La nave

Romina Rosso racconta il viaggio in nave della mamma, Germana Fabbri, emigrata in Argentina a 15 anni nel secondo dopoguerra

Gli emigrati italiani in Argentina sono tanti, e di conseguenza tante sono le storie. Tutte queste persone, comunque, sembrano avere provato più o meno le stesse emozioni, e sperimentato le stesse illusioni e delusioni quando la nave Eugenio C arrivò nel porto di Buenos Aires.

A raccontare questa storia sono io, la figlia di Germana Fabbri, che è originaria di Sogliano sul Rubicone, provincia di Forlì. Quando lei a quindici anni, assieme a due sorelle più piccole e alla loro mamma, cioè mia nonna Dalmina, è dovuta partire dal suo paese, tanti erano i dubbi e allo stesso tempo le speranze riguardo a un lontano paese sconosciuto del Sud America. La decisione era stata presa da mio nonno Claudio qualche anno prima. Il dopoguerra era difficile e anche  la guerra non era stata facile, con tre figlie piccole da allevare. Tutto sommato sembrava che l’orizzonte promettente si trovasse oltre l’Italia. Storie di emigrati precedenti confermavano questa idea, come pure i convegni tra gli Stati favorevoli agli emigranti, quale quello del presidente Perón, che permetteva di unire i contributi lavorativi italiani a quelli da versare in futuro in Argentina, in modo che i primi non venissero persi. L’America era tutta da costruire e le promesse erano grandi. Fu così che nonno Fabbri partì per l´Argentina e dopo qualche tempo chiamò il resto della famiglia a raggiungerlo.

La nave sembrava grandiosa e imponente al porto di Genova. I bagagli erano tanti, appena sufficienti però per incominciare una nuova vita oltre l’oceano. Mia madre portava addosso un’acquamarina che le aveva regalato il suo ragazzo come ricordo. Ancora oggi la porta come ciondolo!

Germana, che allora aveva quindici anni, non dimenticherà mai la fermata in Brasile. Dopo anni di scarsità e disagi, trovarono tante banane! Gialle, grandi, caschi e caschi di banane che non finivano mai! Finalmente arrivarono al porto di Buenos Aires. La prima emozione provata è stata la delusione. Il paesaggio sembrava troppo piatto, con l’acqua "color leone" (caratteristica del fiume Rio de la Plata, che porta giù terra e sabbia nel suo percorso), e la città sembrava non avere niente di gradevole alla vista, per l´occhio abituato alle città italiane. Man mano, però, la prima sensazione sarebbe stata superata da altre migliori.

Tempo fa parlavo con un’altra immigrata italiana in Argentina. Mi diceva che l’immagine iniziale delporto è rimasta scolpita lì nella sua mente per sempre. Forse questo è il ricordo comune nell´esperienza di emigrare.

Romina Rosso (Buenos Aires - Argentina)