Ordinanza 1/2017 (ECLI:IT:COST:2017:1)
Giudizio: GIUDIZIO DI LEGITTIMITÀ COSTITUZIONALE IN VIA PRINCIPALE
Presidente: GROSSI - Redattore: CORAGGIO
Udienza Pubblica del 23/11/2016;    Decisione  del 23/11/2016
Deposito del 05/01/2017;   Pubblicazione in G. U. 11/01/2017  n. 2
Norme impugnate: Art. 7, c. 9° quinquies, del decreto-legge 19/06/2015, n. 78, convertito, con modificazioni, dall'art. 1, c. 1°, della legge 06/08/2015, n. 125.
Massime:  39264 
Massime:  39264 
Atti decisi: ric. 95/2015

Massima n. 39264
Titolo
Comuni, Province e Città metropolitane - Riordino delle Province - Mancata adozione delle relative leggi regionali entro il 31 ottobre 2015 - Obbligo per le Regioni inadempienti di versare alle Province e Città metropolitane le somme corrispondenti alle spese da queste sostenute per l'esercizio delle funzioni non fondamentali, quantificate su base annuale con decreto interministeriale - Ricorso della Regione Veneto - Denunciato esercizio di una forma di potere sostitutivo in assenza di garanzie procedimentali, violazione dei principi di proporzionalità, ragionevolezza, buon andamento e leale collaborazione, lesione di competenze regionali - Ius superveniens - Avvenuta adozione della legge veneta di riordino prima del 31 ottobre 2015 - Conseguente impossibilità che la disposizione censurata trovi applicazione e sopravvenuta carenza di interesse al ricorso - Manifesta inammissibilità della questione.

Testo

Ė dichiarata manifestamente inammissibile - per sopravvenuta carenza di interesse concreto e attuale a coltivare il ricorso - la questione di legittimità costituzionale dell'art. 7, comma 9-quinquies, del d.l. n. 78 del 2015, come convertito dalla legge n. 125 del 2015, impugnato dalla Regione Veneto, in riferimento agli artt. 3, 5, 97, 117, terzo e quarto comma, 118, 119 e 120 Cost., in quanto obbliga le Regioni che non abbiano adottato, entro il 31 ottobre 2015, le prescritte leggi di riordino delle funzioni provinciali, a versare alle Province e Città metropolitane le somme corrispondenti alle spese da queste sostenute per l'esercizio delle funzioni non fondamentali, come quantificate, su base annua, mediante decreto interministeriale. La sopravvenuta legge reg. Veneto n. 19 del 2015 - con cui la ricorrente ha adottato, prima del 31 ottobre 2015, la normativa regionale di riordino delle funzioni provinciali - comporta che non si sono realizzate le condizioni (mancata adozione della legge regionale entro la suddetta data) da cui dipende il censurato obbligo di versamento, impedendo alla norma impugnata di trovare applicazione. (Precedenti citati: sentenze n. 141 del 2016, n. 326 del 2010 e n. 71 del 2005).

Atti oggetto del giudizio
decreto-legge  19/06/2015  n. 78  art. 7  co. 9
legge  06/08/2015  n. 125

Parametri costituzionali
Costituzione  art. 3
Costituzione  art. 5
Costituzione  art. 97
Costituzione  art. 117  co. 3
Costituzione  art. 117  co. 4
Costituzione  art. 118
Costituzione  art. 119
Costituzione  art. 120


Pronuncia

ORDINANZA N. 1

ANNO 2017


REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori: Presidente: Paolo GROSSI; Giudici : Giorgio LATTANZI, Aldo CAROSI, Marta CARTABIA, Mario Rosario MORELLI, Giancarlo CORAGGIO, Giuliano AMATO, Silvana SCIARRA, Daria de PRETIS, Nicolò ZANON, Franco MODUGNO, Augusto Antonio BARBERA, Giulio PROSPERETTI,


ha pronunciato la seguente

ORDINANZA

nel giudizio di legittimità costituzionale, in via principale, dell’art. 7, comma 9-quinquies, del decreto-legge 19 giugno 2015, n. 78 (Disposizioni urgenti in materia di enti territoriali. Disposizioni per garantire la continuità dei dispositivi di sicurezza e di controllo del territorio. Razionalizzazione delle spese del Servizio sanitario nazionale nonché norme in materia di rifiuti e di emissioni industriali), convertito, con modificazioni, dall’art. 1, comma 1, della legge 6 agosto 2015, n. 125, promosso dalla Regione Veneto, con ricorso notificato il 12 ottobre 2015, depositato in cancelleria il 19 ottobre 2015 ed iscritto al n. 95 del registro ricorsi 2015.

Visto l’atto di costituzione del Presidente del Consiglio dei ministri;

udito nell’udienza pubblica del 23 novembre 2016 il Giudice relatore Giancarlo Coraggio;

uditi l’avvocato Luca Antonini per la Regione Veneto e l’avvocato dello Stato Paolo Grasso per il Presidente del Consiglio dei ministri.


