Opzioni di ricerca
Home Media Facciamo chiarezza Studi e pubblicazioni Statistiche Politica monetaria L’euro Pagamenti e mercati Lavorare in BCE
Suggerimenti
Ordina per

La presente traduzione del Rapporto sulla convergenza non contiene tutti i capitoli. La pubblicazione completa in inglese è consultabile nel sito Internet della BCE.

1 Introduzione

Dal 1° gennaio 1999 l’euro è stato introdotto in diciannove Stati membri dell’Unione europea (UE). Questo rapporto prende in esame sette degli otto paesi dell’UE che non hanno ancora adottato la moneta unica. Uno degli otto paesi, la Danimarca, nel 1992 ha notificato al Consiglio dell’Unione europea (Consiglio dell’UE) l’intenzione di non partecipare alla Terza fase dell’Unione economica e monetaria (UEM)[1]. L’elaborazione di rapporti sulla convergenza con riferimento alla Danimarca è pertanto soggetta a richiesta da parte del paese stesso. Non essendosi realizzata tale condizione, questo rapporto prende in esame i seguenti paesi: Bulgaria, Repubblica Ceca, Croazia, Ungheria, Polonia, Romania e Svezia. In base al Trattato sul funzionamento dell’Unione europea (di seguito “Trattato”) ognuno di essi è tenuto ad adottare l’euro e, a tal fine, deve compiere ogni sforzo per soddisfare tutti i criteri di convergenza[2].

Nel predisporre questo rapporto la Banca centrale europea (BCE) assolve l’obbligo sancito all’articolo 140 del Trattato, il quale prevede che, almeno una volta ogni due anni o su richiesta di uno Stato membro con deroga, la BCE e la Commissione europea riferiscano al Consiglio dell’UE “sui progressi compiuti dagli Stati membri con deroga nell’adempimento degli obblighi relativi alla realizzazione dell’Unione economica e monetaria”. La presente analisi sui sette paesi menzionati viene effettuata nel quadro del regolare esercizio biennale. Il rapporto stilato dalla BCE e quello elaborato dalla Commissione europea sono sottoposti al Consiglio dell’UE in parallelo.

Nel presente rapporto la BCE applica il medesimo schema di valutazione dei precedenti rapporti sulla convergenza, al fine di esaminare, con riferimento ai sette paesi interessati, se sia stato conseguito un grado di convergenza elevato e sostenibile in ambito economico, se la legislazione nazionale risulti compatibile con il Trattato e con il Protocollo sullo Statuto del Sistema europeo di banche centrali e della Banca centrale europea (di seguito “Statuto del SEBC”) e se siano soddisfatti i requisiti di natura giuridica affinché le rispettive banche centrali nazionali (BCN) possano divenire parte integrante dell’Eurosistema.

Il presente rapporto include un esame più approfondito della Croazia rispetto agli altri paesi perché le autorità croate hanno annunciato in varie occasioni l’intenzione di adottare l’euro il 1° gennaio 2023.

La valutazione del processo di convergenza economica dipende in misura considerevole dalla qualità e dall’integrità delle statistiche su cui si fonda. La compilazione e la segnalazione dei dati, specie di quelli sui conti pubblici, non devono essere influenzate da considerazioni o interferenze politiche. Agli Stati membri dell’UE è stato chiesto di attribuire elevata priorità alla qualità e all’integrità delle loro statistiche, di predisporre un adeguato sistema di controlli incrociati in sede di compilazione e di applicare requisiti minimi di qualità. Tali requisiti sono della massima importanza per rafforzare l’indipendenza, l’integrità e la responsabilità di dar conto del proprio operato degli istituti nazionali di statistica, nonché per sostenere la fiducia nella qualità dei dati sulle finanze pubbliche (cfr. il capitolo 6).

A partire dal 4 novembre 2014[3], ogni Stato membro dell’UE soggetto ad abrogazione della deroga ha l’obbligo di partecipare al Meccanismo di vigilanza unico (MVU) al più tardi dalla data di adozione dell’euro. Poiché a detto paese si applicano da quel momento tutti i diritti e gli obblighi connessi all’MVU, è della massima importanza che siano compiuti i preparativi necessari. In particolare, per ogni Stato membro che aderisca all’area dell’euro, e quindi all’MVU, si conduce una valutazione approfondita del sistema bancario[4]. Il 10 luglio 2020 la BCE ha annunciato di avere adottato le decisioni volte a instaurare una cooperazione stretta con la Българска народна банка (Banca nazionale di Bulgaria) e la Hrvatska narodna banka, previo soddisfacimento dei necessari prerequisiti di vigilanza e normativi[5]. Con l’entrata in vigore del quadro di cooperazione stretta il 1° ottobre di tale anno, la BCE ha assunto le responsabilità in materia di: 1) vigilanza diretta degli enti significativi nei due paesi; 2) procedure comuni per tutti i soggetti vigilati; 3) sorveglianza degli enti meno significativi, che continuano a essere vigilati dalle rispettive autorità nazionali competenti. Vi è stata una collaborazione molto assidua tra la vigilanza bancaria della BCE, la Българска народна банка (Banca nazionale di Bulgaria) e la Hrvatska narodna banka per garantire un’agevole integrazione delle autorità nazionali competenti all’interno dell’MVU[6].

Il rapporto si articola nel modo seguente: il capitolo 2 descrive lo schema di valutazione adottato per l’esame della convergenza economica e legale; il capitolo 3 fornisce un’analisi orizzontale degli aspetti principali della convergenza economica; il capitolo 4 presenta una sintesi per paese corredata dei principali risultati ottenuti sulla base dell’esame della convergenza economica e legale; il capitolo 5 approfondisce l’analisi dello stato della convergenza economica in ciascuno dei sette Stati membri dell’UE in oggetto; il capitolo 6 delinea gli indicatori di convergenza e la metodologia statistica applicata per la loro costruzione; infine, il capitolo 7 verte sulla compatibilità delle legislazioni nazionali, compresi gli statuti delle banche centrali, con gli articoli 130 e 131 del Trattato.

2 Quadro di riferimento dell’analisi

2.1 Convergenza economica

La BCE valuta la convergenza economica degli Stati membri dell’UE che chiedono di adottare l’euro rifacendosi al medesimo quadro di riferimento per l’analisi. Il quadro di riferimento, attuato in maniera coerente per tutti i rapporti sulla convergenza elaborati dall’Istituto monetario europeo (IME) e dalla BCE, si basa innanzitutto sulle disposizioni del Trattato e sulla loro applicazione da parte della BCE per quanto concerne l’andamento dei prezzi, i saldi di bilancio e i rapporti fra debito pubblico e prodotto interno lordo (PIL), i tassi di cambio, i tassi di interesse a lungo termine e altri fattori rilevanti per l’integrazione e la convergenza economica. Inoltre, tiene conto di una serie di altri indicatori economici sia retrospettivi che prospettici considerati utili per un esame più approfondito della sostenibilità della convergenza. Alcuni elementi di questo quadro sono stati migliorati nel tempo. La valutazione di uno Stato membro sulla base dell’insieme di questi fattori fornisce altresì informazioni importanti, le quali contribuiscono ad assicurare che la sua integrazione nell’area dell’euro proceda senza grandi difficoltà. I riquadri da 1 a 5 presentano brevemente le disposizioni giuridiche e forniscono precisazioni metodologiche sulle rispettive modalità di applicazione da parte della BCE.

Per assicurare continuità nell’analisi e condizioni di trattamento paritarie, il presente rapporto integra i principi stabiliti nelle precedenti edizioni pubblicate dalla BCE, e ancor prima dall’IME. In particolare, nell’esame dei criteri di convergenza la BCE segue alcuni principi guida. In primo luogo, i singoli criteri sono interpretati e applicati in modo rigoroso, poiché la loro funzione principale è garantire che solo gli Stati membri aventi condizioni economiche idonee al mantenimento della stabilità dei prezzi e alla coesione dell’area dell’euro possano parteciparvi. In secondo luogo, i criteri di convergenza costituiscono un insieme integrato e coeso e devono essere soddisfatti nella loro totalità. Il Trattato li pone sullo stesso piano e non li elenca secondo un ordine di importanza. In terzo luogo, i criteri di convergenza devono essere osservati sulla base dei dati effettivi. In quarto luogo, la verifica dei criteri deve caratterizzarsi per coerenza, trasparenza e semplicità. Infine, nel valutare il soddisfacimento dei criteri di convergenza l’aspetto della sostenibilità riveste importanza cruciale, poiché la convergenza deve essere conseguita in maniera durevole e non soltanto in un dato momento. Per questo motivo l’esame effettuato per i paesi in rassegna approfondisce gli aspetti connessi con la sostenibilità della convergenza.

Vengono pertanto analizzati retrospettivamente gli andamenti economici negli Stati membri interessati con riferimento, in linea di principio, agli ultimi dieci anni. Questo approccio aiuta a stabilire con maggior precisione quanto gli attuali risultati siano realmente frutto di aggiustamenti di natura strutturale; ciò a sua volta dovrebbe consentire una più accurata valutazione della sostenibilità della convergenza economica.

Inoltre viene condotta, nella misura opportuna, un’analisi prospettica prestando particolare attenzione al fatto che la sostenibilità di andamenti economici favorevoli si fondi sulla capacità delle politiche economiche di rispondere alle sfide presenti e future in modo adeguato e con effetti duraturi. Una forte governance, istituzioni solide e finanze pubbliche sostenibili sono altrettanto imprescindibili per favorire una crescita durevole del prodotto nel medio-lungo periodo. Nell’insieme, si rileva che per preservare nel tempo i risultati raggiunti sul piano della convergenza economica occorre conseguire una forte posizione di partenza, assicurare l’esistenza di istituzioni solide, presentare capacità di tenuta agli shock e perseguire politiche economiche adeguate dopo l’adozione dell’euro.

Il quadro di riferimento comune per l’analisi viene applicato individualmente ai sette Stati membri dell’UE in rassegna. L’esame, incentrato sui risultati ottenuti da ciascun paese, va considerato separatamente, in conformità con l’articolo 140 del Trattato.

Le statistiche contenute in questo rapporto sono aggiornate al 25 maggio 2022. I dati utilizzati per la verifica della convergenza sono forniti dalla Commissione europea (cfr. il capitolo 6, nonché le tavole e i grafici), con la collaborazione della BCE per quanto concerne i tassi di cambio e i tassi di interesse a lungo termine. Come concordato con la Commissione europea, il periodo di riferimento sia per il criterio della stabilità dei prezzi sia per il criterio dei tassi di interesse a lungo termine è maggio 2021 - aprile 2022, mentre quello per il tasso di cambio è 26 maggio 2020 - 25 maggio 2022. I dati storici sui conti pubblici si fermano al 2021. Si considerano inoltre le previsioni di varie fonti, nonché l’ultimo programma di convergenza dello Stato membro in oggetto e altre informazioni rilevanti ai fini di una valutazione prospettica della sostenibilità della convergenza, fra cui le previsioni economiche di primavera 2022 e la relazione sul meccanismo di allerta[7] predisposte dalla Commissione europea e divulgate rispettivamente il 16 maggio 2022 e il 24 novembre 2021. Il presente rapporto è stato adottato dal Consiglio generale della BCE il 27 maggio 2022.

Questo rapporto tiene conto dell’impatto del conflitto russo-ucraino sulla valutazione della convergenza solo in misura limitata. È troppo prematuro trarre conclusioni definitive su quale sarà l’effetto sui percorsi di convergenza e sulla questione se tale effetto si concretizzerà in modo simmetrico o asimmetrico nei paesi esaminati. In particolare, la valutazione prospettica della convergenza è circondata da un’elevata incertezza e l’impatto potrà essere determinato appieno solo a posteriori.

Per quanto concerne l’andamento dei prezzi, le disposizioni giuridiche e le relative modalità di applicazione da parte della BCE sono illustrate nel riquadro 1.

Riquadro 1
Andamento dei prezzi

1. Disposizioni del Trattato

L’articolo 140, paragrafo 1, primo trattino, del Trattato richiede che il rapporto sulla convergenza esamini la realizzazione di un alto grado di convergenza sostenibile con riferimento al rispetto del seguente criterio da parte di ciascuno Stato membro:

“il raggiungimento di un alto grado di stabilità dei prezzi; questo risulterà da un tasso d’inflazione prossimo a quello dei tre Stati membri, al massimo, che hanno conseguito i migliori risultati in termini di stabilità dei prezzi”.

L’articolo 1 del Protocollo (n. 13) sui criteri di convergenza stabilisce che:

“il criterio relativo alla stabilità dei prezzi, di cui all’articolo 140, paragrafo 1, primo trattino, del Trattato sul funzionamento dell’Unione europea, significa che gli Stati membri hanno un andamento dei prezzi che è sostenibile ed un tasso medio d’inflazione che, osservato per un periodo di un anno anteriormente all’esame, non supera di oltre 1,5 punti percentuali quello dei tre Stati membri, al massimo, che hanno conseguito i migliori risultati in termini di stabilità dei prezzi. L’inflazione si misura mediante l’indice dei prezzi al consumo (IPC) calcolato su base comparabile, tenendo conto delle differenze delle definizioni nazionali.”

2. Modalità di applicazione delle disposizioni del Trattato

Nel contesto del presente rapporto la BCE applica le disposizioni del Trattato nel seguente modo.

Per quanto riguarda il “tasso medio d’inflazione [...], osservato per un periodo di un anno anteriormente all’esame”, tale indicatore è stato calcolato come variazione della media a dodici mesi dello IAPC nel periodo di riferimento maggio 2021 - aprile 2022 rispetto alla media dei dodici mesi precedenti. L’inflazione è stata misurata sullo IAPC, costruito allo scopo di fornire una base comparabile per valutare la convergenza in termini di stabilità dei prezzi (cfr. la sezione 6.2).

Il concetto di “tre Stati membri, al massimo, che hanno conseguito i migliori risultati in termini di stabilità dei prezzi”, adottato per la determinazione del valore di riferimento, è stato applicato calcolando la media aritmetica semplice dei tassi di inflazione dei seguenti tre Stati membri: Francia (3,2 per cento), Finlandia (3,3 per cento) e Grecia (3,6 per cento). Aggiungendo 1,5 punti percentuali al tasso medio risulta un valore di riferimento del 4,9 per cento. Va rammentato che in conformità del Trattato l’andamento dell’inflazione di un paese è analizzato in termini relativi, vale a dire rispetto a quello di altri Stati membri. Quindi, il criterio della stabilità dei prezzi tiene conto del fatto che gli shock comuni, derivanti ad esempio dalle quotazioni internazionali delle materie prime, possano far deviare temporaneamente i tassi di inflazione dagli obiettivi delle banche centrali.

Dal calcolo del valore di riferimento sono stati esclusi i tassi di inflazione di Malta e Portogallo, poiché nel periodo considerato l’andamento dei prezzi ha dato luogo nell’aprile 2022 a tassi medi sui dodici mesi del 2,1 e del 2,6 per cento rispettivamente. I valori riportati da questi due paesi sono stati ritenuti in tale contesto “fuori linea”, poiché in entrambi i casi i tassi di inflazione sono significativamente inferiori ai corrispondenti tassi di altri Stati membri nel periodo in rassegna a causa di fattori di natura straordinaria. A Malta la dinamica contenuta dell’inflazione ha riflesso in larga misura quotazioni dell’energia stabili – per effetto del sostegno finanziario pubblico alla società statale per l’energia e a una riduzione dell’accisa sui carburanti – e fattori tecnici relativi al calcolo dell’indice. In particolare il paniere dei consumi delle famiglie è cambiato in maniera considerevole, seppur temporaneamente, nel 2020 come conseguenza della pandemia di COVID-19 e ciò ha determinato una variazione consistente dei pesi di talune componenti dell’indice nel 2021. Tale andamento è stato particolarmente pronunciato per l’inflazione dei servizi. In Portogallo la differenza rispetto alla dinamica dell’inflazione nell’area dell’euro va ricondotta principalmente a una crescita più contenuta dei prezzi sia dei servizi sia dell’energia. Mentre l’evoluzione dei primi riflette il maggiore impatto della bassa domanda di servizi connessi al turismo, quella dei secondi è dovuta alla minore trasmissione dell’aumento delle quotazioni internazionali del petrolio e dei costi di altri beni energetici[8].

Il tasso medio di inflazione misurato sullo IAPC nel periodo di riferimento di 12 mesi (maggio 2021 - aprile 2022) viene valutato alla luce dei risultati economici ottenuti dal paese considerato in termini di stabilità dei prezzi negli ultimi dieci anni. Questo approccio consente un esame più approfondito della sostenibilità dell’andamento dei prezzi nel paese considerato. A tale riguardo si vaglia l’orientamento della politica monetaria – in particolare per stabilire se l’attenzione delle autorità monetarie si sia concentrata soprattutto sul conseguimento e sul mantenimento della stabilità dei prezzi – nonché il contributo fornito dalle altre aree di politica economica alla realizzazione di tale obiettivo. Si tiene conto, inoltre, di come il contesto macroeconomico abbia inciso sul raggiungimento della stabilità dei prezzi. L’evoluzione di questi ultimi è esaminata alla luce delle condizioni della domanda e dell’offerta analizzando in particolare fattori quali il costo del lavoro per unità di prodotto e i prezzi all’importazione. Infine vengono prese in considerazione le tendenze che emergono da altri importanti indicatori dei prezzi. Con riferimento alle prospettive future, vengono delineati gli andamenti attesi dell’inflazione nei prossimi anni, incluse le previsioni dei principali organismi internazionali e operatori di mercato, e sono analizzati gli aspetti istituzionali e strutturali rilevanti per il mantenimento di un contesto economico idoneo alla stabilità dei prezzi dopo l’adozione dell’euro.

Per quanto riguarda l’andamento della finanza pubblica, le disposizioni giuridiche e le relative modalità di applicazione da parte della BCE sono presentate nel riquadro 2.

Riquadro 2
Andamento della finanza pubblica

1. Disposizioni del Trattato e altre norme giuridiche

L’articolo 140, paragrafo 1, secondo trattino, del Trattato sancisce che il rapporto sulla convergenza esamini la realizzazione di un alto grado di convergenza sostenibile con riferimento al rispetto del seguente criterio da parte di ciascuno Stato membro:

“la sostenibilità della situazione della finanza pubblica; questa risulterà dal conseguimento di una situazione di bilancio pubblico non caratterizzata da un disavanzo eccessivo secondo la definizione di cui all’articolo 126, paragrafo 6”.

L’articolo 2 del Protocollo (n. 13) sui criteri di convergenza stabilisce che:

“il criterio relativo alla situazione di bilancio pubblico di cui all’articolo 140, paragrafo 1, secondo trattino, di detto Trattato, significa che, al momento dell’esame, lo Stato membro non è oggetto di una decisione del Consiglio di cui all’articolo 126, paragrafo 6, di detto Trattato, circa l’esistenza di un disavanzo eccessivo.”

L’articolo 126 definisce la procedura per i disavanzi eccessivi (PDE). Conformemente all’articolo 126, paragrafi 2 e 3, la Commissione europea redige un rapporto nel caso in cui uno Stato membro non soddisfi i criteri di disciplina fiscale, in particolare se:

  • il rapporto fra il disavanzo pubblico, previsto o effettivo, e il PIL supera il valore di riferimento (fissato nel Protocollo sulla procedura per i disavanzi eccessivi al 3 per cento), a meno che
    • il rapporto non sia diminuito in modo sostanziale e continuo e abbia raggiunto un livello che si avvicina al valore di riferimento; oppure
    • il superamento del valore di riferimento sia solo eccezionale e temporaneo e il rapporto resti vicino al valore di riferimento;
  • il rapporto fra il debito pubblico e il PIL supera il valore di riferimento (fissato nel Protocollo sulla procedura per i disavanzi eccessivi al 60 per cento), a meno che detto rapporto non si stia riducendo in misura sufficiente e non si avvicini al valore di riferimento con ritmo adeguato.

Inoltre, il rapporto predisposto dalla Commissione deve tenere conto dell’eventuale differenza fra il disavanzo pubblico e la spesa pubblica per investimenti e di tutti gli altri fattori rilevanti, compresa la situazione economica e di bilancio a medio termine dello Stato membro. La Commissione può inoltre elaborare un rapporto se ritiene che in un determinato Stato membro, sebbene i criteri siano rispettati, sussista il rischio di un disavanzo eccessivo. Il Comitato economico e finanziario formula un parere in merito al rapporto della Commissione. Infine, conformemente all’articolo 126, paragrafo 6, il Consiglio dell’UE, deliberando sulla base della raccomandazione della Commissione e considerate le osservazioni che lo Stato membro interessato ritenga di formulare, decide, a maggioranza qualificata escluso lo Stato membro e dopo una valutazione globale, se esista un disavanzo eccessivo.

Le disposizioni del Trattato di cui all’articolo 126 sono ulteriormente precisate nel Regolamento (CE) n. 1467/97[9] modificato dal Regolamento (UE) n. 1177/2011[10], il quale fra l’altro:

  • conferma la pari importanza del criterio del debito e del criterio del disavanzo, rendendo il primo operativo e introducendo un periodo di transizione di tre anni per gli Stati membri per i quali è stata abrogata la PDE aperta prima del 2011. Ai sensi dell’articolo 2, paragrafo 1 bis, del regolamento, qualora il rapporto tra il debito pubblico e il PIL ecceda il valore di riferimento, si considera che si stia riducendo in misura sufficiente e si avvicini al valore di riferimento con un ritmo adeguato, se il differenziale rispetto a tale valore è diminuito negli ultimi tre anni a un ritmo medio di un ventesimo all’anno come parametro di riferimento, sulla base delle variazioni registrate negli ultimi tre anni per i quali sono disponibili i dati. Del pari, il criterio del debito è considerato soddisfatto se le previsioni di bilancio della Commissione indicano che la riduzione necessaria del differenziale si produrrebbe nel triennio precisato. Nell’applicazione del relativo parametro, si tiene conto dell’influenza del ciclo economico sul ritmo di riduzione del debito;
  • definisce in dettaglio i fattori rilevanti che la Commissione deve considerare nel predisporre la relazione di cui all’articolo 126, paragrafo 3, del Trattato, ma soprattutto specifica una serie di elementi ritenuti significativi nel valutare l’evoluzione della posizione economica, di bilancio e del debito pubblico a medio termine (cfr. l’articolo 2, paragrafo 3, del regolamento e le precisazioni sull’analisi della BCE esposta di seguito).

Inoltre, il Trattato sulla stabilità, sul coordinamento e sulla governance nell’Unione economica e monetaria (TSCG), che integra le disposizioni del Patto di stabilità e crescita rafforzato, è entrato in vigore il 1° gennaio 2013[11]. Il titolo III sul patto di bilancio enuncia, fra l’altro, una regola vincolante finalizzata ad assicurare il pareggio o l’avanzo del bilancio delle amministrazioni pubbliche. Tale regola si considera rispettata se il saldo strutturale annuo consegue l’obiettivo di medio termine specifico per il paese e non eccede un disavanzo, in termini strutturali, dello 0,5 per cento del PIL. Se il rapporto tra debito pubblico e PIL è significativamente inferiore al 60 per cento e i rischi per la sostenibilità a lungo termine delle finanze pubbliche sono contenuti, l’obiettivo di medio periodo può essere fissato al massimo a un disavanzo strutturale dell’1 per cento del PIL. La regola sul parametro per la riduzione del debito di cui al Regolamento (UE) n. 1177/2011, recante modifica del Regolamento (CE) n. 1467/97, è contemplata nel TSCG. Gli Stati membri firmatari sono tenuti a enunciare in disposizioni di natura costituzionale o di livello superiore alla legge di bilancio annuale le regole stabilite e un meccanismo di correzione automatica in caso di deviazione dall’obiettivo di bilancio.

2. Modalità di applicazione delle disposizioni del Trattato

Ai fini dell’esame della convergenza, la BCE esprime il proprio avviso sull’andamento della finanza pubblica, di cui analizza sotto il profilo della sostenibilità i principali indicatori per il periodo 2012-2021, le prospettive e le sfide per i conti pubblici, rivolgendo particolare attenzione alle relazioni fra l’evoluzione del disavanzo e quella del debito pubblico. In merito all’impatto della pandemia di COVID-19 sulle finanze pubbliche, la BCE fa riferimento alla clausola di salvaguardia generale del Patto di stabilità e crescita attivata il 20 marzo 2020. Il particolare, riguardo al meccanismo preventivo del patto, l’articolo 5, paragrafo 1, e l’articolo 9, paragrafo 1, del Regolamento (CE) n. 1466/97[12] recitano che “in caso di grave recessione economica della zona euro o dell’intera Unione, gli Stati membri possono essere autorizzati ad allontanarsi temporaneamente dal percorso di aggiustamento all’obiettivo di bilancio a medio termine [...], a condizione che la sostenibilità di bilancio a medio termine non ne risulti compromessa”. Quanto al meccanismo correttivo del patto, il Regolamento (CE) n. 1467/97 sancisce all’articolo 3, paragrafo 5, che “anche in caso di grave recessione economica della zona euro o dell’intera Unione il Consiglio può decidere, su raccomandazione della Commissione, di adottare una raccomandazione rivista ai sensi dell’articolo 126, paragrafo 7, TFUE, a condizione che la sostenibilità di bilancio a medio termine non ne risulti compromessa” e all’articolo 5, paragrafo 2, che “anche in caso di grave recessione economica della zona euro o dell’intera Unione il Consiglio può decidere, su raccomandazione della Commissione, di adottare un’intimazione rivista ai sensi dell’articolo 126, paragrafo 9, TFUE, a condizione che la sostenibilità di bilancio a medio termine non ne risulti compromessa”. La BCE presenta anche un’analisi riguardante l’efficacia dei quadri di bilancio nazionali, di cui all’articolo 2, paragrafo 3, lettera b), del Regolamento (CE) n. 1467/97, nonché alla Direttiva 2011/85/UE[13]. Con riferimento all’articolo 126 la BCE, a differenza della Commissione, non riveste alcun ruolo formale nell’ambito della PDE. Il suo rapporto si limita pertanto a indicare se nei confronti di un paese sia stata avviata tale procedura.

Per quanto riguarda la disposizione del Trattato relativa a un rapporto fra debito pubblico e PIL superiore al 60 per cento che si stia riducendo in misura sufficiente e si avvicini al valore di riferimento con ritmo adeguato, la BCE analizza gli andamenti passati e le tendenze future del rapporto debito/PIL. Per gli Stati membri in cui questo indicatore supera il valore di riferimento, la BCE fornisce l’ultima valutazione della Commissione europea sulla conformità al parametro per la riduzione del debito stabilito nell’articolo 2, paragrafo 1 bis, del Regolamento (CE) n. 1467/97.

L’esame dell’andamento della finanza pubblica si avvale di dati compilati sulla base dei conti economici nazionali, conformemente al Sistema europeo dei conti 2010 (SEC 2010) (cfr. il capitolo 6). I dati presentati in questo rapporto sono stati forniti per la maggior parte dalla Commissione nell’aprile 2022 e includono quelli sui conti pubblici per il periodo 2012-2021, nonché le previsioni da essa formulate per il 2022-2023.

Per quanto concerne la sostenibilità delle finanze pubbliche, i risultati conseguiti nel 2021, anno di riferimento, sono valutati alla luce degli andamenti registrati dal paese considerato negli ultimi dieci anni. Innanzitutto viene esaminata l’evoluzione del rapporto fra il disavanzo pubblico e il PIL. Giova ricordare che sull’andamento del rapporto disavanzo/PIL annuo di un paese influiscono tipicamente vari fattori sottostanti, suddivisibili in “effetti ciclici”, che riflettono la reazione del deficit alle variazioni del ciclo economico, ed “effetti non ciclici”, spesso ricondotti ad aggiustamenti strutturali o permanenti delle politiche di bilancio. Tuttavia i secondi, così come quantificati nel presente rapporto, non sono necessariamente ascrivibili del tutto alle variazioni strutturali della situazione di finanza pubblica, in quanto includono effetti temporanei sul bilancio derivanti sia da provvedimenti di politica economica sia da fattori straordinari. Di fatto, data l’incertezza circa il livello e il tasso di crescita del prodotto potenziale, risulta particolarmente difficile valutare come le posizioni di bilancio strutturali siano cambiate durante la pandemia di COVID-19.

Vengono poi esaminati sia l’evoluzione del rapporto fra debito pubblico e PIL nell’arco di tale periodo, sia i fattori ad essa sottesi, ossia la differenza tra la crescita nominale del PIL e i tassi di interesse, il saldo primario e il raccordo disavanzo-debito. Questa prospettiva può fornire ulteriori informazioni su quanto il contesto macroeconomico, in particolare l’effetto congiunto di crescita e tassi di interesse, abbia inciso sulla dinamica del debito. Può altresì offrire maggiori indicazioni sul contributo del saldo strutturale e sugli andamenti ciclici, rispecchiati dal saldo primario, nonché sul ruolo svolto da determinati fattori sottostanti al raccordo disavanzo-debito. Si effettua inoltre un’analisi della struttura del debito pubblico, incentrata in particolare sul livello e sull’evoluzione della quota di debito a breve termine e di quella denominata in valuta estera. Raffrontando tali quote con il livello corrente del rapporto debito/PIL è possibile evidenziare la sensibilità dei saldi di bilancio alle variazioni dei tassi di cambio e di interesse.

Con riferimento alle prospettive future, vengono considerati i piani di bilancio nazionali e le recenti previsioni della Commissione europea per il 2022-2023, come pure le strategie di finanza pubblica di medio periodo, che emergono dai programmi di convergenza. L’esame comprende una valutazione del previsto raggiungimento dell’obiettivo di bilancio a medio termine del paese, come prescritto dal Patto di stabilità e crescita, nonché delle prospettive per l’evoluzione del rapporto debito/PIL sulla base delle attuali politiche fiscali. Tenuto conto della pandemia di COVID-19, è stata attivata la clausola di salvaguardia generale, che consente scostamenti dall’obiettivo di bilancio a medio termine, come illustrato nel riquadro 2. Vengono altresì messe in luce le sfide di lungo periodo per la sostenibilità delle posizioni di bilancio e per le grandi aree che necessitano di un’azione di risanamento, con particolare attenzione alle sfide connesse sia alla presenza di sistemi pensionistici pubblici a ripartizione in un contesto demografico in trasformazione, sia alle passività potenziali assunte dalle amministrazioni pubbliche. In linea con la prassi adottata in passato, l’analisi contempla inoltre gran parte dei fattori rilevanti di cui all’articolo 2, paragrafo 3, del Regolamento (CE) n. 1467/97 (cfr. il riquadro 2).

Per quanto attiene all’andamento del cambio, le disposizioni giuridiche e le relative modalità di applicazione da parte della BCE sono esposte nel riquadro 3.

Riquadro 3
Andamento del tasso di cambio

1. Disposizioni del Trattato

L’articolo 140, paragrafo 1, terzo trattino, del Trattato prescrive che il rapporto sulla convergenza esamini la realizzazione di un alto grado di convergenza sostenibile con riferimento al rispetto del seguente criterio da parte di ciascuno Stato membro:

“il rispetto dei margini normali di fluttuazione previsti dal meccanismo di cambio del Sistema monetario europeo per almeno due anni, senza svalutazioni nei confronti dell’euro”.

