Intelligenza artificiale e parità di genere: opportunità, rischi e prospettive
L’intelligenza artificiale (IA) non è solo una tecnologia, ma una forza trasformativa che sta riscrivendo le regole del gioco in molti settori. Tuttavia, questa stessa tecnologia può diventare uno specchio amplificato delle disuguaglianze già esistenti nella società. Alcune forme di discriminazione generate dall’IA sono evidenti e facili da individuare, come nel caso di un algoritmo che ha negato l’accesso agli armadietti femminili di una palestra a una donna, identificandola erroneamente come uomo. Altre forme, invece, sono più sottili ma altrettanto pervasive, come nei sistemi automatizzati di selezione dei curriculum che penalizzano i candidati in base al genere senza dichiararlo esplicitamente. Anche situazioni che non costituiscono una violazione diretta del diritto antidiscriminatorio dell’Unione Europea possono comunque perpetuare stereotipi e pregiudizi di genere, ostacolando il raggiungimento degli obiettivi di uguaglianza.
Un aspetto cruciale riguarda la progettazione degli algoritmi stessi. I dataset utilizzati per addestrare questi sistemi spesso contengono bias preesistenti, che possono essere incorporati involontariamente o intenzionalmente. Inoltre, la composizione prevalentemente maschile della comunità che lavora nel settore dell’IA influenza significativamente il modo in cui questi strumenti vengono sviluppati, amplificando potenzialmente le disuguaglianze di genere.
Dietro le promesse di innovazione si cela, quindi, una sfida complessa: come evitare che i sistemi di IA perpetuino o amplifichino tali disparità?
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1. Stereotipi di genere e bias nei sistemi di IA: una questione di dati
Gli algoritmi di IA riflettono i dati su cui vengono addestrati. Quando questi dati contengono pregiudizi, gli algoritmi finiscono per replicarli e, in alcuni casi, amplificarli.
Questa discriminazione algoritmica può manifestarsi in due forme principali: diretta e indiretta.
La prima si verifica quando un algoritmo esclude esplicitamente determinati individui o gruppi in base al genere. Un esempio è rappresentato dai sistemi di selezione automatica dei CV, che scartano automaticamente candidature femminili in settori tradizionalmente dominati dagli uomini. Si tratta di discriminazioni facilmente misurabili, come l’esclusione di una donna da una posizione lavorativa solo per il suo genere o il rifiuto di un prestito basato su dati che associano le donne a una minore affidabilità creditizia.
La discriminazione indiretta, invece, è più subdola, e deriva da decisioni che apparentemente non sono legate al genere ma che producono effetti negativi sproporzionati su donne o uomini. Un esempio è dato dai risultati delle query di ricerca. Cercando "CEO" su un motore di ricerca, gli algoritmi mostrano quasi esclusivamente immagini di uomini, riflettendo e rafforzando la percezione che i leader aziendali siano per lo più maschi, anche se i dati reali rivelano che il 7,5% dei presidenti dei consigli di amministrazione e il 7,7% dei CEO in Europa sono donne.
Questo è esattamente ciò che è accaduto con il sistema di selezione automatizzata adottato da un colosso globale operante nell’e-commerce, che penalizzava sistematicamente le candidature femminili per ruoli tecnici. Questo accadeva perché i dati di addestramento riflettevano una predominanza maschile storica in quei ruoli.
Sebbene l’algoritmo non fosse progettato intenzionalmente per escludere le donne, ha ereditato i pregiudizi insiti nei dati. L’azienda ha affrontato il problema rimuovendo il sistema e avviando un’analisi approfondita dei dati di addestramento utilizzati, cercando di eliminare i bias legati al genere. Parallelamente, sono stati rivisti processi per garantire una supervisione umana nelle decisioni critiche, sottolineando l'importanza di un approccio più inclusivo nella progettazione dei futuri algoritmi.
Come osservato nel rapporto "Gender Equality in Swedish AI Policies", "gli algoritmi non sbagliano, ma ripetono pedissequamente i modelli di discriminazione insiti nei dati che ricevono". Nonostante il sistema sia stato rapidamente dismesso, il caso evidenzia quanto sia sottile il confine tra innovazione e discriminazione.