Ritenuto che, con ricorso depositato il 19 ottobre 2015, la Regione Veneto ha promosso questione di legittimità costituzionale, tra l’altro, dell’art. 7, comma 9-quinquies, del decreto-legge 19 giugno 2015, n. 78 (Disposizioni urgenti in materia di enti territoriali. Disposizioni per garantire la continuità dei dispositivi di sicurezza e di controllo del territorio. Razionalizzazione delle spese del Servizio sanitario nazionale nonché norme in materia di rifiuti e di emissioni industriali), convertito, con modificazioni, dall’art. 1, comma 1, della legge 6 agosto 2015, n. 125, per violazione degli artt. 3, 5, 97, 117, terzo e quarto comma, 118, 119 e 120 della Costituzione;

che la disposizione censurata prevede che «[a]l fine di dare compiuta attuazione al processo di riordino delle funzioni delle province disposto dalla legge 7 aprile 2014, n. 56, le regioni che, ai sensi dell’articolo 1, comma 95, della medesima legge, non abbiano provveduto nel termine ivi indicato ovvero non provvedano entro il 31 ottobre 2015 a dare attuazione all’accordo sancito tra Stato e regioni in sede di Conferenza unificata l’11 settembre 2014, con l’adozione in via definitiva delle relative leggi regionali, sono tenute a versare, entro il 30 novembre per l’anno 2015 ed entro il 30 aprile per gli anni successivi, a ciascuna provincia e città metropolitana del rispettivo territorio, le somme corrispondenti alle spese sostenute dalle medesime per l’esercizio delle funzioni non fondamentali, come quantificate, su base annuale, con decreto del Ministro per gli affari regionali, di concerto con i Ministri dell’interno e dell’economia e delle finanze, da adottare entro il 31 ottobre 2015. Il versamento da parte delle regioni non è più dovuto dalla data di effettivo esercizio della funzione da parte dell’ente individuato dalla legge regionale»;

che secondo la ricorrente:

− il contrasto con gli evocati parametri costituzionali deriverebbe dalla previsione di una forma di esercizio del potere sostitutivo del tutto inedita, differente dalle ipotesi ordinarie (di cui all’art. 5 del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 112, recante «Conferimento di funzioni e compiti amministrativi dello Stato alle regioni ed agli enti locali, in attuazione del capo I della legge 15 marzo 1997, n. 59», e all’art. 23 del decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201, recante «Disposizioni urgenti per la crescita, l’equità e il consolidamento dei conti pubblici», convertito, con modificazioni, dalla legge 22 dicembre 2011, n. 214) in cui esso si esplica attraverso l’emanazione di norme primarie statali sostitutive del mancato intervento regionale;

− tale potere sostitutivo sarebbe stato esercitato senza le necessarie garanzie, ed in particolare senza osservare le fasi procedimentali previste dall’art. 8 della legge 5 giugno 2003, n. 131 (Disposizioni per l’adeguamento dell’ordinamento della Repubblica alla legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3), richiamato dall’art. 1, comma 95, della legge 7 aprile 2014, n. 56 (Disposizioni sulle città metropolitane, sulle province, sulle unioni e fusioni dei comuni), per le ipotesi di inerzia regionale rispetto all’attuazione dell’accordo sancito tra Stato e Regioni in sede di Conferenza unificata l’11 settembre 2014;

− violerebbe gli stessi parametri costituzionali la previsione che la quantificazione delle somme da versare alle province e città metropolitane avvenga con decreto del Ministro per gli affari regionali, di concerto con i Ministri dell’interno e dell’economia e delle finanze, senza prevedere che siano sentite le Regioni interessate;

− in particolare, la disposizione censurata violerebbe gli artt. 3 e 97 Cost., in quanto sarebbe in contrasto con i principi di proporzionalità (non avendo il legislatore fatto ricorso alla soluzione meno invasiva), ragionevolezza (facendo ricadere sulle Regioni un comportamento ostativo in realtà imputabile allo Stato che, definanziando le funzioni prima svolte dalle province, ne rende impraticabile la riallocazione) e buon andamento della pubblica amministrazione (imponendo il finanziamento della spesa storica), con ridondanza sulle competenze costituzionali regionali di cui agli artt. 117, terzo e quarto comma, e 118 Cost.;

− si configurerebbe anche un contrasto con l’art. 119 Cost., in quanto verrebbe introdotto un obbligo di destinazione vincolata di risorse regionali, con l’art. 120 Cost., in violazione del principio di leale collaborazione e del corretto esercizio del potere sostitutivo, e con l’art. 5 Cost., il quale afferma che la Repubblica «adegua i princìpi ed i metodi della sua legislazione alle esigenze dell’autonomia e del decentramento»;

che, con atto depositato il 17 novembre 2015, si è costituito il Presidente del Consiglio dei ministri, per il tramite dell’Avvocatura generale dello Stato, sostenendo l’infondatezza della questione, in particolare escludendo che la disposizione impugnata introduca un’ipotesi di potere sostitutivo e, quindi, negando la ravvisabilità di vizi legati alla mancata osservanza delle fasi procedimentali relative al suo esercizio;

che, in data 2 novembre 2016, la Regione Veneto ha depositato memoria, ribadendo le proprie argomentazioni ed insistendo sulla riconducibilità della norma impugnata alla categoria del potere sostitutivo, dovendosi, altrimenti, concludere per la totale assenza di un titolo costituzionale in grado di legittimare l’intervento statale.