L’articolo 3 del Protocollo (n. 13) sui criteri di convergenza stabilisce che:

“il criterio relativo alla partecipazione al meccanismo di cambio del Sistema monetario europeo di cui all’articolo 140, paragrafo 1, terzo trattino, di detto Trattato, significa che lo Stato membro ha rispettato i normali margini di fluttuazione stabiliti dal meccanismo di cambio del Sistema monetario europeo senza gravi tensioni per almeno due anni prima dell’esame. In particolare, e, per lo stesso periodo, non deve aver svalutato di propria iniziativa il tasso di cambio centrale bilaterale della sua moneta nei confronti dell’euro.”

2. Modalità di applicazione delle disposizioni del Trattato

Per quanto concerne la stabilità del cambio, la BCE verifica se il paese analizzato abbia aderito ai nuovi Accordi europei di cambio (AEC II), che hanno sostituito il meccanismo di cambio dello SME nel gennaio 1999, per un periodo di almeno due anni prima dell’esame della convergenza senza registrare gravi tensioni, in particolare senza svalutazioni nei confronti dell’euro. Nel caso di una partecipazione più breve, l’andamento del tasso di cambio è considerato su un periodo di riferimento di due anni.

Nel valutare la stabilità del tasso di cambio rispetto all’euro si attribuisce particolare importanza al fatto che questo sia rimasto prossimo alla parità centrale degli AEC II; tuttavia, in linea con l’approccio adottato in passato, si tiene anche conto dei fattori che potrebbero averne determinato un apprezzamento. A tale riguardo, l’ampiezza della banda di oscillazione negli AEC II non pregiudica l’esame del criterio relativo alla stabilità del cambio.

Inoltre, l’assenza di “gravi tensioni” viene generalmente appurata considerando: 1) l’entità della deviazione del tasso di cambio dalla parità centrale degli AEC II; 2) alcuni indicatori quali la volatilità del tasso di cambio nei confronti dell’euro e la sua tendenza, nonché il differenziale di interesse a breve termine rispetto all’area dell’euro e la sua evoluzione; 3) il ruolo svolto dagli interventi sui mercati valutari; 4) l’incidenza dei programmi di assistenza finanziaria internazionale sulla stabilizzazione della moneta.

Il periodo di riferimento considerato nel presente rapporto va dal 26 maggio 2020 al 25 maggio 2022. Tutti i tassi di cambio bilaterali utilizzati sono tassi ufficiali della BCE (cfr. il capitolo 6).

Oltre ad analizzare la partecipazione agli AEC II e l’andamento del tasso di cambio nominale nei confronti dell’euro nel periodo in rassegna, ci si sofferma brevemente sulla sostenibilità del livello corrente del cambio. Questa viene desunta valutando l’evoluzione dei tassi di cambio effettivi reali, nonché i saldi di conto corrente, conto capitale e conto finanziario della bilancia dei pagamenti. Sono altresì considerate la dinamica del debito estero lordo e la posizione patrimoniale netta verso l’estero su periodi più lunghi. La sezione sull’andamento del tasso di cambio contempla inoltre alcuni indicatori del grado di integrazione del paese con l’area dell’euro in termini finanziari e di commercio con l’estero (esportazioni e importazioni). Qualora pertinente, viene infine precisato se il paese in rassegna abbia beneficiato nel periodo di riferimento di due anni dell’erogazione di liquidità da parte di una banca centrale o di sostegno alla bilancia dei pagamenti, su base bilaterale o multilaterale, con la partecipazione del Fondo monetario internazionale (FMI) e/o dell’UE, tenendo conto dell’assistenza effettivamente ricevuta, ma anche di quella disponibile a titolo precauzionale, compreso ad esempio l’accesso ai finanziamenti dell’FMI nell’ambito della Flexible Credit Line.

Per quanto concerne l’andamento dei tassi di interesse a lungo termine, le disposizioni giuridiche e le relative modalità di applicazione da parte della BCE sono delineate nel riquadro 4.

Riquadro 4
Andamento dei tassi di interesse a lungo termine

1. Disposizioni del Trattato

L’articolo 140, paragrafo 1, quarto trattino, del Trattato prevede che il rapporto sulla convergenza esamini la realizzazione di un alto grado di convergenza sostenibile con riferimento al rispetto del seguente criterio da parte di ciascuno Stato membro:

“i livelli dei tassi di interesse a lungo termine che riflettano la stabilità della convergenza raggiunta dallo Stato membro con deroga e della sua partecipazione al meccanismo di cambio.”

L’articolo 4 del Protocollo (n. 13) sui criteri di convergenza stabilisce che:

“il criterio relativo alla convergenza dei tassi d’interesse di cui all’articolo 140, paragrafo 1, quarto trattino, di detto Trattato, significa che il tasso d’interesse nominale a lungo termine di uno Stato membro osservato in media nell’arco di un anno prima dell’esame non ha ecceduto di oltre 2 punti percentuali quello dei tre Stati membri, al massimo, che hanno conseguito i migliori risultati in termini di stabilità dei prezzi. I tassi di interesse si misurano sulla base delle obbligazioni a lungo termine emesse dallo Stato o sulla base di titoli analoghi, tenendo conto delle differenze nelle definizioni nazionali.”

2. Modalità di applicazione delle disposizioni del Trattato

Nel contesto del presente rapporto la BCE applica le disposizioni del Trattato nel seguente modo.

Per quanto riguarda “il tasso d’interesse nominale a lungo termine” osservato “in media nell’arco di un anno prima dell’esame”, questo indicatore è stato calcolato come la media aritmetica degli ultimi 12 mesi per i quali sono disponibili i dati relativi allo IAPC. Il periodo di riferimento considerato in questo rapporto è maggio 2021 - aprile 2022, in linea con il periodo di riferimento per il criterio della stabilità dei prezzi.

Il concetto di “tre Stati membri, al massimo, che hanno conseguito i migliori risultati in termini di stabilità dei prezzi”, adottato per la determinazione del valore di riferimento, è stato applicato calcolando la media aritmetica semplice dei tassi di interesse a lungo termine degli stessi tre Stati membri considerati nel calcolo del valore di riferimento per la stabilità dei prezzi (cfr. il riquadro 1). Nell’orizzonte temporale assunto ai fini del presente rapporto i tassi di interesse a lungo termine dei tre paesi con i tassi di inflazione più bassi considerati nel calcolo del valore di riferimento per il criterio della stabilità dei prezzi sono lo 0,3 per cento (Francia), lo 0,2 per cento (Finlandia) e l’1,4 per cento (Grecia), da cui risulta un tasso medio dello 0,6 per cento che, con l’aggiunta di 2 punti percentuali, dà un valore di riferimento del 2,6 per cento. I tassi di interesse a lungo termine sono stati misurati utilizzando, ove disponibili, le relative statistiche armonizzate elaborate per l’esame della convergenza (cfr. il capitolo 6).

Come menzionato in precedenza, il Trattato richiama esplicitamente la “stabilità della convergenza” che si riflette nel livello dei tassi di interesse a lungo termine. Pertanto, gli andamenti nel periodo in rassegna (maggio 2021 - aprile 2022) sono esaminati alla luce sia dell’evoluzione dei tassi di interesse a lungo termine negli ultimi dieci anni, o nel periodo per il quale sono disponibili i dati, sia dei principali fattori sottostanti ai differenziali fra quei tassi e il tasso medio corrispondente dell’area dell’euro. Nell’arco di tempo considerato la media dei tassi di interesse a lungo termine dell’area potrebbe avere in parte riflesso premi per il rischio elevati specifici di diversi paesi membri. Pertanto, a fini di raffronto è stato utilizzato anche il rendimento dei titoli di Stato a lungo termine dell’area con rating AAA (ossia il tasso a lungo termine desunto dalla curva dei rendimenti dei titoli di Stato dell’area con rating AAA). Nell’ambito di quest’analisi il presente rapporto fornisce anche informazioni sulla dimensione e sull’evoluzione del mercato finanziario basate su tre diversi indicatori che insieme forniscono una misura della sua entità, ossia le consistenze dei titoli di debito emessi dalle società non finanziarie, la capitalizzazione del mercato azionario e il credito erogato dalle istituzioni finanziarie monetarie (IFM) al settore privato interno non finanziario.

Infine, l’articolo 140, paragrafo 1, del Trattato prevede che il rapporto sulla convergenza tenga conto di una serie di altri fattori rilevanti (cfr. il riquadro 5). A tale riguardo, il quadro per la governance economica rafforzata vigente dal 13 dicembre 2011, in conformità dell’articolo 121, paragrafo 6, del Trattato, è inteso a garantire un coordinamento più stretto delle politiche economiche e una convergenza duratura dei risultati economici degli Stati membri dell’UE. Il riquadro 5 presenta brevemente tali disposizioni giuridiche e l’approccio seguito dalla BCE nel vagliare gli altri fattori rilevanti ai fini della valutazione della convergenza.

Riquadro 5
Altri fattori rilevanti

1. Disposizioni del Trattato e altre norme giuridiche

In base all’articolo 140, paragrafo 1, del Trattato “le relazioni della Commissione e della Banca centrale europea tengono inoltre conto dei risultati dell’integrazione dei mercati, della situazione e dell’evoluzione delle partite correnti delle bilance dei pagamenti, di un esame dell’evoluzione dei costi unitari del lavoro e di altri indici di prezzo.”

In tale contesto la BCE prende in considerazione il pacchetto legislativo sulla governance economica nell’UE entrato in vigore il 13 dicembre 2011. Sulla scorta delle disposizioni del Trattato enunciate all’articolo 121, paragrafo 6, il Parlamento europeo e il Consiglio dell’UE hanno adottato le modalità della procedura di sorveglianza multilaterale di cui all’articolo 121, paragrafi 3 e 4, del Trattato. Queste regole sono state stabilite “al fine di garantire un più stretto coordinamento delle politiche economiche e una convergenza duratura dei risultati economici degli Stati membri” (articolo 121, paragrafo 3), tenuto conto che “è necessario trarre insegnamenti dall’esperienza acquisita nel corso dei primi dieci anni di funzionamento dell’Unione economica e monetaria e, in particolare, c’è bisogno di una governance economica rafforzata nell’Unione sulla base di una più forte titolarità nazionale”[14]. Il pacchetto legislativo contempla un quadro di sorveglianza rafforzata (procedura per gli squilibri macroeconomici, PSM) inteso a prevenire squilibri macroeconomici e macrofinanziari eccessivi assistendo gli Stati membri dell’UE che presentano divergenze dai parametri nel definire piani di correzione, prima che tali divergenze possano radicarsi. La PSM, dotata di meccanismi di prevenzione e correzione, si applica a tutti gli Stati membri dell’UE ad eccezione di quelli che, beneficiando di un programma di assistenza finanziaria internazionale, sono già soggetti a un esame più attento e al rispetto di determinate condizioni. La procedura prevede un meccanismo di allerta per la rapida individuazione degli squilibri che si basa su un quadro di valutazione trasparente degli indicatori, con soglie di allerta, per tutti gli Stati membri dell’UE. La valutazione è integrata da un’analisi economica che dovrebbe tenere conto, fra l’altro, della convergenza nominale e reale all’interno e all’esterno dell’area dell’euro[15]. Nell’esaminare gli squilibri macroeconomici, la PSM dovrebbe considerare la loro gravità e le loro potenziali conseguenze negative, sul piano economico e finanziario, che accrescono la vulnerabilità dell’economia dell’UE e costituiscono una minaccia per il buon funzionamento dell’Unione economica e monetaria[16].

2. Modalità di applicazione delle disposizioni del Trattato

In linea con la prassi adottata in passato, gli altri fattori di cui all’articolo 140, paragrafo 1, del Trattato sono esaminati nel capitolo 5, in relazione ai singoli criteri di convergenza illustrati nei riquadri da 1 a 4. Per completezza, il capitolo 3 presenta gli indicatori del quadro di valutazione per i paesi in rassegna (anche in relazione alle soglie di allerta), in modo da fornire tutte le informazioni disponibili rilevanti al fine di individuare gli squilibri macroeconomici e macrofinanziari suscettibili di ostacolare il raggiungimento di un elevato grado di convergenza sostenibile, come stabilito dall’articolo 140, paragrafo 1, del Trattato. In particolare, per quanto riguarda gli Stati membri dell’UE con deroga oggetto di una procedura per i disavanzi eccessivi, difficilmente si potrà ritenere che abbiano conseguito un alto grado di convergenza sostenibile come enunciato nell’articolo 140, paragrafo 1, del Trattato.

2.2 Compatibilità della normativa nazionale con i trattati

2.2.1 Introduzione

L’articolo 140, paragrafo 1, del Trattato prevede che, almeno una volta ogni due anni o su richiesta di uno Stato membro con deroga, la BCE (e la Commissione europea) riferisca al Consiglio sui progressi compiuti dagli Stati membri con deroga nell’adempimento degli obblighi relativi alla realizzazione dell’Unione economica e monetaria. Questi rapporti devono comprendere un esame della compatibilità tra la normativa nazionale di ciascuno Stato membro con deroga, incluso lo statuto della sua BCN, e gli articoli 130 e 131 del Trattato e i pertinenti articoli dello Statuto. L’obbligo di compatibilità imposto dal Trattato agli Stati membri con deroga viene anche definito “convergenza legale”.

Nel verificare la convergenza legale, la BCE non si limita a una verifica formale della lettera della normativa nazionale, ma può anche valutare se l’attuazione delle disposizioni pertinenti è conforme allo spirito dei trattati e dello Statuto. La BCE è particolarmente preoccupata di eventuali segni di pressione sugli organi decisionali delle BCN degli Stati membri, che sarebbero contrari allo spirito del Trattato con riguardo all’indipendenza della banca centrale. La BCE ravvisa altresì la necessità che gli organi decisionali delle BCN operino in maniera regolare e continuativa. A tale proposito, in particolare, quando la carica di membro di un organo decisionale di una BCN divenga vacante, le autorità competenti degli Stati membri devono adottare le misure necessarie a garantire la tempestiva nomina del successore[17]. La BCE monitorerà da vicino ogni sviluppo prima di effettuare una valutazione definitiva positiva concludendo che la legislazione è compatibile con il Trattato e con lo Statuto.

Stati membri con deroga e convergenza legale

Bulgaria, Repubblica Ceca, Croazia, Ungheria, Polonia, Romania e Svezia, la cui normativa nazionale è presa in esame nel presente rapporto, hanno lo status di Stati membri con deroga, ossia non hanno ancora adottato l’euro. Alla Svezia è stato conferito lo status di Stato membro con deroga con una decisione del Consiglio del maggio 1998[18]. Per quanto concerne gli altri Stati membri, gli articoli 4[19] e 5[20] degli atti relativi alle condizioni di adesione dispongono che ciascun nuovo Stato membro partecipi all’Unione economica e monetaria a decorrere dalla data di adesione quale Stato membro con deroga ai sensi dell’articolo 139 del Trattato.

Il presente rapporto non prende in esame la posizione della Danimarca che gode di uno status speciale e non ha ancora adottato l’euro. Il Protocollo (n. 16) su talune disposizioni relative alla Danimarca, allegato ai trattati, prevede che, alla luce della notifica da parte del governo danese al Consiglio del 3 novembre 1993, la Danimarca goda di un’esenzione e che la procedura per l’abrogazione della deroga sia avviata solo dietro sua richiesta. Poiché l’articolo 130 del Trattato si applica alla Danimarca, la Danmarks Nationalbank è tenuta ad adempiere agli obblighi relativi all’indipendenza della banca centrale. Il rapporto sulla convergenza dell’IME del 1998 concludeva che tale requisito era soddisfatto. In considerazione dello status speciale della Danimarca, dal 1998 non è stata effettuata alcuna ulteriore valutazione relativa alla convergenza di questo Stato. Fino al momento in cui la Danimarca non informi il Consiglio dell’UE di volere adottare l’euro, la Danmarks Nationalbank non è tenuta a integrarsi sotto il profilo legale all’Eurosistema e nessuna normativa danese necessita di essere adeguata.

L’obiettivo della valutazione della convergenza legale è di facilitare la decisione del Consiglio volta a stabilire quali Stati membri abbiano adempiuto ai propri “obblighi relativi alla realizzazione dell’Unione economica e monetaria” (articolo 140, paragrafo 1, del Trattato). Nella sfera giuridica, queste condizioni attengono in particolare all’indipendenza della banca centrale e all’integrazione legale delle BCN nell’Eurosistema.

Struttura della valutazione giuridica

La valutazione giuridica segue a grandi linee lo schema dei precedenti rapporti della BCE e dell’IME sulla convergenza legale[21].

La compatibilità della normativa nazionale è considerata alla luce della legislazione adottata prima del 25 marzo 2022.

2.2.2 Portata dell’adeguamento

Aree di adeguamento

Allo scopo di identificare le aree in cui si rende necessario l’adeguamento della normativa nazionale, sono esaminate le questioni seguenti:

  • compatibilità con le disposizioni relative all’indipendenza delle BCN nel Trattato (articolo 130) e nello Statuto (articoli 7 e 14.2);
  • compatibilità con le disposizioni relative al segreto professionale (articolo 37 dello Statuto);
  • compatibilità con il divieto di finanziamento monetario (articolo 123 del Trattato) e di accesso privilegiato (articolo 124 del Trattato);
  • compatibilità con l’ortografia comune dell’euro imposta dal diritto dell’Unione; e
  • integrazione legale delle BCN nell’Eurosistema (in particolare per ciò che concerne gli articoli 12.1 e 14.3 dello Statuto).

“Compatibilità” anziché “armonizzazione”

L’articolo 131 del Trattato prevede che la normativa nazionale sia “compatibile” con i trattati e lo Statuto; pertanto deve essere posto rimedio a qualunque eventuale incompatibilità. Né la preminenza del Trattato e dello Statuto sulla normativa nazionale, né la natura dell’incompatibilità fanno venir meno tale obbligo.

Il requisito di “compatibilità” che la normativa nazionale deve soddisfare non significa che il Trattato richieda l’“armonizzazione” degli statuti delle BCN, né tra di loro né rispetto allo Statuto. Le peculiarità nazionali possono continuare a esistere nei limiti in cui esse non violino la competenza esclusiva dell’UE in materia monetaria. In effetti, l’articolo 14.4 dello Statuto consente alle BCN di svolgere funzioni diverse da quelle specificate nello Statuto, nella misura in cui esse non interferiscano con gli obiettivi e i compiti del SEBC[22]. L’esistenza di disposizioni negli statuti delle BCN che autorizzano l’espletamento di tali funzioni supplementari dimostrano chiaramente che le differenze possono continuare a esistere. Il termine “compatibile” indica, piuttosto, che la normativa nazionale e gli statuti delle BCN devono essere adeguati in modo da eliminare le incongruenze con i trattati e lo Statuto e assicurare il necessario grado di integrazione delle BCN nel SEBC. In particolare, dovrebbe essere adeguata qualsiasi norma che leda l’indipendenza di una BCN, secondo la definizione datane nel Trattato, e il suo ruolo di parte integrante del SEBC. Per conseguire tale obiettivo, pertanto, non è sufficiente fare affidamento semplicemente sul principio della preminenza del diritto dell’UE sulla normativa nazionale.

L’obbligo di cui all’articolo 131 del Trattato riguarda esclusivamente l’incompatibilità con i trattati e lo Statuto. Tuttavia, la normativa nazionale incompatibile con la legislazione secondaria dell’UE pertinente ai settori oggetto di adeguamento esaminati nel presente rapporto dovrebbe essere a questa allineata. La preminenza del diritto dell’UE non incide sull’obbligo di adeguare la normativa nazionale. Tale obbligo di carattere generale deriva non solo dall’articolo 131 del Trattato, ma anche dalla giurisprudenza della Corte di giustizia dell’Unione europea[23].

I trattati e lo Statuto non prescrivono le modalità di adeguamento della normativa nazionale. Tale obiettivo può essere conseguito facendo riferimento alle norme dei trattati e dello Statuto, tramite l’incorporazione di tali disposizioni ed indicandone l’origine, tramite l’eliminazione di qualunque incompatibilità ovvero mediante una combinazione di tali metodi.

Inoltre, in funzione strumentale al conseguimento e al mantenimento della compatibilità fra la normativa nazionale e i trattati e lo Statuto, la BCE deve essere consultata dalle istituzioni dell’UE e dagli Stati membri su progetti di disposizioni legislative che ricadono nei suoi ambiti di competenza, ai sensi dell’articolo 127, paragrafo 4, e dell’articolo 282, paragrafo 5, del Trattato, nonché dell’articolo 4 dello Statuto. La Decisione 98/415/CE del Consiglio, del 29 giugno 1998, relativa alla consultazione della Banca centrale europea da parte delle autorità nazionali sui progetti di disposizioni legislative[24] richiede espressamente che gli Stati membri prendano tutte le misure necessarie ad assicurare il rispetto di tale obbligo.

2.2.3 Indipendenza delle BCN

Per quanto concerne l’indipendenza della banca centrale, la normativa nazionale degli Stati membri che hanno aderito all’UE nel 2004, nel 2007 o nel 2013 ha dovuto essere adeguata in modo tale da renderla conforme alle pertinenti disposizioni del Trattato e dello Statuto ed essere in vigore rispettivamente il 1° maggio 2004, il 1° gennaio 2007 e il 1° luglio 2013[25]. La Svezia era tenuta ad assicurare l’entrata in vigore dei necessari adeguamenti entro il 1° giugno 1998, data di istituzione del SEBC.

Indipendenza della banca centrale

Nel novembre 1995 l’IME ha predisposto un elenco dei diversi profili di indipendenza della banca centrale (descritti successivamente in dettaglio nel suo Rapporto sulla convergenza del 1998), su cui si è basata la valutazione della normativa nazionale degli Stati membri in quel momento, in particolare degli statuti delle BCN. Il concetto d’indipendenza della banca centrale include vari tipi di indipendenza che devono essere valutati separatamente, ossia: indipendenza funzionale, istituzionale, personale e finanziaria. Negli ultimi anni, nei pareri adottati dalla BCE, l’analisi di tali aspetti dell’indipendenza della banca centrale è stata ulteriormente raffinata. Gli aspetti considerati costituiscono la base per la valutazione del livello di convergenza della normativa nazionale degli Stati membri con deroga rispetto ai trattati e allo Statuto.

Indipendenza funzionale

L’indipendenza della banca centrale non è fine a se stessa, ma è strumentale al conseguimento di un obiettivo chiaramente definito e preminente su ogni altro. L’indipendenza funzionale richiede che l’obiettivo primario di ogni BCN sia fissato in maniera chiara e certa dal punto di vista giuridico e sia pienamente in linea con l’obiettivo primario della stabilità dei prezzi stabilito dal Trattato. Il perseguimento di tale obiettivo è realizzato mettendo a disposizione delle BCN i mezzi e gli strumenti necessari a raggiungerlo, indipendentemente da ogni altra autorità. Il requisito dell’indipendenza della banca centrale sancito dal Trattato rispecchia l’opinione generale che l’obiettivo primario della stabilità dei prezzi è perseguito al meglio da un’istituzione pienamente indipendente, il cui mandato sia definito con precisione. L’indipendenza della banca centrale è pienamente compatibile con la responsabilità delle BCN per le proprie decisioni, aspetto rilevante per rafforzare la fiducia nell’indipendenza dell’istituzione stessa. Ciò implica trasparenza e dialogo con i terzi.

Con riferimento alla tempistica, il Trattato non si è espresso chiaramente in merito a quando le BCN degli Stati membri con deroga debbano conformarsi all’obiettivo primario della stabilità dei prezzi previsto nell’articolo 127, paragrafo 1, e nell’articolo 282, paragrafo 2, del Trattato e nell’articolo 2 dello Statuto. Per gli Stati membri che hanno aderito all’UE dopo la data d’introduzione dell’euro, era controverso se tale obbligo decorresse dalla data di adesione o da quella dell’adozione dell’euro da parte loro. In effetti, mentre l’articolo 127, paragrafo 1, del Trattato non ha effetto riguardo agli Stati membri con deroga (cfr. l’articolo 139, paragrafo 2, lettera c), del Trattato), a essi si applica l’articolo 2 dello Statuto (cfr. l’articolo 42.1 dello Statuto). La BCE è dell’avviso che l’obbligo del mantenimento della stabilità dei prezzi quale obiettivo primario delle BCN decorra dal 1° giugno 1998 per la Svezia e dal 1° maggio 2004, dal 1° gennaio 2007 e dal 1° gennaio 2013 per gli Stati membri che hanno aderito all’UE in tali date. Ciò poiché uno dei principi guida dell’UE, vale a dire la stabilità dei prezzi (articolo 119 del Trattato), si applica anche nei confronti degli Stati membri con deroga. Inoltre, ciò risponde all’obiettivo sancito nel Trattato che tutti gli Stati membri debbano adoperarsi per conseguire una convergenza macroeconomica, compresa la stabilità dei prezzi, che rappresenta la ragione per la quale vengono preparati regolarmente i rapporti della BCE e della Commissione europea. Tale conclusione è corroborata ulteriormente dalla ragion d’essere dell’indipendenza della banca centrale, che è giustificata solo se viene data preminenza all’obiettivo generale della stabilità dei prezzi.

Per quanto attiene ai termini relativi all’obbligo delle BCN degli Stati membri con deroga di assumere come proprio principale obiettivo il mantenimento della stabilità dei prezzi, le valutazioni relative ai singoli paesi contenute nel presente rapporto sono effettuate sulla base delle conclusioni che precedono.

Indipendenza istituzionale

Il principio dell’indipendenza istituzionale è espressamente menzionato all’articolo 130 del Trattato e all’articolo 7 dello Statuto. Tali articoli vietano alle BCN e ai membri dei rispettivi organi decisionali di sollecitare o accettare istruzioni dalle istituzioni, dagli organi o dagli organismi dell’UE, dai governi degli Stati membri o da qualsiasi altro organismo. Inoltre, è vietato alle istituzioni, agli organi e agli organismi dell’UE nonché ai governi degli Stati membri dell’Unione di cercare di influenzare i membri degli organi decisionali delle BCN le cui decisioni possano influire sull’assolvimento dei compiti delle BCN relativi al SEBC. Per rispecchiare l’articolo 130 del Trattato e l’articolo 7 dello Statuto, la normativa nazionale dovrebbe al contempo rifletterne i divieti e non restringerne la portata applicativa[26]. Il riconoscimento di tale indipendenza delle banche centrali nazionali non ha come conseguenza quella di esentarle da ogni norma di diritto né di metterle al riparo da qualsiasi tipo di legislazione[27].

Indipendentemente dalla forma giuridica assunta dalla BCN, sia essa un ente statale, un organismo di diritto pubblico o sia semplicemente costituita in forma societaria, vi è il rischio che i titolari, in virtù dei diritti derivanti da tale posizione, possano influenzarne gli organi decisionali in relazione ai compiti assolti nell’ambito del SEBC[28]. Tale influenza, sia essa esercitata tramite i diritti degli azionisti o altrimenti, potrebbe incidere sull’indipendenza di una BCN e dovrebbe pertanto essere limitata a livello normativo.

Il quadro normativo relativo all’attività di banca centrale deve fornire una base stabile e a lungo termine per il funzionamento di una banca centrale. Un quadro normativo che consenta modifiche frequenti all’assetto istituzionale di una BCN, incidendo così sulla sua stabilità organizzativa e gestionale, potrebbe pregiudicarne l’indipendenza istituzionale[29].

L’indipendenza istituzionale dovrebbe essere rispettata anche in casi di emergenza. Soltanto ove ricorrano le condizioni di cui all’articolo 347 del Trattato, le autorità nazionali sono autorizzate ad esercitare, in via temporanea ed eccezionale, poteri che ricadono nella competenza esclusiva del SEBC. Il momento decisivo per tale valutazione è quello in cui la misura è adottata. Dato il carattere eccezionale dell’articolo 347 del Trattato, gli Stati membri dovrebbero evitare di adottare norme di prevenzione in assenza delle condizioni imposte dall’articolo 347 del Trattato[30].

Divieto di impartire istruzioni

Diritti di terzi di impartire istruzioni alle BCN, ai loro organi decisionali o ai loro membri sono incompatibili con il Trattato e con lo Statuto, laddove riguardino compiti del SEBC.

Qualunque coinvolgimento di una BCN nell’attuazione di misure di rafforzamento della stabilità finanziaria deve avvenire nell’osservanza del Trattato, ossia le funzioni delle BCN devono assolte in maniera pienamente compatibile con la loro indipendenza istituzionale e finanziaria così da salvaguardare il puntuale assolvimento dei loro compiti ai sensi del Trattato e dello Statuto[31]. Nei limiti in cui la normativa nazionale assegni alla BCN un ruolo che vada oltre le funzioni consultive e richieda l’assunzione di compiti supplementari, è necessario assicurare che tali compiti non incidano sulla capacità della BCN di assolvere i propri compiti relativi al SEBC dal punto di vista operativo e finanziario[32]. Inoltre, ai fini dell’inclusione di rappresentanti della BCN in organi decisionali collegiali di autorità di vigilanza o di altre autorità, si dovrebbe tenere debito conto delle garanzie di indipendenza personale dei membri degli organi decisionali della BCN[33].

Divieto di approvazione, sospensione, annullamento o differimento di decisioni

Diritti di terzi di approvare, sospendere, annullare o differire decisioni di una BCN sono incompatibili con il Trattato e lo Statuto, laddove riguardino compiti del SEBC[34].

Divieto di sindacato sulle decisioni per motivi di legittimità

Il diritto di organi diversi da tribunali indipendenti di sindacare, per motivi di legittimità, decisioni relative alle funzioni assolte nell’ambito del SEBC è incompatibile con il Trattato e lo Statuto, in quanto l’espletamento di tali funzioni non può essere posto in discussione a livello politico. Il diritto del governatore di una BCN di sospendere, per motivi di legittimità, l’attuazione delle decisioni del SEBC o degli organi decisionali di una BCN per sottoporle, quindi, a una decisione finale di autorità politiche equivarrebbe a chiedere istruzioni a soggetti terzi.

Divieto di partecipazione alle riunioni degli organi decisionali di una BCN con diritto di voto

La partecipazione alle riunioni degli organi decisionali di una BCN da parte di rappresentanti di soggetti terzi con diritto di voto su materie concernenti l’assolvimento da parte delle BCN di compiti del SEBC è incompatibile con il Trattato e lo Statuto, anche se tale voto non è decisivo. Tale partecipazione, anche senza diritto di voto, è incompatibile con il Trattato e lo Statuto, ove tale partecipazione interferisca con l’assolvimento di funzioni relative al SEBC da parte di tali organi decisionali o metta a rischio il regime di riservatezza del SEBC[35].

Divieto di consultazione preventiva in merito a decisioni della BCN

Un obbligo statutario che imponga espressamente a una BCN di consultare preventivamente soggetti terzi in merito alle proprie decisioni fornisce a questi ultimi un meccanismo formale per influire sulle decisioni finali ed è quindi incompatibile con il Trattato e lo Statuto.

Tuttavia, anche quando è basato sull’obbligo statutario di fornire informazioni e scambiare opinioni, il dialogo fra una BCN e i soggetti terzi è compatibile con l’indipendenza della banca centrale, purché:

  • ciò non interferisca con l’indipendenza dei membri degli organi decisionali della BCN;
  • lo status particolare dei governatori nel loro ruolo di membri degli organi decisionali della BCE sia pienamente rispettato; e
  • siano osservati gli obblighi di riservatezza imposti dallo Statuto[36].
Assolvimento di funzioni di pertinenza dei membri degli organi decisionali della BCN

Le disposizioni statutarie concernenti l’adempimento da parte di terzi (ad esempio i governi) di funzioni di pertinenza dei membri degli organi decisionali delle BCN (ad esempio in relazione ai conti finanziari) dovrebbero essere integrate da opportune clausole di salvaguardia, affinché tale potere non leda la capacità del singolo membro della BCN di prendere in maniera indipendente decisioni relative ai compiti del SEBC (ovvero di attuare decisioni adottate nell’ambito del SEBC). Si raccomanda quindi di includere negli statuti delle BCN un’espressa disposizione in questo senso.

