Antonio Panizzi, un carbonaro tra i libri

La storia dell’esule reggiano che a Londra fu l’ambasciatore dei patrioti italiani presso la Regina Vittoria e ideò la Reading Room della British Library

Antonio Panizzi

The Reading Room

 

Nel "The Illustrated London News" dell'8 maggio 1857 è raffigurata la sala di lettura del British Museum, inaugurata sei giorni prima. Sotto la grande cupola dalla struttura metallica che un malizioso critico, qualche anno prima, aveva definito una "gabbia per uccelli", si notano i lettori dell'età vittoriana sfogliare libri e giornali, conversare, aggirarsi tra gli scaffali. In questo ambiente confortevole hanno tenuto tra le mani preziosi volumi rilegati in pelle e dai dorsi riccamente ornati, personaggi quali Marx, Dickens, Darwin, Gabriele Rossetti, e poi Eliot, Lenin, Yeats, Orwell, le cui firme sono sui registri della sala di lettura. Qui, si può dire, per oltre cento anni le più fervide menti della cultura occidentale hanno consultato le risorse della maggiore biblioteca del mondo.

La Reading Room, diventata presto - con la sua forma circolare - l'icona del sapere dell'Inghilterra vittoriana e infine della libera Europa, è stata voluta e progettata dal reggiano Antonio Panizzi.

Nato nel 1797 a Brescello - il paese in cui Giovanni Guareschi avrebbe ambientato, 150 anni dopo, le storie di Peppone e don Camillo - Antonio Panizzi dopo gli studi liceali a Reggio Emilia, si iscrisse alla facoltà di Giurisprudenza a Parma. Qui entrò in contatto con docenti di ispirazione liberale e progressista e poi con la massoneria, maturando le scelte politiche che lo spinsero, una volta laureato, a trascurare lo studio legale presso la casa paterna a Brescello per dedicarsi all'attività cospirativa. Coinvolto nelle indagini sui carbonari, per sfuggire alla polizia del duca di Modena Francesco IV, riparò dapprima a Lugano, nell'ottobre 1822, e l'anno seguente a Londra. Qui fu accolto dalla colonia degli esuli italiani, di cui Ugo Foscolo era la figura di spicco.

Fu proprio il poeta dei "Sepolcri" a consigliargli di trasferirsi a Liverpool per trovare un impiego come insegnante privato di italiano. Presto Panizzi - al quale intanto era stata notificata da Modena la sentenza della condanna a morte in contumacia (1824) - ritornò a Londra per assumere la libera docenza di lingua italiana allo University College. Ma lo stipendio troppo basso lo spinse ad accettare nel 1831 l'incarico di assistente bibliotecario presso il dipartimento dei libri a stampa del British Museum. L'ingresso, seppure dalla porta secondaria, nella prestigiosa istituzione fu favorito dall'amicizia che lo legava a influenti personaggi del mondo culturale e politico britannico, maturata in seguito alla sua collaborazione con i più importanti periodici culturali inglesi. Fu in particolare il futuro Lord Henry Brougham, che per risolvere un caso complicato si era avvalso delle sue conoscenze di avvocato esperto in diritto romano, ad aprirgli la strada negli ambienti che contano della capitale.

Ottenuta con atto del Parlamento la naturalizzazione britannica, l'esule reggiano si impegnò a fondo nella riorganizzazione dei locali della Montagu House a Bloomsbury, sede del museo, che andava ampliandosi secondo il gusto neoclassico per accogliere le nuove collezioni archeologiche come i frammenti del Partenone di Atene, alla cui sistemazione provvide lo stesso Panizzi. Il British Museum era in quegli anni impegnato in numerose campagne di scavo all'estero: nel 1801 acquisì la stele di Rosetta, che permise di svelare il mistero dei geroglifici, nel 1823 e nel 1835 la collezione Salt di antichità egizie; e via via si arricchì di oggetti provenienti da Iran, Anatolia, Mesopotamia, Africa, Americhe e Lontano Oriente.

Fu Panizzi a compilare il primo catalogo dei libri del British Museum. Fu lui, assistito dai suoi colleghi, a tracciare le 91 regole di catalogazione, a partire dall'ordine alfabetico, che per molto tempo avrebbero costituito un modello per i bibliotecari di tutta Europa. In tal modo l'ex carbonaro riuscì a mettere ordine nei mucchi di libri, manoscritti e manufatti archeologici che il museo aveva accumulato dal momento della sua fondazione avvenuta nel 1753.

Il dipartimento dei Printed Books, di cui sarebbe diventato direttore nel 1837, era all'arrivo di Panizzi il meno considerato del museo. Una sua indagine per il Parlamento rilevò la presenza di 240 mila volumi, contro i 700 mila di Parigi. Panizzi riuscì a trovare i fondi per l’acquisto di testi, creò l'emeroteca, si assicurò importanti raccolte; infine con il Copyright Act rese obbligatorio il deposito di una copia di ogni libro stampato in Inghilterra alla British Library, che in breve tempo diventò la biblioteca più fornita del mondo.

Il suo capolavoro resta la Reading Room, la sala di lettura coperta sormontata da una cupola che svolse la sua funzione fino al trasferimento della British Library, per motivi di spazio, in una nuova sede, inaugurata nel 1998 nei pressi della stazione di San Pancrazio. Monumento storico intoccabile, difeso anni fa dal comitato Safe the Reading Room, la sala circolare è una delle testimonianze più affascinanti della Londra vittoriana. Per realizzarla, Panizzi superò notevoli difficoltà: il progetto del 1852, che si ispirava alle architetture in ferro e vetro a forma di serra come il maestoso Cristal Palace edificato per l’Esposizione Universale del 1851, fu criticato e osteggiato, tanto che alla fine Panizzi ebbe a scrivere: “Ed ora che la fabbrica è compiuta, e ce ne serviamo, io sono oppresso di lodi e tutti i coglioni o tristi che m’hanno fatto guerra per anni sono ora scomparsi”.

Nel 1856 il bibliotecario reggiano arrivò ai vertici del British Museum con il ruolo di Principal Librarian, che ricoprì fino al 1865. Nel frattempo, in Italia tutto era cambiato. Se durante i moti rivoluzionari del 1848 Antonio Panizzi fu utilizzato dai patrioti lombardi come ambasciatore presso la Regina Vittoria, e poi da Cavour come tramite per Palmerston, il ministro degli esteri britannico, nel 1861 con l’Unità d’Italia venne richiamato in patria. Ma lui volle continuare a vivere a Londra, dov’era stimato tanto da ottenere il titolo di Sir. Ritiratosi a vita privata nel 1866, accettò la nomina a senatore del Regno d’Italia nel 1868.

L’uomo che fu in contatto epistolare con i grandi del Risorgimento - da Cavour a Mazzini, da D’Azeglio a Garibaldi -, che fu amico di Ugo Foscolo e Prosper Mérimée, e che realizzò la sala circolare per i readers londinesi, si spense nella capitale britannica nel 1879. Il suo nome resta nella storia d’Inghilterra e in quella del Risorgimento italiano. Ad Antonio Panizzi Reggio Emilia ha intitolato la biblioteca municipale.