39 anni per (non) chiudere gli Opg

23.04.2014

39 anni per (non) chiudere gli Opg

“Affrontare finalmente il più complesso problema dell’inopportunità di mantenere in vita i manicomi giudiziari ed in genere un ordinamento sanitario carcerario ‘separati’ rispetto al servizio sanitario nazionale. Questa autarchia sul piano sanitario, ma anche per quanto attiene ad altri servizi delle strutture giudiziarie, oltre a mantenere una rigida quanto negativa separazione rispetto alla realtà esterna, costituisce in particolare per i malati di mente un grave elemento di perpetuazione del pregiudizio e della emarginazione di queste persone”.

Così scriveva, in una propria Nota, il Sottosegretario alla Sanità Franco Foschi nel 1975.

Sono trascorsi 39 anni e il processo per il definitivo superamento degli Ospedali Psichiatrici Giudiziari è ancora in corso, prorogato – da ultimo – al 31 Marzo 2015.

In questa newsletter, si intende ripercorrere le tappe di questo cammino, sia a livello nazionale che regionale. I nodi da sciogliere sono ancora molti.

Innanzitutto, la riforma interviene in assenza di una contestuale modifica del codice penale per quel che riguarda la disciplina delle misure di sicurezza detentive e, in particolare, la mancanza di determinazione legale di un loro termine massimo di durata.

Vi è poi il problema della crisi di legittimazione scientifica della categoria stessa su cui si fonda l’applicazione della misura di sicurezza, ovvero della “pericolosità sociale” intesa nel senso di “prognosi infausta di non recidività”.

Sempre più avvertita è la necessità di passare dal criterio della “pericolosità sociale” a quello del “bisogno di trattamento”: ovvero ad una forma di presa in carico che compete ad agenzie non penali, prive di qualunque intenzionalità punitiva.

La misura principale predisposta dalla riforma per il superamento degli OPG è la costruzione di Residenze per l’Esecuzione delle Misure di Sicurezza (REMS) a sorveglianza diversificata.

Queste strutture dovrebbero nascere in ogni Regione e avere una capienza di circa 20 posti letto ciascuna.

La preoccupazione maggiore è che le stesse si trasformino in mini-OPG regionali (di nuova costruzione e quindi immuni dalle “gravi e inaccettabili carenze strutturali e igienico-sanitarie” riscontrate dalla “Commissione Marino” del 2008), ma che di fatto rischiano di costituire uno strumento per incrementare, invece che limitare, il numero dei ricoveri.

Una soluzione alternativa potrebbe, invece, essere quella di investire parte del denaro destinato alla costruzione delle REMS all’implementazione dei Dipartimenti di Salute Mentale e conseguentemente dei percorsi di cura e di riabilitazione sul territorio.

Come affermato da Stefano Cecconi, membro del Comitato Nazionale StopOPG: “non possiamo attendere la modifica dei Codici, il decreto intanto deve riportare l’attuale processo di superamento degli Opg ‘nella carreggiata della legge 180’”.

Un obiettivo certamente auspicabile, che tuttavia ripropone – per l’ennesima volta – la necessità di risolvere l’annoso problema tra psichiatria e scienza penale.

 

 

Per approfondire il dossier OPG

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