Indipendenza personale

La disposizione dello Statuto relativa alla garanzia di permanenza in carica dei membri degli organi decisionali delle BCN ne rafforza ulteriormente l’indipendenza. I governatori delle BCN sono membri del Consiglio generale della BCE e divengono membri del suo Consiglio direttivo a seguito dell’adozione dell’euro da parte dei rispettivi Stati membri. I governatori delle BCN non possono essere considerati come rappresentanti di uno stato membro mentre svolgono i loro compiti come membri del Consiglio direttivo o del Consiglio generale della BCE[37]. L’articolo 14.2 dello Statuto dispone che gli statuti delle BCN debbano prevedere, in particolare, un termine minimo di cinque anni di permanenza in carica per i governatori. Tale disposizione fornisce altresì una tutela contro i casi in cui il governatore sia arbitrariamente sollevato dall’incarico, sancendo che questi possa essere sollevato dall’incarico solo qualora non soddisfi più le condizioni necessarie per l’espletamento delle sue funzioni o qualora sia stato riconosciuto colpevole di gravi mancanze. In tali casi, l’articolo 14.2 dello Statuto prevede la possibilità di adire la Corte di giustizia dell’Unione europea la quale ha il potere di annullare la decisione nazionale adottata per sollevare il governatore dall’incarico[38]. La sospensione di un governatore può equivalere a sollevarlo dall’incarico ai fini dell’articolo 14.2 dello Statuto[39]. Gli statuti delle BCN devono essere conformi a tale disposizione, come illustrato di seguito.

L’articolo 130 del Trattato vieta ai governi nazionali e a ogni altro organo di influenzare i membri degli organi decisionali delle BCN nell’assolvimento dei loro compiti. In particolare, gli Stati membri non possono tentare di influenzare i membri degli organi decisionali di una BCN apportando modifiche alla normativa nazionale che incidano sulla loro remunerazione, e che, in linea di principio, dovrebbero applicarsi solo alle future nomine[40].

Termine minimo di permanenza in carica dei governatori

Ai sensi dell’articolo 14.2 dello Statuto, gli statuti delle BCN devono prevedere per il governatore un termine minimo di permanenza in carica pari a cinque anni. Ciò non esclude che la durata del mandato possa essere più lunga; nel caso in cui sia a tempo indeterminato, non è necessario adeguare lo statuto se i motivi per i quali un governatore può essere sollevato dall’incarico sono in linea con quelli previsti dall’articolo 14.2 dello Statuto. Non possono essere giustificati periodi più brevi anche se applicati durante un periodo transitorio[41]. Una normativa nazionale che fissi l’età per il pensionamento obbligatorio dovrebbe assicurare che essa non interrompa il termine minimo di permanenza in carica previsto dall’articolo 14.2 dello Statuto, il quale prevale sul pensionamento obbligatorio, ove applicabile a un governatore[42]. Qualora gli statuti delle BCN siano modificati, la modifica dovrebbe garantire la continuità del mandato del governatore e degli altri membri degli organi decisionali coinvolti nell’espletamento dei compiti del SEBC[43].

Condizioni per sollevare i governatori dall’incarico

Gli statuti delle BCN devono assicurare che un governatore non possa essere sollevato dall’incarico per cause diverse da quelle previste dall’articolo 14.2 dello Statuto. La finalità della prescrizione di cui a tale articolo è quella di evitare che le autorità coinvolte nella nomina dei governatori, in particolare il governo o il parlamento, revochino in modo discrezionale la carica di un governatore. Gli statuti delle BCN dovrebbero far riferimento all’articolo 14.2 dello Statuto ovvero incorporarne le disposizioni citandone la fonte, ovvero rimuovere ogni incompatibilità in relazione alle cause per sollevare dall’incarico di cui all’articolo 14.2 dello Statuto, ovvero, infine, omettere di farne menzione (dal momento che il predetto articolo è direttamente applicabile)[44]. Una volta eletti o nominati, i governatori non possono essere sollevati dall’incarico per cause diverse da quelle menzionate all’articolo 14.2 dello Statuto, anche se non erano ancora entrati in servizio. Dato che le condizioni in presenza delle quali un governatore può essere sollevato dall’incarico costituiscono nozioni autonome di diritto dell’Unione, la loro applicazione e la loro interpretazione non dipendono dai contesti nazionali[45]. In definitiva, spetta alla Corte di giustizia dell’Unione europea in conformità ai poteri conferitile dall’articolo 14.2 dello Statuto verificare che la decisione di sollevare dall’incarico il governatore di una banca centrale sia giustificata da indicazioni sufficienti che questi abbia commesso gravi mancanze tali da giustificare una tale misura[46].

Garanzie di permanenza in carica dei membri degli organi decisionali delle BCN, diversi dai governatori, coinvolti nell’espletamento di funzioni proprie del SEBC e ragioni per sollevarli dall’incarico

Applicare le stesse regole relative alle garanzie di permanenza in carica e le cause per sollevare dall’incarico relative ai governatori ad altri membri degli organi decisionali delle BCN coinvolti nell’assolvimento dei compiti del SEBC garantirà anche l’indipendenza personale di tali soggetti[47]. Le disposizioni di cui all’articolo 14.2 dello Statuto non si limitano alla garanzia di permanenza in carica dei soli governatori, e inoltre nell’articolo 130 del Trattato e nell’articolo 7 dello Statuto non si fa specifico riferimento ai governatori, ma ai “membri degli organi decisionali” delle BCN. Ciò vale in particolare ove un governatore sia “primus inter pares” rispetto a colleghi con pari diritto di voto oppure ove tali altri membri siano coinvolti nell’assolvimento dei compiti del SEBC.

Controllo giurisdizionale

I membri degli organi decisionali delle BCN devono avere il diritto di sottoporre la decisione di sollevarli dall’incarico a un tribunale indipendente, al fine di limitare il potere discrezionale delle autorità politiche nella valutazione dei motivi di tale decisione.

L’articolo 14.2 dello Statuto stabilisce che i governatori delle BCN sollevati dall’incarico possono portare la relativa decisione dinanzi alla Corte di giustizia dell’Unione europea. Una normativa nazionale dovrebbe rimandare allo Statuto, ovvero omettere ogni riferimento al diritto di adire la Corte di giustizia dell’Unione europea (data la diretta applicabilità dell’articolo 14.2 dello Statuto). La Corte di giustizia dell’Unione europea ha il potere di annullare la misura nazionale di sollevamento dall’incarico ove si accerti che è contraria al diritto dell’Unione[48].

Una normativa nazionale dovrebbe altresì prevedere il diritto di sottoporre alla verifica dei tribunali nazionali le decisioni di sollevare dall’incarico i membri degli organi decisionali della BCN coinvolti nell’assolvimento dei compiti propri del SEBC. Tale diritto può costituire un principio generale di diritto ovvero assumere la forma di una disposizione specifica. Anche qualora si possa affermare che i principi generali del diritto già contemplano un diritto al controllo giurisdizionale, per esigenze di certezza giuridica, potrebbe essere opportuno introdurre una specifica previsione in tal senso.

Tutele contro le ipotesi di conflitto di interessi

L’indipendenza personale comporta anche l’esigenza di assicurare che non sorgano conflitti di interessi tra i compiti dei membri degli organi decisionali delle BCN coinvolti nell’espletamento dei compiti del SEBC in relazione alle rispettive BCN (nonché dei governatori in relazione alla BCE) ed eventuali altre funzioni che tali membri possono essere chiamati a svolgere e che potrebbero comprometterne l’indipendenza personale[49]. In linea di principio, l’appartenenza a un organo decisionale coinvolto nell’espletamento di compiti del SEBC è incompatibile con l’esercizio di altre funzioni suscettibili di determinare un conflitto di interessi. In particolare, i membri di tali organi non possono ricoprire una carica o avere interessi suscettibili di influenzare le attività da essi svolte, mediante cariche nel ramo esecutivo o legislativo dello Stato, o in altre amministrazioni pubbliche a livello regionale o locale, o ancora tramite cariche in imprese private. Particolare cura andrebbe inoltre rivolta alla prevenzione di potenziali conflitti di interesse da parte di membri non esecutivi degli organi decisionali.

Indipendenza finanziaria

L’indipendenza complessiva di una BCN potrebbe essere messa a repentaglio se essa non potesse reperire autonomamente risorse finanziarie sufficienti a espletare il proprio mandato, ossia assolvere i compiti del SEBC cui è tenuta in virtù del Trattato e dello Statuto[50].

Gli Stati membri non possono mettere le rispettive BCN nella condizione di non disporre di risorse finanziarie o di un patrimonio netto sufficienti[51] ad assolvere i compiti del SEBC o, a seconda dei casi, dell’Eurosistema. Si noti che gli articoli 28.1 e 30.4 dello Statuto prevedono la possibilità che la BCE richieda alle BCN di contribuire ulteriormente al capitale della BCE e di effettuare ulteriori trasferimenti di riserve in valuta[52]. Inoltre, l’articolo 33.2 dello Statuto dispone[53] che, qualora la BCE subisca una perdita che non possa essere interamente coperta dal fondo di riserva generale, il Consiglio direttivo della BCE può decidere di compensare la perdita con il reddito monetario dell’esercizio finanziario pertinente, in proporzione e nei limiti degli importi ripartiti tra le BCN. Secondo il principio dell’indipendenza finanziaria, il rispetto di tali disposizioni richiede che la capacità di una BCN di adempiere alle proprie funzioni non sia pregiudicata.

Tale principio prevede inoltre che una BCN disponga di mezzi sufficienti ad assolvere non solo i compiti del SEBC, ma anche quelli nazionali (ad esempio la vigilanza sul settore finanziario, il finanziamento della propria gestione e delle proprie operazioni, l’erogazione di liquidità d’emergenza[54]).

Per tutte le ragioni predette, l’indipendenza finanziaria richiede anche che una BCN sia sempre sufficientemente capitalizzata. In particolare, si dovrebbero evitare situazioni in cui il capitale netto di una BCN sia, per un periodo di tempo prolungato, inferiore al suo capitale sociale o addirittura negativo, anche nel caso in cui le perdite rispetto al livello di capitale e le riserve siano soggette a riporto[55][56]. Una tale situazione potrebbe avere un impatto negativo sulla capacità della BCN di assolvere i compiti del SEBC e quelli nazionali. Inoltre, potrebbe essere minata la credibilità della politica monetaria dell’Eurosistema. Pertanto, l’eventualità che il capitale netto di una BCN sia inferiore al suo capitale sociale, o addirittura negativo, richiederebbe al rispettivo Stato membro di mettere a disposizione della BCN una quantità di capitale adeguata almeno fino al livello del capitale sociale entro un periodo di tempo ragionevole, in modo da rispettare il principio dell’indipendenza finanziaria. Per quanto riguarda la BCE, l’importanza di tale questione è stata già riconosciuta dal Consiglio mediante l’adozione del Regolamento (CE) n. 1009/2000 del Consiglio, dell’8 maggio 2000, relativo agli aumenti di capitale della Banca centrale europea[57]. Esso ha permesso al Consiglio direttivo della BCE di decidere un aumento effettivo del capitale della BCE al fine di mantenere l’adeguatezza della base di patrimoniale necessaria a sostenerne le operazioni[58]; le BCN dovrebbero essere finanziariamente capaci di dare attuazione a una decisione della BCE in tal senso.

Nel valutare l’indipendenza finanziaria è necessario verificare se un soggetto terzo abbia modo di esercitare un’influenza diretta o indiretta non solo sulle funzioni della BCN, ma anche sulla sua capacità di assolvere il proprio mandato, intesa sia come capacità operativa, in termini di risorse umane, che finanziaria, in termini di adeguati mezzi economici. Al riguardo i profili di indipendenza finanziaria di seguito elencati sono particolarmente rilevanti[59]. Essi costituiscono i profili di indipendenza finanziaria per i quali le BCN sono più vulnerabili all’influenza esterna.

Determinazione del bilancio

La facoltà di un soggetto terzo di determinare o di influire sul bilancio preventivo di una BCN è incompatibile con il principio di indipendenza finanziaria, a meno che una disposizione legislativa non stabilisca che tale facoltà non pregiudica i mezzi finanziari necessari alla BCN per svolgere i compiti del SEBC[60].

Principi contabili

I conti devono essere redatti conformemente ai principi contabili generali o in base a criteri specifici individuati dagli organi decisionali delle BCN. Qualora, invece, tali principi siano stabiliti da soggetti terzi, allora essi dovrebbero quantomeno tenere in considerazione le proposte degli organi decisionali delle BCN.

I conti annuali dovrebbero essere adottati dagli organi decisionali delle BCN, assistiti da esperti contabili indipendenti, e possono essere sottoposti all’approvazione a posteriori di soggetti terzi (ad esempio il governo o il parlamento). Gli organi decisionali della BCN dovrebbero essere in grado di decidere i criteri di calcolo degli utili in maniera indipendente e professionale.

Qualora le operazioni di una BCN siano sottoposte al controllo dell’ente statale di revisione o di un organo analogo preposto alla verifica dell’impiego delle finanze pubbliche, la portata di tale verifica dovrebbe essere chiaramente definita a livello normativo[61], non dovrebbe pregiudicare l’attività svolta dai revisori esterni indipendenti della BCN[62] e inoltre, in linea con il principio di indipendenza istituzionale, dovrebbe rispettare il divieto di impartire istruzioni a una BCN e ai suoi organi decisionali e non interferire con le funzioni della BCN connesse alla partecipazione al SEBC[63]. La revisione statale è effettuata su base non politica, indipendente e puramente professionale[64].

Distribuzione degli utili, capitale della BCN e accantonamenti

Per quanto concerne la distribuzione degli utili, lo statuto di una BCN può stabilirne le modalità. In mancanza di disposizioni al riguardo, le decisioni relative alla distribuzione degli utili dovrebbero essere assunte dagli organi decisionali della BCN in modo professionale e non dovrebbero essere soggette alla discrezionalità di terzi, a meno che non vi sia una clausola di salvaguardia espressa che garantisca che ciò non pregiudica i mezzi finanziari necessari a espletare le funzioni della BCN connesse al SEBC e quelle nazionali[65].

I profitti possono essere distribuiti al bilancio dello Stato solo dopo che le eventuali perdite accumulate dagli esercizi precedenti siano state ripianate[66] e siano stati costituiti gli accantonamenti finanziari ritenuti necessari a salvaguardare il valore reale del capitale e delle attività della BCN. Provvedimenti legislativi ad hoc o provvisori che impartiscano istruzioni alle BCN in relazione alla distribuzione dei rispettivi profitti non sono ammissibili[67]. Analogamente, anche una tassa sulle plusvalenze non realizzate comporterebbe un pregiudizio all’indipendenza finanziaria[68].

Uno Stato membro non può imporre riduzioni di capitale alla BCN senza il previo consenso dei suoi organi decisionali, che deve essere diretto a garantire che vengano preservate le risorse finanziarie necessarie a espletare il suo mandato di membro del SEBC, conformemente all’articolo 127, paragrafo 2, del Trattato e allo Statuto. Per la stessa ragione, qualunque modifica alle norme sulla distribuzione dei profitti di una BCN dovrebbe essere avviata e decisa in cooperazione con la BCN, che è in condizione di valutare al meglio il livello richiesto del suo capitale di riserva[69]. Per quanto riguarda gli accantonamenti finanziari o le riserve, le BCN devono essere libere di costituire autonomamente accantonamenti finanziari per salvaguardare il valore reale del proprio capitale e delle proprie attività. Gli Stati membri non possono ostacolare le BCN nella costituzione del loro capitale di riserva al livello necessario a un membro del SEBC per l’adempimento dei propri compiti[70].

Responsabilità finanziaria per le autorità di vigilanza

Nella maggior parte degli Stati membri l’autorità preposta alla vigilanza finanziaria è istituita in seno alla BCN. Ciò non crea alcun problema se tale autorità è sottoposta al processo decisionale indipendente della BCN. Tuttavia, ove la legge disponga che essa operi attraverso un processo decisionale distinto, è importante assicurare che le sue deliberazioni non mettano complessivamente a rischio le finanze della BCN. In questi casi la normativa nazionale dovrebbe attribuire alla BCN la facoltà di esaminare in ultima istanza le decisioni dell’autorità di vigilanza suscettibili di incidere sulla sua indipendenza, in particolare sotto il profilo finanziario[71].

Autonomia in materia di personale

Gli Stati membri non possono pregiudicare la capacità di una BCN di assumere e mantenere il personale qualificato necessario a svolgere in maniera autonoma i compiti a essa conferiti dal Trattato e dallo Statuto[72]. Inoltre, una BCN non può essere posta nella condizione di avere un controllo limitato o nullo sul proprio personale o di subire l’influenza del governo di uno Stato membro rispetto alle proprie politiche in materia di personale[73]. Ogni modifica a disposizioni legislative in materia di remunerazione dei membri degli organismi decisionali di una BCN e del suo personale dovrebbe essere decisa in stretta ed effettiva cooperazione con la BCN[74], tenendo debito conto del suo parere, al fine di assicurare la capacità della BCN di espletare in modo continuativo le sue funzioni in maniera indipendente[75]. L’autonomia in materia di personale si estende a questioni inerenti le pensioni degli impiegati Inoltre, modifiche che determinano una riduzione della remunerazione del personale di una BCN non dovrebbero interferire con il potere della BCN di amministrare le proprie risorse finanziarie, compresi i fondi rivenienti dalla riduzione degli stipendi corrisposti[76].

Proprietà e diritti proprietari

I diritti dei terzi di intervenire o impartire istruzioni nei confronti di una BCN in relazione alle sue proprietà sono incompatibili con il principio di indipendenza finanziaria.

2.2.4 Riservatezza

L’obbligo del segreto professionale cui sono tenuti il personale e i membri degli organi decisionali della BCE e delle BCN, sancito dall’articolo 37 dello Statuto, può dare origine a disposizioni analoghe negli statuti delle BCN o nelle legislazioni degli Stati membri. La preminenza del diritto dell’Unione e delle normative adottate nel suo ambito implica altresì che le leggi nazionali relative all’accesso a documenti da parte di terzi debbano rispettare le pertinenti disposizioni del diritto dell’Unione, incluso l’articolo 37 dello Statuto, e non possano comportare violazioni del regime di riservatezza del SEBC[77]. L’accesso da parte di un ufficio di revisione statale o di un organismo analogo a informazioni e documenti riservati di una BCN deve essere limitato a quanto è necessario ad adempiere ai compiti di legge dell’organismo che riceve le informazioni e deve aver luogo senza pregiudicare il regime di riservatezza del SEBC a cui sono soggetti i membri degli organi decisionali e il personale delle BCN[78]. Le BCN dovrebbero assicurare che tali soggetti proteggano la riservatezza delle informazioni e della documentazione forniti a un livello corrispondente a quello applicato dalle BCN.

2.2.5 Divieto di finanziamento monetario e accesso privilegiato

Con riguardo al divieto di finanziamento monetario e di accesso privilegiato, la normativa nazionale degli Stati membri che hanno aderito all’UE nel 2004, nel 2007 o nel 2013 ha dovuto essere adeguata per renderla conforme alle pertinenti disposizioni del Trattato e dello Statuto e risultare in vigore rispettivamente il 1° maggio 2004, il 1° gennaio 2007 e il 1° luglio 2013. La Svezia era tenuta ad assicurare l’entrata in vigore dei necessari adeguamenti entro il 1°gennaio 1995.

Divieto di finanziamento monetario

L’articolo 123, paragrafo 1, del Trattato, proibisce la concessione di scoperti di conto o qualsiasi altra forma di facilitazione creditizia da parte della BCE o da parte delle BCN a istituzioni, organi o organismi dell’UE, alle amministrazioni statali, agli enti regionali, locali o altri enti pubblici, ad altri organismi di diritto pubblico o a imprese pubbliche degli Stati membri.

La norma proibisce anche l’acquisto diretto presso tali soggetti di diritto pubblico di titoli di debito da parte della BCE o delle BCN. Il Trattato prevede un’eccezione a tale divieto di finanziamento monetario: esso non si applica agli enti creditizi di proprietà pubblica che, nel contesto dell’offerta di liquidità da parte delle banche centrali, devono ricevere lo stesso trattamento degli enti creditizi privati (articolo 123, paragrafo 2, del Trattato). Inoltre, la BCE e le BCN possono operare come agenti finanziari per gli organismi predetti (articolo 21.2 dello Statuto). L’esatto ambito di applicazione del divieto di finanziamento monetario è chiarito ulteriormente dal Regolamento (CE) n. 3603/93 del Consiglio, del 13 dicembre 1993, che precisa le definizioni necessarie all’applicazione dei divieti enunciati agli articoli 104 e 104 B, paragrafo 1, del Trattato[79], in virtù del quale il divieto include qualunque finanziamento degli impegni assunti dal settore pubblico nei confronti dei terzi.

Il divieto di finanziamento monetario è cruciale per assicurare che non siano frapposti ostacoli al conseguimento dell’obiettivo primario della politica monetaria (cioè il mantenimento della stabilità dei prezzi). Inoltre, il finanziamento del settore pubblico da parte delle banche centrali attenua gli incentivi a una disciplina di bilancio. Tale divieto deve pertanto essere interpretato estensivamente in modo da assicurare una sua rigorosa applicazione ed è soggetto solo ad alcune limitate esenzioni contenute nell’articolo 123, paragrafo 2, del Trattato e nel Regolamento (CE) n. 3603/93. Così, se anche l’articolo 123, paragrafo 1, fa riferimento specificamente alla “facilitazione creditizia”, vale a dire ai casi in cui è previsto l’obbligo di rimborsare i fondi, il divieto può essere applicato a maggior ragione ad altre forme di finanziamento, ossia ai casi in cui manca l’obbligo di rimborso.

La BCE ha sviluppato un proprio orientamento generale sulla compatibilità della normativa nazionale con il divieto in questione, principalmente nel contesto dei pareri resi agli Stati membri su progetti di disposizioni legislative, ai sensi degli articoli 127, paragrafo 4, e 282, paragrafo 5, del Trattato[80].

Normativa nazionale relativa al divieto di finanziamento monetario

Nei casi in cui le disposizioni legislative nazionali rispecchino l’articolo 123 del Trattato ovvero il Regolamento (CE) n. 3603/93, esse non possono restringere l’ambito di applicazione del divieto di finanziamento monetario o ampliare le eccezioni previste dal diritto dell’UE. Ad esempio, una normativa nazionale che preveda il finanziamento da parte della BCN di impegni finanziari di uno Stato membro nei confronti di istituzioni finanziarie internazionali o di paesi terzi è, in linea di principio, incompatibile con il divieto di finanziamento monetario. A titolo di eccezione, il regolamento (CE) n. 3603/93 consente il finanziamento degli impegni assunti dal settore pubblico nei confronti dell’FMI da parte delle BCN, purché si traduca in crediti esteri che hanno tutte le caratteristiche di attività di riserva[81]. Le caratteristiche rilevanti per determinare la qualità delle attività di riserva dei crediti riguardano la loro disponibilità per soddisfare le necessità di finanziamento della bilancia dei pagamenti e altre finalità collegate, il che comporta che ne debbano essere assicurate la qualità creditizia e la liquidità dei crediti[82].

Finanziamento del settore pubblico di impegni da questo assunti nei confronti di terzi

Una normativa nazionale non può imporre a una BCN di finanziare l’assolvimento di funzioni da parte di altri organismi del settore pubblico o gli impegni assunti dal settore pubblico nei confronti dei terzi. Ciò si applica altresì al conferimento di nuovi compiti alle BCN. A tal fine è necessario verificare caso per caso se il compito da conferire alla BCN costituisca un compito di banca centrale o un compito del governo, ossia un compito che rientra tra le responsabilità del governo[83]. In altre parole, è necessario che sussistano salvaguardie sufficienti per prevenire l’elusione dell’obiettivo del divieto di finanziamento monetario. Il Consiglio direttivo ha fissato appositi criteri per determinare ciò che si possa ritenere come rientrante nella nozione di obbligazione del settore pubblico ai sensi del regolamento (CE) n. 3603/93, ovvero, in altri termini, ciò che costituisca un compito del governo[84]. Per assicurare il rispetto del divieto di finanziamento monetario, un nuovo compito affidato a una BCN deve essere pienamente e adeguatamente remunerato ove esso: (a) non sia un compito di banca centrale o un’azione che agevola l’adempimento di un compito di banca centrale; ovvero (b) sia collegato a un compito governativo ed eseguito nell’interesse del governo[85]. Criteri importanti per qualificare un nuovo compito come un compito del governo sono: (a) l’atipicità; (b) il suo adempimento per conto e nell’esclusivo interesse del governo; e (c) il suo impatto sull’indipendenza istituzionale, finanziaria e personale della BCE. In particolare, un compito può essere qualificato come un compito del governo se il suo adempimento soddisfa uno dei seguenti criteri: (a) crea conflitti di interessi irrisolti con preesistenti compiti di banca centrale; (b) è sproporzionato alla capacità finanziaria e organizzativa della BCE; (c) è incongruente con l’assetto istituzionale della BCN; (d) comporta notevoli rischi finanziari e (e) espone i membri degli organi decisionali della BCE a rischi politici sproporzionati, suscettibili di arrecare loro pregiudizio in termini di indipendenza personale[86].

Alcuni dei nuovi compiti conferiti alle BCN che la BCE ritiene propri del governo sono: (a) compiti inerenti al finanziamento di fondi o meccanismi finanziari di risoluzione nonché alla garanzia dei depositi o all’indennizzo degli investitori[87]; (b) compiti inerenti all’istituzione di un registro centrale dei conti correnti[88]; (c) compiti di mediazione creditizia[89]; (d) compiti relativi alla raccolta, all’aggiornamento e all’elaborazione di dati funzionali al calcolo dei trasferimenti di premi assicurativi[90]; (e) compiti relativi alla tutela della concorrenza nel mercato dei mutui ipotecari[91]; (f) compiti relativi alla fornitura di risorse a organismi che sono indipendenti della BCN e operano come estensione del governo[92]; e (g) compiti di un’autorità di informazione a fini di agevolazione del recupero di crediti transfrontaliero in materia civile e commerciale[93]; (h) compiti inerenti all’istituzione di una banca dati degli indennizzi assicurativi[94]; (i) compiti relativi all’esecuzione di analisi scientifiche per conto ed a favore degli enti governativi[95]; e (j) compiti inerenti alla preparazione della difesa nazionale che esulino dai compiti inerenti la pianificazione interna delle emergenze di una banca centrale[96]. Per contro, possono costituire compiti di banca centrale, tra gli altri, compiti di vigilanza[97] o compiti ad essi relativi, come quelli relativi alla tutela dei consumatori nel settore dei servizi finanziari[98], ovvero all’osservanza da parte degli enti creditizi dei requisiti in materia di ristrutturazione del prestito[99], vigilanza su società che acquisiscono crediti[100] o società di leasing finanziario[101], vigilanza su fornitori e intermediari del credito al consumo[102], autorizzazione e vigilanza su fornitori di microcredito[103], vigilanza sulle agenzie di referenza creditizia[104], vigilanza su amministratori di tassi di indici di riferimento[105], compiti di vigilanza volti ad assicurare il rispetto del diritto dell’Unione nel settore dei prodotti e dei servizi di investimento[106], compiti relativi alla sorveglianza sui sistemi di pagamento[107], compiti relativi alla vigilanza sulle norme relative all’area unica dei pagamenti in euro[108], compiti relativi alla vigilanza sull’emissione di obbligazioni garantite da parte degli enti creditizi[109], compiti relativi all’applicazione e al rispetto della legislazione dell’Unione relativa ai conti di pagamento[110], compiti di risoluzione amministrativa o taluni compiti relativi alla gestione dei sistemi di garanzia dei depositi o dei sistemi di tutela degli investitori[111] ovvero compiti relativi all’esercizio e alla gestione dei registri dei crediti[112].

Inoltre, nessun finanziamento temporaneo può essere concesso da una BCN per consentire a uno Stato membro di onorare i propri impegni in relazione alle garanzie statali sulle passività delle banche[113]. Ancora, la distribuzione di profitti di banca centrale non ancora realizzati, contabilizzati e sottoposti a revisione non è compatibile con il divieto di finanziamento monetario. Per rispettare il divieto di finanziamento monetario, l’importo distribuito al bilancio dello Stato ai sensi delle norme applicabili concernenti la distribuzione dei profitti non può essere versato, neppure parzialmente, a valere sul capitale di riserva della BCN. Pertanto, le norme sulla distribuzione dei profitti non dovrebbero incidere sul capitale di riserva della BCN. Inoltre, ove attività di una BCN siano trasferite allo Stato, queste devono essere remunerate al valore di mercato e il trasferimento dovrebbe avere luogo contemporaneamente al pagamento del corrispettivo[114].

Allo stesso modo, non è consentito intervenire sull’adempimento di altri compiti dell’Eurosistema, come la gestione delle riserve in valuta estera, mediante la tassazione delle plusvalenze teoriche non realizzate poiché ciò equivarrebbe a una forma di credito di banca centrale al settore pubblico attraverso la distribuzione anticipata di profitti incerti e futuri[115].

Assunzione di passività del settore pubblico

Una normativa nazionale che imponga a una BCN di assumere le passività di un organismo pubblico precedentemente indipendente all’esito di una riorganizzazione a livello nazionale di taluni compiti e funzioni (ad esempio, nel quadro del trasferimento alla BCN di taluni compiti in materia di vigilanza precedentemente assolti dallo Stato o da autorità od organi pubblici indipendenti), senza isolare completamente la BCN da tutti gli obblighi di natura finanziaria derivanti dalle attività precedentemente svolte da tale organismo, sarebbe incompatibile con il divieto di finanziamento monetario[116]. Analogamente, una normativa nazionale che imponga a una BCN di ottenere la previa approvazione del governo prima di adottare azioni di risoluzione in un’ampia gamma di situazioni, senza limitarne la responsabilità agli atti amministrativi suoi propri sarebbe incompatibile con il divieto di finanziamento monetario[117]. Analogamente, una normativa nazionale che imponga a una BCN di risarcire i danni, nella misura in cui essa si traduca in un’assunzione da parte della BCN di una responsabilità dello stato, non sarebbe in linea con il divieto di finanziamento monetario[118].

Sostegno finanziario a enti creditizi e/o istituzioni finanziarie

Una normativa nazionale che preveda il finanziamento da parte di una BCN, concesso indipendentemente e a sua completa discrezione, di enti creditizi al di fuori del contesto dei compiti di banca centrale (quali politica monetaria, sistemi di pagamento o operazioni temporanee di sostegno alla liquidità), in particolare il sostegno di enti creditizi e/o altre istituzioni finanziarie insolventi, sarebbe incompatibile con il divieto di finanziamento monetario.

