
Sotto l’egida dell’obbligo costituzionale della promozione dello sviluppo della cultura e della ricerca scientifica e tecnica, libere nell’insegnamento, libere nella ricerca, già per ciò solo necessariamente ispirate ad un principio di laicità, principio che deve convivere con il pluralismo, ma non è da esso non messo in pericolo, unico principio che può effettivamente garantire la libertà della ricerca e dell’insegnamento, rafforzato dal divieto di oneri per lo stato a favore di enti e privati che intervengono nel settore educativo, titolari di un “diritto a darsi ordinamenti autonomi nei limiti stabiliti dalle leggi dello stato”, e ciò nell’obiettivo di permettere ai capaci e ai meritevoli di raggiungere i gradi più alti dello studio, contribuendo al libero sviluppo della persona umana e all’effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all’organizzazione politica economica e sociale del Paese: questo è lo statuto delle università nell’ordinamento costituzionale italiano. Per le Università non basta dunque parlare di autonomia secondo gli schemi tradizionali, se non la si collega, tota lege perspecta, da un lato alle complessive finalità costituzionali, dall’altro, a quelle specifiche del mondo universitario e della dimensione sociale delle nostre istituzioni. Ma proviamo a dipanare i fili di un’analisi che, anche dal punto di vista delle disposizioni costituzionali coinvolte, senza inoltrarsi in questa sede nell’esame della legislazione ordinaria, si rivela, se non complicata, comunque estremamente articolata… (segue)
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