Mario Nanni

Castellina in Chianti (Si) 1922

img295.jpgDopo una prima esperienza formativa di tipo figurativo,  la vicenda artistica di Mario Nanni assume contorni più precisi con l’adesione all’informale di cui sposa la gestualità spontanea ed emozionale. Partecipa alla mostra 14+2, curata da Franco Lodoli, nel 1957 al Circolo della Cultura di Bologna. Nel 1960 tiene la sua prima mostra personale, con le nuove opere, alla milanese Galleria dell’Annunciata. Ma già dai primissini anni sessanta sente la necessità di sperimentare nuove strada espressive, abbandona quindi il rigore aniconico dell’informale e recupera una lenta figurazione, dapprima con la serie delle “Macchine faro”, che presenta a Roma in una mostra personale alla Galleria Liguria nel 1963, poi con la grande intuizione di comporre immagini che fanno convivere esiti di tipo metafisico con quelli futuristi.

Giungono gli anni della grande contestazione che vedono Mario Nanni, fin dalla fine della prima metà degli anni sessanta, ampliare la propria visione creativa: sono gli anni dei grandi ambienti, “I giochi del malessere” vengono presentati per la prima volta alla Galleria Apollinaire di Milano nel 1968. La grande sala delle lastre in alluminio, segnate dal passaggio del pubblico, alla mostra “Gennaio ‘70” a Bologna, seguono gli ambienti tappezzati da mappe topografiche sulle quali interviene con molle, segni, presentati alla rassegna “Amore mio” che si tiene  a Montepulciano, curata da Bonito Oliva, nel 1970. Nel medesimo periodo invade lo spazio aperto e coinvolge direttamente il  pubblico  a  partecipare-creare  l’opera:  “Il limite del mare – automisurazione” 1969 per la VIII Biennale di Arte Contemporanea “Al di là della pittura” San Benedetto del Tronto. Nascono sempre in quegli anni, di intensa, quasi frenetica, produzione le sculture, o macchine artificiali che invadono lo spazio modificandosi nel loro libero movimento, spinti e dal fruitore che ne determina posizione e aspetto. Da l’idea che sottende quelle macchine scaturisce una nuova intuizione che Nanni chiamerà il ciclo del “Mitico computer” dove grandi tele accompagnano la fantasia con linee e numeri. Ma  un ritorno alla materia, quasi un auto omaggio alla prime prove, lo porta ad accompagnare il colore e la materia sulla superficie di grandi colonne, lacerazioni di un’anima in continua sperimentazione, che presenterà in una sala alla Biennale Internazionale d’Arte di Venezia nel 1984. Su queste colonne salgono poi i segni delle mappe che prima avvolgevano solo le pareti degli ambienti degli anni sessanta: è il segnale, nuovamente, di un ritorno a se stesso, al proprio linguaggio che non dimentica se stesso ma ne propone una nuova e strabiliante visione o lettura che sia. Dalla fine degli anni novanta la ricerca continuativa di questo artista è ancora una volta accompagnata dalla memoria che riappare, con forme forse più meditate e poetiche, quasi eco di una musica visiva, con le “Geografie dell’attenzione” , mappe che sono piacere nella stesura di colori, il rosso, il nero, piacere nelle trasparenze e nelle modulazioni segniche che lascia il pennello sulla superficie della tavola.

Mario Nanni, artista internazionale, è stato presente nelle maggiori rassegne collettive ed ha tenuto più di cinquanta mostre personali in gallerie pubbliche e private.

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Geografie dell’attenzione dalla serie “I giochi della metamorfosi” 1971 acrilico su legno cm 120x82