Ciò si applica, in particolare, al sostegno di enti creditizi insolventi. La logica è che, tramite il finanziamento di un ente creditizio insolvente, una BCN assumerebbe un compito proprio del governo[119]. Le medesime preoccupazioni si estendono al finanziamento da parte dell’Eurosistema di un ente creditizio che sia stato ricapitalizzato al fine di ripristinarne la solvibilità, tramite collocamento diretto di strumenti di debito emessi dal governo, qualora non sussistano fonti alternative di finanziamento sul mercato (di seguito ‘titoli di debito emessi per la ricapitalizzazione’) e qualora detti titoli debbano essere usati quali garanzie. In tale ipotesi di ricapitalizzazione di un ente creditizio da parte dello Stato tramite collocamento diretto di titoli di debito emessi per la ricapitalizzazione, il successivo utilizzo di tali titoli quali garanzie nelle operazioni di liquidità di banca centrale solleva problemi di finanziamento monetario[120]. I finanziamenti volti a fronteggiare gravi crisi di liquidità, erogati da una BCN in maniera indipendente e pienamente discrezionale a un ente creditizio solvibile sulla base di una garanzia finanziaria statale, devono rispettare le seguenti condizioni: (a) è necessario assicurare che il credito concesso dalla BCN sia il più possibile a breve termine; (b) devono essere in gioco profili di stabilità a livello sistemico; (c) non devono sussistere dubbi circa la validità e l’efficacia giuridica della garanzia statale ai sensi del diritto nazionale applicabile; e (d) non devono sussistere dubbi circa l’adeguatezza sotto il profilo economico della garanzia statale, che dovrebbe coprire sia il capitale che gli interessi sui prestiti[121].

A tal fine, dovrebbe essere valutato l’inserimento di riferimenti all’articolo 123 del Trattato nella legislazione nazionale.

Sostegno finanziario ai fondi o meccanismi finanziari di risoluzione e ai sistemi di garanzia dei depositi o di indennizzo degli investitori

Il finanziamento da parte di una BCN di un fondo di risoluzione o di un fondo di garanzia dei depositi che si configura come un “organismo di diritto pubblico” nell’accezione di cui all’articolo 123, paragrafo 1, del Trattato è incompatibile con il divieto di finanziamento monetario. Un organismo si configura come “di diritto pubblico” ove presenti tutte le seguenti caratteristiche: (a) è istituito allo scopo di soddisfare specificatamente esigenze di interesse generale non aventi carattere industriale o commerciale; (b) è dotato di personalità giuridica; e (c) dipende strettamente dagli enti del settore pubblico di cui all’articolo 123, paragrafo 1, del Trattato. Si presume una stretta dipendenza da tali enti del settore pubblico quando un organismo è finanziato in modo maggioritario da tali enti, ovvero la sua gestione è soggetta alla vigilanza di tali enti, ovvero è di un organo di amministrazione, di direzione o di vigilanza in cui più della metà dei membri è designata da tali enti[122].

Mentre le funzioni inerenti alla risoluzione amministrativa sono generalmente considerate connesse a quelle di cui all’articolo 127, paragrafo 5, del Trattato, e anche qualora il finanziamento non sia concesso a un "organismo di diritto pubblico", il finanziamento di fondi o meccanismi finanziari di risoluzione non è in linea con il divieto di finanziamento monetario[123]. Qualora una BCN funga da autorità di risoluzione, essa non dovrebbe in alcun caso assumere o finanziare obblighi di un ente-ponte o di una società veicolo per la gestione delle attività[124]. A tal fine, la normativa nazionale dovrebbe precisare che la BCN non assumerà né finanzierà gli obblighi di tali enti[125].

La direttiva relativa ai sistemi di garanzia dei depositi[126] e quella relativa ai sistemi di indennizzo degli investitori[127] dispongono che i costi del finanziamento di tali sistemi debbano essere sostenuti, rispettivamente, dagli stessi enti creditizi e dalle imprese di investimento. Eccezion fatta per il finanziamento di un “organismo di diritto pubblico”, una normativa nazionale che prevedesse il finanziamento da parte di una BCN di un sistema nazionale di garanzia dei depositi per gli enti creditizi o di un sistema nazionale di indennizzo degli investitori per le imprese di investimento sarebbe compatibile con il divieto di finanziamento monetario solo ove fosse a breve termine, fosse destinato a fronteggiare situazioni di urgenza, fossero in gioco aspetti di stabilità sistemica e le decisioni fossero rimesse alla discrezionalità della BCN[128]. A tal fine, dovrebbe essere valutato l’inserimento di riferimenti all’articolo 123 del Trattato nella legislazione nazionale. Quando la BCN, nell’esercizio della propria discrezionalità, concede un prestito, deve assicurarsi di non assumere, di fatto, un compito proprio del governo[129]. In particolare, il sostegno, da parte della banca centrale, a sistemi di garanzia dei depositi non dovrebbe risolversi in un’operazione sistematica di finanziamento anticipato[130].

Funzione di agenzia finanziaria

L’articolo 21.2 dello Statuto dispone che “la BCE e le banche centrali nazionali possono operare come agenti finanziari” per istituzioni, organi o organismi dell’Unione, amministrazioni statali, enti regionali, locali o altri enti pubblici, altri organismi del settore pubblico o imprese pubbliche degli Stati membri. La finalità dell’articolo 21.2 dello Statuto è quella di chiarire che le BCN, a seguito del trasferimento della funzione di politica monetaria all’Eurosistema, possono continuare a svolgere il servizio di agente finanziario tradizionalmente fornito dalle banche centrali ai governi e ad altri enti pubblici, senza violare automaticamente il divieto di finanziamento monetario. Inoltre, il Regolamento (CE) n. 3603/93 individua un numero di esenzioni espresse e circoscritte rispetto al divieto di finanziamento monetario in relazione alla funzione di agenzia finanziaria: (a) è ammessa la concessione di crediti infragiornalieri al settore pubblico purché essi restino limitati alla giornata e non sia consentita alcuna proroga[131]; (b) è ammesso l’accredito sul conto del settore pubblico di assegni emessi da terzi prima del loro addebito alla banca trattaria, quando sia trascorso un intervallo di tempo prefissato corrispondente al termine normale di riscossione degli assegni da parte della BCN interessata, a condizione che l’eventuale saldo che ne derivi sia eccezionale, sia limitato a un importo modesto e si annulli entro breve termine[132]; (c) è ammessa la detenzione di monete metalliche emesse dal settore pubblico e accreditate sul suo conto, se l’importo di tale credito rimanga inferiore al 10 per cento delle monete metalliche in circolazione[133].

Una normativa nazionale relativa alla funzione di agenzia finanziaria dovrebbe essere compatibile con il diritto dell’UE, in generale, e con il divieto di finanziamento monetario, in particolare[134]. Tenuto conto dell’espresso riconoscimento, da parte dell’articolo 21.2 dello Statuto, dello svolgimento dei servizi di agenzia finanziaria, che è una funzione legittima tradizionalmente espletata dalle BCN, lo svolgimento dei servizi di agenzia finanziaria rispetta il divieto di finanziamento monetario, purché tali servizi non esulino dalla funzione di agenzia finanziaria e non costituiscano finanziamento, da parte della banca centrale, di obbligazioni del settore pubblico nei confronti di terzi o concessione di credito della banca centrale al settore pubblico, al di fuori delle limitate eccezioni previste dal Regolamento (CE) n. 3603/93[135]. Una normativa nazionale che permetta a una BCN di detenere depositi di amministrazioni pubbliche e prestare servizi relativi a conti di amministrazioni pubbliche non desta preoccupazioni dal punto di vista del rispetto del divieto di finanziamento monetario, purché tali disposizioni non consentano un’estensione di credito, inclusi scoperti sul conto overnight. Tuttavia, dubbi sulla compatibilità con il divieto di finanziamento monetario possono sorgere, ad esempio, qualora la normativa nazionale consenta una remunerazione dei depositi o dei saldi di conto corrente in misura superiore ai tassi di mercato, anziché pari o inferiore. Una remunerazione superiore ai tassi di mercato costituisce un credito de facto, contrario al fine perseguito dal divieto di finanziamento monetario e potrebbe pertanto frustrarne le finalità. È essenziale che qualsiasi remunerazione di un conto rispecchi parametri di mercato ed è di particolare importanza che il tasso di remunerazione dei depositi sia correlato alla loro scadenza[136]. Inoltre, la prestazione da parte di una BCN di servizi di agenzia finanziaria senza remunerazione non desta preoccupazioni dal punto di vista del finanziamento monetario, purché si tratti di servizi fondamentali di agenzia finanziaria[137].

Divieto di accesso privilegiato

L’articolo 124 del Trattato vieta “qualsiasi misura, non basata su considerazioni prudenziali, che offra alle istituzioni, agli organi o agli organismi dell’Unione, alle amministrazioni statali, agli enti regionali, locali o altri enti pubblici, ad altri organismi di diritto pubblico o a imprese pubbliche degli Stati membri un accesso privilegiato alle istituzioni finanziarie”. Come il divieto di finanziamento monetario, il divieto di accesso privilegiato è volto a incoraggiare gli Stati membri a perseguire una sana politica di bilancio, impedendo che il finanziamento monetario dei disavanzi pubblici o l’accesso privilegiato delle autorità pubbliche ai mercati finanziari determini livelli di debito eccessivamente elevati oppure disavanzi eccessivi per gli Stati membri[138].

Ai sensi dell’articolo 1, paragrafo 1 del Regolamento (CE) n. 3604/93 del Consiglio[139], si intende per accesso privilegiato qualsiasi disposizione legislativa o regolamentare o qualsiasi atto giuridico di natura vincolante adottato nell’esercizio della pubblica autorità: (a) che obblighi le istituzioni finanziarie ad acquisire o a detenere titoli di debito di istituzioni o organi della Comunità, di amministrazioni centrali, di autorità regionali o locali, di altre autorità pubbliche o di altri organismi o imprese pubbliche degli Stati membri oppure (b) che conceda vantaggi fiscali di cui beneficiano unicamente le istituzioni finanziarie, o vantaggi finanziari non conformi ai principi di un’economia di mercato, al fine di favorire l’acquisizione o la detenzione di tali titoli di debito da parte di dette istituzioni.

In quanto autorità pubbliche, le BCN non possono adottare misure che concedano al settore pubblico l’accesso privilegiato alle istituzioni finanziarie, se tali misure non siano fondate su considerazioni prudenziali. Inoltre, le norme relative alla mobilizzazione o alla costituzione in pegno di strumenti di debito adottate dalle BCN non devono servire ad aggirare il divieto di accesso privilegiato[140]. La normativa di settore degli Stati membri non può accordare tale accesso privilegiato.

L’articolo 2 del Regolamento (CE) n. 3604/93 definisce “considerazioni prudenziali” quelle su cui si basano disposizioni legislative o regolamentari o atti amministrativi nazionali emanati sulla base del diritto comunitario o in conformità con esso e che mirano a promuovere la solidità delle istituzioni finanziarie onde rafforzare la stabilità del sistema finanziario nel suo insieme e la tutela dei clienti di tali istituzioni. Le considerazioni prudenziali sono volte a garantire la solvibilità delle banche nei confronti dei risparmiatori[141]. Nel settore della vigilanza prudenziale, la legislazione secondaria dell’UE ha stabilito diversi requisiti per assicurare la solidità degli enti creditizi[142]. Un “ente creditizio” è stato definito come un ente la cui attività consiste nel ricevere dal pubblico depositi o altri fondi rimborsabili e nel concedere crediti per conto proprio[143]. Inoltre, gli enti creditizi, comunemente denominati “banche”, necessitano di un’autorizzazione rilasciata dall’autorità competente dello Stato membro per prestare i loro servizi[144].

Sebbene le riserve minime possano essere considerate ricomprese tra i requisiti prudenziali, esse rientrano nel quadro operativo di una BCN e sono utilizzate come uno strumento di politica monetaria nella maggior parte delle economie, compresa l’area dell’euro[145]. Al riguardo, il paragrafo 2 dell’allegato I all’Indirizzo BCE/2014/60[146] precisa che il regime di riserva obbligatoria dell’Eurosistema mira principalmente a stabilizzare i tassi di interesse del mercato monetario e a creare (o ampliare) un fabbisogno strutturale di liquidità[147]. La BCE impone agli enti creditizi stabiliti nell’area dell’euro di detenere riserve minime (in forma di depositi) in conti presso la rispettiva BCN[148].

Il presente rapporto concentra l’attenzione sulla compatibilità sia della normativa nazionale o delle norme adottate dalle BCN che degli statuti delle BCN con il divieto, previsto dal Trattato, di accesso privilegiato. Tuttavia, il presente rapporto non impedisce di valutare se le leggi, i regolamenti, le norme o gli atti amministrativi negli Stati membri siano utilizzati per aggirare il divieto di accesso privilegiato, adducendo considerazioni di natura prudenziale. Tale valutazione esula dalla portata del presente rapporto.

2.2.6 Ortografia comune dell’euro

L’articolo 3, paragrafo 4, del Trattato sull’Unione europea stabilisce che “l’Unione istituisce un’unione economica e monetaria la cui moneta è l’euro”. Nei testi dei trattati in tutte le lingue facenti fede che usano nella forma scritta l’alfabeto latino, l’euro è coerentemente identificato al nominativo singolare “euro”. Nell’alfabeto greco l’ortografia del termine euro è “ευρώ” e nell’alfabeto cirillico è “евро”[149]. Coerentemente, il Regolamento (CE) n. 974/98 del Consiglio, del 3 maggio 1998, sull’introduzione dell’euro[150] chiarisce che la denominazione della moneta unica deve essere la stessa in tutte le lingue ufficiali dell’Unione, tenendo conto dell’esistenza dei diversi alfabeti. I trattati richiedono così un’ortografia comune della parola “euro” nel caso nominativo singolare in tutte le disposizioni legislative dell’UE e nazionali, tenendo conto dell’esistenza di alfabeti diversi.

Alla luce della competenza esclusiva dell’UE nel determinare il nome della moneta unica, qualunque deviazione da tale regola è incompatibile con i trattati e dovrebbe essere eliminata[151]. Mentre tale principio si applica a tutta la legislazione nazionale, le valutazioni contenute nei capitoli relativi ai singoli paesi si concentrano sullo statuto delle BCN e sulla legislazione riguardante la transizione all’euro.

2.2.7 Integrazione giuridica delle BCN nell’Eurosistema

Dopo l’adozione dell’euro da parte dello Stato membro interessato, norme nazionali (in particolare lo statuto di una BCN, ma anche altre leggi) che impediscano l’espletamento dei compiti connessi all’Eurosistema o il rispetto delle decisioni della BCE sono incompatibili con l’efficace funzionamento dell’Eurosistema. Pertanto, la normativa nazionale deve essere opportunamente adeguata al fine di garantirne la compatibilità con il Trattato e lo Statuto in relazione ai compiti connessi all’Eurosistema. Per ottemperare a quanto stabilito dall’articolo 131 del Trattato, è stato necessario adeguare la normativa nazionale in modo tale da assicurarne la compatibilità alla data di istituzione del SEBC (per ciò che attiene la Svezia) e al 1° maggio 2004, al 1° gennaio 2007 e al 1° luglio 2013 (per ciò che attiene gli Stati membri che hanno aderito all’UE in tali date). Cionondimeno, gli obblighi legali relativi alla piena integrazione giuridica di una BCN nell’Eurosistema devono essere rispettati solo a partire dal momento in cui l’integrazione diventa effettiva, vale a dire, al momento dell’adozione dell’euro da parte dello Stato membro con deroga.

In questo rapporto, particolare attenzione viene rivolta ai settori in cui le disposizioni statutarie possono impedire il rispetto da parte delle BCN degli obblighi imposti dall’Eurosistema. Può trattarsi, ad esempio, di disposizioni (a) che potrebbero impedire alla BCN di partecipare all’attuazione della politica monetaria definita dagli organi decisionali della BCE, oppure (b) che potrebbero ostacolare l’adempimento da parte di un governatore dei propri doveri di membro del Consiglio direttivo della BCE, o, ancora, (c) che non rispettano le prerogative della BCE, o (d) che non riconoscono che la competenza esclusiva per i compiti dei compiti del SEBC negli Stati membri la cui moneta è l’euro è irrevocabilmente attribuita all’Unione[152], oppure (e) ai sensi delle quali le BCN siano vincolate nell’assolvimento dei compiti del SEBC da decisioni delle autorità nazionali che siano in contrasto con atti giuridici della BCE. Si distinguono obiettivi di politica economica, compiti, disposizioni finanziarie, politica dei cambi e cooperazione internazionale. Infine, sono menzionate altre aree per le quali lo statuto delle BCN potrebbe richiedere modifiche.

Obiettivi di politica economica

La piena integrazione di una BCN nell’Eurosistema esige che i suoi obiettivi statutari siano compatibili con quelli del SEBC, enunciati all’articolo 2 dello Statuto. Fra le altre cose, ciò comporta la necessità di adeguare gli obiettivi statutari “di stampo nazionale”, quali ad esempio quelli che si riferiscono all’obbligo di condurre la politica monetaria nel quadro della politica economica generale dello Stato membro interessato. Inoltre, gli obiettivi secondari di una BCN devono essere coerenti e non interferire con l’obbligo di sostenere le politiche economiche generali nell’UE al fine di contribuire alla realizzazione degli obiettivi dell’UE definiti all’articolo 3 del Trattato sull’Unione europea, che costituisce a sua volta un obiettivo, fatto salvo il mantenimento della stabilità dei prezzi[153].

Compiti

I compiti di una BCN di uno Stato membro la cui moneta è l’euro sono prevalentemente definiti dal Trattato e dallo Statuto, dal momento che la BCN stessa viene considerata come parte integrante dell’Eurosistema. Al fine di ottemperare a quanto disposto dall’articolo 131 del Trattato, quindi, le disposizioni statutarie relative ai compiti di una BNC devono essere confrontate con quelle corrispettive contenute nel Trattato e nello Statuto e ogni incompatibilità deve essere eliminata[154]. Ciò si applica a ogni disposizione che, dopo l’adozione dell’euro e l’integrazione nell’Eurosistema, ostacoli l’assolvimento dei compiti del SEBC e in particolare a quelle disposizioni che non tengono conto dei poteri conferiti al SEBC dal capo IV dello Statuto.

Tutte le disposizioni legislative relative alla politica monetaria devono riconoscere che la politica monetaria dell’Unione deve essere condotta attraverso l’Eurosistema[155]. Lo statuto di una BCN può contenere disposizioni su strumenti di politica monetaria. Tali disposizioni dovrebbero rispecchiare quelle contenute nel Trattato e nello Statuto e qualsiasi incompatibilità deve essere eliminata, per ottemperare a quanto disposto dall’articolo 131 del Trattato.

Il controllo sull’andamento della finanza pubblica è un compito che le BCN esercitano regolarmente al fine di valutare adeguatamente la posizione da assumere in materia di politica monetaria. Le BCN possono altresì esprimere il proprio parere in merito all’andamento della finanza pubblica alla luce dell’attività di controllo e in un’ottica di indipendenza al fine di contribuire al regolare funzionamento dell’Unione monetaria europea. Il controllo sull’andamento della finanza pubblica da parte di una BCN per fini di politica monetaria dovrebbe essere basato sul pieno accesso a tutti i dati rilevanti di finanza pubblica. Di conseguenza, alle BCN dovrebbe essere garantito accesso incondizionato, tempestivo e automatico a tutte le statistiche in materia di finanza pubblica. Tuttavia, il ruolo di una BCN dovrebbe limitarsi alle attività di controllo necessarie all’adempimento del suo mandato in materia di politica monetaria o ad esso direttamente o indirettamente connesse[156]. Il conferimento a una BCN di un mandato formale di verificare previsioni e andamento della finanza pubblica comporta l’attribuzione di funzioni, e relative responsabilità, in materia di politiche di bilancio suscettibili di porre a rischio l’adempimento del mandato in materia di politica monetaria conferito all’Eurosistema e l’indipendenza della BCN[157].

Nel contesto delle iniziative legislative nazionali dirette a far fronte alla crisi dei mercati finanziari, la BCE ha enfatizzato la necessità di evitare qualunque distorsione nei segmenti nazionali del mercato monetario dell’area dell’euro, in quanto ciò possa risultare pregiudizievole per l’attuazione della politica monetaria unica. Ciò vale, in particolare, per l’estensione delle garanzie statali a copertura dei depositi interbancari[158].

Gli Stati membri devono far sì che le misure legislative nazionali che fronteggiano i problemi di liquidità delle imprese o dei professionisti, ad esempio i loro debiti nei confronti delle istituzioni finanziarie, non abbiano ripercussioni negative sulla liquidità del mercato. In particolare, tali misure non possono essere incompatibili con il principio di un’economia di mercato aperto, sancito dall’articolo 3 del Trattato sull’Unione europea, in quanto ciò potrebbe impedire il flusso di crediti, influenzare significativamente la stabilità delle istituzioni finanziarie e dei mercati e, di conseguenza, incidere sullo svolgimento dei compiti dell’Eurosistema[159].

Normative nazionali che attribuiscano alle BCN il diritto esclusivo di emettere banconote devono riconoscere che, dopo l’adozione dell’euro, spetta al Consiglio direttivo della BCE il diritto esclusivo di autorizzare l’emissione di banconote in euro, ai sensi dell’articolo 128, paragrafo 1, del Trattato e dell’articolo 16 dello Statuto, mentre il diritto esclusivo di emettere banconote in euro compete alla BCE e alle BCN. Disposizioni normative nazionali che legittimino interventi governativi su aspetti quali i tagli, la fabbricazione, il volume di emissione o il ritiro delle banconote in euro devono essere abrogate ovvero devono essere riconosciuti i poteri attribuiti alla BCE riguardo alle banconote in euro, ai sensi delle disposizioni del Trattato e dello Statuto. A prescindere dalla ripartizione delle competenze tra governi e BCN in relazione alle monete metalliche, dopo l’adozione dell’euro le disposizioni in materia devono riconoscere il potere della BCE di approvare il volume di conio delle monete metalliche. Uno Stato membro non può considerare la moneta in circolazione come un debito della propria BCN nei confronti del governo, in quanto ciò vanificherebbe il concetto stesso di moneta unica e sarebbe incompatibile con gli obblighi di integrazione giuridica dell’Eurosistema[160].

Per quanto attiene alla gestione delle riserve in valuta estera[161], gli Stati membri che hanno adottato l’euro e non trasferiscono le proprie riserve ufficiali[162] alle rispettive BCN violano le disposizioni del Trattato. Inoltre, qualunque diritto di terzi, ad esempio del governo o del parlamento, di influenzare le decisioni di una BCN sulla gestione delle riserve ufficiali non sarebbe coerente con il terzo trattino dell’articolo 127, paragrafo 2, del Trattato. Oltre a ciò, le BCN devono fornire alla BCE attività di riserva in valuta in misura proporzionale alla loro quota di partecipazione al capitale versato della BCE. Ciò significa che non devono sussistere impedimenti giuridici al trasferimento delle riserve in valuta dalle BCN alla BCE.

Con riferimento alle statistiche, sebbene i regolamenti in materia adottati ai sensi all’articolo 34.1 dello Statuto del SEBC non conferiscano alcun diritto né impongano alcun obbligo agli Stati membri che non hanno adottato l’euro, l’articolo 5 dello Statuto si applica a tutti gli Stati membri, indipendentemente dall’adozione dell’euro. Di conseguenza, gli Stati membri la cui moneta non è l’euro hanno l’obbligo di definire e attuare, a livello nazionale, tutte le misure ritenute idonee per la raccolta delle informazioni statistiche necessarie ai fini dell’adempimento degli obblighi di segnalazione statistica della BCE[163] e della realizzazione tempestiva dei preparativi necessari, in ambito statistico, per entrare a far parte degli Stati membri la cui moneta è l’euro[164]. Una normativa nazionale che disciplini la cooperazione tra le BCN e gli istituti nazionali di statistica dovrebbe garantire l’indipendenza delle BCN nell’assolvimento dei compiti nel quadro statistico del SEBC[165].

Disposizioni in materia finanziaria

Le disposizioni in materia finanziaria nello Statuto comprendono norme in materia di conti finanziari[166], revisione dei conti[167], sottoscrizione del capitale[168], trasferimento di attività di riserva in valuta[169] e distribuzione del reddito monetario[170]. Le BCN devono essere in grado di ottemperare agli obblighi previsti in tali disposizioni e ogni disposizione nazionale non compatibile deve pertanto essere abrogata.

Politica dei cambi

Uno Stato membro con deroga può mantenere la normativa nazionale in base alla quale il governo è responsabile della politica dei cambi per tale paese, affidando alla BCN un ruolo consultivo e/o esecutivo. Tuttavia, nel momento in cui tale Stato membro adotta l’euro, tali disposizioni legislative devono rispecchiare il fatto che la responsabilità per la politica dei cambi dell’area dell’euro è stata trasferita a livello dell’UE conformemente agli articoli 138 e 219 del Trattato.

Cooperazione internazionale

Per adottare l’euro, la legislazione nazionale deve essere compatibile con l’articolo 6.1 dello Statuto, il quale stabilisce che nel campo della cooperazione internazionale concernente i compiti affidati all’Eurosistema, la BCE decide come il SEBC debba essere rappresentato. Una normativa nazionale che autorizzi la BCN a partecipare a istituzioni monetarie internazionali deve condizionare tale partecipazione all’approvazione della BCE (articolo 6.2 dello Statuto).

Altri settori

Oltre a quelli elencati, per alcuni Stati membri vi sono altri ambiti in cui può rendersi necessario un adeguamento delle normative nazionali (ad esempio in materia di sistemi di compensazione e di pagamento o di scambio di informazioni).

3 Stato della convergenza economica

Il presente capitolo, che fornisce un’analisi orizzontale, non tratta alcuni fattori rilevanti per la valutazione complessiva, i quali sono invece esaminati nei capitoli 4 e 5.

Principalmente a causa delle difficili condizioni economiche, dalla pubblicazione del precedente rapporto della BCE nel 2020 sono stati compiuti limitati progressi in merito al soddisfacimento dei criteri di convergenza (tavola 3.1). In cinque dei sette paesi esaminati in questa sede, come osservato anche nel 2020, l’inflazione misurata sullo IAPC si colloca ben al di sopra del valore di riferimento. Da aprile 2020 le medie sui dodici mesi dei differenziali di interesse a lungo termine rispetto all’area dell’euro hanno registrato una lieve diminuzione in un paese e sono rimaste praticamente stabili in tre dei sette paesi considerati, mentre sono aumentate, seppur in misura alquanto diversa, negli altri tre paesi. Il tasso di interesse a lungo termine si è collocato al di sopra del valore di riferimento in due paesi e ben al di sopra di tale valore in un paese, a differenza di quanto rilevato nel 2020, in cui un solo paese superava il parametro. A luglio 2020 due paesi, Bulgaria e Croazia, hanno aderito ai nuovi Accordi europei di cambio (AEC II). Le valute di alcuni dei paesi esaminati hanno mostrato oscillazioni apprezzabili nei confronti dell’euro negli ultimi anni e alcune di esse si sono deprezzate significativamente a partire dall’invasione russa dell’Ucraina il 24 febbraio 2022. Nella maggior parte dei paesi non sono stati compiuti progressi nel riequilibrio dei conti pubblici a causa del forte deterioramento dell’attività economica innescato dalla pandemia di COVID-19 e delle misure di bilancio adottate per attenuarne l’impatto.

A fine febbraio 2022 i mercati delle materie prime e dell’energia, nonché il mercato dei cambi e quello internazionale dei capitali hanno subito shock significativi derivanti dal conflitto russo-ucraino. È probabile che tali turbative abbiano avuto un impatto particolarmente rilevante sui paesi dell’Europa centrale e orientale. Nello specifico, l’inflazione è aumentata ulteriormente per effetto dei rincari dei beni energetici e delle materie prime. Come osservato nei recenti andamenti dell’inflazione, anche le pressioni sui prezzi sono sempre più generalizzate e nei prossimi mesi l’inflazione potrebbe rimanere elevata su livelli superiori alle attese, trainata dai rincari delle materie prime causati dalla guerra, dall’ampliarsi delle spinte sui prezzi e dall’ulteriore aggravarsi delle strozzature dal lato dell’offerta. In questa fase l’entità futura dell’impatto del conflitto russo-ucraino sui paesi esaminati, e più in generale sull’economia dell’UE, è molto incerta e dipenderà, non da ultimo, dalla durata della guerra e dalle risposte di politica economica adottate. Le catene di approvvigionamento mondiali, in cui l’UE è fortemente integrata, erano già soggette a tensioni causate dalla pandemia e la guerra potrebbe determinare una loro riconfigurazione permanente, incidendo sulle prospettive economiche e sul livello dei prezzi nel medio periodo. La trasmissione complessiva dello shock dovuto al conflitto sarà variabile nei paesi considerati, a seconda dei legami commerciali e finanziari, dell’esposizione ai rincari delle materie prime e dell’intensità dell’aumento preesistente dell’inflazione.

Tavola 3.1

Indicatori economici di convergenza

Fonti: Commissione europea (Eurostat, Direzione generale degli Affari economici e finanziari) e Sistema europeo di banche centrali.
1) Variazione percentuale media annua. I dati per il 2022 si riferiscono al periodo maggio 2021 - aprile 2022.
2) Per ciascun paese è indicato se sia stato oggetto di una decisione del Consiglio dell’UE sull’esistenza di un disavanzo eccessivo per almeno parte dell’anno.
3) Le informazioni per il 2022 si riferiscono al periodo fino al 25 maggio, data di chiusura delle statistiche del presente rapporto.
4) In percentuale del PIL. I dati relativi al 2022 sono tratti da Economic Forecast, Commissione europea, primavera 2022.
5) Variazione percentuale annua. Un valore positivo indica un apprezzamento nei confronti dell’euro, mentre un valore negativo un deprezzamento. I dati per il 2022 si riferiscono al periodo 1° gennaio - 25 maggio 2022.
6) Tasso di interesse medio annuo. I dati per il 2022 si riferiscono al periodo maggio 2021 - aprile 2022.
7) I valori di riferimento per l’inflazione misurata sullo IAPC e i tassi di interesse a lungo termine si riferiscono al periodo maggio 2021 - aprile 2022. I valori di riferimento per il saldo di bilancio e il debito delle amministrazioni pubbliche, di cui all’articolo 126, paragrafo 2, del Trattato, sono specificati nel relativo Protocollo (n. 12) sulla procedura per i disavanzi eccessivi.

Dopo la pubblicazione dell’ultimo rapporto nel 2020, l’UE ha subito uno shock dovuto al COVID-19 che si è protratto più di quanto inizialmente atteso e ha determinato un calo significativo dell’attività economica nel 2020, seguito da un forte recupero in tutti i paesi esaminati. In tempi più recenti, tuttavia, lo scoppio del conflitto russo-ucraino a febbraio 2022 ha gravato sull’attività e sta offuscando le prospettive economiche, almeno per il 2022. L’insorgere della pandemia di COVID-19 a marzo 2020 ha comportato un forte calo dell’attività economica nel secondo trimestre dello stesso anno in tutti i paesi considerati. Tuttavia, il graduale venir meno delle misure di contenimento e l’introduzione di importanti provvedimenti di politica monetaria, prudenziale e di bilancio volti a compensare i danni derivanti dalla pandemia hanno sostenuto il recupero dell’attività economica nei trimestri successivi. Nonostante le strozzature dal lato dell’offerta, nei sette paesi esaminati l’attività economica ha registrato una forte ripresa nel 2021, trainata principalmente dalla robusta domanda interna e dal vivace andamento del mercato del lavoro. In Croazia anche la vigorosa dinamica delle esportazioni ha contribuito alla ripresa. La situazione del mercato del lavoro è rapidamente migliorata nel momento in cui sono state allentate le restrizioni legate alla pandemia di COVID-19, con il sostegno delle misure attuate dalle autorità. Di conseguenza, nella maggior parte dei casi le condizioni del mercato del lavoro sono rimaste tese. Alcuni paesi hanno compiuto ulteriori progressi nella correzione degli squilibri esterni e nella riduzione della dipendenza dal finanziamento esterno, rafforzando la loro capacità di tenuta. Persistono tuttavia significative vulnerabilità di natura macroeconomica e finanziaria, seppure di grado diverso a seconda dei casi. Se i paesi con un minore PIL pro capite non le affronteranno in modo adeguato, è probabile che tali vulnerabilità rallentino il loro processo di convergenza nel lungo periodo, anche in risposta a shock esterni avversi. Dall’inizio del 2022 il conflitto russo-ucraino ha gravato sull’attività e sulle prospettive economiche, accrescendo nel contempo le spinte inflazionistiche attraverso i rincari dei beni energetici e delle materie prime. I prezzi delle materie prime sono aumentati notevolmente e sono emerse vulnerabilità derivanti da un’elevata dipendenza dalle importazioni di beni energetici e da altri input provenienti da un solo paese (come la Russia).