Considerato che la Regione Veneto, con il ricorso iscritto al n. 95 del registro ricorsi 2015, ha impugnato, tra l’altro, l’art. 7, comma 9-quinquies, del decreto-legge 19 giugno 2015, n. 78 (Disposizioni urgenti in materia di enti territoriali. Disposizioni per garantire la continuità dei dispositivi di sicurezza e di controllo del territorio. Razionalizzazione delle spese del Servizio sanitario nazionale nonché norme in materia di rifiuti e di emissioni industriali), convertito, con modificazioni, dall’art. 1, comma 1, della legge 6 agosto 2015, n. 125, per violazione degli artt. 3, 5, 97, 117, terzo e quarto comma, 118, 119 e 120 della Costituzione;

che, va riservata a separate pronunce la decisione delle questioni vertenti su altre disposizioni impugnate con il medesimo ricorso;

che, secondo la ricorrente, il censurato art. 7, comma 9-quinques, in violazione degli evocati parametri costituzionali, avrebbe configurato una forma di esercizio del potere sostitutivo del tutto inedita, in assenza delle garanzie procedimentali previste dall’art. 8 della legge 5 giugno 2003, n. 131 (Disposizioni per l’adeguamento dell’ordinamento della Repubblica alla legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3), per le ipotesi di inerzia regionale rispetto all’attuazione dell’accordo sancito tra Stato e Regioni in sede di Conferenza unificata l’11 settembre 2014;

che va premesso come la disposizione censurata – nell’ambito della riforma che disegna il nuovo assetto degli enti di area vasta introdotta della legge 7 aprile 2014, n. 56 (Disposizioni sulle città metropolitane, sulle province, sulle unioni e fusioni dei comuni), la cui realizzazione è necessariamente affidata allo Stato (sentenze n. 159 del 2016 e n. 50 del 2015) – disciplini uno specifico passaggio della «vicenda straordinaria di trasferimento delle risorse» agli enti che esercitano le funzioni non fondamentali delle Province oggetto di riordino (sentenza n. 205 del 2016), introducendo una misura tesa ad evitare che l’inerzia delle Regioni impedisca o ritardi il completamento del processo di riordino delle funzioni non fondamentali, la cui gestione non richiede l’esercizio di un potere sostitutivo;

che, successivamente al deposito del ricorso, la Regione Veneto ha adottato la legge regionale di riordino 29 ottobre 2015, n. 19 (Disposizioni per il riordino delle funzioni amministrative provinciali), la quale dispone che «[l]e province, quali enti di area vasta […] continuano ad esercitare le funzioni già conferite dalla Regione alla data di entrata in vigore della presente legge nonché le attività di polizia provinciale correlate alle funzioni non fondamentali conferite dalla Regione» (art. 2) e che «[a]lla Città metropolitana di Venezia sono attribuite le funzioni non fondamentali confermate in capo alle province dall’articolo 2» (art. 3), e, al contempo, all’art. 10, prevede la relativa copertura finanziaria;

che, pertanto, non si sono realizzate le condizioni per l’applicazione della disposizione censurata, ovverossia la mancata adozione della legge regionale di riordino entro la data del 31 ottobre 2015, tanto che il decreto interministeriale di quantificazione delle spese non risulta essere stato adottato;

che il mutamento del quadro normativo sopravvenuto alla proposizione del ricorso incide sulla norma impugnata, impedendo che essa trovi applicazione;

che può quindi essere dichiarata la manifesta inammissibilità della questione di costituzionalità per sopravvenuta carenza di interesse concreto ed attuale a coltivare il ricorso (in termini analoghi, sentenze n. 141 del 2016, n. 326 del 2010 e n. 71 del 2005).


per questi motivi

LA CORTE COSTITUZIONALE

riservata a separate pronunce la decisione delle altre questioni di legittimità costituzionale promosse con il ricorso in epigrafe;

dichiara la manifesta inammissibilità della questione di legittimità costituzionale dell’art. 7, comma 9-quinquies, del decreto-legge 19 giugno 2015, n. 78 (Disposizioni urgenti in materia di enti territoriali. Disposizioni per garantire la continuità dei dispositivi di sicurezza e di controllo del territorio. Razionalizzazione delle spese del Servizio sanitario nazionale nonché norme in materia di rifiuti e di emissioni industriali), convertito, con modificazioni, dall’art. 1, comma 1, della legge 6 agosto 2015, n. 125, promossa, in riferimento agli artt. 3, 5, 97, 117, terzo e quarto comma, 118, 119 e 120 della Costituzione, dalla Regione Veneto con il ricorso in epigrafe.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 23 novembre 2016.

F.to:

Paolo GROSSI, Presidente

Giancarlo CORAGGIO, Redattore

Roberto MILANA, Cancelliere

Depositata in Cancelleria il 5 gennaio 2017.

Il Direttore della Cancelleria

F.to: Roberto MILANA