Deve, pertanto, essere dichiarata la cessazione della materia del contendere.

Per Questi Motivi

LA CORTE COSTITUZIONALE

dichiara cessata la materia del contendere in ordine alle questioni di legittimità costituzionale dell’art. 13, comma 1, della legge della Regione Lombardia 27 dicembre 2021, n. 24, recante «Disposizioni per l’attuazione della programmazione economico-finanziaria regionale, ai sensi dell’articolo 9 ter della l.r. 31 marzo 1978, n. 34 (Norme sulle procedure della programmazione, sul bilancio e sulla contabilità della Regione) - Collegato 2022», promosse, in riferimento all’art. 117, secondo comma, lettere e) e s), della Costituzione, dal Presidente del Consiglio dei ministri con il ricorso indicato in epigrafe.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 20 marzo 2024.

F.to:

Augusto Antonio BARBERA, Presidente

Stefano PETITTI, Redattore

Valeria EMMA, Cancelliere

Depositata in Cancelleria il 18 aprile 2024