Per quanto concerne il criterio della stabilità dei prezzi, il tasso medio di inflazione sui dodici mesi è risultato ben al di sopra del valore di riferimento del 4,9 per cento in cinque dei sette paesi esaminati in questa sede (grafico 3.1). I tassi di inflazione sono risultati ben al di sopra del valore di riferimento in Bulgaria, Repubblica Ceca, Ungheria, Polonia e Romania, mentre si sono collocati su un livello inferiore al parametro in Croazia e ampiamente inferiore in Svezia. Nel rapporto precedente Bulgaria, Repubblica Ceca, Ungheria, Polonia e Romania avevano registrato tassi di inflazione ben al di sopra del valore di riferimento applicabile nel 2020, pari all’1,8 per cento.

Grafico 3.1

Inflazione misurata sullo IAPC

(variazioni percentuali; medie sui dodici mesi)

Fonte: Eurostat.

Alla data di pubblicazione del presente rapporto, solo la Romania è oggetto di una procedura per i disavanzi eccessivi. Sebbene nel 2021 quattro dei paesi esaminati avessero superato il valore di riferimento, non sono state aperte nuove procedure per i disavanzi eccessivi. A seguito della crisi dovuta al COVID-19, nel 2020 i disavanzi sono aumentati bruscamente in tutti i paesi e, fatta eccezione per la Svezia, sono rimasti su livelli elevati nel 2021. Rispetto all’anno precedente, nel 2021 il saldo di bilancio è migliorato in tutti i paesi tranne la Bulgaria e la Repubblica Ceca. Nondimeno, nel 2021 quattro dei paesi esaminati hanno registrato disavanzi di bilancio superiori al parametro del 3 per cento, con i valori più elevati osservati in Ungheria e Romania, rispettivamente il 6,8 e il 7,1 per cento del PIL (grafico 3.2). Il parametro è stato inoltre superato anche dalla Bulgaria e dalla Repubblica Ceca, che hanno registrato disavanzi pari rispettivamente al 4,1 e al 5,9 per cento del PIL. Nel 2022 il rapporto disavanzo/PIL dovrebbe migliorare in quattro paesi, secondo le previsioni economiche della primavera 2022 formulate dalla Commissione europea, e si manterrebbe al di sopra del valore di riferimento del 3 per cento in tutti i paesi eccetto Croazia e Svezia. Per il 2023 ci si attende un ulteriore miglioramento del saldo di bilancio in sei paesi, ma Repubblica Ceca, Ungheria, Polonia e Romania continuerebbero a superare il parametro. Riguardo al criterio del debito, nel 2021 in Bulgaria e Svezia il rapporto debito/PIL si è attestato rispettivamente al 25,1 e al 36,7 per cento (grafico 3.3); nella Repubblica Ceca, in Polonia e in Romania si è collocato tra il 40 e il 60 per cento. Come nel 2019, nel 2021 la Croazia e l’Ungheria sono stati gli unici paesi in cui si è rilevato un rapporto fra debito pubblico e PIL superiore al valore di riferimento del 60 per cento. In entrambi i casi tale rapporto ha seguito una traiettoria discendente fra il 2014 e il 2019, avvicinandosi al 60 per cento del PIL a un ritmo adeguato sino alla fine del 2019. Per effetto della pandemia di COVID-19, nei due paesi il rapporto debito/PIL è aumentato di circa 15 punti percentuali nel 2020, per poi diminuire nuovamente nel 2021. La valutazione della sostenibilità del debito pubblico nel medio termine è di particolare importanza in un contesto in cui la clausola di salvaguardia generale del Patto di stabilità e crescita è stata attivata negli ultimi tre anni consecutivamente: 2020, 2021 e 2022. Inoltre, dovrebbe essere applicata anche nel 2023. A maggio 2022 la Commissione europea ha concluso che il criterio del disavanzo non è stato rispettato da Bulgaria, Repubblica Ceca, Ungheria (in base ai risultati conseguiti nel 2021) e Polonia (secondo il saldo di bilancio previsto per il 2022) e che il criterio del debito non è stato soddisfatto dall’Ungheria. Tuttavia, tenuto conto dell’eccezionale incertezza riconducibile al perdurante, straordinario impatto macroeconomico e fiscale della pandemia di COVID-19, unitamente all’invasione russa dell’Ucraina, la Commissione non ha proposto in quel momento di aprire nuove procedure per i disavanzi eccessivi. Nondimeno, ha dichiarato che avrebbe riesaminato l’opportunità di proporre l’avvio di tali procedure nell’autunno 2022. La Romania è sottoposta alla procedura per i disavanzi eccessivi, attivata ad aprile 2020 ma sospesa sulla base del raggiungimento entro il 2021 dell’obiettivo di disavanzo complessivo e delle misure di bilancio richiesti.

Grafico 3.2

Avanzo (+) o disavanzo (-) delle amministrazioni pubbliche

(in percentuale del PIL)

Fonte: Eurostat.
Nota: i dati relativi al 2019 sono stati rivisti lievemente rispetto al Rapporto sulla convergenza del 2020.

Grafico 3.3

Debito lordo delle amministrazioni pubbliche

(in percentuale del PIL)

Fonte: Eurostat.
Nota: i dati relativi al 2019 sono stati rivisti lievemente rispetto al Rapporto sulla convergenza del 2020.

Per quanto concerne il criterio del tasso di cambio, il 10 luglio 2020 le parti degli AEC II hanno convenuto di includere il lev bulgaro e la kuna croata negli accordi; pertanto, i rispettivi paesi vi hanno partecipato per gran parte del periodo di riferimento di due anni compreso tra il 26 maggio 2020 e il 25 maggio 2022. Il lev bulgaro è stato incluso negli AEC II con una parità centrale di 1,95583 lev per euro, mentre per la kuna croata è stata fissata una parità centrale di 7,53450 kune per euro[171]. Per entrambe le valute vige una banda di oscillazione standard del ±15 per cento. La Bulgaria ha aderito agli accordi mantenendo il preesistente regime di currency board come impegno unilaterale, senza ulteriori obblighi per la BCE. La partecipazione agli AEC II è fondata su una serie di impegni assunti dalle autorità bulgare e croate (alcuni dei quali erano già stati soddisfatti quando le due valute sono state incluse negli AEC II, ossia gli “impegni prioritari”) con l’obiettivo di raggiungere un elevato grado di convergenza economica sostenibile al momento dell’adozione dell’euro. La BCE e la Commissione europea hanno verificato l’effettiva attuazione di tali impegni, agendo nelle rispettive aree di competenza in conformità ai trattati e alla legislazione secondaria. Per quanto riguarda la Croazia, tutti gli obiettivi previsti dagli “impegni post-adesione” agli AEC II sono stati conseguiti, mentre la Bulgaria è sostanzialmente in linea con il programma. Tuttavia, in Croazia occorre compiere ulteriori progressi per colmare le carenze esistenti in materia di antiriciclaggio (anti-money laundering, AML) individuate nel recente rapporto del Comitato di esperti MONEYVAL, in seno al Consiglio d’Europa, sulla valutazione delle misure per la prevenzione del riciclaggio di denaro e del finanziamento del terrorismo. Nel periodo di riferimento di due anni il lev bulgaro non ha mostrato scostamenti dalla parità centrale, mentre la kuna croata ha evidenziato un basso grado di volatilità ed è stata scambiata a una quotazione prossima alla parità centrale. Dall’inclusione della kuna negli AEC II, a luglio 2020, e per tutto il periodo di riferimento, la deviazione massima verso l’alto rispetto alla parità centrale è stata dell’1,0 per cento, mentre la deviazione massima verso il basso ha raggiunto lo 0,8 per cento. Tali deviazioni sono significativamente inferiori rispetto alla banda di oscillazione standard degli AEC II. Tra le valute non comprese negli AEC II, il leu rumeno ha mostrato una volatilità molto bassa, mentre le altre hanno evidenziato una volatilità relativamente elevata per gran parte del periodo di riferimento.

Grafico 3.4

Tassi di cambio bilaterali rispetto all’euro

(indice: media di maggio 2020 = 100; dati giornalieri; 26 maggio 2020 - 25 maggio 2022)

Fonte: BCE.
Nota: un aumento rappresenta un apprezzamento, mentre una riduzione un deprezzamento della moneta.

Riguardo alla convergenza dei tassi di interesse a lungo termine, due dei sette paesi esaminati hanno fatto osservare livelli superiori al valore di riferimento del 2,6 per cento, mentre un solo paese ha registrato un livello ben al di sopra del parametro (grafico 3.5). I tassi di interesse si sono collocati al di sopra del valore di riferimento in Polonia e Ungheria e ben al di sopra del parametro in Romania. I livelli più bassi, tutti inferiori all’1 per cento, sono stati rilevati in Bulgaria, Croazia e Svezia. Rispetto al rapporto del 2020, solo la Romania aveva registrato un tasso superiore al valore di riferimento, allora applicabile, del 2,9 per cento.

Grafico 3.5

Tassi di interesse a lungo termine

(valori percentuali; medie sui dodici mesi)

Fonti: Eurostat e BCE.

Nel valutare il soddisfacimento dei criteri di convergenza l’aspetto della sostenibilità è essenziale. La convergenza deve essere durevole e non transitoria. Il primo decennio dell’Unione economica e monetaria (UEM) ha mostrato come la debolezza delle variabili economiche fondamentali, un orientamento macroeconomico eccessivamente accomodante, una capacità statistica inadeguata a livello nazionale e aspettative esageratamente ottimistiche circa la convergenza dei redditi reali pongano dei rischi non soltanto per i paesi interessati, ma anche per il buon funzionamento dell’area dell’euro nel suo insieme. Il secondo decennio ha mostrato che la convergenza economica può essere impegnativa e richiedere molto tempo se gli squilibri macroeconomici iniziali sono ampi, i processi di aggiustamento e di riforma sono difficili e la capacità di tenuta agli shock avversi è debole. Il soddisfacimento dei criteri numerici di convergenza in un dato momento non assicura, di per sé, un’inclusione organica nell’area dell’euro. I paesi che vi aderiscono devono pertanto dimostrare la sostenibilità dei rispettivi processi di convergenza, nonché la capacità di rispondere nel continuo agli impegni e alle sfide che l’adozione della moneta unica comporta – tenendo conto dell’incompletezza dei meccanismi di ripartizione dei rischi nell’UEM – tanto nell’interesse di ciascun paese, quanto in quello dell’area dell’euro.

Per realizzare una convergenza sostenibile sono necessari aggiustamenti durevoli sul piano delle politiche in molti dei paesi considerati. Una convergenza sostenibile presuppone la stabilità macroeconomica, un contesto favorevole alle imprese con strutture economiche e istituzioni pubbliche efficienti e, soprattutto, una solida politica di bilancio. Un grado elevato di flessibilità nei mercati dei beni e servizi e del lavoro è essenziale per far fronte agli shock macroeconomici. Occorre una cultura della stabilità, con aspettative di inflazione ben ancorate che contribuiscano a conseguire prezzi stabili. Condizioni favorevoli per un utilizzo efficiente di capitale e lavoro nell’economia sono indispensabili per migliorare la produttività totale dei fattori e la crescita nel lungo periodo. Per realizzare una sincronizzazione dei cicli economici è necessario un alto grado di integrazione economica con l’area dell’euro. Occorre inoltre adottare adeguate politiche macroprudenziali per scongiurare l’accumularsi di squilibri macroeconomici e finanziari, quali incrementi eccessivi dei prezzi delle attività, nonché cicli di forte espansione e contrazione del credito che implicano un elevato costo sociale. È altresì indispensabile predisporre un quadro di riferimento adeguato per la vigilanza delle istituzioni finanziarie. È essenziale che i paesi sottoposti dalla Commissione europea a un esame approfondito nel quadro della procedura per gli squilibri macroeconomici affrontino gli squilibri presenti nelle rispettive economie. Infine, la solidità del quadro istituzionale, che comprende la capacità di un paese di attuare adeguamenti dell’economia e solide politiche strutturali, costituisce un importante fattore dell’integrazione e della convergenza economica. Il pacchetto Next Generation EU (NGEU) rappresenta un’opportunità unica per accelerare il processo di convergenza con l’area dell’euro; un’attuazione rapida ed efficace è infatti fondamentale per il suo successo.

3.1 Criterio della stabilità dei prezzi

Per quanto concerne il criterio della stabilità dei prezzi, ad aprile 2022 cinque dei sette paesi esaminati hanno registrato un tasso medio di inflazione sui dodici mesi ben superiore al valore di riferimento del 4,9 per cento. Con l’insorgere della pandemia di COVID-19, nel 2020 l’inflazione ha subito una significativa riduzione nell’area dell’euro, per poi segnare un brusco rialzo nel 2021, sospinta in larga misura da effetti base, marcati rincari dell’energia, soprattutto alla fine dell’anno, strozzature dell’offerta causate dalla pandemia e forti aumenti della domanda mondiale di beni. Dal precedente rapporto, l’inflazione ha seguito un andamento analogo nella maggior parte dei paesi esaminati, ma nel periodo compreso tra maggio 2021 e aprile 2022 è stata più elevata in Bulgaria, Repubblica Ceca, Ungheria, Polonia e Romania, di riflesso all’aumento dei prezzi dei beni alimentari ed energetici, nonché alle condizioni tese del mercato del lavoro. In tale contesto, questi cinque paesi hanno registrato tassi di inflazione ben al di sopra del valore di riferimento, che invece si sono collocati al di sotto del parametro in Croazia e ben al di sotto in Svezia. Dall’inizio del 2022 il conflitto tra Russia e Ucraina ha intensificato le spinte inflazionistiche attraverso i rincari dei beni energetici e delle materie prime e accrescendo le pressioni sulle catene di approvvigionamento, già gravate da tensioni. Di conseguenza, all’inizio dell’anno l’inflazione è salita ulteriormente in tutti i paesi considerati, seppure in misura diversa.

Negli ultimi dieci anni i paesi esaminati hanno evidenziato differenze significative per quanto riguarda il tasso medio e la volatilità dell’inflazione (grafico 3.6). In questo periodo il tasso medio dell’inflazione misurata sullo IAPC è stato superiore al 2,0 per cento in Ungheria e Romania; nella Repubblica Ceca è risultato pari al 2,0 per cento e in Polonia lievemente inferiore a tale livello, mentre in Bulgaria, Croazia e Svezia si è collocato intorno all’1,0 per cento. Nello stesso periodo l’inflazione ha oscillato in un intervallo relativamente ampio in tutti i paesi considerati, tranne la Svezia. Nei paesi con differenziali di inflazione positivi rispetto all’area dell’euro, nello scorso decennio sono stati compiuti progressi limitati verso la convergenza. Al tempo stesso, nel periodo di riferimento da maggio 2020 ad aprile 2022 l’evoluzione dei differenziali di inflazione rispetto all’area dell’euro è stata eterogenea nei paesi esaminati.

Grafico 3.6

IAPC: andamento e prospettive a lungo termine

(variazioni percentuali sul periodo corrispondente)

Fonti: Eurostat, Commissione europea (Direzione generale degli Affari economici e finanziari) e BCE.
Note: le linee continue rappresentano le variazioni percentuali sul periodo corrispondente dello IAPC mensile. Nell’area ombreggiata sono riportate le proiezioni relative all’inflazione sui dodici mesi misurata sullo IAPC desunte dalle previsioni economiche della primavera 2022 formulate dalla Commissione europea.

L’andamento dei prezzi a più lungo termine ha rispecchiato una maggiore volatilità del contesto macroeconomico in molti paesi. Se si analizza l’ultimo decennio, nel 2012 l’andamento eterogeneo dei prezzi nei paesi esaminati in parte ha riflesso la diversa intensità della ripresa e le misure nazionali connesse ai prezzi amministrati in seguito alla brusca contrazione economica di quell’anno. Tuttavia, nel 2013 l’inflazione ha iniziato a mostrare una tendenza al ribasso in tutti i paesi considerati, raggiungendo minimi storici e spesso persino livelli negativi. Questa dinamica generalizzata ha rispecchiato principalmente l’evoluzione dei prezzi internazionali delle materie prime, le contenute pressioni dell’inflazione importata e il persistente margine di capacità produttiva inutilizzata in alcuni paesi. L’andamento delle quotazioni delle materie prime a livello mondiale ha esercitato un impatto particolarmente pronunciato sulle economie dell’Europa centrale e orientale, dato il peso relativamente consistente dei beni energetici e alimentari nei rispettivi panieri dello IAPC. In alcuni dei paesi esaminati, anche le riduzioni dei prezzi amministrati e delle imposte indirette o l’apprezzamento del tasso di cambio effettivo nominale hanno esercitato spinte al ribasso sull’inflazione. In tale contesto, le condizioni di politica monetaria si sono allentate considerevolmente. Dal 2017 l’inflazione ha fatto osservare un incremento significativo, dovuto al rafforzamento dell’attività economica, alla solidità della domanda interna nonché ai rincari dei beni energetici e delle materie prime, determinando un inasprimento dell’intonazione di politica monetaria in alcuni dei paesi considerati. Nel 2019 e all’inizio del 2020, malgrado le circostanze esterne avverse e la diminuzione dei prezzi dell’energia, l’inflazione si è mantenuta elevata nella maggior parte dei paesi esaminati, per effetto del vigore della domanda interna, delle condizioni sempre più tese nel mercato del lavoro e dei prezzi dei beni alimentari. L’insorgere della pandemia di COVID-19 a marzo 2020 ha comportato un forte calo dell’attività economica nel secondo trimestre dell’anno in tutti i paesi analizzati. L’inflazione si è ridotta significativamente in alcuni di essi, mentre ha continuato a evidenziare una particolare tenuta in altri, di riflesso all’aumento dei prezzi dei beni alimentari e dei servizi nonché alle condizioni tese del mercato del lavoro. Tuttavia, l’allentamento delle misure di contenimento e l’introduzione di importanti provvedimenti di politica monetaria, prudenziale e di bilancio da parte delle autorità nazionali per compensare i danni derivanti dalla pandemia di COVID-19 hanno sostenuto il successivo recupero dell’attività economica. In tale contesto, nel 2021 l’inflazione è aumentata significativamente in tutti i paesi considerati, sospinta in larga misura dai forti rincari dell’energia, soprattutto alla fine dell’anno, e dagli squilibri tra domanda e offerta innescati dalla pandemia, nonché dalle risposte di politica macroeconomica. Dall’inizio del 2022 il conflitto tra Russia e Ucraina ha accentuato le spinte inflazionistiche. Nel corso del 2021 e agli inizi del 2022 alcune banche centrali hanno aumentato notevolmente i principali tassi di riferimento in diverse occasioni.

L’inflazione dovrebbe rimanere su livelli elevati nei prossimi trimestri, per poi ridursi gradualmente nell’orizzonte previsivo in tutti i paesi esaminati. Tuttavia, date le attuali circostanze, le previsioni sono soggette a notevole incertezza. Nel più lungo termine, desta timori la sostenibilità della convergenza dell’inflazione in gran parte dei paesi considerati. Sulla base delle previsioni economiche della primavera 2022 formulate dalla Commissione europea, in tutti i paesi considerati l’inflazione dovrebbe registrare un aumento significativo nel 2022, per poi diminuire nel 2023 a causa del calo dei prezzi dell’energia e delle materie prime e dell’allentamento delle strozzature dal lato dell’offerta. Tuttavia, nell’orizzonte di previsione l’inflazione si manterrebbe su livelli elevati in Bulgaria, Repubblica Ceca, Ungheria, Polonia e Romania e significativamente al di sopra del 2,0 per cento in Croazia e Svezia. I rischi per le prospettive di inflazione sono orientati verso l’alto in tutti i paesi analizzati, dal momento che le pressioni inflazionistiche derivanti dal conflitto russo-ucraino potrebbero durare più a lungo di quanto precedentemente atteso e innescare altresì una spinta al rialzo della crescita salariale e delle aspettative di inflazione. In una prospettiva di più lungo periodo, poiché il PIL pro capite e il livello dei prezzi in tutti i paesi dell’Europa centrale e orientale analizzati sono ancora inferiori rispetto a quelli dell’area dell’euro, è probabile che il processo di recupero del divario nello sviluppo economico determini differenziali di inflazione positivi nei confronti dell’area, sempre che questa evoluzione non sia controbilanciata da un aumento del tasso di cambio nominale.

Per creare un contesto favorevole alla stabilità dei prezzi su base sostenibile nei paesi analizzati, occorreranno politiche economiche orientate alla stabilità, riforme strutturali e misure volte a salvaguardare la stabilità finanziaria. Per conseguire o preservare un tale contesto saranno indispensabili l’attuazione di ulteriori riforme strutturali e l’efficienza dei mercati del lavoro. In prospettiva, un fattore importante sarà come la dinamica salariale reagirà all’elevata inflazione effettiva e come rifletterà la crescita della produttività del lavoro tenuto conto delle condizioni e dell’evoluzione del mercato del lavoro nei paesi concorrenti (grafico 3.7). È necessario continuare a impegnarsi sul fronte delle riforme per migliorare maggiormente il funzionamento dei mercati del lavoro e dei beni e servizi e per preservare condizioni propizie alla crescita dell’economia e dell’occupazione. A questo scopo, sono essenziali misure volte a promuovere il rafforzamento della governance e ulteriori miglioramenti della qualità delle istituzioni. Dato il limitato margine di manovra consentito alla politica monetaria, in particolare per i due paesi aderenti agli AEC II, è imperativo che le altre politiche sostengano la capacità di queste economie di preservare la stabilità dei prezzi, affrontare gli shock specifici di ciascun paese e prevenire l’accumularsi di squilibri macroeconomici. Le politiche di vigilanza e del settore finanziario dovrebbero mirare a tutelare in misura maggiore la stabilità finanziaria. Per sostenere ulteriormente la fiducia nel sistema finanziario, le autorità nazionali competenti dovrebbero continuare a migliorare le proprie prassi di vigilanza, anche dando seguito alle raccomandazioni applicabili degli organismi internazionali ed europei pertinenti e operando in stretta collaborazione con le autorità nazionali di vigilanza degli altri Stati membri dell’UE nell’ambito dei collegi di vigilanza.

Grafico 3.7

Crescita cumulata dello IAPC e del CLUP nominale nel 2012-2021

(punti percentuali)

Fonte: Eurostat.
Note: il grafico mostra la crescita cumulata del costo del lavoro per unità di prodotto (CLUP) sull’asse delle ordinate e la crescita cumulata dello IAPC sull’asse delle ascisse. La linea continua rappresenta la bisettrice. La crescita dello IAPC è calcolata sulla base di dati mensili aggregati a dati medi annui. Il punto blu rappresenta l’aggregato dell’area dell’euro, i punti gialli i sette paesi esaminati (contrassegnati dalla sigla) e i punti arancione gli altri Stati membri (non contrassegnati).

3.2 Criterio delle condizioni di finanza pubblica

Alla data di pubblicazione del presente rapporto, solo la Romania è oggetto di una procedura per i disavanzi eccessivi. In Romania il disavanzo ha superato il valore di riferimento del 3 per cento del PIL nel 2019 e ad aprile 2020 è stata avviata una procedura per i disavanzi eccessivi, poi sospesa sulla base del conseguimento entro il 2021 dell’obiettivo di disavanzo complessivo e delle misure di bilancio richiesti. Il termine per la correzione del disavanzo eccessivo è fissato per il 2024. Nel 2021 il rapporto tra disavanzo pubblico e PIL ha superato il valore di riferimento in quattro paesi. Sono stati registrati disavanzi ben al di sopra del parametro in Bulgaria (4,1 per cento del PIL) e nella Repubblica Ceca (5,9 per cento) e significativamente superiori al parametro in Ungheria (6,8 per cento) e Romania (7,1 per cento). In Croazia il disavanzo si è mantenuto appena al di sotto del valore di riferimento, collocandosi al 2,9 per cento, mentre in Polonia si è attestato ben al di sotto di tale valore, all’1,9 per cento. In Svezia il saldo di bilancio è rimasto prossimo al pareggio, sullo 0,2 per cento.

Nel 2021 il saldo di bilancio è rimasto al di sotto del livello registrato nel 2019 in tutti i paesi considerati nel presente rapporto, a causa dell’impatto economico della pandemia di COVID-19 e delle misure di politica fiscale adottate di conseguenza. Nel 2020 il saldo di bilancio è peggiorato in tutti i paesi, poiché la crisi legata al COVID-19 ha determinato un considerevole deterioramento dell’attività economica e sono state adottate misure di bilancio per attenuarne l’impatto. Nel 2019 il rapporto disavanzo/PIL aveva superato il valore di riferimento del 3 per cento soltanto in Romania, mentre nel 2020 tale livello è stato superato in sei paesi. Nel 2021 il saldo di bilancio è migliorato in tutti i paesi eccetto la Bulgaria e la Repubblica Ceca, per effetto della ripresa economica e della revoca di alcune misure di sostegno di bilancio. L’ulteriore deterioramento in Bulgaria è dovuto alla forte crescita della spesa corrente, mentre nella Repubblica Ceca il peggioramento è riconducibile alla riforma dell’imposta sul reddito delle persone fisiche.

Per il 2022 la Commissione europea prevede che il rapporto disavanzo/PIL rimanga inferiore al valore di riferimento del 3 per cento solo in Croazia e in Svezia. L’ulteriore miglioramento dell’attività economica e la revoca della maggior parte delle restanti misure di sostegno di bilancio farebbero registrare, sulla base delle proiezioni, un incremento del saldo di bilancio in quattro paesi. Tuttavia, esso dovrebbe mantenersi al di sotto del valore di riferimento del 3 per cento in Croazia e Svezia, ma al di sopra di tale valore in Bulgaria e Polonia, ben al di sopra di esso nella Repubblica Ceca e in Ungheria e significativamente al di sopra in Romania.

Nel 2021 il rapporto debito/PIL si è collocato al di sopra del 60 per cento in Croazia e in Ungheria, mentre negli altri paesi esaminati i livelli del debito si sono attestati al di sotto o ben al di sotto di tale soglia (tavola 3.1 e grafico 3.3). Nel 2021 il rapporto fra debito pubblico e PIL è stato superiore al livello del 2019 in tutti i paesi considerati, principalmente a causa della crisi legata al COVID-19. Il rapporto debito/PIL è aumentato di 13,5 punti percentuali in Romania, di 11,8 punti nella Repubblica Ceca, di 11,3 punti in Ungheria, di 8,7 punti in Croazia, di 8,2 punti in Polonia, di 5,1 punti in Bulgaria e di 1,8 punti in Svezia. Su un orizzonte temporale più lungo, tra il 2012 e il 2021 il rapporto debito/PIL è cresciuto fortemente in Romania (di 11,7 punti percentuali) e Croazia (di 10,4 punti) ed è aumentato significativamente in Bulgaria (di 8,5 punti), mentre è diminuito negli altri paesi.

Per il 2022 la Commissione europea prospetta un incremento del rapporto debito/PIL in tre paesi. Il rapporto debito/PIL dovrebbe diminuire in quattro paesi, mentre si prevede un moderato aumento in Bulgaria e Repubblica Ceca e un sensibile incremento in Romania. Le proiezioni della Commissione indicano che nel 2022 il rapporto debito/PIL rimarrà al di sotto o ben al di sotto del parametro del 60 per cento in tutti i paesi eccetto Croazia e Ungheria.

Pur avendo valutato che diversi paesi non avevano soddisfatto i criteri relativi a disavanzo e debito nel 2021, la Commissione europea ha deciso di non avviare nuove procedure per i disavanzi eccessivi. Il 23 maggio 2022 la Commissione europea ha pubblicato un rapporto predisposto ai sensi dell’articolo 126, paragrafo 3, del Trattato sulla base dei dati convalidati dall’Eurostat il 22 aprile 2021[172]. La Commissione ha rilevato che nel 2021 il disavanzo era superiore e non prossimo al parametro del 3 per cento del PIL in Bulgaria, Repubblica Ceca e Ungheria. Inoltre ha constatato che la Polonia prevedeva un disavanzo superiore e non prossimo al valore di riferimento nel 2022. Il superamento del parametro è stato considerato eccezionale, secondo quanto definito nel Trattato, in tutti i paesi in esame e non ci si attende che sia temporaneo nella Repubblica Ceca, in Ungheria e Polonia. Nel complesso, dall’analisi emerge che il criterio del disavanzo non è stato soddisfatto da Bulgaria, Repubblica Ceca, Ungheria e Polonia. Inoltre la Commissione europea ha rilevato che a fine 2021 il debito lordo delle amministrazioni pubbliche aveva superato il valore di riferimento del 60 per cento del PIL in Croazia e Ungheria e che dei due paesi solo la Croazia aveva rispettato il parametro per la riduzione del debito. Di conseguenza, l’analisi della Commissione suggerisce che il criterio del debito non è stato soddisfatto dall’Ungheria. La Commissione, nondimeno, ritiene che la necessità di attenersi al parametro per la riduzione del debito non sia giustificata date le attuali condizioni economiche eccezionali, in quanto implicherebbe uno sforzo di bilancio troppo impegnativo e incentrato sul periodo iniziale, il che rischierebbe di compromettere la crescita. Inoltre, ha sottolineato che la pandemia di COVID-19 ha continuato ad avere un impatto macroeconomico e di bilancio straordinario che, unitamente all’invasione russa dell’Ucraina, ha generato un eccezionale clima di incertezza, anche per quanto riguarda la definizione di un percorso dettagliato per il risanamento dei conti pubblici. Oltretutto, la pandemia e la grave contrazione economica connessa hanno condotto all’attivazione della clausola di salvaguardia generale prevista dal Patto di stabilità e crescita e alle raccomandazioni del Consiglio del 20 luglio 2020, in cui si invitano tutti gli Stati membri ad adottare ogni misura necessaria per rispondere efficacemente alla pandemia di COVID-19, sostenere l’economia e la successiva ripresa. Pertanto, come si evince dalla comunicazione del 23 maggio 2022[173], la Commissione non ha proposto di avviare nuove procedure per i disavanzi eccessivi in quel momento, ma riesaminerà l’opportunità di proporre l’attivazione di tali procedure nell’autunno 2022.

