Università Cattolica del Sacro Cuore

Il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza: il Piano in 6 punti

a cura dell’Osservatorio sui Conti Pubblici Italiani

6 maggio 2021

Il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR) è stato inviato dal governo Draghi alla Commissione Europea il 30 aprile. Questa nota commenta 6 aspetti del piano:

  1. Diverse cifre sono circolate riguardo l’ammontare complessivo del piano (200, 235, 248 miliardi). La nota spiega come differiscono (paragrafo 1).
  2. Sebbene le risorse rese disponibili dall’UE siano diminuite, il PNRR Draghi è un po’ più ampio di quello di Conte anche perché si sono confermate spese che il PNRR Conte considerava ancora come incerte. A fronte di questi c’è un maggiore indebitamento verso i mercati finanziari. Le principali differenze nella distribuzione delle risorse tra il PNNR Draghi e quello Conte riguardano la spesa per innovazione, trasporti ed energia verde e istruzione (paragrafo 2).
  3. L’impatto dell’attuale piano sul Pil nei prossimi anni (2021-2026) è stato rivisto al rialzo rispetto al piano presentato dal governo Conte, non tanto per la maggiore spesa, ma per la diversa composizione della stessa (paragrafo 3).
  4. La struttura del piano appare molto frammentata (107 investimenti su un totale di 162 sono sotto il miliardo di euro). Ciò potrebbe creare difficoltà nell’implementazione e nel monitoraggio (paragrafo 4).
  5. Sebbene i finanziamenti per il piano siano disponibili solo temporaneamente, molti degli interventi previsti comporteranno un aumento permanente delle spese di gestione (paragrafo 5).
  6. Per gli investimenti e le riforme settoriali mancano ancora informazioni cruciali, compreso sui tempi di implementazione. Queste informazioni saranno contenute nelle “schede tecniche”, ancora non disponibili (paragrafo 6).

La nota è stata ripresa da Repubblica in questo articolo del 7 maggio 2021.

* * *

Le risorse del PNRR

Sono circolate diverse cifre sul totale delle risorse messe a disposizione per il PNRR, l’ultima delle quali, riportata dal Presidente Draghi nelle sue relazioni al Parlamento, era di 248 miliardi. In precedenza, era stato indicato un totale di circa 200 miliardi e uno di 235 miliardi. Facciamo chiarezza su queste cifre. Si tratta di diverse combinazioni di varie fonti di finanziamento. In particolare:

  1. La cifra di circa 200 miliardi (più precisamente 204,5) si riferisce ai finanziamenti resi disponibili all’Italia dall’Unione Europea tramite il programma Next Generation EU (NGEU) attraverso due strumenti: (i) 191,5 miliardi della Recovery and Resilience Facility (RRF, il principale strumento di finanziamento previsto dal NGEU), erogati come prestiti (122,6 miliardi) o finanziamenti a fondo perduto (68,9 miliardi); (ii) 13 miliardi del React-EU, la seconda componente del NGEU che consiste interamente di finanziamenti a fondo perduto; [1]
  2. La cifra di 235 miliardi si riferisce alle risorse per il PNRR e comprende, oltre ai 204,5 miliardi riportati al precedente punto, 30,6 miliardi derivanti da un “fondo complementare”, interamente a carico della finanza pubblica nazionale;[2]
  3. La cifra di 248 miliardi citata recentemente da Draghi comprende una parte dei finanziamenti europei, ossia i 191,5 miliardi di risorse della RRF, e delle somme principalmente a carico della finanza pubblica, cioè i 30,6 miliardi della programmazione complementare al PNRR (vedi punto precedente) e un ulteriore stanziamento di 26 miliardi per alcuni investimenti specifici (ad esempio l’AV Salerno - Reggio Calabria), finanziati dallo Stato e dai fondi strutturali dell’Unione Europea. Le risorse di quest’ultima fonte non sono inserite nella programmazione del PNRR, probabilmente perché i relativi progetti avrebbero un orizzonte temporale più lungo degli altri (2032 contro 2026). Non sono invece compresi (anche se non è chiaro il perché) i 13 miliardi disponibili tramite il programma React-EU.

Draghi v. Conte: differenze nelle risorse disponibili e nel loro uso

La versione del governo Draghi prevede, come detto, spese per 235 miliardi, 12 miliardi in più di quella del governo Conte (223 miliardi). Da dove vengono questi 12 miliardi? Per capirlo occorre considerare che il governo precedente prevedeva finanziamenti dal NGEU per un importo un po’ più alto di quello ora previsto (209,5 miliardi, invece che 204,5 miliardi) e che aveva incluso anche un margine di 14 miliardi che sarebbe stato o finanziato in parte con fondi privati (si parlava di Public-Private Partnerships) oppure ridotto se l’Unione Europea avesse rigettato alcuni progetti. La versione più recente, invece, rende esplicito che il PNRR sarà finanziato anche da 30,6 miliardi di maggior debito pubblico, coprendo quindi la perdita di 5 miliardi di minori finanziamenti europei, i 14 miliardi che il governo Conte aveva lasciato in sospeso e aggiungendo, in termini netti, altri 12 miliardi. Questo senza contare l’aggiunta di altri 26 miliardi indicata al punto (c) sopra.

