René Gruau, il creatore di sogni

Nato a Rimini nel 1909, naturalizzato francese, è considerato tra i più grandi disegnatori di moda del dopoguerra. Ha lavorato per Dior, Yves Saint-Laurent, Chanel e disegnato il manifesto de “La dolce vita” di Fellini.

Ah, le fodere Bemberg: qualcuno se le ricorda? Come non amare quei tessuti e tagli sartoriali degli anni '50 e '60, quando esisteva un concetto di eleganza che prendeva ancora le mosse dal Liberty e dai modi sofisticati di una mondanità che si celebrava tra i grandi alberghi, le redazioni delle riviste di moda e le geniali idee dei grandi coûturiers? Questo mondo sfavillante, non ancora attaccato dalle volgarità della cultura di massa, aveva bisogno di illustratori che lo traducessero in immagini, che associassero la boccetta di un profumo alla schiena nuda di una donna, o tratteggiassero con pochi segni essenziali la silhouette di una ballerina del Lido per reclamizzare - pourquoi pas? - le dolci notti parigine.

Il più grande di questi illustratori e disegnatori di moda, è Renato Zovagli Ricciardelli delle Caminate, in arte René Gruau, nato a Rimini nel 1909 da Maria Gruau, da cui ha preso il nome, e dal conte Alessandro. Gruau, naturalizzato francese dopo il suo trasferimento a Parigi nel 1930, ha avuto l'onore di inaugurare nel 1999 con una propria mostra il Museo della Pubblicità di Parigi, di vedersi dedicata una sezione permanente nel Museo della Città di Rimini (costituita da opere da lui donate) e di essere celebrato dall'Istituto italiano di cultura di Parigi nel 2003 – un anno prima della sua morte - con un'esposizione intitolata "René Gruau. Nato a Rimini, creatore di sogni".

Oltre 70 anni di gusto parigino - Gruau ha collaborato con le più grandi case di moda, da Dior a Yves Saint-Laurent, da Chanel a Balenciaga – risentono delle atmosfere felliniane del Grand Hotel di Rimini dove il disegnatore periodicamente soggiornava, dopo l'infanzia trascorsa nella villa di Covignano, al tempo dei primi bagni di sole sulla Riviera. E lì tornò, per disegnare per Fellini l’affiche de “La dolce vita”.

Autodidatta, amico di Picasso, Gruau non disegnava prodotti ma atmosfere. Giocava con gli stereotipi, creando intorno all'oggetto da reclamizzare un'"aura" di favolosa finzione, si trattasse di un profumo, un’acqua minerale, un paio di guanti. La libertà del disegno prevaleva sulla realtà dell’oggetto rappresentato. Il suo segno era incisivo ed elegante, capace di illustrare meglio di una fotografia (troppo realistica e prosaica) il magico mondo della moda, abitato da signore snob avvolte in abiti da sera di Chanel o Balenciaga. Per quelle sensuali silouhettes, solari e sognanti icone della bellezza, Gruau divenne un mitoNato a Rimini nel 1909, naturalizzato francese, è considerato tra i più grandi disegnatori di moda del dopoguerra. Ha lavorato per Dior, Yves Saint-Laurent, Chanel e disegnato il manifesto de “La dolce vita” di Fellini..

Un mondo di favolose finzioni

La carriera artistica di René Gruau comincia nel 1924 con la collaborazione a “Lidel”, una rivista italiana di figurini di moda in stile Déco. Qui nasce il suo segno, curvilineo e marcato, dai colori forti e contrastanti (soprattutto il rosso e il nero), che lo impone all’attenzione delle grandi case di moda francesi. Un talento innato: “avevo sei o sette anni – racconta – e già copiavo dalle riviste di mia madre, ‘Vogue’, ‘La vie parisienne’, che erano piene di donne elegantissime e di abiti da sera. Provavo ad abbozzare qualche ritratto femminile, mi piaceva soprattutto disegnare le gambe delle donne”. Appena sbarcato Oltralpe, collabora con “Fémina”, poi, nel ’37 e ’38, lavora come stilista in Olanda, Inghilterra e Francia, finché passa a “Marie Claire” durante la guerra, specializzandosi nell’illustrazione di moda. Con la Liberazione, sono “Vogue”, “L’Officiel de la Couture”, “Harper’s Bazaar”, “Flair”, di nuovo “Fémina” a richiedere il suo segno grafico. Da qui alle grandi maisons il passo è breve. Disegna per Jacques Fath e per Balmain, ma è soprattutto Dior a cercare la sua collaborazione e ad instaurare con lui un rapporto duraturo che porterà poi a grandi risultati, come i disegni per la pubblicità dei profumi “Eau Sauvage” e “Diorella”.

Ai vertici del successo, Gruau abbandona gradualmente il disegno di moda per dedicarsi alla pubblicità. Lavora per Elizabeth Arden e per i guanti Perrin, per i cappelli Montezin, per le case produttrici di cosmetici (Pajor, Rouge-Baiser), di tessuti (Dormeuil, Rodier, Fred), di biancheria (Scandale, Léjaby). Dopo il 1956 i suoi manifesti per il Lido e il Moulin Rouge invadono Parigi. Le incursioni nel mondo dello spettacolo sono sempre più frequenti: realizza i costumi di alcuni film (anche Fellini lo chiama per “La dolce vita”) e le scenografie dell’Opéra  Comique e del Theâtre du Palais Royal.

La sua notorietà fa breccia anche in Italia, dove diverse aziende gli chiedono di pubblicizzare i loro prodotti. Nascono così i celebri affiches per la Martini, per il marchio Ortalion (impermeabili, ombrelli e calze), per i tessuti Bemberg e, in tempi più recenti, le campagne per le automobili Maserati, per le camicie Pancaldi, per Laura Biagiotti, per il profumo Schu-Schu di Schubert e per il 150° anniversario dei Bagni di Rimini. Colpisce in questi disegni la lontananza dalla moda gridata di oggi: il mondo di Gruau è essenziale, discreto, gioioso.

Tra le 50 opere esposte all’Istituto italiano di cultura di Parigi nel 2003 spiccavano i manifesti e cartelli-vetrina serigrafati e prodotti dall’artista per il marchio Bemberg, i dipinti e i disegni degli anni ’40 e ’50 raffiguranti le sue classiche femmes fatales (celebre, tra queste, la donna in abito da sera di Balmain) e alcune pagine tratte da importanti riviste di moda.

Numerose altre mostre gli sono state dedicate negli anni. Quello che emerge sempre nello stile di Gruau è la silhouette della donna, contornata con un tratto nero che è un po’ il suo marchio di fabbrica, l’accostamento audace dei colori e, in generale, un’illustrazione mai fuori moda, senza tempo. Questa “inattualità” del suo stile ha fatto sì che René Gruau continuasse a lavorare anche per tutti gli anni Ottanta, e spesso per il suo amico Dior, quando la macchina fotografica sembrava in grado di scacciare il disegno dal mondo della moda.