In prospettiva, se da un lato la politica di bilancio dovrebbe rimanere agile nella sua risposta all’evolversi della situazione pandemica, dato il contesto geopolitico, dall’altro lato è essenziale che i paesi esaminati nel presente rapporto raggiungano e/o mantengano posizioni di bilancio solide e sostenibili. La Romania, che è sottoposta alla procedura per i disavanzi eccessivi, dovrebbe assicurare il rispetto delle regole definite nel Patto di stabilità e crescita e correggere il disavanzo eccessivo entro il 2024. Gli altri paesi dovrebbero riportare il saldo di bilancio al di sotto del valore di riferimento del 3 per cento non appena la situazione pandemica lo consentirà e costituire i margini necessari al funzionamento degli stabilizzatori automatici. Inoltre, Croazia e Ungheria, il cui rapporto debito/PIL supera il valore di riferimento, dovrebbero far sì che esso diminuisca in misura sufficiente ad assicurare la disponibilità di margini di bilancio in caso di contrazione economica. La valutazione della sostenibilità del debito pubblico nel medio termine è di particolare importanza in un contesto in cui la clausola di salvaguardia generale del Patto di stabilità e crescita è stata attivata negli ultimi tre anni consecutivamente: 2020, 2021 e 2022. La clausola dovrebbe essere applicata anche nel 2023. Inoltre, per il 2023 la Commissione ha fornito orientamenti sulle politiche di bilancio nell’UE in larga misura qualitativi e diversi dai requisiti numerici che il Patto di stabilità e crescita di norma comporterebbe. Ciò riflette altresì l’attuale riesame del quadro di riferimento per la governance economica, che potrebbe condurre a una riforma del Patto di stabilità e crescita. In assenza di requisiti numerici per il risanamento delle finanze pubbliche, una valutazione della loro sostenibilità nel medio periodo dovrebbe porre particolare enfasi sulla capacità dei paesi di riequilibrare i conti pubblici. In generale, un ulteriore risanamento consentirebbe di affrontare meglio le sfide che gli andamenti demografici avversi pongono per i bilanci. Solidi assetti nazionali di finanza pubblica, pienamente in linea con le regole dell’UE e attuati con efficacia, dovrebbero favorire il risanamento dei conti e arginare gli sconfinamenti di spesa, contribuendo nel contempo a prevenire il riemergere di squilibri macroeconomici. Nell’insieme, le strategie di bilancio dovrebbero essere coerenti con riforme strutturali esaustive finalizzate all’incremento della crescita potenziale e dell’occupazione. Il programma NGEU dovrà essere attuato con efficacia per poter sostenere la ripresa e adeguarsi ai cambiamenti strutturali in atto[174].

3.3 Criterio del tasso di cambio

Al momento della pubblicazione del presente rapporto il lev bulgaro e la kuna croata sono inclusi negli AEC II. Le valute degli altri Stati membri considerati sono soggette a diversi regimi di cambio.

Il 10 luglio 2020 le parti degli AEC II hanno convenuto di includere il lev bulgaro negli accordi e pertanto il paese vi ha partecipato per gran parte del periodo di riferimento di due anni compreso tra il 26 maggio 2020 e il 25 maggio 2022. Nell’ambito degli AEC II, per la moneta bulgara è stata fissata una parità centrale di 1,95583 lev per euro, con una banda di oscillazione standard del ±15 per cento. La Bulgaria ha aderito agli accordi mantenendo il preesistente regime di currency board come impegno unilaterale, senza ulteriori obblighi per la BCE. La partecipazione agli AEC II è fondata su una serie di impegni assunti dalle autorità bulgare (alcuni dei quali erano già stati soddisfatti quando il lev è stato incluso negli AEC II) con l’obiettivo di raggiungere un elevato grado di convergenza economica sostenibile al momento dell’adozione dell’euro. La BCE e la Commissione europea hanno verificato l’effettiva attuazione di tali impegni, agendo nelle rispettive aree di competenza in conformità ai trattati e alla legislazione secondaria. Nel periodo in esame il lev non ha evidenziato scostamenti dalla parità centrale.

Il 10 luglio 2020 le parti degli AEC II hanno convenuto di includere la kuna croata negli accordi e pertanto il paese vi ha partecipato per gran parte del periodo di riferimento di due anni compreso tra il 26 maggio 2020 e il 25 maggio 2022. Nell’ambito degli AEC II, per la moneta croata è stata fissata una parità centrale di 7,53450 kune per euro, con una banda di oscillazione standard del ±15 per cento. La partecipazione agli AEC II è fondata su una serie di impegni assunti dalle autorità croate (alcuni dei quali erano già stati soddisfatti quando la kuna è stata inclusa negli AEC II) con l’obiettivo di raggiungere un elevato grado di convergenza economica sostenibile al momento dell’adozione dell’euro. La BCE e la Commissione europea hanno verificato l’effettiva attuazione di tali impegni, agendo nelle rispettive aree di competenza in conformità ai trattati e alla legislazione secondaria. Nonostante siano stati conseguiti tutti gli obiettivi previsti dagli impegni post-adesione agli AEC II, sono necessari ulteriori progressi per colmare le carenze in materia di antiriciclaggio ancora individuate nel recente rapporto predisposto dal Comitato MONEYVAL del Consiglio d’Europa. Nel periodo di riferimento il cambio della kuna ha evidenziato un basso grado di volatilità e la moneta croata è stata scambiata a una quotazione prossima alla parità centrale. Gli scostamenti dalla parità centrale sono stati significativamente minori rispetto alla banda di oscillazione standard prevista dagli AEC II.

Le valute non comprese negli AEC II sono state quotate nell’ambito di regimi di cambio flessibili o a fluttuazione controllata, registrando per la maggior parte una volatilità relativamente elevata. Il leu rumeno, per il quale vige un regime di cambio a fluttuazione controllata, ha evidenziato un grado di volatilità molto basso, mentre le altre valute non comprese negli AEC II sono state quotate nell’ambito di regimi di cambio flessibili mostrando una volatilità relativamente elevata.

3.4 Criterio del tasso di interesse a lungo termine

Nel periodo in esame, due dei sette paesi analizzati hanno registrato un tasso di interesse medio a lungo termine superiore al valore di riferimento del 2,6 per cento, mentre un paese ha fatto osservare un livello appena al di sopra del parametro. I paesi che hanno rilevato i livelli più bassi sono stati Svezia, Bulgaria e Croazia, con lo 0,4, 0,5 e 0,8 per cento rispettivamente. La Repubblica Ceca ha registrato un tasso di interesse medio appena inferiore al parametro, al 2,5 per cento, mentre la Polonia e l’Ungheria si sono mantenute su livelli superiori, al 3,0 e al 4,1 per cento rispettivamente. La Romania ha registrato un tasso di interesse medio del 4,7 per cento, ben al di sopra del valore di riferimento del 2,6 per cento. A partire dall’ultimo trimestre del 2021, in quasi tutti i paesi si è registrato un aumento non trascurabile della media sui dodici mesi dei tassi di interesse a lungo termine, riconducibile alle accresciute pressioni inflazionistiche e all’impatto del conflitto russo-ucraino. La dinamica futura dei tassi di interesse a lungo termine è piuttosto difficile da valutare, dato l’elevato livello di incertezza circa la durata dello shock all’origine e il suo impatto sull’andamento dei prezzi e sull’attività economica.

Dal precedente rapporto sulla convergenza i differenziali di interesse a lungo termine rispetto alla media dell’area dell’euro si sono ampliati in tutti i paesi considerati. Questa evoluzione è riconducibile all’impatto della pandemia sulla politica monetaria e di bilancio, alla posizione ciclica di alcuni paesi rispetto all’area dell’euro, al più rapido recupero dell’attività economica e alle maggiori pressioni al rialzo sui prezzi. Nondimeno, persiste un grado di eterogeneità significativo nei differenziali di interesse a lungo termine tra i paesi esaminati, di riflesso alle differenze sia nelle posizioni dei singoli paesi nel ciclo economico sia nelle valutazioni dei mercati finanziari circa le loro vulnerabilità esterne e interne, compresi gli andamenti di bilancio e le prospettive per una convergenza sostenibile. Ad aprile 2022 in Svezia e Bulgaria il tasso di interesse a lungo termine ha superato il livello dell’area dell’euro, rispettivamente di 10 e 20 punti base. La Svezia è un’economia sviluppata, con un sistema finanziario altamente integrato con l’area dell’euro, mentre il sistema bancario della Bulgaria è in mano soprattutto a enti creditizi ubicati nell’area dell’euro e la banca centrale attua un regime di currency board che di fatto trasmette le condizioni monetarie presenti nell’area dell’euro. I paesi che nel periodo considerato hanno registrato i maggiori incrementi del differenziale di interesse, compresi tra 170 e 350 punti base, sono stati Repubblica Ceca, Ungheria, Polonia e Romania. Tra i paesi esaminati, l’Ungheria e la Romania hanno rilevato il differenziale più ampio, pari in entrambi i casi a 520 punti base alla fine del periodo di riferimento.

3.5 Altri fattori rilevanti

Secondo la Commissione europea, gran parte dei paesi considerati aveva compiuto progressi nella correzione degli squilibri economici finché tale processo non è stato interrotto dallo shock causato dal COVID-19. Nella sua relazione 2022 sul meccanismo di allerta la Commissione europea si riferisce, in particolare, alla riduzione del rapporto debito/PIL nel contesto di condizioni macroeconomiche favorevoli nel 2021. La Commissione ha ritenuto necessario un esame approfondito per Croazia, Romania e Svezia. Per quanto riguarda la Croazia, la Commissione ha constatato che gli squilibri relativi ai livelli elevati del debito estero, privato e pubblico nel contesto della bassa crescita potenziale hanno continuato ad attenuarsi nel 2021, per tornare a mostrare le tendenze favorevoli del periodo pre-pandemico. Per la Romania, la Commissione ha rilevato che all’inizio della crisi causata dal COVID-19 il paese presentava vulnerabilità connesse a un crescente disavanzo del conto corrente, a un peggioramento della posizione sull’estero e a significative perdite di competitività di costo. Con la crisi del COVID-19 il debito pubblico è aumentato, ancorché da livelli contenuti. Nel caso della Svezia, la Commissione ha osservato che all’inizio della crisi pandemica il paese presentava vulnerabilità connesse ai rischi derivanti dalla sopravvalutazione dei prezzi delle abitazioni, associati a livelli di indebitamento delle famiglie elevati e in costante aumento. Con la crisi del COVID-19 sono aumentati i rapporti fra il debito del settore privato e il PIL, i prezzi delle abitazioni e il tasso di disoccupazione. Sebbene la Commissione europea abbia classificato gli altri paesi considerati nel presente rapporto come privi di squilibri, anch’essi si trovano a dover affrontare diverse sfide.

La posizione sull’estero della maggior parte dei paesi esaminati si è stabilizzata negli ultimi anni. Dal quadro di valutazione della procedura per gli squilibri macroeconomici (PSM) emerge che le medie a tre anni dei saldi di conto corrente hanno continuato a mostrare un avanzo nel 2020 e 2021 in quasi tutti i paesi analizzati, ad eccezione dell’Ungheria, che ha registrato un modesto disavanzo, e della Romania, che ha rilevato un ulteriore ampliamento del disavanzo (tavola 3.2).

Malgrado un ridimensionamento, la posizione patrimoniale netta sull’estero, in percentuale del PIL, si è mantenuta su livelli negativi elevati in quasi tutti i paesi esaminati. Le passività nette sull’estero dei paesi dell’Europa centrale e orientale consistono soprattutto in investimenti diretti esteri, ritenuti una forma di finanziamento più stabile. Nel 2021 la posizione patrimoniale netta sull’estero ha superato la soglia indicativa del -35 per cento del PIL in Ungheria, Polonia e Romania. Le passività nette sull’estero più contenute sono state osservate nella Repubblica Ceca (15,6 per cento del PIL) e in Bulgaria (19,8 per cento), mentre la Svezia ha registrato una posizione patrimoniale netta sull’estero positiva (17,8 per cento del PIL).

In termini di competitività di prezzo e di costo, tra il 2019 e il 2021 i tassi di cambio effettivi reali deflazionati con lo IAPC si sono apprezzati, in varia misura, nella maggior parte dei paesi esaminati, con l’unica eccezione della Svezia. Il tasso di crescita su tre anni del costo del lavoro per unità di prodotto, che negli anni precedenti la pandemia di COVID-19 si collocava su livelli molto elevati in quasi tutti i paesi considerati, pur essendo diminuito, ha superato ancora la soglia indicativa del 12 per cento in Bulgaria, Repubblica Ceca e Ungheria. Nel quinquennio 2016-2021 sono stati registrati incrementi delle quote di mercato delle esportazioni nella maggior parte dei paesi.

I prezzi delle abitazioni hanno continuato a crescere in tutti i paesi considerati. L’andamento dei mercati degli immobili residenziali dell’UE, già vigoroso prima della pandemia di COVID-19, ha acquisito nuovo slancio nel 2020 e nel 2021, con rischi di sopravvalutazione in diversi paesi. Ciò desta preoccupazione, in particolare nei casi in cui l’indebitamento delle famiglie è elevato o in rapida ascesa. In alcuni dei paesi esaminati i prezzi delle abitazioni hanno registrato un’ulteriore accelerazione, raggiungendo i tassi di crescita più elevati dalla crisi finanziaria mondiale. Nel 2021, nella Repubblica Ceca, in Ungheria e Svezia i prezzi delle abitazioni sono cresciuti a un ritmo superiore alla soglia indicativa del 6 per cento. I rincari nell’edilizia residenziale sono stati sospinti da una serie di fattori che alimentano la domanda e frenano l’offerta. Le prospettive per il mercato degli immobili residenziali continuano a dipendere dalle incertezze connesse alla pandemia e allo scenario macroeconomico.

Tavola 3.2

Quadro di valutazione per la sorveglianza degli squilibri macroeconomici

Tavola 3.2a – Indicatori degli squilibri esterni e della competitività


Tavola 3.2b – Indicatori degli squilibri interni e della disoccupazione

Fonti: Commissione europea (Eurostat, Direzione generale degli Affari economici e finanziari) e Sistema europeo di banche centrali.
Nota: la tavola include i dati disponibili al 25 maggio 2022 (data di chiusura delle statistiche del presente rapporto) e pertanto differisce dal quadro di valutazione della relazione 2022 sul meccanismo di allerta pubblicata a novembre 2021.
1) In percentuale del PIL, media a tre anni.
2) In percentuale del PIL.
3) Variazione percentuale su tre anni rispetto ad altri 41 paesi industrializzati. Un valore positivo indica una perdita di competitività.
4) Variazione percentuale su cinque anni.
5) Variazione percentuale su tre anni.
6) Variazione percentuale sul periodo corrispondente.
7) Media a tre anni.
8) Variazione su tre anni in punti percentuali.

Nel periodo relativamente lungo di espansione del credito antecedente la crisi finanziaria il settore privato non finanziario di alcuni dei paesi considerati ha accumulato un debito elevato, ancorché in moderata diminuzione. Ciò continua a rappresentare una delle principali fonti di vulnerabilità in tali paesi, malgrado la moderazione della crescita del credito al settore privato, che non ha superato la soglia indicativa del 14 per cento in nessuno dei paesi in esame. Tuttavia nel 2020 la Svezia ha continuato a registrare consistenze particolarmente elevate del debito nel settore privato, superiori al 200 per cento del PIL.

Nei paesi analizzati le politiche per il settore finanziario dovrebbero puntare ad assicurare che tale comparto fornisca un valido contributo a una crescita economica sostenibile e alla stabilità dei prezzi, mentre le politiche di vigilanza dovrebbero essere orientate a garantire un sistema bancario resiliente e finanziariamente solido, aspetto che rappresenta uno dei presupposti per la partecipazione all’MVU. Per sostenere ulteriormente la fiducia nel sistema finanziario, le autorità nazionali competenti dovrebbero continuare a migliorare le proprie prassi di vigilanza, dando seguito tra l’altro alle raccomandazioni applicabili degli organismi internazionali ed europei pertinenti e operando in stretta collaborazione con le autorità nazionali di vigilanza degli altri Stati membri dell’UE nell’ambito dei collegi di vigilanza. Con l’entrata in vigore del quadro di cooperazione stretta con la Българска народна банка (Banca nazionale di Bulgaria) e la Hrvatska narodna banka il 1° ottobre 2020, la BCE ha assunto la responsabilità in materia di: 1) vigilanza diretta degli enti significativi nei due paesi; 2) procedure comuni per tutti i soggetti vigilati; 3) sorveglianza degli enti meno significativi, che continuano a essere vigilati dalle rispettive autorità nazionali competenti. In seguito all’instaurazione di una cooperazione stretta con la Българска народна банка (Banca nazionale di Bulgaria) e la Hrvatska narodna banka, la BCE ha collaborato assiduamente con le due banche centrali per assicurarne l’ordinata integrazione nell’MVU.

I tassi di disoccupazione hanno continuato a diminuire in quasi tutti i paesi considerati, sostenuti dai regimi di cassa integrazione e da altre misure adottate dai governi durante la pandemia. Nel periodo considerato il tasso di disoccupazione è ulteriormente diminuito nella maggior parte dei casi eccetto la Svezia, restando al di sotto della soglia indicativa del 10 per cento in tutti i paesi. La Repubblica Ceca, l’Ungheria e la Polonia hanno registrato tassi di disoccupazione storicamente bassi e alcuni paesi stanno affrontando crescenti carenze di manodopera in alcuni segmenti del mercato del lavoro.

La solidità del quadro istituzionale costituisce un altro importante fattore nell’analisi della sostenibilità dell’integrazione e della convergenza economica. La bassa qualità delle istituzioni e una governance carente possono, ad esempio, riflettere debolezze del contesto economico, inefficienze della pubblica amministrazione, evasione fiscale, corruzione, mancanza di inclusione sociale, di trasparenza e di indipendenza del sistema giudiziario e/o uno scarso accesso ai servizi online. In numerosi paesi migliorare la qualità istituzionale contribuirebbe a eliminare le rigidità e gli ostacoli esistenti per un utilizzo e un’allocazione efficienti dei fattori di produzione, rafforzando pertanto la capacità di crescita a lungo termine. Contrastando la crescita del prodotto potenziale, un quadro istituzionale debole può anche minare la capacità di un paese di assicurare il servizio del debito e rendere più arduo il processo di aggiustamento economico. Potrebbe inoltre influire sulla sua capacità di attuare le necessarie misure sul piano delle politiche.

Con l’eccezione della Svezia, la qualità delle istituzioni e della governance è relativamente carente in tutti i paesi esaminati, soprattutto in Bulgaria, Romania, Croazia e Ungheria. Questo aspetto può comportare rischi per la capacità di tenuta dell’economia e la sostenibilità della convergenza. Specifici indicatori istituzionali confermano sostanzialmente un quadro generale caratterizzato da una qualità delle istituzioni e della governance insufficiente nella maggior parte dei paesi, anche se con qualche sensibile differenza (grafici 3.8 e 3.9)[175]. Sotto questo punto di vista, Bulgaria, Romania, Croazia e Ungheria sono fra i paesi che devono affrontare le maggiori sfide nell’ambito dell’UE.

Grafico 3.8

Graduatoria degli Stati membri dell’UE in termini di qualità istituzionale

Fonti: Worldwide Governance Indicators 2021 (Banca mondiale), The Global Competitiveness Report 2019 (World Economic Forum) e Corruption Perceptions Index 2021 (Transparency International).
Note: i paesi sono classificati da 1 (posizione migliore nell’UE) a 27 (posizione peggiore nell’UE) e ordinati in base alla collocazione media nelle graduatorie più recenti.

Grafico 3.9

Graduatoria degli Stati membri dell’UE in termini di qualità istituzionale per singolo indicatore

Fonti: Worldwide Governance Indicators 2021 (Banca mondiale), The Global Competitiveness Report 2019 (World Economic Forum) e Corruption Perceptions Index 2021 (Transparency International).
Nota: i paesi sono classificati da 1 (posizione migliore nell’UE) a 27 (posizione peggiore nell’UE) e ordinati in base alla collocazione media nelle graduatorie più recenti.

Nella maggior parte dei paesi analizzati sono necessarie riforme strutturali di ampio respiro per rafforzare la crescita economica e la competitività. Il miglioramento delle istituzioni, della governance e del contesto economico a livello nazionale, insieme a ulteriori progressi nella riforma e nella privatizzazione delle imprese statali e all’efficiente assorbimento dei fondi dell’UE, concorrerebbe a incrementare i guadagni di produttività. Ciò a sua volta contribuirebbe ad aumentare la concorrenza nei principali settori regolamentati (quali l’energia e i trasporti), abbassando le barriere all’ingresso e incoraggiando gli indispensabili investimenti privati.

Infine, per favorire un agevole processo di convergenza, sono essenziali anche le caratteristiche istituzionali relative alla qualità delle statistiche. Questo si applica, fra l’altro, all’autorità statistica nazionale per quanto riguarda i seguenti aspetti: indipendenza giuridica, supervisione amministrativa e autonomia di bilancio, mandato giuridico per la rilevazione dei dati e norme sulla riservatezza delle statistiche (per maggiori dettagli cfr. il capitolo 6).

4 Sintesi per paese

4.1 Bulgaria

Nell’aprile 2022 il tasso medio di inflazione sui dodici mesi misurato sullo IAPC si è collocato in Bulgaria al 5,9 per cento, ben al di sopra del valore di riferimento del 4,9 per cento fissato per il criterio della stabilità dei prezzi. Questo tasso aumenterebbe gradualmente nei prossimi mesi, sospinto soprattutto dalle quotazioni più elevate delle materie prime, dall’ampliamento delle pressioni sui prezzi e dall’ulteriore aggravarsi delle strozzature dal lato dell’offerta risultanti dal conflitto russo-ucraino. Negli ultimi dieci anni ha oscillato in un intervallo relativamente ampio, compreso fra il -1,7 e il 5,9 per cento; la media del periodo è stata contenuta, pari allo 0,9 per cento. In prospettiva, desta timori la sostenibilità della convergenza dell’inflazione in Bulgaria a più lungo termine. È probabile che il processo di recupero del divario nello sviluppo economico determini differenziali di inflazione positivi nei confronti dell’area dell’euro, poiché il PIL pro capite e il livello dei prezzi sono ancora significativamente inferiori in Bulgaria rispetto all’area. Per scongiurare l’accumularsi di eccessive pressioni sui prezzi e squilibri macroeconomici, tale processo va sostenuto con politiche adeguate.

In Bulgaria il disavanzo delle amministrazioni pubbliche è risultato ben superiore al valore di riferimento del 3 per cento nel 2021, mentre il rapporto fra debito pubblico e PIL si è collocato ampiamente al di sotto del valore di riferimento del 60 per cento. Dal 2012 il paese è sottoposto al meccanismo preventivo del Patto di stabilità e crescita. A maggio 2022 la Commissione europea ha osservato che il disavanzo delle amministrazioni pubbliche nel 2021 era superiore e non vicino al valore di riferimento del 3 per cento del PIL. Il superamento del valore di riferimento è stato considerato eccezionale e temporaneo. Tuttavia, tenuto conto dell’inconsueta incertezza riconducibile al perdurante, straordinario impatto macroeconomico e fiscale della pandemia di COVID-19, unitamente all’invasione russa dell’Ucraina, la Commissione non ha proposto in quel momento di aprire nuove procedure per i disavanzi eccessivi. Dal 2012 al 2019, prima della crisi del COVID-19, la Bulgaria ha soddisfatto ampiamente i due criteri del disavanzo (ad eccezione del 2014) e del debito. Nelle previsioni economiche di primavera 2022 la Commissione europea anticipa un miglioramento della situazione di finanza pubblica a partire dal 2022 dovuto all’effetto congiunto del graduale venir meno delle misure di bilancio attuate durante la crisi e del rafforzamento dell’attività economica e continua ad attendersi che il saldo di bilancio rimanga superiore al 3 per cento del PIL nel 2022, per poi scendere al di sotto di tale livello nel 2023. La più recente valutazione della Commissione europea sulla sostenibilità delle finanze pubbliche indicava che la Bulgaria era esposta a rischi di media entità per la sostenibilità dei conti a medio e lungo termine. Se da un lato la politica fiscale dovrebbe rimanere agile nella sua risposta all’evolversi della situazione pandemica e dato il contesto geopolitico, per salvaguardare la solidità delle finanze pubbliche in futuro sono essenziali misure efficienti e mirate oltre che politiche di bilancio prudenti e in grado di giovare alla crescita.

Il 10 luglio 2020 le parti degli AEC II hanno convenuto di includere il lev bulgaro negli accordi e pertanto il paese vi ha partecipato per gran parte del periodo di riferimento di due anni compreso tra il 26 maggio 2020 e il 25 maggio 2022. Nell’ambito degli AEC II, per la moneta bulgara è stata fissata una parità centrale di 1,95583 lev per euro, con una banda di oscillazione standard del ±15 per cento. La Bulgaria ha aderito agli accordi mantenendo il preesistente regime di currency board come impegno unilaterale, senza ulteriori obblighi per la BCE. La partecipazione agli AEC II si basa su una serie di impegni assunti dalle autorità bulgare, alcuni dei quali già rispettati quando il lev è stato incluso negli AEC II, al fine di raggiungere un elevato grado di convergenza economica sostenibile al momento dell’adozione dell’euro. La BCE e la Commissione europea verificano l’effettiva attuazione di tali impegni, agendo nelle rispettive aree di competenza in conformità ai trattati e alla legislazione secondaria. Nel periodo di riferimento il lev non ha evidenziato scostamenti rispetto alla parità centrale. A luglio 2020 la Българска народна банка (Banca nazionale di Bulgaria) ha concluso un accordo con la BCE per la creazione di una linea di swap in via precauzionale che consente di prendere in prestito fino a 2 miliardi di euro in cambio di lev bulgari per far fronte all’eventuale fabbisogno di liquidità in euro delle istituzioni finanziarie bulgare dovuto alla pandemia. Tale accordo ha contribuito a ridurre il potenziale rischio di vulnerabilità finanziarie e, pertanto, può avere altresì favorito ulteriormente la stabilità del cambio nel periodo considerato.

Nel periodo in rassegna (maggio 2021 - aprile 2022) i tassi di interesse a lungo termine della Bulgaria si sono collocati in media allo 0,5 per cento, un livello ben inferiore al valore di riferimento del 2,6 per cento fissato per questo criterio di convergenza. In Bulgaria i tassi di interesse a lungo termine si sono ridotti dal 2012, registrando per la media sui dodici mesi un calo dal 5,3 a allo 0,5 per cento.

La realizzazione di un contesto atto a favorire una convergenza sostenibile in Bulgaria richiede politiche economiche orientate alla stabilità e riforme strutturali di ampio respiro. Quanto agli squilibri macroeconomici, la Commissione europea non ha selezionato la Bulgaria per un esame approfondito nella sua relazione 2022 sul meccanismo di allerta. La sostenibilità della convergenza e la capacità di tenuta dell’economia trarrebbero beneficio da riforme di vasta portata volte a migliorare la capacità di tenuta strutturale, il contesto economico, la stabilità finanziaria, la qualità istituzionale e la governance. La convergenza nella vigilanza bancaria raggiunta nel quadro della cooperazione stretta assicura l’applicazione di standard di vigilanza uniformi e quindi contribuisce a preservare la stabilità finanziaria. Con l’entrata in vigore di tale quadro fra la BCE e la Българска народна банка (Banca nazionale di Bulgaria) il 1° ottobre 2020, la BCE è diventata responsabile della vigilanza diretta di cinque enti significativi e della supervisione di 13 enti meno significativi in Bulgaria.

La legislazione bulgara non soddisfa tutti i requisiti concernenti l’indipendenza della banca centrale, il divieto di finanziamento monetario e l’integrazione nell’Eurosistema sul piano giuridico. La Bulgaria è uno Stato membro dell’UE con deroga ed è pertanto tenuta ad adempiere tutti gli obblighi di adeguamento legale previsti all’articolo 131 del Trattato.

4.2 Repubblica Ceca

Nell’aprile 2022 il tasso medio di inflazione sui dodici mesi misurato sullo IAPC si è collocato nella Repubblica Ceca al 6,2 per cento, ben al di sopra del valore di riferimento del 4,9 per cento fissato per il criterio della stabilità dei prezzi. Questo tasso aumenterebbe gradualmente nei prossimi mesi, sospinto soprattutto dalle quotazioni più elevate delle materie prime, dall’ampliamento delle pressioni sui prezzi e dall’ulteriore aggravarsi delle strozzature dal lato dell’offerta risultanti dal conflitto russo-ucraino. Negli ultimi dieci anni ha oscillato in un intervallo relativamente ampio, compreso fra lo 0,2 e il 6,2 per cento; la media del periodo è stata moderata, pari al 2,0 per cento. In prospettiva, desta alcuni timori la sostenibilità della convergenza dell’inflazione nella Repubblica Ceca a più lungo termine. Il processo di recupero del divario nello sviluppo economico potrebbe determinare differenziali di inflazione positivi nei confronti dell’area dell’euro poiché il PIL pro capite e il livello dei prezzi sono ancora relativamente inferiori nella Repubblica Ceca rispetto all’area, sempre che questa evoluzione non sia controbilanciata da un apprezzamento del tasso di cambio nominale. Per scongiurare l’accumularsi di eccessive pressioni sui prezzi e squilibri macroeconomici, tale processo va sostenuto con politiche economiche mirate.

Nella Repubblica Ceca il disavanzo delle amministrazioni pubbliche è risultato ben superiore al valore di riferimento del 3 per cento nel 2021, mentre il rapporto fra debito pubblico e PIL si è collocato al di sotto del valore di riferimento del 60 per cento. Dal 2014 il paese è sottoposto al meccanismo preventivo del Patto di stabilità e crescita. A maggio 2022 la Commissione europea ha osservato che il disavanzo delle amministrazioni pubbliche nel 2021 era superiore e non vicino al valore di riferimento del 3 per cento del PIL. Il superamento del valore di riferimento è stato considerato eccezionale, ma non temporaneo. Tuttavia, tenuto conto dell’inconsueta incertezza riconducibile al perdurante, straordinario impatto macroeconomico e fiscale della pandemia di COVID-19, unitamente all’invasione russa dell’Ucraina, la Commissione non ha proposto in quel momento di aprire nuove procedure per i disavanzi eccessivi. Nel periodo antecedente la crisi del COVID-19, la Repubblica Ceca ha soddisfatto ampiamente i criteri del disavanzo e del debito. Nelle previsioni economiche di primavera 2022 la Commissione europea anticipa un miglioramento della situazione di finanza pubblica a partire dal 2022 dovuto all’effetto congiunto del rafforzamento dell’attività economica e del graduale venir meno di alcune delle misure di bilancio attuate durante la crisi e ci si attende ancora che il disavanzo rimanga superiore al 3 per cento del PIL sino alla fine dell’orizzonte di previsione nel 2023. La più recente valutazione della Commissione europea sulla sostenibilità delle finanze pubbliche rilevava che la Repubblica Ceca era esposta a rischi di media entità per la sostenibilità dei conti a medio termine. Nel lungo periodo è stata riscontrata l’esistenza di rischi elevati, principalmente connessi alle pressioni sul bilancio derivanti dall’invecchiamento demografico e dalla posizione di bilancio iniziale. Se da un lato la politica fiscale dovrebbe rimanere agile nella sua risposta all’evolversi della situazione pandemica e dato il contesto geopolitico, per salvaguardare la solidità delle finanze pubbliche in futuro sono essenziali misure efficienti e mirate oltre che politiche di bilancio prudenti e in grado di giovare alla crescita.

Nel periodo di riferimento di due anni (26 maggio 2020 - 25 maggio 2022) la Repubblica Ceca non ha partecipato agli AEC II, ma ha mantenuto un regime di cambio flessibile. Il cambio della corona ceca ha mostrato, in media, un grado di volatilità relativamente elevato nel periodo in esame. Il 25 maggio 2022 il tasso di cambio corona/euro era pari a 24,6480, un livello superiore del 9,6 per cento rispetto alla media di maggio 2020.