Un altro settore critico è quello del riconoscimento vocale e facciale. Studi come il “Gender Shades Project” del MIT hanno dimostrato che questi strumenti funzionano significativamente meglio per gli uomini bianchi rispetto alle donne e alle minoranze etniche. Pensiamo, ad esempio, a un sistema di riconoscimento vocale utilizzato in ambito sanitario che non riesce a comprendere la voce di una donna, compromettendo diagnosi e trattamenti cruciali.
Questo tipo di bias non è solo una questione di disuguaglianza, ma può avere conseguenze dirette sulla salute e sulla sicurezza delle persone.
2. Regolamenti e iniziative normative: il ruolo delle istituzioni
Per affrontare le disuguaglianze di genere legate all’uso dell’intelligenza artificiale, l’Unione Europea ha introdotto il Regolamento sull’IA (AI Act), una delle prime normative globali volte a disciplinare i sistemi di intelligenza artificiale. Questo regolamento mira a garantire trasparenza e responsabilità nell’uso di tali tecnologie. Una delle innovazioni più significative dell’AI Act è l’introduzione di un quadro dinamico, che consente alla Commissione Europea di aggiornare le regole tramite allegati modificabili senza dover ricorrere alla procedura legislativa ordinaria.
Ad esempio, se emergessero nuove applicazioni di IA ad alto rischio, come sistemi avanzati per la selezione del personale o strumenti predittivi nel settore sanitario, la Commissione potrebbe intervenire rapidamente per includerle nelle categorie regolamentate, evitando ritardi normativi e garantendo una maggiore tutela dei diritti fondamentali.
Questo approccio mira a tenere il passo con i rapidi sviluppi tecnologici, garantendo al contempo che i sistemi di IA rispettino i diritti fondamentali, incluso il principio di non discriminazione sancito dalla Carta dei diritti fondamentali dell’UE.
Tuttavia, resta ancora molto da fare per includere criteri specifici che tengano conto della parità di genere. Come evidenziato nel rapporto UNESCO del 2022, "è necessario integrare criteri specifici sulla parità di genere in ogni fase dello sviluppo tecnologico" per assicurare che i benefici dell’IA siano equamente distribuiti.
Parallelamente, la proposta di direttiva sulla trasparenza salariale mira a combattere le disuguaglianze retributive, spesso aggravate da decisioni algoritmiche. In molti casi, gli algoritmi che determinano i salari riproducono le disparità storiche, consolidando la posizione svantaggiata delle donne nel mercato del lavoro. Per essere realmente efficaci, queste normative richiedono un’applicazione rigorosa e un monitoraggio continuo.
Nei paesi in via di sviluppo, dove le opportunità educative per le donne sono già limitate, il divario digitale rischia di escluderle ulteriormente dai benefici dell’innovazione tecnologica. In contrasto, iniziative come il “Bias Mitigation Framework” del Regno Unito stanno tracciando un percorso per identificare e ridurre i bias algoritmici in ambiti sensibili come il lavoro e i servizi pubblici.
Un ulteriore ostacolo è rappresentato dalla mancanza di riferimenti giurisprudenziali specifici per affrontare la discriminazione algoritmica. Sebbene la Corte di giustizia dell’Unione Europea (CGUE) abbia affrontato diversi casi di discriminazione sul lavoro, non esiste ancora una giurisprudenza consolidata che tratti esplicitamente la discriminazione basata sugli algoritmi. Questo vuoto normativo rende difficile stabilire linee guida precise per affrontare tali situazioni, lasciando ai decisori politici il compito complesso di bilanciare politiche preventive con interventi legislativi mirati.
3. Esempi concreti: rischi e soluzioni innovative
La capacità dell’IA di affrontare le disuguaglianze di genere emerge chiaramente attraverso numerosi progetti innovativi che meritano attenzione, fungendo da esempi concreti e stimolanti per il futuro del settore.
Uno degli esempi più interessanti è DomesticAI, un progetto pensato per ridurre il carico dei compiti domestici tramite l’uso dell’intelligenza artificiale. Questa piattaforma è progettata per distribuire equamente le attività all’interno delle famiglie, contribuendo a un migliore equilibrio tra vita lavorativa e privata. Grazie all’ottimizzazione delle risorse e della gestione del tempo, DomesticAI mira a incentivare una maggiore partecipazione delle donne al mercato del lavoro, rendendo visibile un ambito spesso ignorato.