Vediamo ora come l’uso delle risorse è cambiato tra i due documenti. Non ci sono state significative revisioni nella distribuzione delle risorse, fatta eccezione per 4 componenti (tav.1):

  1. Missione 1 componente 2 (Digitalizzazione, innovazione e sicurezza della PA), per la quale il nuovo piano stanzia circa 4 miliardi di euro in più, imputabili prevalentemente alle misure per la banda larga (+3 miliardi) e investimenti in tecnologie satellitari ed economia spaziale (+1 miliardo);
  2. Missione 2 componente 2 (Transizione energetica e mobilità sostenibile), per il quale il nuovo piano prevede maggiori investimenti per poco più di 7 miliardi, relativi a maggiori risorse dedicate ai trasporti verdi (+ 2 miliardi) e allo sviluppo di energie rinnovabili (+5 miliardi);
  3. Missione 2 componente 3 (Efficienza energetica e riqualificazione degli edifici), per il quale nel nuovo piano c’è una sostanziale riduzione degli investimenti dedicati all’efficientamento degli edifici pubblici (-7 miliardi) mentre restano invariate le risorse per quanto riguarda Ecobonus e Sismabonus;
  4. Missione 4 componente 1 (Potenziamento delle competenze e diritto allo studio), per il quale il nuovo piano stanzia 4 miliardi in più rispetto a quello di gennaio, relativamente allo sviluppo delle competenze STEM (Science, Technology, Engineering, Math) e per la ricerca.

Quindi, riassumendo, ci sono 15 miliardi in più di spese per innovazione, trasporti e energia verde e istruzione, a cui si aggiungono 4 miliardi in più di spese. Queste maggiori spese per 19 miliardi sono finanziate da meno risorse per l’efficientamento degli edifici pubblici (7 miliardi) e da un aumento complessivo della spesa per i citati 12 miliardi.

Tav.1: Confronto tra PNRR

(valori in miliardi)

FONTI DI FINANZIAMENTO

PNRR APR. 21

PNRR GEN. 21

Differenza PNRR aprile - PNRR Gen

 

DIGITALIZZAZIONE, INNOVAZIONE, COMPETITIVITÀ E CULTURA

49,86

46,18

3,68

 

Digitalizzazione, innovazione e sicurezza nella P.A.

11,15

11,4

-0,25

 

Digitalizzazione, innovazione e competitività del sistema produttivo

30,57

26,7

3,87

 

Turismo e Cultura 4.0

8,13

8

0,13

 

RIVOLUZIONE VERDE E TRANSIZIONE ECOLOGICA

69,94

68,9

1,04

 

Impresa Verde ed Economia Circolare

6,97

6,3

0,67

 

Transizione energetica e mobilità locale sostenibile

25,36

18,2

7,16

 

Efficienza energetica e riqualificazione degli edifici

22,24

29,3

-7,06

 

Tutela e valorizzazione del territorio e della risorsa idrica

15,37

15,0

0,37

 

INFRASTRUTTURE PER UNA MOBILITÀ SOSTENIBILE

31,46

31,98

-0,52

 

Alta velocità ferroviaria e manutenzione stradale 4.0

27,97

28,30

-0,33

 

Intermodalità e logistica integrate

3,49

3,70

-0,21

 

ISTRUZIONE E RICERCA

33,81

28,49

5,32

 

Potenziamento delle competenze e diritto allo studio

20,89

16,70

4,19

 

Dalla ricerca all'impresa

12,92

11,80

1,12

 

INCLUSIONE E COESIONE

29,83

27,62

2,21

 

Politiche per il Lavoro

12,63

12,60

0,03

 

Infrastrutture sociali, famiglie, comunità e terzo settore

12,79

10,80

1,99

 

Interventi speciali di coesione territoriale

4,41

4,20

0,21

 

SALUTE

20,23

19,72

0,51

 

Assistenza di prossimità e telemedicina

9,00

7,90

1,10

 

Innovazione, ricerca e digitalizzazione dell'assistenza sanitaria

11,23

11,80

-0,57

 

TOTALE

235,12

222,90

12,22

 

Fonte: dati PNRR aprile 2021, eventuali imprecisioni derivano da arrotondamenti.

Draghi v. Conte: l’impatto sull’economia

Rispetto alla bozza del governo Conte, l’impatto sul Pil nei prossimi anni (2021-2026) è stato rivisto al rialzo. Questa revisione è dovuta per minima parte alle maggiori dimensioni del piano, riflettendo soprattutto le diverse caratteristiche dei progetti contenuti in esso. In particolare, nel 2026 il Pil dovrebbe essere di 3,6 punti maggiore rispetto allo scenario ipotetico in assenza del piano, contro il 3,0 per cento del piano precedente (Fig. 1).[3]

Nel complesso, il moltiplicatore implicito in questi effetti sul Pil sarebbe pari a 1,2, contro l’1 circa della precedente versione. Entrambi questi moltiplicatori sono relativamente alti e motivati dalla natura dei progetti finanziati (investimenti) e dall’ipotesi sottostante di una spesa efficiente. Secondo il PNRR, se si allentasse quest’ultimo assunto il moltiplicatore sarebbe inferiore. In base alle stime di uno studio della Banca d’Italia riportato all’interno dello stesso piano, questo potrebbe scendere fino a 0,7. Di conseguenza, in quest’ultimo scenario di minor efficienza, il Pil nel 2026 sarebbe più alto di soli 1,8 punti. 