Nel periodo in rassegna (maggio 2021 - aprile 2022) i tassi di interesse a lungo termine della Repubblica Ceca si sono collocati in media al 2,5 per cento, un livello appena inferiore al valore di riferimento del 2,6 per cento fissato per questo criterio di convergenza. Nella Repubblica Ceca i tassi di interesse a lungo termine si sono ridotti dal 2012, registrando per la media sui dodici mesi un calo dal 3,5 al 2,5 per cento.

Il mantenimento di una convergenza sostenibile nella Repubblica Ceca richiede politiche economiche mirate, ivi comprese riforme strutturali, aventi l’obiettivo di promuovere la stabilità dei prezzi e del contesto macroeconomico. Quanto agli squilibri macroeconomici, la Commissione europea non ha selezionato la Repubblica Ceca per un esame approfondito nella sua relazione 2022 sul meccanismo di allerta. Le vulnerabilità a medio-lungo termine sono legate alla sostenibilità dell’attuale modello di crescita del paese e alla disordinata riallocazione del capitale e della capacità produttiva nell’economia, che potrebbe soffocare l’espansione nei settori particolarmente colpiti dalla pandemia. Le politiche economiche e finanziarie dovrebbero mirare a conseguire ampi guadagni di efficienza e migliorare la produttività mediante un’opportuna riallocazione del capitale. A questo scopo sarà importante rafforzare la capacità amministrativa e istituzionale (ad esempio in ambiti quali la governance e l’insolvenza) e affrontare le inefficienze nel contesto economico che incidono sulla crescita potenziale ostacolando l’innovazione e lo sviluppo di nuove attività. Le carenze di manodopera e di qualifiche professionali dovrebbero essere altresì affrontate con politiche strutturali e investimenti mirati; inoltre, occorrerebbe agevolare l’accesso delle piccole e medie imprese al finanziamento azionario e al venture capital al fine di rafforzare il potenziale di crescita del paese. Per promuovere ulteriormente la fiducia nel sistema finanziario, le autorità nazionali competenti dovrebbero continuare a migliorare le proprie prassi di vigilanza, anche dando seguito alle raccomandazioni applicabili degli organismi internazionali ed europei pertinenti e operando in stretta collaborazione con le autorità nazionali di vigilanza di altri Stati membri dell’UE nell’ambito dei rispettivi collegi delle autorità di vigilanza.

La legislazione ceca non soddisfa tutti i requisiti relativi all’indipendenza della banca centrale, al divieto di finanziamento monetario e all’integrazione nell’Eurosistema sul piano giuridico. La Repubblica Ceca è uno Stato membro dell’UE con deroga ed è pertanto tenuta ad adempiere tutti gli obblighi di adeguamento legale previsti all’articolo 131 del Trattato.

4.3 Croazia

Nell’aprile 2022 il tasso medio di inflazione sui dodici mesi misurato sullo IAPC si è collocato in Croazia al 4,7 per cento, al di sotto del valore di riferimento del 4,9 per cento fissato per il criterio della stabilità dei prezzi. Questo tasso aumenterebbe gradualmente nei prossimi mesi, sospinto soprattutto dalle quotazioni più elevate delle materie prime, dall’ampliamento delle pressioni sui prezzi e dall’ulteriore aggravarsi delle strozzature dal lato dell’offerta risultanti dal conflitto russo-ucraino. Negli ultimi dieci anni ha oscillato in un intervallo relativamente ampio, compreso fra il -0,8 e il 4,7 per cento; la media del periodo è stata contenuta, pari all’1,1 per cento. In prospettiva, desta timori la sostenibilità della convergenza dell’inflazione in Croazia a più lungo termine. È probabile che il processo di recupero del divario nello sviluppo economico determini differenziali di inflazione positivi nei confronti dell’area dell’euro, poiché il PIL pro capite e il livello dei prezzi sono ancora inferiori in Croazia rispetto all’area. Per scongiurare l’accumularsi di eccessive pressioni sui prezzi e squilibri macroeconomici, tale processo va sostenuto con politiche adeguate.

Nel 2021 il saldo di bilancio delle amministrazioni pubbliche della Croazia è risultato appena inferiore al valore di riferimento del 3 per cento per il disavanzo, mentre il rapporto fra debito pubblico e PIL si è collocato al di sopra del valore di riferimento del 60 per cento pur evidenziando una traiettoria discendente. Da giugno 2017 il paese è sottoposto al meccanismo preventivo del Patto di stabilità e crescita. Poiché nel 2021 il rapporto disavanzo/PIL è stato inferiore al valore di riferimento del 3 per cento e nel 2022 dovrebbe rimanere al di sotto del parametro, il criterio del disavanzo è rispettato. Il rapporto debito/PIL è stato pari al 79,8 per cento nel 2021, ma tale valore ha rappresentato un calo di circa 7,5 punti percentuali a fronte del livello massimo dell’87,3 per cento nel 2020, rispettando il parametro per la riduzione del debito; pertanto il criterio del debito è soddisfatto. Nel periodo 2017-2019 il criterio del disavanzo è stato rispettato e il rapporto debito/PIL è diminuito in Croazia. Per il 2020, tuttavia, la Commissione europea ha osservato nel giugno 2021 che il disavanzo delle amministrazioni pubbliche era superiore e non vicino al valore di riferimento del 3 per cento del PIL. Il superamento del valore di riferimento è stato considerato eccezionale, ma non temporaneo. Inoltre, in Croazia il debito delle amministrazioni pubbliche è stato superiore al valore di riferimento del 60 per cento del PIL e non si è ridotto a un ritmo adeguato. Nondimeno, tenuto conto dell’elevata incertezza, della risposta concordata di politica di bilancio alla crisi legata al COVID-19 e delle raccomandazioni del Consiglio del 20 luglio 2020, la Commissione non ha ritenuto opportuno in quel momento prendere una decisione sull’eventuale assoggettamento degli Stati membri alla procedura per i disavanzi eccessivi. Le previsioni economiche di primavera 2022 predisposte dalla Commissione europea indicano che i criteri del Patto di stabilità e crescita relativi al disavanzo e al debito continuano a essere rispettati. La più recente valutazione della Commissione europea sulla sostenibilità delle finanze pubbliche suggeriva che la Croazia era esposta a rischi di media entità per la sostenibilità del debito a medio e a lungo termine. Se da un lato la politica di bilancio dovrebbe rimanere agile dato il contesto geopolitico, per salvaguardare la solidità delle finanze pubbliche e ricondurre in modo durevole il rapporto debito/PIL su un percorso discendente è essenziale attuare misure efficienti e ben mirate, oltre che politiche fiscali prudenti e in grado di giovare alla crescita, assieme alle riforme di bilancio previste nell’ambito del Piano per la ripresa e la resilienza.

Il 10 luglio 2020 le parti degli AEC II hanno convenuto di includere la kuna croata negli accordi e pertanto il paese vi ha partecipato per gran parte del periodo di riferimento di due anni compreso tra il 26 maggio 2020 e il 25 maggio 2022. La valuta croata è stata inclusa negli AEC II a una parità centrale di 7,53450 kune per euro, con una banda di oscillazione standard del ±15 per cento. La partecipazione agli AEC II è fondata su una serie di impegni assunti dalle autorità croate, alcuni dei quali già rispettati quando la kuna è stata inclusa negli AEC II, al fine di raggiungere un elevato grado di convergenza economica sostenibile al momento dell’adozione dell’euro. La BCE e la Commissione europea verificano l’effettiva attuazione di tali impegni, agendo nelle rispettive aree di competenza in conformità ai trattati e alla legislazione secondaria. Nel periodo in esame il cambio della kuna nei confronti dell’euro ha mostrato un basso grado di volatilità e la moneta croata è stata scambiata a un livello prossimo alla parità centrale. Gli scostamenti rispetto alla parità centrale sono stati di ampiezza significativamente inferiore a quella della banda di oscillazione standard all’interno degli AEC II. Il 25 maggio 2022 il tasso di cambio kuna/euro era pari a 7,5355, collocandosi praticamente sul livello della parità centrale nell’ambito degli AEC II. Ad aprile 2020 la Hrvatska narodna banka ha concluso un accordo con la BCE per la creazione di una linea di swap in via precauzionale che consente di prendere in prestito fino a 2 miliardi di euro in cambio di kune croate per far fronte all’eventuale fabbisogno di liquidità in euro delle istituzioni finanziarie croate dovuto alla pandemia. Tale accordo ha contribuito a ridurre il potenziale rischio di vulnerabilità finanziarie e, pertanto, può avere altresì favorito ulteriormente la stabilità del cambio nel periodo considerato.

Nel periodo in rassegna (maggio 2021 - aprile 2022) i tassi di interesse a lungo termine della Croazia si sono collocati in media allo 0,8 per cento, restando al di sotto del valore di riferimento del 2,6 per cento fissato per questo criterio di convergenza. In Croazia i tassi di interesse a lungo termine si sono ridotti dal 2012, registrando per la media sui dodici mesi un calo da poco meno del 7 per cento a meno dell’1,0 per cento.

La realizzazione di un contesto atto a favorire una convergenza sostenibile in Croazia richiede politiche economiche orientate alla stabilità e riforme strutturali di ampio respiro. Quanto agli squilibri macroeconomici, nella sua relazione 2022 sul meccanismo di allerta la Commissione europea ha selezionato la Croazia per un esame approfondito, evidenziando che gli squilibri connessi ai livelli elevati del debito estero, privato e pubblico nel contesto della bassa crescita potenziale hanno continuato ad attenuarsi nel 2021. La Croazia trarrebbe beneficio da riforme strutturali finalizzate a migliorare il contesto istituzionale ed economico, a promuovere la concorrenza nei mercati dei beni e servizi, a ridurre il disallineamento fra domanda e offerta nel mercato del lavoro e i vincoli dal lato dell’offerta di manodopera, nonché ad accrescere l’efficienza dell’amministrazione pubblica e del sistema giudiziario. Con l’entrata in vigore del quadro di cooperazione stretta fra la BCE e la Hrvatska narodna banka il 1° ottobre 2020, la BCE è diventata responsabile della vigilanza diretta di otto enti significativi e della supervisione di 15 enti meno significativi in Croazia.

La legislazione croata è compatibile con i trattati e con lo Statuto, come richiesto dall’articolo 131 del Trattato.

4.4 Ungheria

Nell’aprile 2022 il tasso medio di inflazione sui dodici mesi misurato sullo IAPC si è collocato in Ungheria al 6,8 per cento, ben al di sopra del valore di riferimento del 4,9 per cento fissato per il criterio della stabilità dei prezzi. Questo tasso aumenterebbe gradualmente nei prossimi mesi, sospinto soprattutto dalle quotazioni più elevate delle materie prime, dall’ampliamento delle pressioni sui prezzi e dall’ulteriore aggravarsi delle strozzature dal lato dell’offerta risultanti dal conflitto russo-ucraino. Negli ultimi dieci anni ha oscillato in un intervallo relativamente ampio, compreso fra il -0,3 e il 6,8 per cento; la media del periodo è stata elevata, pari al 2,5 per cento. In prospettiva, desta timori la sostenibilità della convergenza dell’inflazione in Ungheria nel più lungo termine. È probabile che il processo di recupero del divario nello sviluppo economico determini differenziali di inflazione positivi nei confronti dell’area dell’euro, poiché il PIL pro capite e il livello dei prezzi sono ancora inferiori in Ungheria rispetto all’area, sempre che questa evoluzione non sia controbilanciata da un apprezzamento del tasso di cambio nominale. Per scongiurare l’accumularsi di eccessive pressioni sui prezzi e squilibri macroeconomici, tale processo va sostenuto con politiche adeguate.

In Ungheria il disavanzo delle amministrazioni pubbliche è risultato ben superiore al valore di riferimento del 3 per cento nel 2021 e il debito pubblico si è collocato al di sopra del valore di riferimento del 60 per cento. Dal 2013 il paese è sottoposto al meccanismo preventivo del Patto di stabilità e crescita. Per il 2021 la Commissione europea ha osservato che il disavanzo delle amministrazioni pubbliche era superiore e non vicino al valore di riferimento del 3 per cento del PIL. Il superamento del valore di riferimento è stato considerato eccezionale, ma non temporaneo. Inoltre, in Ungheria il debito delle amministrazioni pubbliche è stato superiore al valore di riferimento del 60 per cento del PIL e non si è ridotto a un ritmo adeguato. Tuttavia, tenuto conto dell’inconsueta incertezza riconducibile al perdurante, straordinario impatto macroeconomico e fiscale della pandemia di COVID-19, unitamente all’invasione russa dell’Ucraina, la Commissione non ha proposto in quel momento di aprire nuove procedure per i disavanzi eccessivi. Le previsioni economiche di primavera 2022 predisposte dalla Commissione europea segnalano un miglioramento del saldo di bilancio dell’Ungheria dopo il netto deterioramento osservato nel 2020 e nel 2021; tuttavia, il disavanzo si manterrebbe ben al di sopra del 3 per cento del PIL nel 2023. La più recente valutazione della Commissione europea sulla sostenibilità delle finanze pubbliche indicava che l’Ungheria era esposta a un rischio di tensioni di bilancio ritenuto di media entità nel medio periodo ed elevato a lungo termine, nel contesto della sfida per la sostenibilità dei conti rappresentata dall’invecchiamento demografico. Se da un lato la politica di bilancio dovrebbe rimanere agile nella sua risposta all’evolversi della situazione pandemica e dato il contesto geopolitico, per salvaguardare la solidità delle finanze pubbliche e ricondurre in modo durevole il rapporto debito/PIL su un percorso discendente sono essenziali misure efficienti e mirate oltre che politiche di bilancio prudenti e in grado di giovare alla crescita.

Nel periodo di riferimento di due anni (26 maggio 2020 - 25 maggio 2022) l’Ungheria non ha partecipato agli AEC II, ma ha mantenuto un regime di cambio flessibile. Il cambio del fiorino rispetto all’euro ha mostrato, in media, un grado di volatilità elevato nel periodo in esame. Il 25 maggio 2022 il tasso di cambio fiorino/euro era pari a 388,25, un livello inferiore del 10,7 per cento rispetto alla media di maggio 2020. Nel giugno 2020 la Magyar Nemzeti Bank ha concluso un accordo con la BCE per la creazione di una linea di operazioni pronti contro termine che consente di prendere in prestito fino a 4 miliardi di euro a fronte di garanzie adeguate denominate in euro per fornire alle istituzioni finanziarie ungheresi liquidità in euro a copertura dell’eventuale fabbisogno dovuto alla pandemia. Tale accordo ha contribuito a ridurre il potenziale rischio di vulnerabilità finanziarie e, pertanto, può avere altresì influenzato l’andamento del cambio nel periodo considerato.

Nel periodo in rassegna (maggio 2021 - aprile 2022) i tassi di interesse a lungo termine dell’Ungheria si sono collocati in media al 4,1 per cento, un livello superiore al valore di riferimento del 2,6 per cento fissato per questo criterio di convergenza. In Ungheria i tassi di interesse a lungo termine mostrano un andamento discendente dal 2012, registrando per la media sui dodici mesi un calo da circa l’8 per cento a intorno al 4 per cento.

La realizzazione di un contesto atto a favorire una convergenza sostenibile in Ungheria richiede politiche economiche orientate alla stabilità e riforme strutturali di ampio respiro. Quanto agli squilibri macroeconomici, la Commissione europea non ha selezionato l’Ungheria per un esame approfondito nella sua relazione 2022 sul meccanismo di allerta. Tuttavia, nell’ambito del regime generale di condizionalità per la protezione del bilancio dell’Unione europea, il 27 aprile 2022 ha inviato una notifica scritta alle autorità ungheresi in merito ai timori relativi al rispetto dello Stato di diritto e questo potrebbe portare a una sospensione o a una riduzione dell’erogazione dei fondi dell’UE. Il paese trarrebbe beneficio da riforme strutturali finalizzate a migliorare la qualità delle amministrazioni e delle istituzioni pubbliche, nonché dall’attuazione di adeguate politiche rivolte ai mercati dei beni e servizi. Per promuovere ulteriormente la fiducia nel sistema finanziario, le autorità nazionali competenti dovrebbero continuare a migliorare le proprie prassi di vigilanza, anche dando seguito alle raccomandazioni applicabili degli organismi internazionali ed europei pertinenti e operando in stretta collaborazione con le autorità nazionali di vigilanza di altri Stati membri dell’UE nell’ambito dei collegi delle autorità di vigilanza.

La legislazione ungherese non soddisfa tutti i requisiti concernenti l’indipendenza della banca centrale, il divieto di finanziamento monetario, l’ortografia comune dell’euro e l’integrazione nell’Eurosistema sul piano giuridico. L’Ungheria è uno Stato membro dell’UE con deroga ed è pertanto tenuta ad adempiere tutti gli obblighi di adeguamento legale previsti all’articolo 131 del Trattato.

4.5 Polonia

Nell’aprile 2022 il tasso medio di inflazione sui dodici mesi misurato sullo IAPC si è collocato in Polonia al 7,0 per cento, ben al di sopra del valore di riferimento del 4,9 per cento fissato per il criterio della stabilità dei prezzi. Questo tasso aumenterebbe gradualmente nei prossimi mesi, sospinto soprattutto dalle quotazioni più elevate delle materie prime, dall’ampliamento delle pressioni sui prezzi e dall’ulteriore aggravarsi delle strozzature dal lato dell’offerta risultanti dal conflitto russo-ucraino. Negli ultimi dieci anni ha oscillato in un intervallo relativamente ampio, compreso fra il -0,7 e il 7,0 per cento, mentre la media del periodo è risultata moderata, pari all’1,7 per cento. In prospettiva, desta timori la sostenibilità della convergenza dell’inflazione in Polonia nel più lungo termine. È probabile che il processo di recupero del divario nello sviluppo economico determini differenziali di inflazione positivi nei confronti dell’area dell’euro, poiché il PIL pro capite e il livello dei prezzi sono ancora inferiori in Polonia rispetto all’area, sempre che questa evoluzione non sia controbilanciata da un apprezzamento del tasso di cambio nominale. Per scongiurare l’accumularsi di eccessive pressioni sui prezzi e squilibri macroeconomici, tale processo va sostenuto con politiche adeguate.

In Polonia il saldo delle amministrazioni pubbliche è risultato ben inferiore al valore di riferimento del 3 per cento per il disavanzo nel 2021 e il rapporto debito/PIL si è collocato al di sotto del valore di riferimento del 60 per cento. Dal 2015 il paese è sottoposto al meccanismo preventivo del Patto di stabilità e crescita. Nel periodo fino al 2019 il criterio del disavanzo è stato rispettato e il rapporto fra debito e PIL è diminuito. Nel 2021 il bilancio delle amministrazioni pubbliche ha registrato un disavanzo dell’1,9 per cento del PIL. Tuttavia, nelle previsioni economiche di primavera 2022 la Commissione europea anticipa per il 2022 un sensibile deterioramento del saldo di bilancio, con un disavanzo superiore al valore di riferimento del 3 per cento a causa dei costi per gli aiuti ai rifugiati ucraini, dei maggiori oneri per interessi, delle misure temporanee di sostegno per fronteggiare il marcato rialzo dei prezzi dell’energia e degli alimentari e delle minori entrate ascrivibili alla riforma delle imposte sul reddito. A maggio 2022 la Commissione europea ha considerato eccezionale ma non temporaneo il superamento previsto del valore di riferimento da parte della Polonia. Tuttavia, tenuto conto dell’inconsueta incertezza riconducibile al perdurante, straordinario impatto macroeconomico e fiscale della pandemia di COVID-19, unitamente all’invasione russa dell’Ucraina, la Commissione non ha proposto in quel momento di aprire nuove procedure per i disavanzi eccessivi. A giugno 2021 la Commissione europea ha osservato che il disavanzo delle amministrazioni pubbliche nel 2020 era superiore e non vicino al valore di riferimento del 3 per cento del PIL, mentre il rapporto debito/PIL rimaneva al di sotto della soglia del 60 per cento. Nondimeno, la Commissione non ha avviato una procedura per i disavanzi eccessivi date le circostanze eccezionali determinate dalla pandemia di COVID-19. Nel 2021 il disavanzo è diminuito con il venir meno di gran parte delle misure di emergenza e quindi il rapporto fra il debito pubblico e il PIL è sceso al 53,8 per cento. Nel contempo il rapporto fra debito/PIL dovrebbe migliorare considerevolmente e mantenersi al di sotto del valore di riferimento del 60 per cento. La più recente valutazione della Commissione europea sulla sostenibilità delle finanze pubbliche suggerisce che la Polonia è esposta a rischi di media entità per la sostenibilità dei conti a medio e lungo termine, date le pressioni sul bilancio derivanti dall’invecchiamento demografico e dalla posizione di bilancio iniziale sfavorevole. Se da un lato la politica fiscale dovrebbe rimanere agile nella sua risposta all’evolversi della situazione pandemica e dato il contesto geopolitico, per salvaguardare la solidità delle finanze pubbliche in futuro sono essenziali misure efficienti e mirate oltre che politiche di bilancio prudenti e in grado di giovare alla crescita.

Nel periodo di riferimento di due anni (26 maggio 2020 - 25 maggio 2022) la Polonia non ha partecipato agli AEC II, ma ha mantenuto un regime di cambio flessibile. Il cambio dello zloty rispetto all’euro ha mostrato, in media, un grado di volatilità relativamente elevato nel periodo in esame. Il 25 maggio 2022 il tasso di cambio zloty/euro era pari a 4,6210, un livello inferiore del 2,1 per cento rispetto alla media di maggio 2020. A fine marzo 2022 la Narodowy Bank Polski ha concluso un accordo con la BCE per la creazione di una linea di swap che consente di prendere in prestito fino a 10 miliardi di euro in cambio di zloty per far fronte all’eventuale fabbisogno di liquidità in euro nel sistema finanziario polacco. Tale accordo ha contribuito a ridurre il potenziale rischio di vulnerabilità finanziarie e, pertanto, può avere altresì influenzato l’andamento del cambio alla fine del periodo considerato.

Nel periodo in rassegna (maggio 2021 - aprile 2022) i tassi di interesse a lungo termine della Polonia si sono collocati in media al 3,0 per cento, al di sopra del valore di riferimento del 2,6 per cento fissato per questo criterio di convergenza. I tassi di interesse a lungo termine del paese si sono ridotti dal 2012, registrando per la media sui dodici mesi un calo da circa il 6 al 3 per cento.

La realizzazione di un contesto atto a favorire una convergenza sostenibile in Polonia richiede politiche economiche orientate alla stabilità, riforme strutturali mirate e misure volte a salvaguardare la stabilità finanziaria. Quanto agli squilibri macroeconomici, la Commissione europea non ha selezionato la Polonia per un esame approfondito nella sua relazione 2022 sul meccanismo di allerta. È essenziale mantenere l’attuale solidità della situazione finanziaria del settore bancario per preservare la fiducia degli investitori esteri e assicurare che ne derivi un valido contributo alla crescita economica. Quest’ultima dovrebbe essere sostenuta da riforme strutturali ben mirate, al fine di ridurre gli attriti nei mercati del lavoro, accrescere la concorrenza nei mercati dei beni e servizi e accelerare l’innovazione e la modernizzazione delle infrastrutture. Per promuovere ulteriormente la fiducia nel sistema finanziario, le autorità nazionali competenti dovrebbero continuare a migliorare le proprie prassi di vigilanza, anche dando seguito alle raccomandazioni applicabili degli organismi internazionali ed europei pertinenti e operando in stretta collaborazione con le autorità nazionali di vigilanza di altri Stati membri dell’UE nell’ambito dei collegi delle autorità di vigilanza.

La legislazione polacca non soddisfa tutti i requisiti relativi all’indipendenza della banca centrale, alla riservatezza, al divieto di finanziamento monetario e all’integrazione nell’Eurosistema sul piano giuridico. La Polonia è uno Stato membro dell’UE con deroga ed è pertanto tenuta ad adempiere tutti gli obblighi di adeguamento legale previsti all’articolo 131 del Trattato.

4.6 Romania

Nell’aprile 2022 il tasso medio di inflazione sui dodici mesi misurato sullo IAPC si è collocato in Romania al 6,4 per cento, ben al di sopra del valore di riferimento del 4,9 per cento fissato per il criterio della stabilità dei prezzi. Questo tasso aumenterebbe gradualmente nei prossimi mesi, sospinto soprattutto dalle quotazioni più elevate delle materie prime, dall’ampliamento delle pressioni sui prezzi e dall’ulteriore aggravarsi delle strozzature dal lato dell’offerta risultanti dal conflitto russo-ucraino. Negli ultimi dieci anni ha oscillato in un intervallo relativamente ampio, compreso fra il -1,7 e il 6,4 per cento; la media del periodo è stata moderata, pari al 2,2 per cento. In prospettiva, desta timori la sostenibilità della convergenza dell’inflazione in Romania a più lungo termine. È probabile che il processo di recupero del divario nello sviluppo economico determini differenziali di inflazione positivi nei confronti dell’area dell’euro, poiché il PIL pro capite e il livello dei prezzi sono ancora inferiori in Romania rispetto all’area, sempre che questa evoluzione non sia controbilanciata da un apprezzamento del tasso di cambio nominale. Per scongiurare l’accumularsi di eccessive pressioni sui prezzi e ridurre gli squilibri macroeconomici, tale processo va sostenuto con politiche adeguate.

Anche se il rapporto disavanzo/PIL della Romania è risultato significativamente superiore al valore di riferimento del 3 per cento nel 2021, la procedura per i disavanzi eccessivi avviata nei confronti del paese ad aprile 2020 è stata sospesa. Dall’aprile 2020 la Romania è sottoposta alla procedura per i disavanzi eccessivi, poiché il suo saldo di bilancio era superiore al valore di riferimento del 3 per cento nel 2019. Il disavanzo complessivo del paese era pari al 7,1 per cento del PIL nel 2021, un livello migliore dell’obiettivo raccomandato, e le misure di bilancio richieste sono state conseguite. Pertanto, la procedura per i disavanzi eccessivi è stata sospesa. Secondo le previsioni economiche di primavera 2022 della Commissione europea, ci si attende che gli obiettivi per il periodo 2022-2024 non siano raggiunti a meno che non vengano introdotti cambiamenti nella politica di bilancio e questo indica la necessità di una strategia di risanamento a medio termine e delle corrispondenti misure correttive. Il debito pubblico si colloca al di sotto della soglia del 60 per cento del PIL, ma è in aumento dal 2019. La più recente valutazione della Commissione europea sulla sostenibilità delle finanze pubbliche segnala rischi bassi a breve termine, alti nel medio periodo e di media entità a lungo termine per la sostenibilità dei conti, in un contesto in cui la Romania deve affrontare le sfide poste dall’invecchiamento demografico. Se da un lato la politica di bilancio dovrebbe rimanere agile nella sua risposta all’evolversi della situazione pandemica e dato il contesto geopolitico, per salvaguardare la solidità delle finanze pubbliche a medio termine sono essenziali misure efficienti e mirate oltre che politiche fiscali prudenti e in grado di giovare alla crescita in linea con le disposizioni del Patto di stabilità e crescita.

Nel periodo di riferimento (26 maggio 2020 - 25 maggio 2022) la Romania non ha partecipato agli AEC II, ma ha mantenuto un regime di cambio flessibile a fluttuazione controllata. Il cambio del leu ha mostrato, in media, un grado di volatilità molto basso nel periodo in esame. Il 25 maggio 2022 il tasso di cambio leu/euro era pari a 4,9416, un livello inferiore del 2,2 per cento rispetto alla media di maggio 2020. Nel giugno 2020 la Banca Naţională a României ha concluso un accordo con la BCE per la creazione di una linea di operazioni pronti contro termine che consente di prendere in prestito fino a 4,5 miliardi di euro a fronte di garanzie di qualità elevata denominate in euro per fornire alle istituzioni finanziarie rumene liquidità in euro a copertura dell’eventuale fabbisogno dovuto alla pandemia. Tale accordo ha contribuito a ridurre il potenziale rischio di vulnerabilità finanziarie e, pertanto, può avere altresì influenzato l’andamento del cambio nel periodo considerato.

Nel periodo in rassegna (maggio 2021 - aprile 2022) i tassi di interesse a lungo termine della Romania si sono collocati in media al 4,7 per cento, un livello ben superiore al valore di riferimento del 2,6 per cento fissato per questo criterio di convergenza. In Romania i tassi di interesse a lungo termine si sono ridotti dal 2012, registrando per la media sui dodici mesi un calo da poco più del 7 per cento a circa il 4,5 per cento.

La realizzazione di un contesto atto a favorire una convergenza sostenibile in Romania richiede politiche economiche orientate alla stabilità e riforme strutturali di ampio respiro. Quanto agli squilibri macroeconomici, la Commissione europea ha selezionato la Romania per un esame approfondito nella sua relazione 2022 sul meccanismo di allerta, evidenziando questioni connesse alla posizione sull’estero e alla competitività di costo del paese. Anche se la Romania ha compiuto buoni progressi nel soddisfacimento delle condizioni per la convergenza economica dall’inizio del decennio 2010, permangono timori riguardo ai bassi livelli di produttività. Nel paese la qualità relativamente scarsa delle istituzioni e della governance, oltre che la debolezza del contesto economico, continuano a ostacolare il potenziale di crescita. Inoltre, l’efficace assorbimento dei fondi dell’UE rimane essenziale per promuovere la crescita economica a medio termine e guidare l’economia nell’imminente transizione verde e digitale. Sono altresì necessari sforzi di riforma volti a combattere la corruzione, migliorare la concorrenza e accrescere la prevedibilità dei sistemi tributario, giudiziario, regolamentare e amministrativo del paese. Per promuovere ulteriormente la fiducia nel sistema finanziario, le autorità nazionali competenti dovrebbero continuare a migliorare le proprie prassi di vigilanza, anche dando seguito alle raccomandazioni applicabili degli organismi internazionali ed europei pertinenti e operando in stretta collaborazione con le autorità nazionali di vigilanza di altri Stati membri dell’UE nell’ambito dei collegi delle autorità di vigilanza.

La legislazione rumena non soddisfa tutti i requisiti relativi all’indipendenza della banca centrale, al divieto di finanziamento monetario e all’integrazione nell’Eurosistema sul piano giuridico. La Romania è uno Stato membro dell’UE con deroga ed è pertanto tenuta ad adempiere tutti gli obblighi di adeguamento legale previsti all’articolo 131 del Trattato.

4.7 Svezia

Nell’aprile 2022 il tasso medio di inflazione sui dodici mesi misurato sullo IAPC si è collocato in Svezia al 3,7 per cento, ben al di sotto del valore di riferimento del 4,9 per cento fissato per il criterio della stabilità dei prezzi. Questo tasso aumenterebbe gradualmente nei prossimi mesi, sospinto soprattutto dalle quotazioni più elevate delle materie prime, dall’ampliamento delle pressioni sui prezzi e dall’ulteriore aggravarsi delle strozzature dal lato dell’offerta risultanti dal conflitto russo-ucraino. Negli ultimi dieci anni ha oscillato in un intervallo compreso fra lo 0,2 e il 3,7 per cento; la media del periodo è stata contenuta, pari all’1,2 per cento. Il PIL pro capite della Svezia è già superiore a quello dell’area dell’euro nel suo complesso; pertanto, il paese non è esposto a difficoltà relative al processo di recupero del divario nello sviluppo economico. In prospettiva, la politica monetaria e l’assetto istituzionale orientato alla stabilità dovrebbero continuare a sostenere il raggiungimento della stabilità dei prezzi nel paese.

