"Carcere e società continuino a dialogare"

19.02.2014

Rispetto per l’innata dignità delle persone, anche quando stanno scontando una pena, comunanza di intenti e proficua collaborazione tra carcere e città. Sembrano essere questi gli ingredienti necessari per  “umanizzare” la vita dei detenuti, anche in una situazione di sovraffollamento come quella che si riscontra al carcere di Ravenna.

È ciò che è emerso dall’incontro di studio e confronto promosso dall’amministrazione comunale di Ravenna, rappresentata dal sindaco Fabrizio Matteucci e dall’assessore alla Politiche sociali Giovanna Piaia, a cui hanno partecipato la Garante regionale delle persone private della libertà personale Desi Bruno, il provveditore Pietro Buffa ed il prefetto Fulvio Della Rocca.

Il provveditore ha sottolineato come le recenti iniziative messe in campo dall’Amministrazione penitenziaria abbiano come obiettivo il miglioramento del clima di relazione  dentro le carceri, citando ad esempio le esperienze lavorative di pubblica utilità che se opportunamente sviluppate consentirebbero al detenuto di recuperare la socialità a partire dalla percezione dell'esistere degli altri, attenuando il sentimento di isolamento e alienazione che caratterizza la vita in cella. Anche il recente  protocollo fra Regione e ministero della Giustizia, che prevede fondi e azioni significative per migliorare la condizione carceraria, ha continuato Buffa, va in questa direzione.

Desi Bruno nel suo intervento, ripercorrendo la visita appena effettuata proprio alla struttura carceraria ravennate, ha ribadito come, seppur in sovraffollamento, questa sia tra le situazioni meno problematiche della regione soprattutto dal punto di vista delle relazioni con la direzione e il personale di custodia. La Garante ha poi invitato a continuare la strada intrapresa di raccordo fra istituzioni locali, volontariato e direzione carceraria, per le attività già avviate con i lavori di pubblica utilità  e del laboratorio di pasticceria che sta per nascere in via Port'Aurea.

Condizioni di vita quindi più accettabili, che dipendono sì dai recenti provvedimenti in materia di umanizzazione della pena, ma anche e soprattutto dalla capacità della cosiddetta società civile di accogliere e accompagnare chi sta scontando una condanna in un percorso di rieducazione  e di reinserimento dando una prospettiva per un possibile futuro.

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