"Garantire alle madri di figli adottati il diritto all'oblio"

19.12.2014

Il testo base che la commissione Giustizia della Camera ha scelto per il progetto di legge “Disposizioni in materia di accesso del figlio adottato non riconosciuto alla nascita alle informazioni sulle proprie origini e sulla propria identità” non solo “non assicura un corretto bilanciamento tra il diritto dell’adottato all’accesso alle origini e il diritto all’oblio della donna che l’ha generato” ma, anzi, rischia “di dare luogo per la sua genericità a prassi molto difformi da zona a zona gravemente lesive del diritto alla riservatezza”.

A lanciare l’allarme è Luigi Fadiga, Garante regionale per l’infanzia e l’adolescenza, che ha scelto di aderire all’appello della Associazione nazionale famiglie adottive e affidatarie per un emendamento alla norma. “Lo Stato, attraverso il Parlamento, non può tradire l’impegno assunto nei confronti di queste donne, approvando provvedimenti che, avendo effetto retroattivo, violerebbero il diritto all’anonimato che ha loro assicurato”, si legge nel documento che Fadiga ha sottoscritto. “Ricercare a distanza di decenni queste donne, in mancanza di una loro preventiva rinuncia all’anonimato, metterebbe in pericolo la serenità della vita- prosegue l’Anfaa- che esse, sicure della segretezza loro garantita, si sono costruite nel corso degli anni, con gravi ripercussioni su di loro e sui loro familiari, spesso ignari di quanto avvenuto”.

Al centro del dibattito un comma della nuova norma che stabilisce che “su istanza dei soggetti legittimati ad accedere alle informazioni e del figlio non riconosciuto alla nascita, in mancanza di revoca della dichiarazione della madre di non volere essere nominata il Tribunale per i minorenni, con modalità che assicurino la massima riservatezza, anche avvalendosi del personale dei servizi sociali, contatta la madre senza formalità per verificare se intenda mantenere l’anonimato”. Si tratta, sostiene l’associazione, di una “una violazione grave ed irrimediabile del diritto alla segretezza che lo Stato ha garantito a queste donne per cento anni”.

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