Quinto Ghermandi

Crevalcore (Bo) 1916 - San Lazzaro di Savena (Bo) 1994

img180.jpgNasce a Crevalcore (Bologna) nel 1916. Frequenta il Liceo artistico e in seguito l’Accademia di Belle Arti. Nel 1947, di ritorno dalla prigionia di guerra in Egitto e nel Medio Oriente, si dedica alla caricatura ottenendo alcuni riconoscimenti. Dal 1948 al 1953 Ghermandi si rivolge alla ceramica impiantando un forno a Bologna insieme all’amico pittore Barnabè e vincendo un premio della ceramica a Faenza. Nel ’54 abbandona definitivamente  la ceramica per affrontare la scultura in ferro; l’anno successivo è quello dei primi esperimenti in bronzo a cera persa. Nascono così le sue immagini metamorfiche della natura, che risentono delle esperienze della “scuola inglese” (Chadvick, Armitage), così come del César prima delle Compressioni.

Dopo il 1957 e  la  mostra  “14+2”  al  circolo  di Cultura di Bologna, la scultura di Quinto Ghermandi perde l’immediatezza del rimando naturalistico, che rimane solo come riferimento indiretto, acquisendo invece la capacità di trasfigurare l’immagine in forma plastica pura. Nel 1958 vince il Premio Bologna di scultura con L’uccello di bronzo 1957 (Bologna, Galleria d’Arte Moderna). Tra il ’58-‘59 Ghermandi si applica al ciclo delle Foglie e delle Ali, quasi una volontà di liberarsi nello spazio su un contrappunto di angoli e punte acuminate che incidono l’aria circostante  e che sembrano disegnare una geografia immaginaria e bronzea. Appartengono agli anni Sessanta Sesto Calende, Jonica, La mantide atea e altre sculture che risentono della ricerca su strutture architettoniche ed elementi decorativi dall’età Classica al Barocco. Dalla fase più apertamente informale e naturalistica Quinto Ghermandi passa alle sollecitazioni appunto classico-barocche che gli permettono di rendere la concitazione e le suggestioni dei nuovi soggetti della sua scultura. Opera che segue  un periodo di ripensamenti e dubbi è Largo gesto per    un massimo spazio eseguita in due versioni, nel ’69 e  nel ’72, e dove Ghermandi si confronta con il problema della frontalità ma anche della pulizia: non più quella corrosione degli elementi tipica delle opere degli anni precedenti, ma la ricerca di un punto d’arrivo: “con questo “gesto”, ampio quanto il giro delle braccia, abbandono per sempre l’oggetto-forma per entrare nell’oggetto spazio” (Q. Ghermandi). I protagonisti degli anni Settanta sono Trilberi, Cuccalberi e Pomerio: sculture esili composte da fogli sovrapposti come a costruire scenografie di piccoli teatrini in bronzo argentato. Sempre durante gli anni Settanta Ghermandi sperimenta nuovi materiali (come il legno rosso di paduca per una nuova versione di Giselda e Timoteo), e allo stesso tempo avverte anche la necessità di ritornare a vecchi amori (il ferro di Segno rosso per sottolineare le idee campate in aria). Fino all’ultimo continua la sua ricerca artistica e plastica tra venature surreali e oniriche, una sempre presente vena umoristica e quasi grottesca e il tentativo di “fissare” il momento creativo nell’attimo in cui da idea si tramuta in cosa rivestendosi di forma” (Armando Ginesi).

Da non dimenticare infine è l’attività grafica di Ghermandi. In essa si ritrova quella vena surreale e fantastica e quel gusto in bilico tra humor e grottesco che tanto hanno caratterizzato la sua produzione scultorea. Quinto Ghermandi muore a San Lazzaro di Savena nel 1994.

Tratto da “Quadri in Regione. Le collezioni d’arte moderna del Consiglio e della Giunta dell’Emilia-Romagna” catalogo della mostra (Bologna, GAM Villa delle Rose) a cura di Orlando Piraccini - IBC, Bologna 1988

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Ali 1980 bronzo cm. 31x33x9