Diritti dei detenuti, a chi competono?

21.06.2013

Diritti dei detenuti, a chi competono?

“Le decisioni del Magistrato di Sorveglianza devono ricevere concreta applicazione” nelle situazioni in cui “sono rese su reclami proposti da detenuti a tutela dei propri diritti e secondo la procedura contenziosa ex 14 ter dell’ordinamento penitenziario”, e pertanto “non possono essere private di effetti pratici da provvedimenti dell’amministrazione penitenziaria o di altre autorità”, comprese “Ministro della Giustizia e ad alcun organo di Governo”.

 

A sancirlo è una sentenza della Corte costituzionale del 7 giugno 2013 “sulla questione dell’inottemperanza dei provvedimenti giudiziali del magistrato di sorveglianza concernenti i diritti dei detenuti”. La decisione dei giudici arriva dopo che “il magistrato di sorveglianza di Roma, con ricorso dell’11 novembre 2011, ha promosso conflitto di attribuzione tra poteri dello Stato nei confronti del Governo della Repubblica al fine di sentir dichiarare che non spetta al ministro della Giustizia e ad alcun organo di Governo disporre che non venga data esecuzione ad un provvedimento del magistrato di Sorveglianza, con il quale sia stato dichiarato che un determinato comportamento dell’amministrazione penitenziaria è lesivo di un diritto in danno del detenuto reclamante”.

 

A questa sentenza, data la sua importanza nella vita di tutti i giorni dei detenuti, l’ufficio della Garante delle persone private della libertà personale dell’Assemblea legislativa dell’Emilia-Romagna, Desi Bruno, dedica uno speciale approfondimento, composto da una scheda tecnica, il testo integrale della sentenza della Corte costituzionale e quello del ricorso del magistrato di sorveglianza di Roma.Il pronunciamento da una parte si rivela importantissimo perché conferisce ulteriore effettività al reclamo ex art. 14 ter dell’ordinamento penitenziario, già riconosciuto come generale strumento di tutela dei diritti dei detenuti, spiegano dall’ufficio, ma dall’altra “lascia in consegna un problema non risolto”, dal momento che stabilisce come condizione necessaria che “il reclamo diretto al magistrato di sorveglianza riguardi la pretesa lesione di un diritto e non si risolva in una semplice doglianza su aspetti generali o particolari dell’organizzazione e del funzionamento dell’istituto penitenziario”, senza considerare però che “non risulta chiara la linea di demarcazione tra lesione di un diritto e semplice doglianza su aspetti generali o particolari dell’organizzazione e del funzionamento dell’istituto penitenziario”, con il rischio quindi di “appesantire ulteriormente l’attività della magistratura di sorveglianza”.

 

 

 

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