Luigia Minguzzi

Nota biografica

SegnapostoLuisa detta “Gigia” nasce a Ravenna nel 1852. Donna di temperamento, si sposa con l’anarchico Francesco Pezzi e diviene seguace di Errico Malatesta, Carlo Cafiero, Andrea Costa. Insieme al marito si trova così nel ristretto novero dei primi internazionalisti italiani, i quali eleggono peraltro la Romagna come terra elettiva, dando ospitalità tra gli altri al rivoluzionario russo Bakunin (che tenta un’insurrezione a Bologna). Sono uomini – e qualche donna, tra cui Luisa – disposti a condurre una vita randagia, improntata al verbo della rivoluzione. “Gigia” impianta a Firenze la sezione femminile della I Internazionale. Implicata nell’organizzazione di uno sciopero, nel 1874 si sottrae all’arresto insieme al marito con una fuga rocambolesca a Lugano. I coniugi rientrano clandestinamente nel 1876, vengono arrestati; quindi sono di nuovo a Lugano, continuando la spola con Firenze. Qui arriva un nuovo arresto nel 1878, cui segue il primo processo “politico” intentato contro i “sovversivi” del nuovo stato unitario. Tra gli imputati, anche l’esule russa Anna Kuliscioff. Finiscono tutti assolti. Continua l’attività dei Pezzi. Nel 1883, “Gigia” assiste l’amico Carlo Cafiero durante una grave  di esaurimento; nel 1884 viene di nuovo arrestata; nel 1885 accorre tra i colerosi di Napoli, adoperandosi come infermiera. Poi è la volta del “mondo nuovo”: l’Argentina. Sono anni avventurosi, trascorsi tra Buenos Aires, la Pampa e la Patagonia in fase di scoperta e conquista da parte del nuovo stato sudamericano. Assieme a Malatesta, sempre con il marito, prende parte alla nascita del giornale libertario “La Questione Sociale”. Tornati in Italia nel 1891, scontano le conseguenze della politica repressiva messa in atto da Crispi. Si susseguono gli arresti e poi arriva il domicilio coatto: Orbetello, Ventotene, Favignana. Il marito riesce a fuggire in Tunisia. Per “Gigia” vengono gli anni della stanchezza: malata e semicieca, ormai emarginata dall’azione diretta cui aveva dedicato la propria esistenza, muore a 64 anni, il 13 marzo 1911. Lascia un testamento morale: “Il popolo derubato e tradito insorga una buona volta contro quest’ammasso di fango, corruzione ed iniquità che costituisce la società moderna, spezzi le catene da cui è avvinto e, libero ed emancipato proclami sulle rovine del mondo borghese, il trionfo della pace, della fratellanza e della felicità umana”.

 

Luogo di provenienza: Ravenna

Principale luogo di destinazione: Lugano (Svizzera), Buenos Aires (Argentina)

Nota a commento

L’esistenza tribolata di una donna che rifiuta il nuovo ordine borghese, negli anni in cui prende corpo la società industriale moderna.

Fonte: Fabrizio Montanari, “Libertarie.  Quattordici figure esemplari di donne anarchiche”, Reggio Emilia, 2007