François Cavanna, il poeta dei Ritals

E’ morto a novant’anni lo scrittore e disegnatore francese di origini piacentine

Il padre Luigi era di Bettola, in provincia di Piacenza, e la madre Marguerite francese, del Nivernais. Lui, il grande scrittore e disegnatore francese François Cavanna, era nato il 22 febbraio 1923 a Nogent-sur-Marne, periferia parigina: in quel “Nogent des Italiens” cui sono stati dedicati studi, libri (come appunto «Le Nogent des Italiens» di Pierre Milza e Marie-Claude Blanc-Chaléard) e memorie.  L’avventura emiliano-nogentaise – se così possiamo chiamarla – si può far iniziare nel 1865, quando muore Giuseppe Balderacchi, il primo italiano di cui c’è traccia nei registri di stato civile di Nogent. Sicuramente era arrivato lì per costruire il viadotto sulla Marna, come moti altri suoi corregionali, provenienti tutti da tre villaggi della Val Nure, sull’Appennino di Piacenza: Ferriere, Farini e Bettola. La costruzione del viadotto è un po’ il mito fondatore dei piacentini di Nogent, da cui derivò  il consolidamento della loro appartenenza alla comunità parigina della banlieue. Tutti gli abitanti di Nogent riconoscono che «les Italiens» hanno costruito «la metà della città». Dalla fine del Secondo Impero gli italiani cominciarono a emigrare dal paesino di Rocca, sempre nel piacentino, tanto che il luogo d’arrivo era chiamato Nogent Rocca-sur-Seine. Gli emiliani lavoravano nell’edilizia e importarono la fisarmonica, il piano dei poveri, scrivono Milza e Blanc-Chaléard nel loro libro. Nel 1911 gli 800 piacentini di Nogent costituiscono la più forte concentrazione italiana nella regione parigina. Nel 1931 il loro numero è raddoppiato, e comincia la caccia agli italiani «macaronì» da parte dei giovani delle banlieues vicine, come i ragazzi di Fontenay, salvo poi condividere tutti insieme lo stesso stadio e la passione per il calcio.

E’ in questo ambiente che nasce François Cavanna: l’ambiente degli emiliani di Nogent descritto nel suo libro più celebre, Les Ritals, pubblicato nel 1978 e che nel titolo riprende il termine dispregiativo con il quale erano chiamati gli emigrati italiani in Francia, e sicuramente anche lui. Questo termine dell’argot popolare non è ben chiaro da dove derivi: probabilmente i francesi prendevano in giro la difficoltà degli italiani a pronunciare la “r” alla francese: dunque, i r-Cavannaitals.

Il padre Luigi Cavanna lavorava come muratore, quasi sempre per l’impresa edile « Taravella et Cavanna ». Alla minaccia di essere rispedito in Italia – erano gli anni del fascismo – rispose chiedendo la naturalizzazione francese, che ottenne nell’ottobre 1939.

Figlio unico, François manifesta sin da piccolo il piacere per la lettura, anche se a scuola è molto incostante. Comunque, a dodici anni conclude la scuola primaria e a sedici ottiene il diploma di scuola superiore a Nogent. Nello stesso anno – il 1939 – trova lavoro in un ufficio postale di Parigi, ma l’anno dopo riceve l’ordine di partire per Bordeaux : è la guerra. Lascia Parigi in bici, si nasconde in mezzo alle colonne dei rifugiati e, bloccato dai tedeschi, viene rispedito a Parigi. Perso il lavoro alle Poste, serve i clienti in un mercato di frutta e verdura e poi trova impiego come muratore, finché nel 1942 è deportato in Germania nell’ambito del Servizio di lavoro obbligatorio.

In un campo alla periferia di Berlino lavora per un’impresa di munizioni, ma ben presto viene punito per scarso rendimento e spostato ai lavori di sbancamento dopo i bombardamenti alleati. Alla fabbtica Graetz conosce una russa, Maria, di cui s’innamora ma dalla quale sarà separato una volta entrati in contatto con l’armata sovietica.

Nel dopoguerra François Cavanna si impiega presso l’Associazione dei deportati del lavoro e inizia a disegnare per il giornale Le Déporté du travail. Prende avvio così la sua carriera di disegnatore: dapprima per il giornale per ragazzi Kim, poi, nel 1954, per Zéro, di cui diventa capo redattore. Disegna di notte e nel 1960 fonda con Georges Bernier e altri il mensile Hara-Kiri (la « voce » della rivolta del 1968) e nel ’69 Hara-Kiri Hebdo che diventerà poi il famoso Charlie Hebdo. «Avevo voglia di far ridere, di fare delle fesserie», spiegò.

Charlie Hebdo è il giornale che qualche anno fa pubblicò in un numero speciale le vignette satiriche danesi su Maometto, e fu portato in tribunale dalle organizzazioni islamiche venendo assolto in appello. Il giornale ha sempre preso posizione contro gli integralismi, contro la guerra e soprattutto contro la stupidità, difendendo il diritto allo … humour.

Nel 1986 la morte della nipote diciottenne per overdose lo vede passare dalla tolleranza alla denuncia. Tutta la sua vita si è svolta all’insegna della lotta contro i falsi miti, le ipocrisie, i moralismi. Considerato un moderno Rabelais e uno degli scrittori più importanti del Novecento francese, dei suoi molti libri, oltre a Les Ritals, ricordiamo Les Russkoffs, che ne è il seguito,  Bête et méchant del 1981, in cui racconta il suo debutto come disegnatore, il romanzo Maria del 1985, Cavanna raconte Cavanna, fuori serie di Charlie Hebdo no 24 del novembre 2008, uscito in contemporanea con la mostra presso la biblioteca e il museo di Nogent-sur-Marne, e l’ultimo  Lune de miel, edito da Gallimard nel 2010. Una biblioteca porta il suo nome a Nogent, l’approdo dei piacentini di Francia.