Un altro esempio significativo è Grace Health, una piattaforma di chatbot che fornisce informazioni essenziali sulla salute riproduttiva alle donne nei paesi in via di sviluppo. Questo progetto colma un gap informativo critico, garantendo accesso a risorse sanitarie a milioni di donne che altrimenti sarebbero escluse da queste opportunità. Con un’interfaccia intuitiva e basata su IA, Grace Health aiuta le donne a comprendere e monitorare la propria salute in modo autonomo.
Infine, Ceretai rappresenta uno strumento innovativo nell’ambito della sensibilizzazione culturale. Questa applicazione analizza i contenuti mediali per rilevare la presenza di stereotipi di genere, offrendo una prospettiva chiara e misurabile sui modelli narrativi predominanti. Come affermano i suoi fondatori, "senza strumenti come Ceretai, non saremmo in grado di individuare quanto profondamente radicati siano gli stereotipi nei media che consumiamo ogni giorno". Questo approccio favorisce un dialogo costruttivo con i produttori di contenuti, spingendo verso una rappresentazione più equa e inclusiva.
4. Opportunità offerte dall’IA: oltre i rischi
Nonostante le criticità, l’IA offre strumenti straordinari per promuovere la parità di genere. Le analisi algoritmiche possono, ad esempio, rivelare discrepanze salariali all’interno delle aziende, favorendo interventi correttivi. Alcune organizzazioni stanno già utilizzando piattaforme basate su IA per monitorare fenomeni di discriminazione e molestie, contribuendo a creare ambienti di lavoro più inclusivi.
In ambito educativo, progetti come “Girls Who Code” stanno ispirando una nuova generazione di donne a intraprendere carriere nelle discipline STEM (Science, Technology, Engineering, and Mathematics), colmando il divario digitale. Tuttavia, l’educazione deve essere accompagnata da innovazioni tecnologiche.
L’adozione di dataset inclusivi e rappresentativi è fondamentale per migliorare l’equità degli algoritmi. Allo stesso modo, lo sviluppo di metriche di fairness che valutino l’impatto delle decisioni automatizzate su diversi gruppi demografici è decisivo per garantire un’IA più equa.
Un altro esempio di utilizzo positivo dell’IA è la personalizzazione dei percorsi formativi e professionali. Gli algoritmi possono individuare lacune nelle competenze e suggerire opportunità di crescita, garantendo che le donne abbiano pari accesso alla formazione e all’avanzamento professionale.
5. Conclusioni: una chiamata all’azione
L’IA non è intrinsecamente buona o cattiva: è come uno specchio che riflette la società che la crea. Se vogliamo che rifletta una società più giusta, dobbiamo costruire sistemi che non solo evitino di perpetuare le disuguaglianze, ma che le contrastino attivamente.
Questo richiede non solo tecnologie migliori, ma anche una visione etica e un impegno sociale condiviso.
Come sottolineato nel "Playbook for Equity Fluent Leadership" della Haas School of Business, affrontare i bias nell’IA non è solo una questione tecnica, ma una responsabilità collettiva. Se vogliamo che l’IA rappresenti una società più giusta, dobbiamo sviluppare tecnologie che non solo evitino di perpetuare le disuguaglianze, ma che le contrastino attivamente.
Il futuro dell’IA non è scritto negli algoritmi, ma nelle decisioni che prendiamo oggi. E queste decisioni determineranno non solo l’efficacia della tecnologia, ma anche, e soprattutto, il tipo di società che vogliamo costruire.
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Amazon AI Bias Case Study, "Gender Equality in Swedish AI Policies" (2023);
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Buolamwini, J., & Gebru, T. (2018) "Gender Shades: Intersectional Accuracy Disparities in Commercial Gender Classification." (www.media.mit.edu);
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Haas School of Business, "Playbook for Equity Fluent Leadership" University of California, Berkeley;
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Rapporto UNESCO (2022) "The Effects of AI on the Working Lives of Women" (publications.iadb.org);
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Grace Health Project (medium.com);
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Ceretai (pitchbook.com);
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DomesticAI Project (domesticai.oii.ox.ac.uk);
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“Gender Equality in Swedish AI Policies” (onlinelibrary.wiley.com);
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