In Svezia il disavanzo delle amministrazioni pubbliche è risultato ben inferiore al valore di riferimento del 3 per cento nel 2021 e il rapporto fra debito pubblico e PIL si è collocato ampiamente al di sotto del valore di riferimento del 60 per cento. La Svezia non è mai stata sottoposta a una procedura per i disavanzi eccessivi. Le previsioni economiche di primavera 2022 predisposte dalla Commissione europea indicano che sono rispettati i requisiti del Patto di stabilità e crescita. La più recente valutazione della Commissione europea sulla sostenibilità delle finanze pubbliche suggerisce che la Svezia è esposta a rischi bassi a medio e lungo termine. Se da un lato la politica di bilancio dovrebbe rimanere agile nella sua risposta all’evolversi della situazione pandemica e dato il contesto geopolitico, misure efficienti e mirate, oltre che la continua adesione all’obiettivo di medio termine nei prossimi anni, assicureranno un ulteriore miglioramento della situazione già solida delle finanze pubbliche svedesi.

Nel periodo di riferimento di due anni (26 maggio 2020 - 25 maggio 2022) la Svezia non ha partecipato agli AEC II, ma ha operato un regime di cambio flessibile. Il cambio della corona svedese rispetto all’euro ha mostrato, in media, un grado di volatilità relativamente elevato nei due anni considerati. Il 25 maggio 2022 il tasso di cambio corona/euro era pari a 10,5419, un livello superiore dello 0,5 per cento rispetto alla media di maggio 2020. Nel periodo in esame la Sveriges riksbank ha mantenuto un accordo di swap con la BCE che consente di mutuare fino a 10 miliardi di euro in cambio di corone e che era stato stipulato il 20 dicembre 2007 allo scopo di agevolare il funzionamento dei mercati finanziari e fornire loro liquidità in euro all’occorrenza. Tale accordo ha contribuito a ridurre il potenziale rischio di vulnerabilità finanziarie e, pertanto, può avere altresì influito sul tasso di cambio della corona rispetto all’euro nel periodo considerato.

Nel periodo in rassegna (maggio 2021 - aprile 2022) i tassi di interesse a lungo termine della Svezia si sono collocati in media allo 0,4 per cento, mantenendosi ben al di sotto del valore di riferimento del 2,6 per cento fissato per questo criterio di convergenza. In Svezia i tassi di interesse a lungo termine si sono ridotti dal 2012, registrando per la media sui dodici mesi un calo da circa il 2 per cento a intorno allo 0,5 per cento.

Preservare un contesto atto a favorire una convergenza sostenibile in Svezia richiede la continuazione delle politiche economiche orientate alla stabilità, riforme strutturali mirate e misure volte a salvaguardare la stabilità finanziaria. Nonostante l’impatto significativo della pandemia sull’economia reale, i prezzi degli immobili residenziali in Svezia sono aumentati bruscamente dalla primavera 2020, soprattutto a seguito della maggiore domanda. Questo aumento dei prezzi sembra discostarsi considerevolmente da fondamentali storici quali i tassi sui mutui ipotecari o il reddito disponibile delle famiglie. Nella sua relazione 2022 sul meccanismo di allerta la Commissione europea ha selezionato la Svezia per un esame approfondito, in particolare a causa degli squilibri macroeconomici derivanti dal mercato delle abitazioni. Per promuovere ulteriormente la fiducia nel sistema finanziario, le autorità nazionali competenti dovrebbero continuare a migliorare le proprie prassi di vigilanza, anche dando seguito alle raccomandazioni applicabili degli organismi internazionali ed europei pertinenti e operando in stretta collaborazione con le autorità nazionali di vigilanza di altri Stati membri dell’UE nell’ambito dei collegi delle autorità di vigilanza.

La legislazione svedese non soddisfa tutti i requisiti relativi all’indipendenza della banca centrale, al divieto di finanziamento monetario e all’integrazione nell’Eurosistema sul piano giuridico. La Svezia è uno Stato membro dell’UE con deroga ed è pertanto tenuta ad adempiere tutti gli obblighi di adeguamento legale previsti all’articolo 131 del Trattato. Ai sensi del Trattato, il paese ha l’obbligo fin dal 1° giugno 1998 di adottare disposizioni normative nazionali in vista dell’integrazione nell’Eurosistema. Le autorità svedesi non hanno ancora varato alcun provvedimento legislativo volto a sanare le incompatibilità descritte nel presente rapporto e in quelli pubblicati in precedenza.

© Banca centrale europea, 2022

Recapito postale 60640 Frankfurt am Main, Germany
Telefono +49 69 1344 0
Internet www.ecb.europa.eu

Tutti i diritti riservati. È consentita la riproduzione a fini didattici e non commerciali, a condizione che venga citata la fonte.

I dati contenuti nel presente rapporto sono aggiornati al 25 maggio 2022.

Una definizione di termini e sigle è reperibile nella sezione ECB glossary (soltanto in inglese).

HTML ISBN 978-92-899-5235-4, ISSN 1725-9541, doi:10.2866/462648, QB-AD-22-001-IT-Q

Segni convenzionali utilizzati nelle tavole

“-” dati inesistenti / non applicabili
“.” dati non ancora disponibili


  1. Quando fu concluso il Trattato di Maastricht, nel 1992, alla Danimarca fu concessa una clausola di esenzione, in base alla quale non è tenuta a partecipare alla Terza fase dell’UEM e quindi a introdurre l’euro.

  2. Salvo diversa indicazione, nel presente rapporto con il termine “Trattato” si intende il Trattato sul funzionamento dell’Unione europea; i riferimenti agli articoli riflettono la numerazione vigente dal 1° dicembre 2009. Salvo diversa indicazione, in questo rapporto il termine “trattati” è usato per designare sia il Trattato sull’Unione europea sia il Trattato sul funzionamento dell’Unione europea. Cfr. anche le voci “Treaty” e “Treaties” nel glossario pubblicato sul sito Internet della BCE (disponibile soltanto in inglese).

  3. Data in cui la BCE ha assunto i compiti assegnati dal Regolamento (UE) n. 1024/2013 del Consiglio, del 15 ottobre 2013, che attribuisce alla Banca centrale europea compiti specifici in merito alle politiche in materia di vigilanza prudenziale degli enti creditizi (GU L 287 del 29.10.2013, pag. 63). Cfr. l’articolo 33, paragrafo 2, del regolamento.

  4. Cfr. il considerando 10 del Regolamento (UE) n. 468/2014 della Banca centrale europea, del 16 aprile 2014, che istituisce il quadro di cooperazione nell’ambito del Meccanismo di vigilanza unico tra la Banca centrale europea e le autorità nazionali competenti e con le autorità nazionali designate (regolamento quadro sull’MVU) (BCE/2014/17) (GU L 141 del 14.5.2014, pag. 1).

  5. Cfr. la Decisione (UE) 2020/1015 della Banca centrale europea, del 24 giugno 2020, sull’instaurazione di una cooperazione stretta tra la Banca centrale europea e la Българска народна банка (Banca nazionale di Bulgaria) (BCE/2020/30) (GU L 224I del 13.7.2020, pag. 1) e la Decisione (UE) 2020/1016 della Banca centrale europea, del 24 giugno 2020, sull’instaurazione di una cooperazione stretta tra la Banca centrale europea e la Hrvatska narodna banka (BCE/2020/31) (GU L 224I del 13.7.2020, pag. 4). L’accordo sull’inclusione del lev bulgaro e della kuna croata negli AEC II è entrato in vigore simultaneamente.

  6. Cfr. il Rapporto annuale della BCE sulle attività di vigilanza 2020, in particolare la sezione 4.1 “Espansione dell’MVU attraverso i regimi di cooperazione stretta”.

  7. Commissione europea, Relazione sul meccanismo di allerta per il 2022 (COM(2021) 741 final).

  8. Va osservato che il concetto di valore “fuori linea” è stato menzionato nei precedenti rapporti sulla convergenza della BCE, nonché in quelli dell’IME. Coerentemente con tali rapporti uno Stato membro è considerato fuori linea se si verificano due condizioni: il tasso medio di inflazione sui dodici mesi è significativamente inferiore ai corrispondenti tassi degli altri Stati membri e la dinamica dei prezzi ha risentito fortemente di fattori eccezionali. Nell’individuare i valori fuori linea non si segue un approccio automatico, bensì un metodo finalizzato a trattare in modo adeguato potenziali notevoli distorsioni dell’andamento dell’inflazione dei singoli paesi.

  9. Regolamento (CE) n. 1467/97 del Consiglio, del 7 luglio 1997, per l’accelerazione e il chiarimento delle modalità di attuazione della procedura per i disavanzi eccessivi (GU L 209 del 2.8.1997, pag. 6).

  10. Regolamento (UE) n. 1177/2011 del Consiglio, dell’8 novembre 2011, che modifica il Regolamento (CE) n. 1467/97 per l’accelerazione e il chiarimento delle modalità di attuazione della procedura per i disavanzi eccessivi (GU L 306 del 23.11.2011, pag. 33).

  11. Il TSCG si applica anche agli Stati membri dell’UE con deroga da cui è stato ratificato dalla data in cui la decisione di abrogazione della deroga ha effetto oppure da una data precedente, qualora lo Stato membro interessato manifesti l’intenzione di essere vincolato alle disposizioni del TSCG, integralmente o parzialmente, a partire da tale data precedente.

  12. Regolamento (CE) n. 1466/97 del Consiglio, del 7 luglio 1997, per il rafforzamento della sorveglianza delle posizioni di bilancio nonché della sorveglianza e del coordinamento delle politiche economiche (GU L 209 del 2.8.1997, pag. 1).

  13. Direttiva 2011/85/UE del Consiglio, dell’8 novembre 2011, relativa ai requisiti per i quadri di bilancio degli Stati membri (GU L 306 del 23.11.2011, pag. 41).

  14. Cfr. il considerando 2 del Regolamento (UE) n. 1176/2011 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 16 novembre 2011, sulla prevenzione e la correzione degli squilibri macroeconomici (GU L 306 del 23.11.2011, pag. 25).

  15. Cfr. l’articolo 4, paragrafo 4, del Regolamento (UE) n. 1176/2011.

  16. Cfr. il considerando 17 del Regolamento (UE) n. 1176/2011.

  17. Pareri CON/2010/37 e CON/2010/91. Tutti i pareri della BCE sono disponibili su EUR-Lex.

  18. Decisione del Consiglio 98/317/CE, del 3 maggio 1998, in conformità all’articolo 109 J, paragrafo 4, del Trattato (GU L dell’11.5.1998, pag. 30). Nota: Il titolo della decisione 98/317/CE si riferisce al Trattato che istituisce la Comunità europea (prima della rinumerazione degli articoli di tale trattato, in conformità dell’articolo 12 del Trattato di Amsterdam); tale disposizione è stata abrogata dal Trattato di Lisbona.

  19. Atto contenente le condizioni di adesione della Repubblica Ceca, della Repubblica di Estonia, della Repubblica di Cipro, della Repubblica di Lettonia, della Repubblica di Lituania, della Repubblica di Ungheria, della Repubblica di Malta, della Repubblica di Polonia, della Repubblica di Slovenia e della Repubblica slovacca e le modifiche ai trattati sui quali si fonda l’Unione europea (GU L 236 del 23.9.2003, pag. 33).

  20. Per la Bulgaria e la Romania cfr. l’articolo 5 dell’Atto contenente le condizioni di adesione della Repubblica di Bulgaria e della Romania e le modifiche ai trattati sui quali si fonda l’Unione europea (GU L 157 del 21.6.2005, pag. 203). Per la Croazia cfr. l’articolo 5 dell’Atto relativo alle condizioni di adesione della Repubblica di Croazia e agli adattamenti del trattato sull’Unione europea, del trattato sul funzionamento dell’Unione europea e del trattato che istituisce la Comunità europea dell’energia atomica (GU L 112 del 24.4.2012, pag. 21).

  21. In particolare i rapporti sulla convergenza della BCE del giugno 2020 (relativo a Bulgaria, Repubblica Ceca, Croazia, Ungheria, Polonia, Romania e Svezia), (del maggio 2018 (relativo a Bulgaria, Repubblica Ceca, Croazia, Ungheria, Polonia, Romania e Svezia), del giugno 2016 (relativo a Bulgaria, Repubblica Ceca, Croazia, Lituania, Ungheria, Polonia, Romania e Svezia), del giugno 2014 (relativo a Bulgaria, Repubblica Ceca, Croazia, Lituania, Ungheria, Polonia, Romania e Svezia), del giugno 2013 (relativo alla Lituania), del maggio 2012 (relativo a Bulgaria, Repubblica Ceca, Lettonia, Lituania, Ungheria, Polonia, Romania e Svezia), del maggio 2010 (relativo a Bulgaria, Repubblica Ceca, Estonia, Lettonia, Lituania, Ungheria, Polonia, Romania e Svezia), del maggio 2008 (relativo a Bulgaria, Repubblica Ceca, Estonia, Lettonia, Lituania, Ungheria, Polonia, Romania, Slovacchia e Svezia), del maggio 2007 (relativo a Cipro e Malta), del dicembre 2006 (relativo a Repubblica Ceca, Estonia, Cipro, Lettonia, Ungheria, Malta, Polonia, Slovacchia e Svezia), del maggio 2006 (relativo a Lituania e Slovenia), dell’ottobre 2004 (relativo a Repubblica Ceca, Estonia, Cipro, Lettonia, Lituania, Ungheria, Malta, Polonia, Slovenia, Slovacchia e Svezia), del maggio 2002 (relativo alla Svezia) e dell’aprile 2000 (relativo a Grecia e Svezia) e in quello prodotto dall’IME nel marzo 1998.

  22. Per quanto riguarda i compiti e i poteri conferiti in parte alla BCE, qualsiasi normativa nazionale non deve pregiudicare i compiti e i poteri conferiti alla BCE. Cfr. il parere CON/2020/15.

  23. Cfr. tra le altre, Commissione delle Comunità europee/Repubblica francese, C-265/95, EU:C:1997:595.

  24. GU L 189 del 3.7.1998, pag. 42.

  25. Ciò si applica altresì al regime di riservatezza del SEBC; cfr. la sezione 2.1.4 del presente Rapporto sulla convergenza.

  26. Parere CON/2011/104.

  27. Cfr. il paragrafo 2.3 del parere CON/2019/15 e Commissione/Banca centrale europea, C-11/00, EU:C:2003:395, punti 134-136.

  28. Parere CON/2019/23.

  29. Cfr. il paragrafo 2.2 del parere CON/2011/104 e il paragrafo 3.2.2 del parere CON/2017/34.

  30. Cfr. il paragrafo 2.2 del parere CON/2021/35.

  31. Parere CON/2010/31.

  32. Parere CON/2009/93.

  33. Parere CON/2010/94.

  34. Parere CON/2016/33.

  35. Pareri CON/2014/25 e CON/2015/57.

  36. Parere CON/2018/17.

  37. Cfr. LR Ģenerālprokuratūra, C-3/20, EU:T:2021:969, punto 43.

  38. Cfr. Rimšēvičs/Lettonia, C-202/18, EU:T:2019:139, punto 76.

  39. Cfr. Rimšēvičs/Lettonia, C-202/18, EU:T:2019:139, punto 52 e parere CON/2011/9.

  40. Cfr., ad esempio, i pareri CON/2010/56, CON/2010/80, CON/2011/104, CON/2011/106 e CON/2021/9.

  41. Parere CON/2018/23.

  42. Parere CON/2012/89.

  43. Pareri CON/2018/17, CON/2019/19 e CON/2019/36.

  44. Parere CON/2018/53.

  45. Cfr. il parere CON/2019/36 e le Conclusioni dell’avvocato generale Kokott nella causa Rimšēvičs/Lettonia, C-202/18, EU:T:2019:139, punto 77.

  46. Cfr. Rimšēvičs/Lettonia, C-202/18, EU:T:2019:139, punto 96.

  47. Pareri CON/2004/35, CON/2005/26, CON/2006/32, CON/2006/44, CON/2007/6, CON/2019/19 e CON/2019/24.

  48. Cfr. Rimšēvičs/Lettonia, C-202/18, EU:T:2019:139, punto 76.

  49. A tale proposito, gli Stati membri sono liberi di stabilire le condizioni richieste per la nomina dei membri degli organi decisionali delle loro BCN, ammesso che queste non confliggano con gli aspetti che compongono il concetto di indipendenza della banca centrale derivanti dai trattati. Cfr. i pareri CON/2018/23, CON/2020/19 e CON/2021/9.

  50. Parere CON/2021/7.

  51. Pareri CON/2014/24, CON/2014/27, CON/2014/56 e CON/2017/17.

  52. L’articolo 30.4 dello Statuto si applica solo all’interno dell’Eurosistema.

  53. L’articolo 33.2 dello Statuto si applica solo all’interno dell’Eurosistema.

  54. Pareri CON/2016/55, CON/2020/11 e CON/2020/13.

  55. Parere CON/2020/13.

  56. Parere CON/2018/17.

  57. GU L 115 del 16.5.2000, pag. 1.

  58. Decisione BCE/2010/26, del 13 dicembre 2010, relativa all’aumento di capitale della BCE (GU L 11 del 15.1.2011, pag. 53).

  59. I pareri della BCE più significativi al riguardo sono: Pareri CON/2002/16, CON/2003/22, CON/2003/27, CON/2004/1, CON/2006/38, CON/2006/47, CON/2007/8, CON/2008/13, CON/2008/68 e CON/2009/32.

  60. Parere CON/2019/12.

  61. Parere CON/2019/19.

  62. Per le attività dei revisori esterni indipendenti delle BCN cfr. l’articolo 27.1 dello Statuto.

  63. Pareri CON/2011/9, CON/2011/53, CON/2015/57 e CON/2018/17.

  64. Pareri CON/2015/8, CON/2015/57, CON/2016/24, CON/2016/59 e CON/2018/17.

  65. Pareri CON/2017/17 e CON/2018/17.

  66. Pareri CON/2009/85 e CON/2017/17.

  67. Pareri CON/2009/26 e CON/2013/15.

  68. Pareri CON/2009/59 e CON/2009/63.

  69. Pareri CON/2009/53, CON/2009/83 e CON/2019/21.

  70. Pareri CON/2009/26, CON/2012/69 e CON/2020/13.

  71. Parere CON/2021/7.

  72. Parere CON/2019/19.

  73. Pareri CON/2008/9, CON/2008/10 e CON/2012/89.

  74. Parere CON/2019/19.

  75. Pareri CON/2010/42, CON/2010/51, CON/2010/56, CON/2010/69, CON/2010/80, CON/2011/104, CON/2011/106, CON/2012/6, CON/2012/86 e CON/2014/7.

  76. Parere CON/2014/38.

  77. Parere CON/2021/16.

  78. Pareri CON/2015/8 e CON/2015/57.

  79. GU L 332 del 31.12.1993, pag. 1. Gli articoli 104 e 104 B, paragrafo 1, del Trattato che istituisce la Comunità europea sono ora gli articoli 123 e 125, paragrafo 1, del Trattato sul funzionamento dell’Unione europea.

  80. Cfr. il Rapporto sulla convergenza del 2008, nota 13, che contiene una lista di pareri IME/BCE rilevanti al riguardo adottati tra maggio 1995 e marzo 2008.

  81. Considerando 14 e articolo 7 del Regolamento (CE) n. 3603/93. Cfr., ad esempio, i pareri CON/2016/21, CON/2017/4, CON/2020/37 e CON/2021/23.

  82. Cfr. il parere CON/2021/39.

  83. Tale valutazione può non essere necessaria qualora il compito assegnato alla BCN sia soltanto complementare rispetto a una funzione della BCN già esistente non possa essere considerato effettivamente un nuovo compito.

  84. Cfr., ad esempio, il parere CON/2016/54.

  85. Pareri CON/2011/30, CON/2015/36, CON/2015/46 ed il parere CON/2021/29.

  86. Cfr., ad esempio, il parere CON/2015/22.

  87. Cfr. anche la sezione “Sostegno finanziario ai fondi o meccanismi finanziari di risoluzione e ai sistemi di garanzia dei depositi e di indennizzo degli investitori” per alcune ipotesi specifiche.

  88. Pareri CON/2015/36, CON/2015/46, CON/2016/49, CON/2016/57 e CON/2018/57.

  89. Parere CON/2015/12.

  90. Parere CON/2016/45.

  91. Parere CON/2016/54.

  92. Parere CON/2017/19.

  93. Parere CON/2017/32.

  94. Parere CON/2018/43.

  95. Parere CON/2021/29.

  96. Pareri CON/2020/2 e CON/2021/35.

  97. Parere CON/2021/9.

  98. Pareri CON/2007/29, CON/2016/31, CON/2017/3 e CON/2017/12.

  99. Parere CON/2019/27.

  100. Parere CON/2015/45.

  101. Parere CON/2016/31.

  102. Pareri CON/2015/54, CON/2016/34 e CON/2017/3.

  103. Parere CON/2019/07.

  104. Parere CON/2019/02.

  105. Parere CON/2017/52.

  106. Pareri CON/2018/2 e CON/2018/5.

  107. Pareri CON/2016/38 e CON/2020/23.

  108. Parere CON/2021/34.

  109. Parere CON/2021/34.

  110. Parere CON/2017/2.

  111. Parere CON/2021/9. Ciò è ulteriormente precisato alla sottosezione che segue su “Sostegno finanziario ai fondi o meccanismi finanziari di risoluzione e ai sistemi di garanzia dei depositi e di indennizzo degli investitori”.

  112. Parere CON/2016/42.

  113. Parere CON/2012/4.

  114. Pareri CON/2011/91 e CON/2011/99.

  115. Pareri CON/2009/59 e CON/2009/63.

  116. Parere CON/2013/56.

  117. Parere CON/2015/22.

  118. Pareri CON/2019/20 e CON/2021/7.

  119. Parere CON/2013/5.

  120. Pareri CON/2012/50, CON/2012/64 e CON/2012/71.

  121. Parere CON/2012/4, nota 42, che rinvia a ulteriori pareri rilevanti in materia. Cfr. anche i pareri CON/2016/55 e CON/2017/1.

  122. Pareri CON/2020/24 e CON/2021/17.

  123. Pareri CON/2015/22, CON/2016/28 e CON/2019/16.

  124. Pareri CON/2011/103, CON/2012/99, CON/2015/3 e CON/2015/22.

  125. Pareri CON/2015/33, CON/2015/35 e CON/2016/60.

  126. Considerando 27 della Direttiva 2014/49/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 16 aprile 2014, relativa ai sistemi di garanzia dei depositi (GU L 173 del 12.6.2014, pag. 149).

  127. Considerando 23 della Direttiva 97/9/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 3 marzo 1997, relativa ai sistemi di indennizzo degli investitori (GU L 84 del 26.3.1997, pag. 22).

  128. Pareri CON/2020/24 e CON/2021/17.

  129. Pareri CON/2011/83 e CON/2015/52.

  130. Parere CON/2011/84.

  131. Articolo 4 del Regolamento (CE) n. 3603/93 e il Parere CON/2013/2.

  132. Articolo 5 del Regolamento (CE) n. 3603/93.

  133. Articolo 6 del Regolamento (CE) n. 3603/93.

  134. Parere CON/2013/3.

  135. Pareri CON/2009/23, CON/2009/67 e CON/2012/9.

  136. Cfr., tra gli altri, i pareri CON/2010/54, CON/2010/55 e CON/2013/62.

  137. Parere CON/2012/9.

  138. Cfr. in tal senso, Smaranda Bara e altri/Casa Naţională de Asigurări de Sănătate e altri, C-201/14, EU:C:2015:638, punto 22; e Peter Gauweiler e altri/Deutscher Bundestag, C-62/14, EU:C:2015:400, punto 100.

  139. Regolamento (CE) n. 3604/93 del Consiglio, del 13 dicembre 1993, che precisa le definizioni ai fini dell’applicazione del divieto di accesso privilegiato di cui all’articolo 104 A del Trattato [che istituisce la Comunità europea] (GU L del 31.12.1993, pag. 4). L’articolo 104 A del Trattato che istituisce la Comunità europea è attualmente l’articolo 124 del Trattato.

  140. Articolo 3, paragrafo 2, e considerando 10 del Regolamento (CE) n. 3604/93.

  141. Conclusioni dell’avvocato generale nella causa Société civile immobilière Parodi/ Banque H. Albert de Bary et Cie., C-222/95, EU:C:1997:345, punto 24.

  142. Regolamento (UE) n. 575/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 giugno 2013, relativo ai requisiti prudenziali per gli enti creditizi e le imprese di investimento e che modifica il regolamento (UE) n. 648/2012 (GU L 176 del 27.6.2013, pag.1) e Direttiva 2013/36/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 giugno 2013, sull’accesso all’attività degli enti creditizi e sulla vigilanza prudenziale sugli enti creditizi e sulle imprese di investimento, che modifica la direttiva 2002/87/CE e abroga le direttive 2006/48/CE e 2006/49/CE (GU L 176 del 27.6.2013, pag. 338).

  143. Articolo 4, paragrafo 1, comma 1, del Regolamento (UE) n. 575/2013.

  144. Articolo 8 della Direttiva 2013/36/UE.

  145. L’assunto è corroborato dall’articolo 3, paragrafo 2 e dal considerando 9 del Regolamento (CE) n. 3604/93.

  146. Indirizzo (UE) 2015/510 della Banca centrale europea, del 19 dicembre 2014, sull’attuazione del quadro di riferimento della politica monetaria dell’Eurosistema (Indirizzo sulle caratteristiche generali) (BCE/2014/60) (GU L 91 del 2.4.2015, pag. 3).

  147. Tanto più è elevato l’obbligo di riserva, quanto minore è la capacità delle banche di fare credito con conseguente minor creazione di moneta.

  148. Cfr. articolo 19 dello Statuto; Regolamento (CE) n. 2531/98 del Consiglio, del 23 novembre 1998, sull’applicazione dell’obbligo di riserve minime da parte della Banca centrale europea (GU L 318 del 27.11.1998, pag.1); Regolamento (CE) n. 1745/2003 della Banca centrale europea, del 12 settembre 2003, sull’applicazione di riserve obbligatorie minime (BCE/2003/9) (GU L 250 del 2.10.2003, pag. 10); e Regolamento (UE) n. 1071/2013 della Banca centrale europea, del 24 settembre 2013, relativo al bilancio del settore delle istituzioni finanziarie monetarie (BCE/2013/33) (GU L 297 del 7.11.2013, pag. 1).

  149. La “Dichiarazione della Repubblica di Lettonia, della Repubblica di Ungheria e della Repubblica di Malta sull’ortografia della denominazione della moneta unica nei trattati” allegata ai trattati, stabilisce che “senza pregiudizio dell’ortografia unificata della denominazione della moneta unica dell’Unione europea cui si fa riferimento nei trattati e che figura sulle banconote e sulle monete, la Lettonia, l’Ungheria e Malta dichiarano che l’ortografia della denominazione della moneta unica, ivi compreso nelle forme declinate, figurante nelle versioni linguistiche lettone, maltese e ungherese del testo dei trattati non ha alcun effetto sulle vigenti regole delle lingue lettone, maltese e ungherese”.

  150. GU L 139 del 11.5.1998, pag. 1.

  151. Parere CON/2012/87.

  152. Parere CON/2020/2.

  153. Pareri CON/2010/30 e CON/2010/48.

  154. Cfr., in particolare, gli articoli 127 e 128 del Trattato e gli articoli da 3 a 6 e 16 dello Statuto.

  155. Primo trattino dell’articolo 127, paragrafo 2, del Trattato.

  156. Pareri CON/2012/105, CON/2013/90 e CON/2013/91.

  157. A titolo esemplificativo le disposizioni legislative nazionali che traspongono la Direttiva 2011/85/UE del Consiglio, dell’8 novembre 2011, relativa ai requisiti per i quadri di bilancio degli Stati membri (GU L 306 del 23.11.2011, pag.41). Cfr. i pareri CON/2013/90 e CON/2013/91.

  158. Pareri CON/2009/99, CON/2011/79 e CON/2017/1.

  159. Parere CON/2010/8.

  160. Parere CON/2008/34.

  161. Terzo trattino dell’articolo 127, paragrafo 2, del Trattato.

  162. È fatta eccezione per i saldi operativi in valuta estera che i governi degli Stati membri possono detenere ai sensi dell’articolo 127, paragrafo 3, del Trattato.

  163. A tale riguardo, la legislazione nazionale dovrebbe garantire la coerenza con gli obblighi di segnalazione stabiliti dalla legislazione dell’Unione. Cfr. il parere CON/2020/29.

  164. Parere CON/2013/88.

  165. Pareri CON/2015/5 e CON/2015/24.

  166. Articolo 26 dello Statuto.

  167. Articolo 27 dello Statuto.

  168. Articolo 28 dello Statuto.

  169. Articolo 30 dello Statuto.

  170. Articolo 32 dello Statuto.

  171. Ai fini del presente rapporto i tassi di cambio sono riportati in unità della valuta nazionale per euro. Pertanto, una riduzione del tasso di cambio corrisponde a un apprezzamento della valuta nei confronti dell’euro, mentre un aumento corrisponde a un deprezzamento. Le equivalenti variazioni percentuali indicano il grado di apprezzamento o deprezzamento della valuta.

  172. Report prepared in accordance with Article 126(3) of the Treaty on the Functioning of the European Union (COM (2022) 630 final).

  173. Commissione europea, Semestre europeo 2022 - Pacchetto di primavera (COM (2022) 600 final).

  174. Il potenziale impatto economico dell’NGEU è analizzato in “The economic impact of Next Generation EU: a euro area perspective”, Occasional Paper Series, n. 291, BCE, aprile 2022.

  175. La misurazione della qualità istituzionale resta complessa e controversa.
    Da un lato, gli indicatori di percezione possono offrire alcuni vantaggi rispetto ad altri indicatori. Uno dei vantaggi delle indagini basate sulla percezione è che esse hanno una natura onnicomprensiva, mentre misure più specifiche possono fornire informazioni fortemente distorte. Inoltre, sebbene il loro valore assoluto possa essere discutibile, gli indicatori di percezione sono utili per effettuare comparazioni a livello transfrontaliero, purché non vi sia un’evidente distorsione sistematica nei confronti di uno o più paesi in particolare. Un altro aspetto da considerare è che gli indicatori basati unicamente sul contenuto delle normative, ma non sulla dettagliata conoscenza della loro effettiva applicazione, possono risultare fuorvianti. Infine, poiché nessun modello istituzionale può ritenersi preferibile a priori, le indagini di percezione potrebbero evitare che emergano distorsioni nella misurazione diretta delle varie dimensioni della governance economica.
    D’altro canto, anche le indagini di percezione producono distorsioni. Possono, ad esempio, risentire pesantemente di un episodio recente o della carente formulazione delle domande.
    Dati i punti deboli di entrambi e i vantaggi comparativi degli indicatori istituzionali di percezione (ad esempio, per quanto riguarda la corruzione) e di natura più oggettiva (ad esempio, in merito alla competitività), i grafici 3.8 e 3.9 presentano entrambe le tipologie di indicatori.
    Inoltre, per quanto riguarda i paesi dell’UE, è soltanto in anni recenti che la prospettiva istituzionale ha assunto rilevanza sul piano analitico e delle politiche. In termini generali, vi è quindi ancora un ampio margine di miglioramento per quanto concerne la misurazione. Infine, i metodi adottati a livello transfrontaliero in relazione a una problematica complessa come la qualità istituzionale o la buona governance sono giocoforza alquanto inadeguati e vanno evidentemente integrati con valutazioni più specifiche per ciascun paese e di più lungo periodo. Al tempo stesso le difficoltà di misurazione non dovrebbero indurre a sottovalutare queste determinanti di fondamentale importanza della prosperità, dell’equità sociale e del benessere a lungo termine.