Frammentazione

Il PNRR è molto frammentato, il che potrebbe creare alcune criticità per quanto riguarda l’implementazione e il monitoraggio. Si tratta di 162 investimenti, di cui 107 sono sotto il miliardo di euro; la dimensione media dei progetti è di 1,3 miliardi, quella mediana di 650 milioni (Fig. 2).

Tra i pochi grandi interventi previsti troviamo il piano Transizione 4.0 (18 miliardi, cioè la proroga con modifiche delle misure di Industria 4.0) e i finanziamenti di Ecobonus e Sismabonus (18 miliardi, cioè la proroga con modifiche del Superbonus 110 per cento introdotto nel 2020). Gli investimenti di dimensione minore a 3 miliardi ammontano complessivamente a 125 miliardi circa.

Implicazioni per la spesa pubblica nel lungo termine

In linea di principio il PNRR dovrebbe comprendere spese di carattere temporaneo, in corrispondenza di finanziamenti disponibili solo temporaneamente. In realtà, molti degli interventi previsti comporteranno un aumento delle spese di gestione, soprattutto spese per il personale, che avranno carattere permanente (anche le assunzioni nel settore pubblico che sono formalmente previste essere temporanee di prassi hanno poi portato ad assunzioni di fatto permanenti) e che non sono esplicitamente considerate nella stima dei costi. Una quantificazione di tali maggiori spese non è possibile, ma non è certo trascurabile. Ci sono assunzioni nelle aree di pubblica sicurezza e polizia giudiziaria dedicata ai crimini informatici, nel personale per la riduzione dell’arretrato giudiziario, nel settore sanitario per rafforzare le strutture per la cura intermedia, nuovi ispettori del lavoro per il contrasto al lavoro sommerso, un team per il supporto alla trasformazione della PA locale. Vi sono inoltre numerose misure per cui non viene esplicitamente dichiarata l’intenzione di assumere nuove risorse ma che necessariamente comporteranno spese ulteriori per il personale per l’operatività delle strutture (soprattutto servizi educativi aggiuntivi, come asili, palestre e mense) e per l’erogazione di servizi sociali a supporto delle comunità locali.

Specificità: in attesa delle “schede”

In generale la parte inerente alle riforme orizzontali (PA e giustizia) e abilitanti (semplificazione e concorrenza) risulta ben dettagliata, molto più di quanto presente nella versione del PNRR di inizio anno: nella maggior parte dei casi si presentano chiaramente obiettivi, strumenti e tempistiche per la realizzazione. In particolare, riguardo le tempistiche molti processi legislativi saranno avviati già nel corso del 2021. Ciò non è altrettanto vero per gli investimenti e le riforme settoriali previsti all’interno delle missioni. Infatti, per molti di essi non è presente alcun orizzonte temporale mentre per altri vi è solo un generico riferimento coincidente con la durata del piano (2021-2026).

Il problema è che non sono ancora state rese disponibili (forse perché in corso di negoziazione con la Commissione Europea) le “schede” che dovranno necessariamente indicare le azioni che, a una data scadenza, daranno luogo all’erogazione dei pagamenti. Solo tali schede consentiranno di dare un pieno giudizio su qualità e fattibilità del PNRR. 

 

[1] Quest’ultima cifra è stata rivista leggermente al ribasso rispetto a quella contenuta nella bozza del PNRR circolata a gennaio dal governo Conte 2 (209,5 miliardi) perché l’ammontare di prestiti ottenibili con la RRF è stato ridotto di circa 5 miliardi. Vedi: https://osservatoriocpi.unicatt.it/cpi-archivio-studi-e-analisi-tutto-quello-che-avreste-voluto-sapere-sul-recovery-fund

[2] L’Italia non è l’unico paese europeo ad integrare le risorse europee con risorse proprie. La Francia, ad esempio, ha elaborato un piano da 100 miliardi, di cui ben 60 provenienti dalla finanza pubblica nazionale.

[3] L’analisi d’impatto del piano (p. 247 e seguenti) valuta l’effetto del PNRR considerando le risorse utilizzate per nuova spesa (182,7 miliardi) ed escludendo quelle che saranno utilizzate per finanziare progetti già programmati. L’effetto di questi 182,7 miliardi è quindi valutato anno per anno rispetto ad uno scenario ipotetico in cui questa spesa non si materializza. Si noti che, approssimativamente, il moltiplicatore viene calcolato confrontando la spesa aggiuntiva rispetto alla baseline (i 182,7 miliardi) con la somma cumulata del maggiore Pil rispetto alla baseline (circa 230 miliardi).

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